Siamo stati al concerto di M¥SS KETA e Populous con L I M
Tutte le fotografie sono di Kevin Spicy.

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Musica

Siamo stati al concerto di M¥SS KETA e Populous con L I M

Nonostante una coda chilometrica e una pioggia battente, siamo riusciti a intervistare L I M e a portarla al Cassero per assistere alla trasferta delle atmosfere di Porta Venezia in territorio bolognese.
Carlotta Sisti
Milan, IT

Se desiderate ritrovare fiducia in un’umanità ancora in grado di scambiarsi lunghi limoni e che non trema di fronte a un concerto che inizia alle 2 della mattina, allora dovete andare a un evento de La Roboterie. È un collettivo itinerante che organizza serate come dio comanda e si fa anche un discreto mazzo per essere un apprezzato portavoce dell’universo queer e LGBT. Il suo manifesto lo definisce un luogo “senza nessun limite imposto all'espressione di sé stessi, senza limiti alla libertà di essere qualunque cosa uno desideri”. Venerdì 2 febbraio questo universo dagli intenti meravigliosi si è insediato al Cassero di Bologna, ed è lì che sono andata assieme a L I M al concerto di M¥SS KETA e Populous. Assieme a me c'era la triste zavorra della scorsa volta, vale a dire il fotografo che si cela dietro il nome d’arte di Kevin Spicy (ma di cui posso tranquillamente svelarvi l’identità, qualora desideriate dedicargli qualche scritta oscena nei bagni dell’autogrill). In una Bologna dove non pioveva all'incirca dal ’78 e dove il cambiamento climatico ha deciso di tentare un gesto estremo di rivalsa facendo diluviare prima e nevicare poi, ho chiacchierato con Sofia—fresca di uscita del nuovo album Higher Living—della sua amica M¥SS, per fare poi un giro di ricognizione su Sanremo, e finendo per ragionare anche di elezioni, di coming out, e di un mucchio di altre cose interessanti. Gli unici intermezzi sono stati qualche sorso a un Bloody Mary molto piccante con annesso tentativo di Kevin di chiudere una battuta allusiva a riguardo, spentosi in un misero gioco di sopracciglia che lo ha visto chiudersi in una solitudine sempre più alienata.

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Noisey: Sofia, è la prima volta per te o hai già visto in passato un concerto di M¥SS KETA?
L I M: Ho già visto M¥SS KETA tantissime volte, ma non sono aggiornata sugli ultimi sviluppi della sua musica. Ci conosciamo bene, sia perché Riva è sia il suo produttore che il mio, sia perché tutta la sua crew è super carina e mi fa piacere frequentarli. Sulla carta non facciamo la stessa musica, anzi, possiamo sembrare antitetiche, però la prima volta che l’ho vista ho pensato che fosse la cosa più punk del mondo. Ricordo che mi sono detta: wow, c’è più critica nei pezzi di M¥SS che in tutti quelli dei musicisti impegnati. Critica, però, travisata da molti.
Sì, lì sta il bivio. C’è gente che dice "ma cos’è quella roba lì", non capendo la presa in giro voluta che sta a monte, il voler mettere in scena una satira del panorama italiano dagli Ottanta ad oggi. Ma c’è chi coglie e si diverte.

Da musicista che cosa ti piace, invece?
Le produzioni mi gasano tantissimo, il suono è divertente e intelligente. Poi quando li ho conosciuti era un momento della mia vita in cui uscivo tantissimo la sera e avevo voglia di trovare una cosa del genere. Conoscendoli personalmente, poi, io vedo quello che c’è di loro nella musica che fanno. E poi rido, rido moltissimo.

Se potessi tornare indietro ti piacerebbe mascherarti come ha scelto di fare lei?
No, mi piace vederla su di lei questa cosa, ma non la trovo adatta a me.

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Però in passato usavi il telo durante i concerti, un po’ ti mascheravi anche tu.
Il telo l’ho portato in giro all’inizio, ma poi l’ho abbandonato. Prima di tutto perché è difficile suonare nei festival, rendi complessi i cambi palco, e poi perché a un certo punto avevo davvero voglia di sentire un contatto con il pubblico. Il telo mi impediva di vedere le facce, sentivo gli “uhh” ma non vedo chi urlava. All'inizio è stato utile, perché ero molto intimidita dallo stare sul palco da sola e quello schermo mi faceva sentire più protetta, poi mi ha stufata.

Sei allo snodo del secondo disco, che per molti è il più difficile. Per te?
Sì, è vero, è diversissimo e più conflittuale rispetto al rapporto con Comet. Pensa che a volte ascolto Higher Living e mi fa schifo. Forse dipende dal fatto che il primo è un po’ magico, come fare un salto nel vuoto, mentre per me il secondo disco ha significato libertà totale, senza troppe pippe. Chissà il terzo. Ci sto già pensando, che è la parte più difficile. Come saranno i nuovi live?
Prima di tutto ho con me Elia Pastori, un batterista jazz che è stato bravissimo a capire che questo è un disco incentrato sui colori, elemento che lui sa rendere benissimo attraverso le percussioni, usando uno shaker piuttosto che un altro, un piatto in una certa maniera… Forse Claudio Baglioni ti ha copiata: ha dato come tema per Sanremo i colori.
Ah, e che cosa intendeva? I colori della musica? Ma Baglioni è il direttore, si dice così? Sì. Mi pare di capire che non sei super appassionata del Festival, o ti è sfuggito solo quest’anno?
La ragazza che è venuta con me stasera, per dire, è mega fanatica di Sanremo, tipo che si chiude in casa e guarda tutte le serate. A me viene l’angoscia. Cioè, all'inizio mi fa ridere, poi mi sale un’angoscia pazzesca perché i cantanti credono davvero a quello che stanno facendo. Mentre per me è palese che è una macchina da soldi, con canzoni che sono singoli e sono destinati a morire appena la gara finisce. Non ci vedo le persone, dietro quei pezzi. Non ci vedo progetti. Nessuna eccezione?
In realtà l’ultimo vincitore, Gabbani, mi è piaciuto. Poi la scimmia l’avevamo usata anche noi in un video degli Iori’s Eyes nel 2010. La scimmia era Clod, quindi grande citazione! Comunque lui mi piace perché alla fine è uno consapevole, che si è fatto anche il mazzo per arrivare lì, quindi, anche se la canzone in sé non è il mio genere, lo apprezzo.

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Guarda The People Versus M¥SS KETA:


Dato che probabilmente non ascolterai i pezzi sanremesi, ora che cosa stai ascoltando?
Ho ripreso da poco ad ascoltare roba nuova, perché ho fatto un lungo periodo a sentirmi solo cose vecchie, che arrivavano massimo al ’78. In questi giorni, invece, mi sono sentita il nuovo di Yakamoto Kotzuga, il disco di Cosmo, purtroppo ancora non tutto, e Generic Animal, che volevo andare a vedere dal vivo a Milano ma non sono riuscita perché c’era troppo gente. Sono curiosa di chiederti che cosa ne pensi di Sfera Ebbasta, dato che ultimamente ha fatto incazzare un sacco di gente.
A differenza di molti, che sui social si dicono sconvolti dalla cosa, io non inorridisco affatto. Semplicemente perché il mainstream è fatto di ciò che la gente vuole ascoltare, e se adesso vuole ascoltare la trap e Sfera si vede che lui e quel genere musicale sanno andare incontro a un bisogno. Il mio problema con quel tipo di sonorità è che mi annoiano: non ho mai ascoltato Fabri Fibra, non mi è mai interessato il rap, così come non mi dice niente la trap. Non è che mi fa schifo, semplicemente non mi intriga, ma questo non vuole dire che io possa dare degli scemi a quelli che invece la amano. Dato che stiamo per andare al Cassero, parliamo dei diritti LGBT: secondo te in questo preciso momento storico come siamo messi in Italia?
Non bene. Il cambiamento è lentissimo, per non parlare di veri e propri scivoloni verso il Medioevo, che riguardano anche altri Paesi. Penso solo a quando in Spagna volevano eliminare di nuovo il diritto all'aborto. Adesso siamo in campagna elettorale e i retrogradi ferventi ne stanno sparando di ogni, ma dove non trovano terreno fertile loro c’è il deserto di proposte decenti. Io non penso che molta gente andrà a votare, e questo è un problema. E non parlo dei giovanissimi eh, penso che il problema siamo noi trentenni che, rispetto ai nostri genitori, siamo più istruiti ma più pigri. Nel senso che si va meno in piazza, si manifesta meno?
Sì. Questa cosa l’ho già detta e magari mi si ritorcerà anche contro, ma io sono lesbica, ho una fidanzata e sono assolutamente per andare ai pride. Primo perché sono belli, e poi perché bisogna partecipare, uscire di casa e farsi vedere. Scrivere post non serve a niente. Mi è capitato spesso di dover convincere persone gay a venire ai pride, quando io pensavo di essere già nella fase di dover convincere solo gli amici etero a unirsi a noi per manifestare in favore di diritti basilari che ancora non ci sono riconosciuti. Questo per dire che, più in generale, la cause che ci spingono ad andare in piazza sono pochissime. Siamo una società non solo dei social, non dobbiamo perdere il contatto con gli altri. Anche perché poi si lasciano spazi e momenti ad altri tipi di manifestazione, come quelle di Casa Pound.
Esattamente, e ne escono come quelli che ci credono di più di tutti.

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So che, tornando a stasera, conosci i ragazzi de La Roboterie. Che cosa puoi dirci di loro?
Sono molto bravi. Li conosco da diverso tempo perché anni fa hanno chiamato gli Iori's Eyes a suonare a una serata in Toscana. Loro spaziano molto da cose techno estreme, quasi goa, ai live come quello di stasera. In generale sono sempre eventi carichi e gioiosi in cui so di divertirmi e di trovare un’atmosfera festante ma con dietro un messaggio che condivido.

Domanda da parte del fotografo: secondo te, perché se nella musica il tema dell’omosessualità ogni tanta si affaccia, nel mondo dello sport ancora quasi zero?
Credo che nello sport vada a toccare dei tabù enormi, dal mito degli spogliatoi a quello dello sportivo virile al cento per cento, simbolo perfetto per chi vuole essere un macho. Io se dico che sono lesbica non sconvolgo nessuno, perché sto in un ambiente abbastanza aperto, ma se lo dice un calciatore, che ha a che fare con coach, agente, società, sponsor, beh è un’altra storia. Io capisco la difficoltà. Però, per esempio, nel rugby hanno fatto delle belle campagne contro l’omofobia, ed è già tanto per uno sport del genere, se pensi che nemmeno nella danza sono così comuni i coming out, visto che mi risulta che Bolle, per esempio, non lo abbia mai fatto. Poi non è che nella musica sia sempre così semplice. Dici che ancora non lo è?
Dipende. Io adoro Ricky Martin, perché per me rappresenta uno che davvero ce l’ha fatta a essere gay, bellissimo, macho e idolo nell’America Latina. Wow. Tiziano Ferro, da noi, ha aspettato un sacco a fare coming out, perché immagino che i discografici gli abbiano detto per anni che se lo avesse fatto non avrebbero venduto più niente, che tutte le ragazzine si sarebbero sentite tradite. O ancora, Gianna Nannini, come cazzo ha fatto a non dire per tutta una vita e tutta una carriera di essere lesbica? Poi in ambienti più “indie”, al contrario, fa figo dirlo. Per una come St. Vincent dire di essere lesbica fa figo, i casini veri se li passa il banchiere che dice di essere gay o l’operaio o il maestro di scuola, perché davvero ci sono ancora tantissimi, ma tantissimi pregiudizi. Ma sei fiduciosa riguardo al futuro?
Sono prudente. Però nel mio piccolo vedo dei segnali buoni. Anche banalmente per il fatto che io e la mia fidanzata abbiamo fatto conoscere tra loro i nostri genitori, proprio qualche giorno fa, è qualcosa che un po’ ti da l’idea di un cambio di passo. Un po' invece no, perché raccontandolo in giro ti rendi contro che non sono tanti quelli che l’hanno potuto fare per genitori che non accettavano la cosa. Quindi un po’ di fiducia la voglio avere, ma con prudenza.

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A questo punto, spento il registratore, io e Sofia abbiamo finito di scambiarci qualche pessimistica opinione sulle elezioni di marzo per poi raggiungere una mostruosa, immobile, fradicia fila per entrare al Cassero. Non ci sono foto a comprovarlo perché l’addetto era troppo impegnato a scaricare sul telefonino un’app per prenotare il taxi del ritorno (se Noisey potesse gentilmente mettermi a disposizione un fotografo under 25, grazie), ma lì abbiamo ritrovato parte del pubblico dei Coma Cose—fatto che ha alimentato nella già fragile psiche di Kevin teorie del complotto, che egli ha poi annegato immergendosi in una nuvola passiva di weed. Il tedio dell’attesa è stato allietato dal grandissimo hype intorno a M¥SS KETA, dalla presa di coscienza che tutti gli ombrellati in attesa di entrare volevano limonare, e da discorsi psichedelici sui benefici dello zenzero che avrei voluto approfondire, se non fosse che quei santi ragazzi della Roboterie sono venuti a recuperarci come un cesto di gattini annacquati proprio in quel momento. Una volta entrati stavo ancora cercando di seminare il fotografo e cercare di cavare fuori qualche drink card quando, senza una dovuta preparazione psicologica, siamo stati introdotti nel backstage.

Naturalmente la M¥SS non solo era mascherata, ma era pure circondata da diverse sue sosia, tutte ugualmente intente ad essere mega sexy mentre banchettavano ad insalata russa e vodka tonic. Per questa ragione non vi so dire se è stata la vera lei o uno dei suoi cloni a raccontarmi di un prossimo disco in uscita questa primavera, ma so per certo da come annuiva Populous che potrebbe essere una discreta bomba. Mentre la crew di Motel Forlanini è andata ad acchittarsi con calma, che tanto era solo l’una, la gente stava ancora entrando e gli unici a esalare timidi lamenti eravamo io e Riva, proprio Populous ha tenuto su una pista carichissima, con un set che—e non lo dico per dire—ha fatto ballare la gente a petto nudo sotto l’acqua.

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Verso le 2 la M¥SS s’è fatta largo tra un pubblico in visibilio e ha attaccato con "DISTRATTA ILLUSIONE", che non a caso recita "La notte è giovane, adiamo fino in fondo". Quando avevo ormai perso le speranze di intravedere segni di vita negli occhi del fotografo, eccolo riemergere dall'anzianità, come colpito dalla scossa di un collare elettronico, per fare foto a manetta di ciò che stava accadendo sul palco. Potere dell’ultima delle dive, che da quel momento in poi ha tenuto in pugno i fan con le braccia alzate regalando, oltre ai classici "BURQA DI GUCCI" e "IN GABBIA (NON CI VADO)" anche una cover di "Acida" dei Prozac+, un assaggio del nuovo disco con "IRREVERSIBILE" e la hit che suggella la collaborazione con Populous che è "XANANAS".

L I M a quel punto era del tutto rapita dallo show, tant'è che l’ultima frase che le ho sentito dire, prima di perderla come da copione, è stata “è bellissimo, cerco di andare avanti perché qui non sento bene”. Alle 3, dopo un ultimo cicchetto nei bagni attrezzati con dj set del Cassero, me ne sono andata. E mentre lo staff mi dava la buonanotte, con il sorriso che di norma si rivolge alle vecchiette con i capelli azzurrini che si incontrano sui mezzi pubblici, un bel gruppo di persone stava ancora, con esibita nonchalance, facendo la coda, mentre fuori la neve iniziava romanticamente a scendere e l’insensibile Kevin a inveire contro tutto il creato. Due giorni dopo, necessari per un ripiglio generale, L I M mi ha scritto un messaggio: "Sono felicissima di esserci stata, M¥SS non si smentisce mai. Riesce sempre a creare l'atmosfera giusta divertente, liberatoria e un po' sexy. Come ti dicevo a me piace perché la vedo quasi come un movimento punk del 2018, una parodia per prendere in giro l'assurdità degli aspetti più ridicoli, controversi e marcati della società italiana. Oltre a una produzione impeccabile, le canzoni arrivano dritte al punto, divertendoti". Devo dire che sono d'accordo, e che in un'epoca di solisti è davvero bello vedere una intera crew sul palco, tutti liberi di essere loro stessi. C’è chi fa le foto, chi manda un messaggio, chi sta ballando, chi guarda dritto negli occhi il pubblico davanti, chi mette la musica: un vero collettivo danzante.

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