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Musica

I loghi delle label più fichi

Presente quando un logo di una label stampato su una t-shirt fa più vendite delle release stesse? Qua ci sono quelli più fichi in circolazione.

Non devi essere un genio del marketing per capire che un brand potente aiuta a dare vita a giri di business ancora più potenti, così come non serve nessuna laurea in design della comunicazione per realizzare che un logo efficace aiuta a costruire l'identità di qualsiasi ente ci faccia riferimento, e quindi anche le label.

Detto questo, un logo di una label coi controcazzi lo si riconosce immediatamente, anche tra un milione di loghi. Ad esempio, quelli di SST o Dischord hanno definito l'hardcore punk statunitense, e per molti quello di Blue Note logo è il jazz.

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Ok, a volte si sputtana tutto, ma dei bei loghi possono causare quel fenomeno per cui mentre sei lì che spulci nel cassone dei dischi, improvvisamente ti interrompi a guardarne uno solo perché ha un logo fico.

Dalle etichette seminali alle novelline, ecco i loghi più potenti dell'industria musicale, sempre secondo il nostro umilissimo parere.

WARP

Era proprio il 1989 quando la label di Sheffield ha commissionato all'agenzia Designers Republic l'importante compito di crearle un logo. Nei successivi ventisei anni, l'agenzia è finita col diventare uno dei brand più influenti (e spesso socia di Warp), mentre Warp la diretta responsabile di tutta la musica indipendente uscita negli ultimi dieci anni, dai Battles ai Grizzly Bear, Flying Lotus, Born Ruffians e Boards Of Canada.

DFA

Mostrate a qualcuno la saetta di DFA e la prima cosa che gli verrà in mente è il dance punk newyorchese, cioè Rapture, Cut Copy, LCD Soundsystem. Il logo DFA (che sembra uno di quei tatuaggi finti delle patatine) non ha solo rappresentato un preciso periodo a New York ma pure tutta la grossa elettronica e i big beats venuti dopo.

L'art director di DFA, Michael Vadino, riferito al significato del logo, ha detto: "Serve che qualcuno inietti qualche elemento umano, altrimenti sembra che proveniamo interamente dalle macchine… di sicuro potremmo far suonare tutto perfetto, cristallino, meraviglioso, ma non sarebbe un risultato interessante."

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SUB POP

Il logo in b/n di Sub Pop può sembrare mega semplice, ma nella sua semplicità ha contribuito a rendere la label di Seattle uno dei brand più iconici degli ultimi venticinque anni. Prendendo come riferimento Factory Records e Blue Note, i fondatori della label Bruce Pavitt e Jonathan Poneman hanno voluto un logo a impatto che potesse essere sbattuto anche sia nelle cover che nei retro degli album.

Il brand è quindi diventato così iconico che in più occasioni sono state vendute più t-shirt con su scritto Sub Pop che dischi.

GHOSTLY

L'etichetta di musica elettronica Ghostly, ha tirato su un'intera reputazione basata sull'estetica. Responsabile di release di Tycho, Gold Panda, Matthew Dear e Ann Arbor, la label del Michigan è diventata rapidamente sinonimo di elettronica spensierata e felice, mentre i talentuosi signori legati alle grafiche hanno raccolto consenso e rispetto per il design di lunghe vedute.

Sicuramente tra i vostri conoscenti ce n'è almeno uno che usa l'adesivo di Ghostly per coprire la mela del proprio Mac. Non è proprio possibile arrivare a un livello più alto di esteticità.

DEATH ROW

Chissà di che musica si occupa una label con una persona che sta per essere giustiziata. Forse hardcore o metal? Nah. Il logo è abrasivo e crudo, proprio come il nome. Ma se ci fermiamo ad analizzare la storia della label gangsta rap per eccellenza, il logo diventa molto più che una scelta di gusto. Rappresenta l'essenza dell'aggressività, illegalità e delle generiche violenze sonore su cui si fonda Death Row. "Non rompeteci i coglioni," sembra che urli. E considerando le tumultuose vicende dietro alla saga della label Suge Knight e i suoi vecchi collaboratori, ha tutto perfettamente senso.

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R.I.P SOCIETY

Quando Nic Warnock ha fatto uscire il primo 7" di Circle Pit nel 2009, probabilmente non si immaginava l'impatto che la sua R.I.P. Society avrebbe avuto nella scena DIY australiana. Non ci sono cazzi, il logo (disegnato da Warnock) di una lapide con su inciso "R.I.P Society" identifica al massimo l'etichetta e l'ampio range di release, inclusi i Royal Headache, Holy Balm, e Boomgates.
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SILO ARTS

Per un'etichetta progressista e fondata prevalentemente sulla musica elettronica, usare un floppy disc come logo potrebbe sembrare un paradosso. Ma una volta considerato che è stato disegnato da Grant Gronewold a.k.a. la leggenda art-hop, HTMLflowers, appare chiaro come questa immagine non sia altro che un'effigie alle nuove tecnologie. Il floppy ha spopolato non appena è stato messo in commercio, proprio come l'incredibile elettronica che Silo rilascia (friendships, Planete, Nakagin) dall'Australia al momento.

CHAPTER MUSIC

Se gli occhietti chiusi e il font stucchevole sono associabili al primissimo indie pop di Minimum Chips e Sleep Township, questo logo è ancora una valida rappresentazione di una delle più importanti etichette musicali australiane delle ultime due decadi. La Chapter ha sempre trattato di musica "letterata" e story telling, e se molte sue colleghe con intenti e gusti simili hanno poi virato per la strada commerciale, la label di Melbourne ha scelto di premiare l'onestà dei suoi artisti, prima ancora di pensare al successo.

ZARCORP

La Zarcop era la label dei Late Of The Pier, cioè quel gruppetto indie synth inglese di cui avevamo parlato qualche tempo fa. Tra i suoi meriti c'è quello di aver rilasciato solo vinili della band e aver lanciato Egyptian Hip Hop, assieme ad altri talenti inglesi meno conosciuti. Il suo logo è strambo, esattamente come la venatura di elettronica oscura e ancora più stramba che la label ha scelto di promuovere.

Davvero, sembra il logo della Opel e quello di un supereroe uniti e copiati uno sopra l'altro su Photosohop. Magari non c'è nessuna storia fica dietro alla sua creazione, ma è definitivamente una delle migliori grafiche in cui perdersi.