LOVE IS IN THE...

Ecco come dovrebbe essere l'educazione sessuale in Italia

“Pensavo che il porno insegnasse almeno l’anatomia, a furia di nominare lo squirting. E invece no!”
Giorgia Cannarella
Bologna, IT
Juta
illustrazioni di Juta
educazione-sessuale

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Alla terza prova del mio esame di maturità c’era una domanda di biologia: descrivi l’apparato riproduttivo femminile. Ricordo di come avessi scritto tutte le parti che avevo imparato a memoria: ovaie, utero, vagina, vulva, clitoride. Di quest’ultima nessuno ci aveva spiegato la funzione, e nel manuale non c’era una sola menzione di piacere sessuale o orgasmo femminile. Il tema non era stato affrontato nemmeno negli sparuti incontri di educazione sessuale. Questo era il livello nel mio liceo così come, temo, nei licei di tutta Italia. E nelle scuole medie. E in quelle elementari.

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“In Europa siamo tra quelli più indietro. Quasi tutti gli altri paesi hanno ore di educazione sessuale obbligatoria. La Svezia è stata la prima, nel 1955. Ce l’hanno perfino paesi cattolici come la Spagna o l’Irlanda,” spiega Alice Bellini, sessuologa che lavora negli sportelli d’ascolto delle medie. “Rimaniamo fuori noi e i paesi dell’Europa centro-orientale.” In Italia l’educazione sessuale, mi spiega, è affidata alle singole iniziative degli istituti e di conseguenza frammentaria e disomogenea: “Alcune scuole illuminate fanno qualche ora in quinta elementare e poi in terza media. Ma è troppo poco, troppo tardi!”

Questa poca educazione sessuale, inoltre, è quasi solo in chiave preventiva. Avvertimenti con il sopracciglio alzato e il dito puntato a stare attenti: alle gravidanze indesiderate, alle malattie sessualmente trasmissibili. Ma una buona educazione sessuale non è solo questo: “Si fa anche educazione affettiva, li si accompagna alla scoperta del loro corpo generativo e sessuato,” spiega Bellini. “La sessualità è una dimensione fondamentale dell’essere umano.”

Nel suo lavoro di ostetrica, a Silvia Boselli è capitato di riscontrare come a molti ragazzi, ma anche a molti adulti, manchino basi fondamentali anche dell’anatomia: “Ci sono donne che mi dicono che non possono mettere la coppetta mestruale perché pensano che pipì e vagina siano lo stesso buco e non pensano di riuscire a trattenere la pipì tante ore. Ragazze di 16 anni che non sanno come leggere un test di gravidanza. E c’è completa ignoranza sulle malattie sessualmente trasmissibili: magari qualcosa sull’HIV l’hanno sentito, ma di sicuro non ne capiscono del tutto la gravità e non sanno niente, ad esempio, di sifilide o gonorrea.”

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Mancando l’insegnamento a scuola, i ragazzi apprendono la maggior parte delle nozioni sessuali con le proprie esperienze e le ricerche autonome—che significa “mamma Internet e papà porno”, scherza Bellini. Dove ovviamente non c’è il minimo accenno alla contraccezione e soprattutto—almeno parlando del porno mainstream—si dà spesso un’idea distorta del sesso, visto come performance e non come momento di scambio e comunicazione. “Pensavo che il porno insegnasse almeno l’anatomia, a furia di nominare lo squirting,” scherza Boselli. “E invece no!”

Con il grande paradosso dell’orgasmo femminile, che non solo nel porno ma in buona parte dei film viene evidenziato come momento fondamentale per confermare l’ars amatoria dell’uomo, ma viene tendenzialmente mostrato come il risultato di un paio di minuti di sesso penetrativo nella posizione del missionario, escludendo quasi completamente dal quadro masturbazione, sesso orale e sex toy. “La masturbazione femminile è forse il tabù più grande di tutti,” afferma Bellini. “Mentre i maschi usano la masturbazione per affermare il proprio status, di quella femminile non si parla praticamente mai.”

E quindi, come sarebbe una corretta educazione sessuale a scuola? Innanzitutto, bisogna iniziare prima di quanto pensiamo: “Già dalla scuola dell’infanzia, insegnando la nozione del consenso e il rispetto dei limiti del proprio corpo, e di quello altrui,” dice Boselli. “Già dall’asilo poi servono lezioni di anatomia e su come prendersi cura del proprio corpo in stile montessoriano. Poi a ogni età aggiungi delle nozioni.” Secondo Bellini, “Quando il bambino fa domande bisogna dargli risposte adeguate. Senza paura di esporli troppo presto a delle nozioni ‘adulte’: è stato dimostrato da diversi studi che una corretta educazione sessuale ritarda l’accesso alla sessualità e quindi è importante dargli informazioni concrete e strumenti per fare scelte consapevoli.” Purtroppo, come spiega Boselli, “i genitori sono lo scoglio peggiore. Ho visto che sono spesso loro a cassare iniziative di educazione sessuale nelle scuole.”

Almeno su una cosa, però, possiamo avere fiducia nelle nuove generazioni: “Possiedono nozioni di orientamento sessuale e identità di genere molto più precise e complesse di quelle che avevamo noi,” dice Boselli. Conclude Bellini: “Sono loro a spiegare a me diverse cose sugli orientamenti e le identità. Ma alcune ansie dei ragazzini sono rimaste le stesse dei miei tempi. Il problema è che nemmeno la scuola è cambiata.”

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