A cavallo tra l’‘800 e il ‘900 Napoli si espanse: la campagna divenne città e furono aperte delle arterie per ampliare la zona delle residenze nobiliari, dando vita a quello che oggi è il quartiere Chiaia, con la costruzione di molti edifici eclettici e liberty. Tra gli edifici più noti quello di Via Vetriera n°12, alle spalle di Via Dei Mille. A destra lo storico Cinema Delle Palme, a sinistra, alla fine di un piccolo viottolo, la fabbrica di quello che è uno dei marchi storici di questa città: Gay-Odin.Davanti a me fontane di cioccolato (sbavo), fave di cacao, mandorle, nocciole, crema alla gianduia, pasta di cacao, cioccolatini nudi. Al netto degli umpa lumpa non manca praticamente nulla.
Partiamo col dire che Gay-Odin non è solo una fabbrica di cioccolato, è una vera e propria istituzione. Nella mia testa è legata da sempre a due ricordi: il primo è l’immagine di mia nonna che gioca a carte con le amiche nel salotto in cui mi era proibito entrare. Mentre spiavo dal buco della serratura mentre lei apriva questa grande scatola blu con una riproduzione del Golfo di Napoli sul coperchio e offriva questi cioccolatini speciali “per adulti” (probabilmente quelli al liquore). Le scatole non si buttavano mai, custodivano fotografie o set da cucito.Il secondo ricordo è il mio primo wafer al cioccolato. Dopo quello il nulla. Capirete che Gay-Odin per noi napoletani non è solo una fabbrica di cioccolato, ma è un pezzo della nostra storia. A Pasqua e a Natale, come dessert o con il caffè, nessuno osa rifiutare un “nudo” di Gay-Odin.Gay-Odin per noi napoletani non è solo una fabbrica di cioccolato, ma è un pezzo della nostra storia.
“Un impasto fatto di pasta di cacao, zucchero, burro di cacao, burro di latte e latte in polvere viene steso attraverso tre rulli in un sottile strato di cioccolato, poi raccolti ‘a corteccia d’albero’”
“Ogni artigiano è specializzato e sa come produrre almeno uno o due prodotti dall’inizio alla fine, non soltanto una fase di lavorazione”
I cioccolatini nudi hanno forme irregolari – grande, piccolo, storto – e le farciture vengono fatte a mano e poi ricoperte di cioccolato
Ma torniamo a noi. L’operaio fa colare due terzi del cioccolato fuso e comincia a spatolarlo energicamente sul banco di lavoro per farlo raffreddare. La tentazione di mettere un dito dentro è fortissima, ma l’igiene e il senso del pudore me lo impediscono. Poi si porta un po’ di cioccolato sul labbro per controllare che abbia raggiunto la giusta temperatura (intono ai 27°C) e lo unisce al restante per poi stenderlo negli stampi.”Sta riempiendo a coltello i gusci delle ghiande, cialde wafer a forma di ghianda ripiene di crema alla gianduia. Guarda la mia faccia inebetita e me ne porge una calda appena presa dalla linea”
La Gay-Odin lavora da sempre bean to bar, dal seme alla barretta, cioè importa il cacao crudo e lo trasforma, senza semilavorati. Lavorano su miscela, soprattutto con cacao dell’Ecuador e del Venezuela, una piccola percentuale di Criollo – cacao abbastanza pregiato e di difficile approvvigionamento – e un’altra piccola parte di cacao africano. Sbuccio una fava di cacao con la punta delle dita – come mi ha indicato Massimo - e la rompo con i denti: mi aspettavo che l’amaro mi arrivasse al cervello e invece no, il sapore è molto intenso ma delicato.Altra cosa importante da dire: Gay-Odin appartiene a una rete di acquisto composta da aziende italiana, che lavora per garantire la provenienza del cacao da piantagioni dove non c'è sfruttamento minorile.
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