Apple A.G. Cook
Immagine fornita per gentile concessione dell'ufficio stampa dell'artista
Musica

La musica di A. G. Cook incarna lo spirito del presente

Producer, A&R, compositore, teorico e artista: l'uomo dietro PC Music si conferma l'interprete perfetto della società digitale grazie ai suoi dischi.
Carlo Casentini
Milan, IT

Se seguite la musica più sperimentale su Soundcloud e Bandcamp, amate il pop scintillante di Charli XCX o la carriera solista del frontman dei Sigur Rós, negli ultimi 10 anni vi sarete sicuramente imbattuti in un personaggio misterioso. Un uomo tanto riservato quanto sulla bocca di tutti i vostri amici più sul pezzo. 

Il nome in questione è quello di Alexander Guy Cook—in arte A. G. Cook—, deus ex machina di tutto ciò che è avanguardistico ma al tempo stesso popolare. Non a caso, è producer della già citata Charli XCX e di un progetto fenomenale come SOPHIE nonché collaboratore di tutta una serie di artisti—da Tommy Cash a GFOTY, da Hannah Diamond a Caroline Polachek—entrati nell’orbita di PC Music, l’etichetta fondata da Cook stesso nel 2013, appena uscito dall’università.

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Per capire il suo lavoro conviene partire dal suo ruolo di A&R e produttore proprio in PC Music, una realtà fondamentale per chi non disdegna di sovrapporre musica e teoria culturale, che al tempo stesso ha dimostrato la capacità di far incazzare parecchia gente. La musica che usciva dall’etichetta di Cook era infatti quasi sempre tanto strana quanto estremamente pop, un’elettronica tirata a lucido che non lascia spazio ad alcuna mezza misura o forma di disimpegno. 

Prendiamo il paradigmatico esempio di QT: un’artista che non era veramente un’artista, e al tempo stesso un energy drink e un finto brand; insomma, il tipo di esperimento sociale tipico di PC Music, di cui non si riesce mai a capire fino in fondo l’intento. Musica di analisi più che di protesta, che ha attirato su PC Music una serie di etichette (“Accelerazionisti! Finti anticapitalisti!”) definite dallo stesso Cook come abbastanza inutili, visto che in fondo si tratta soltanto di incarnare la contemporaneità.

Producer, A&R, compositore e pure discreto pensatore: cosa mancava alla carriera di A. G. Cook? Un album.

Insomma, producer, A&R, compositore e pure discreto pensatore: cosa mancava alla carriera di Cook? Un album. Ebbene sì, in quasi 10 anni di peripezie musicali, Alexander non aveva mai pubblicato un album solista, almeno fino a quest’anno. 

È il 2020, il mondo è sconvolto da una serie di crisi e cambiamenti immensi, e A. G. Cook spara fuori non uno, ma ben due progetti che, seppur già pronti da tempo, rimangono incredibilmente attuali. Ovvio.

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I due album sono 7G, un’opera mastodontica di 49 brani divisi in base a 7 tematiche legate agli strumenti utilizzati da Cook, e Apple, il “classico” album di 10 pezzi… che però di classico ha ben poco. Messo di fronte a una quantità simile di musica nel giro di poche settimane, mi son trovato pieno di domande a cui poteva rispondere solamente il diretto interessato, quindi ho aperto un quanto mai appropriato Zoom e ho chiamato il buon signor Cook.

Noisey: Ciao Alexander! Come stai?
A.G. Cook: Sto bene, anche se è stato un periodo frenetico! È appena uscito il video di “Beautiful Superstar” ed è una figata. Mi sono divertito molto, mi sento bene, anche se la campagna di lancio dell’album è stata davvero lunghissima. Almeno mi sono distratto dal lockdown.

A proposito: com’è andata durante il lockdown?
È stato abbastanza interessante. Per tutti questi mesi sono stato con la mia ragazza in una piccola cittadina in Montana, dove lei è cresciuta. Abbiamo deciso di scappare da Los Angeles, dove vivevamo da poco… LA è un posto super strano sempre, figurati con la pandemia! Eravamo già venuti qui in passato per riposarci e suonare. Ora siamo qui da sei mesi circa ed è una figata, anche se ovviamente è strano vivere in questi tempi e spazi dilatati, è stressante per tutti. 

“Mi sembra che casualmente questo momento si sia rivelato adatto ai temi che tratto nella mia musica,e la gente più portata a digerire un progetto come 7G in modo più profondo.”

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Comunque stavo già pianificando di pubblicare tutti questi album nell’estate 2020. Avevo in ballo l’album di Jonsi e alcuni progetti con Charli, ma anche già deciso di fare una campagna più digitale, magari con dei concerti online e con gli streaming. Quindi, vista anche la situazione, ho deciso di costruire tutto attorno a questa idea. È strano, mi sembra che casualmente questo momento si sia rivelato adatto ai temi che tratto nella mia musica, e la gente più portata a digerire un progetto come 7G in modo più profondo. È stato molto toccante vscoprire quanto le persone non vedessero l’ora di partecipare ai concerti su Zoom e alle community su Discord.

In più, penso che sempre più persone stiano ascoltando musica più strana per divertirsi. Lo sto facendo anche io. Ora trovi il tempo per ascoltare e approfondire le colonne sonore e la musica classica, i vecchi album e discografie. Siamo totalmente fuori da quell’aura di musica pop in cui siamo normalmente immersi nella società.

Quindi un anno fa avevi già in mente di organizzare una campagna simile
Non amo andare in tour. Avrei fatto qualche concerto ma non ho quel tipo di energia che serve alla vita da tour… qualcosa andava sacrificato per fare le cose per bene e ho deciso da subito che sarebbero stati i live. In passato ero già stato coinvolto in un paio di festival su Minecraft, e tanto tempo fa con PC Music avevamo fatto degli stream in parte preregistrati e mezzi live. In più, quando organizzi cose simili, le lineup sono incredibili perché non ti devi preoccupare di orari e distanze. Qualsiasi cosa ci riservi il futuro, credo sarà molto influenzato da progetti come Club Quarantine e il Minecraft Open Pit.

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Sei soddisfatto di come sono andate le cose?
Sì, ho ricevuto un feedback molto positivo, di persone davvero coinvolte nella mia campagna. È diventata quasi una conversazione, in cui eravamo prontissimi ad ascoltare chi voleva mettersi in gioco. La musica è sempre stata una via di fuga per me, in questo caso in particolar modo. Ogni tanto provo a disconnettermi dal mondo della musica, guardo quel che succede fuori e mi spavento. È una sensazione agrodolce, visto che siamo immersi così tanto in qualcosa di davvero entusiasmante e arricchente, ma senza smettere di pensare a come sta cambiando il mondo all’esterno. Davvero molto strano.

“In questo momento storico, siamo totalmente fuori da quell’aura di musica pop in cui siamo normalmente immersi nella società.”

Durante la quarantena hai lavorato a ‘How I’m Feeling Now’, l’ultimo album di Charli XCX. Il processo creativo è stato una figata, avete coinvolto i fan con conference call su Zoom e chat chiedendo sempre la loro opinione mano a mano che il progetto vedeva la luce. Com’è stato lavorare in questo modo?
La pandemia era appena iniziata, sembra così tanto tempo fa, è assurdo… è stato il nostro primo approccio al lavoro durante la quarantena. È stato molto immediato, ero sotto lockdown da poco e avevo visto Charli soltanto un paio di settimane prima. Il fatto che siamo stati capaci di fare un disco del genere così velocemente, nonostante la distanza, è significativo. Non ce l’avrei fatta con chiunque, abbiamo un rapporto lavorativo molto stretto e, benché sia stato sicuramente diverso, alla fine è in continuità con moltissimi aspetti già presenti nel nostro lavoro. 

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Stavamo in effetti lavorando a un altro album più tradizionale ma, dato il lockdown, abbiamo deciso di optare per qualcosa di diverso. È stato molto interessante, lei ha cercato di coinvolgere altre persone e ci sono stati un po’ di elementi casuali. Ci sta, come dicevo erano i nostri primi passi nella quarantena e nella “musica da quarantena”. Non c’erano neanche tutti gli strumenti che ci sono ora, lei riceveva tantissime demo inviate dai fan ma era impossibile ascoltarle tutte se volevamo davvero chiudere un album in due settimane.

Se rifacessimo quel processo ora, cercheremmo di costruire una community vera e propria e magari di “gamificare” il disco, dargli una profondità diversa. Ad esempio, adesso abbiamo organizzato una battaglia delle band su Discord, rendendolo un gioco. Usare Discord invece che Twitter o Instagram ti dà molto più feedback, in effetti. Poi, certo, lei è anche una popstar e ha una grande “piattaforma” su Twitter e Instagram, quindi la sua idea, la musica e l’atmosfera si sono dimostrate ottime. È stato bello lei si sia aperta e tutti potessero vedere così tanti aspetti della sua persona, nonostante un po’ di monodirezionalità da Grande Fratello.

Parliamo dei tuoi album, 7G e Apple. Mentre Apple è più “classico”, 7G sembra quasi più un diario sonoro.
Pensa che per me 7G non è un diario più di quanto non lo sia Apple. Tutto il mio processo creativo è come una serie di fotografie da mettere insieme in un secondo momento. Quasi tutta la musica in cui sono coinvolto è un po’ un diario. Ho finito Apple circa un anno fa e volevo che sembrasse molto studiato, mi sono preso il tempo per farlo sembrare un vero e proprio album di debutto. Anche il titolo è una parola quasi da scuola primaria, semplice ma con tanti significati: basilare come una mela ma con delle connotazioni musicali e tecnologiche complesse; credo rappresenti bene le mie canzoni… Quando ho finito Apple mi sono sorpreso di quanto le mie scelte in fatto di strumenti fossero specifiche ed esprimessero esattamente quello che volevo. Quindi ho pubblicato 7G per tentare di approfondire questo aspetto, i motivi dietro la scelta degli strumenti, i significati e come ho equalizzato tutto in modo che nulla si scontrasse.

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“Tutto il mio processo creativo è come una serie di fotografie da mettere insieme in un secondo momento. Quasi tutta la musica in cui sono coinvolto è un po’ un diario.”

Il Manifesto dei Bot

Tipo un manifesto?
Manifesto per me è una parola strana, cerco sempre di evitare di mettere giù delle regole fisse o qualcosa di dogmatico, come anche nel mio lavoro per PC Music. L’unico manifesto è l’idea di essere personale, da cui deriva “personal computer music”. Penso che il fatto di scegliere singoli strumenti e di presentarli con chiarezza riesca a spiegare perché hanno un valore per me così personale, e mi permette inoltre di farli vedere da un’altra prospettiva. 

Come mai con Apple hai puntato su un formato più tradizionale come quello dell’album?
Quando PC Music è nata, nel 2013, odiavo l’idea di fare un album vero e proprio. Al contrario, mi piaceva un sacco Soundcloud, uploadare le cose, gli mp3 gratis, i mini siti, etc. Cose molto più simili a ciò che gli artisti sono quasi obbligati a fare ora. Ma da quando Soundcloud ha iniziato ad andare in declino, e hanno iniziato a dominare i servizi di streaming, ho cominciato a cercare strade che andassero oltre a quella realtà. Gli artisti che mi piacevano di più erano in fondo quelli che costruivano un mondo e uno spazio, oppure qualcosa che li facesse emergere rispetto agli algoritmi e alle playlist. Questo trend mi ha fatto iniziare ad apprezzare gli album e le campagne di lancio degli album, e mi sono sentito motivato a fare qualcosa di simile. Ad esempio, a pensare “Potrei organizzare questa campagna perfetta… oppure creare sette dischi in uno, qualcosa di simile a Bandcamp e con molto significato, in un panorama pieno di contenuti e difficile da navigare”: è da questo ragionamento che sono venuti fuori Apple e 7G.

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In una recente intervista hai definito il PC “l’unico vero strumento folk di questa generazione”. Cosa intendi?
Quando mi sono appassionato alla musica, intorno ai 17 anni, sono stato molto facilitato dall’essere circondato dai computer. Pensavo di poter suonare giusto perché sapevo usare i software e studiavo musica, ad esempio nel corso intitolato “Music Computing” alla Goldsmiths di Londra… un nome davvero molto letterale. Ho poi creato PC Music una settimana dopo essermi laureato, e come immagini è tutto molto collegato a quest’approccio.

Mentre studiavo la musica del secolo scorso, ho notato questa contrapposizione fra i computer e gli strumenti acustici, come se le macchine portassero via la nostra musica umana per creare qualcosa di opposto. Un film di fantascienza, in sostanza. Ero sorpreso da questa ricorrenza, soprattutto considerando che per la mia generazione, senza contare quelle più giovani, è normale essere circondati da laptop e cellulari. Persino quando non stiamo facendo musica in modo intenzionale stiamo comunque registrando la nostra voce e vedendo la nostra immagine, interagiamo con microfoni ed effetti speciali, oppure giochiamo con l’autotune: è diventato tutto una parte integrante delle nostre vite. Lo stesso vale per chi fa musica. Si possono creare così tante tante cose senza pensarci troppo, brani direttamente dalla tua tasca o dal tuo zaino. Tutto questo sta iniziando davvero a dare la sensazione di una “social folk music” e di un vero strumento del tutto popolare. 

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“L’aspetto più politico che posso trovare in un sacco di musica di PC Music ha più a che fare con un certo senso di libertà e di voglia di uscire dai binari della musica elettronica e acustica, pop vs sperimentale, autentico contro non autentico, umano contro robot .”

Questo aspetto di ibridazione tra uomo e macchina che caratterizza la tua musica e la tua ricerca ha portato molti a definirti come transumanista e accelerazionista. Cosa ne pensi? 
Da sempre sono interessato alle prime opere sulla robotica, come ad esempio  il “Manifesto Cyborg”, oltre ovviamente a comporre la mia musica con le macchine, in quella che senza dubbio è una leggera forma di transumanismo, anche se magari non ci riflettiamo a dovere. Io invece ci penso sempre quando sto lavorando sui miei software. Non sono una persona che si mette a suonare come se si trattasse di un pianoforte, al contrario entro proprio in simbiosi con il PC e sembra quasi diventare una mia protesi, una parte di me che allo stesso tempo non mi appartiene. Se mi siedo al pianoforte e provo a scrivere, benché ci riesca, non è la stessa cosa e mi sento fuori dal mio ambiente, come se si trattasse di qualcosa di falso e pretenzioso. Al PC, invece, sono davvero immerso nel mio lavoro e mi permette di esprimere una parte totalmente nuova della mia scrittura che a me suona ben più umana. Per questo credo che in un certo senso si tratti di un’esperienza transumanista, e sono davvero interessato a vedere come evolveranno le tecnologie in questo senso. Però mi fa anche piacere che sia così facile disconnettersi, che si possa semplicemente scegliere di non guardare più lo schermo. Ad essere onesto, non so come la penso rispetto a una totale fusione con la tecnologia… temo di preferirla a un livello più metaforico.

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Per quanto riguarda l’Accelerazionismo, da quanto ho capito parla di come siamo in una fase molto avanzata del capitalismo e vicini alla fine del mondo… e quindi decidiamo di fare tutto il possibile per spingerci oltre questo limite… Diciamolo: non mi sento un accelerazionista. Penso che sia interessante e abbia dei punti validi, ma non riesco a vedermi come un catalizzatore di questo tipo, anche perché non mi è mai sembrato le cose si stiano davvero muovendo così velocemente. Non mi vedo come una persona futuristica, ma come una persona più trasparente e onesta rispetto al presente, che vuole guardare le cose come stanno invece che fissarsi su vecchi schemi mentali. Non penso che fare una versione più sperimentale del pop mi renda accelerazionista, credo sia semplicemente una scelta inevitabile. L’aspetto più politico che posso trovare in un sacco di musica di PC Music ha più a che fare con un certo senso di libertà e di voglia di uscire dai binari della musica elettronica e acustica, pop vs sperimentale, autentico contro non autentico, umano contro robot e via dicendo. Semplicemente, riconosciamo che ci sono delle possibilità pratiche e che non vale la pena di non sfruttarle per qualche idea conservatrice. Ma in realtà stiamo solo spiegando attraverso la musica qualcosa che può succedere nella vita di tutti i giorni. Non siamo fissati col capitalismo. è più come una finestra sul presente, che si può applicare a tutte le strutture che si fondano su questi binari, non solamente al capitalismo.

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Siamo in un periodo di tremenda crisi climatica, culturale, politica e sociale. Cosa dovrebbe fare la musica pop per rimanere rilevante?
La musica pop è in una posizione strana e non mi fido molto dell’industria musicale, soprattutto quando si tratta di attivismo. Lo stesso vale per l’industria della moda. A volte, quando un’azienda enorme organizza una qualche iniziativa benefica, è quasi peggio rispetto al non fare nulla, perché in realtà stanno soltanto facendo finta di voler cambiare le cose. C’è tuttavia anche un attivismo di una tipologia più attiva, che non si limita solo a postare un quadrato nero e non si limita alle buone intenzioni. Penso ci siano molti aspetti rispetto ai quali la musica può davvero avere un qualche effetto positivo, purché mantenga la sua personalità e non diventi uno spot pubblicitario. In effetti, mi ha dato fastidio l’attivismo apparentemente immediato e affrettato dell’industria musicale, mi è sembrato condiscendente. Al contrario, sono rimasto impressionato dalle conversazioni più sincere. Magari sono ottimista ma credo che molte persone stiano imparando a relazionarsi a forme diverse di attivismo, tra cui io stesso. Sto sperimentando: ad esempio vorrei creare qualcosa che rimanga legato per sempre a un certo tema, come le release su Bandcamp che raccolgono soldi per una certa causa, ma per sempre. Immaginati un artista enorme che fa qualcosa del genere, sarebbe fantastico.

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La trap è parte fondamentale ormai della musica pop. Cosa ne pensi? Ci sono artisti con cui trovi dei parallelismi come ad esempio Hudson Mohawke o Flying Lotus?
Penso che la trap incarni la wave del pop di oggi. Non mi piace separare la musica pop dall’hip-hop, per quanto possano avere un pubblico differente e una storia molto, molto diversa. A me piace qualsiasi cosa sia una fusione tra generi. Una delle cose più interessanti dell’hip-hop è che è un genere molto ampio e libero, e in particolare ciò vale per la trap, che possiede una componente innata e portata alla sperimentazione. C’è sempre qualcosa di strano che succede in quei brani: a volte il ritornello è un rumore, un’altra volta un ad lib e tutti i rapper hanno flow incredibilmente diversi o usano effetti vocali particolari. Penso ci sia un sacco di spazio per fare dei crossover, e molta roba della PC Music è  influenzata direttamente dall'hip-hop.

“Penso che la trap incarni la wave del pop di oggi. Una delle cose più interessanti dell’hip-hop è che è un genere molto ampio e libero, e in particolare ciò vale per la trap, che possiede una componente innata e portata alla sperimentazione.”

In cielo con Flying Lotus

È giusto citare personaggi come Hudson Mohawke e Flylo, si tratta della generazione a noi precedente, e so per certo che io e molti miei amici siamo stati influenzati dalla loro musica. In effetti, molti dei miei pezzi preferiti sono proprio i remix assurdi che Hudson ha fatto di pezzi che neanche ascoltavo. Hudson ha questo senso di libertà che penso sia prototipico di tutto ciò che mi interessa fare. Suoni che colpiscono duro ma molto spaziosi, batterie registrate live e altre cose strane. Una musica che è adrenalinica ma anche emozionante,e in qualche modo riesce a tenere tutto insieme e a farlo funzionare. Penso che anche Flying Lotus in qualche modo ci sia riuscito.

Poi ora come ora sono molto interessato al metodo di lavoro di chi fa hip-hop e trap, non solo per l’utilizzo dei loop ma anche per come gli elementi sono incollati insieme. Ogni tanto scherzo sul fatto che quando si registrano pezzi pop in studio ognuno ha il suo ruolo ben definito, hai chi progetta le batterie, chi si occupa degli accordi, chi delle voci… Invece, c’è un certo stereotipo sulle sessioni rap nel quale c’è questo enorme entourage con tantissime persone che non fanno necessariamente qualcosa, ma tutti avranno modo di guadagnare qualcosa dalla canzone. Anche solo per il fatto di essere lì. Penso che, anche se è solo uno stereotipo divertente, si possa applicare bene alle sessioni musicali su Zoom: immaginati 100 persone nella chat e ognuno che si prende la sua quota dai guadagni giusto perché era lì a godersela con noi. È una battuta, certo, ma penso spieghi bene la flessibilità che è necessaria per sopravvivere in un periodo del genere, e soprattutto che caratterizza l’hip-hop. Credo sia per questo che in questo periodo la trap sta facendo così bene. Non penso si tratti solo di una questione di trend, credo sia intrinsecamente legato ai metodi di lavoro e che la gente voglia cose più rilassate o fantasiose.

Quindi come pensi che evolverà la musica? 
Credo che, nell’epoca dei social media, un genere musicale più social avrà probabilmente successo. È impossibile prevedere il futuro, non mi piace molto parlarne perché credo che il futuro che immaginiamo sia sempre una buffa caricatura del presente. Credo che il bello dell’industria musicale sia proprio la sua capacità di evolversi continuamente, di essere costantemente in un flusso. La musica come forma d’arte è in grado di mutare di continuo. Negli ultimi ha assorbito praticamente di tutto e questo è il vero gene della sopravvivenza. Anche le regole più rigide, come quelle dell’armonia e del ritmo, sembrano mutare senza sosta. Lo adoro.

Ad ogni modo, è carino provare a immaginare la musica fra 100 anni. Chissà, magari sarà super corta, o molto fisica, o magari non useremo le casse come le usiamo adesso—mi immagino nel futuro a ripensare al modo in cui usiamo impianti e cuffie e a quanto fosse antiquato… proprio come ora guardiamo alle biciclette antiche e cose del genere. Nel presente, vorrei che la musica fosse ancora più immediata e organica. Questo è il mio ideale di musica per il futuro. Ma spero possa succedere persino stanotte, o domani.

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