Come si fa a scrivere il seguito di un capolavoro senza fallire?

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Musica

Come si fa a scrivere il seguito di un capolavoro senza fallire?

A volte riesci a evolverti, ad affermarti come artista e a non restare prigioniero del personaggio che tutti credevano fossi. Altre ancora, diventi come gli MGMT.

Da quello che parrebbe il nulla e invece è Vancouver, nel giugno del 2012, una band emergente chiamata Japandroids pubblicò il disco dell'estate definitivo di sempre, Celebration Rock. Con i suoi cori da urlare, la sua attitudine spensierata e quella potenza che si può ottenere solo con un'adorazione totale della chitarra come strumento espressivo, questo disco forniva una gratificazione immediata, che suonava sempre meglio mano a mano che le giornate si scaldavano e i finestrini si abbassavano e la spiaggia si avvicinava.

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L'album portò al duo canadese una folta schiera di nuovi fan, trasformando la band nel sogno bagnato di ogni critico rock, e il loro successo provò che l'indie rock aveva ancora qualcosa da dire dopo il terribile periodo di poltiglia rock da colonna sonora di Garden State. Celebration Rock fu la pietra angolare del suono della band, e il suo titolo finì per diventare la definizione della loro musica. Nonostante i Japandroids avessero pubblicato soltanto un altro album, Post-Nothing, uscito nel 2009, i loro fan concordavano sul fatto che Celebration Rock sarebbe rimasto immortale nei secoli come il loro più grande, e ineguagliabile, successo.

A tremila miglia di distanza, in una cittadina della Pennsylvania chiamata Scranton, i Menzingers si trovavano più o meno nella stessa barca. Tre mesi prima, questa band pop punk aveva pubblicato il suo terzo album, On the Impossible Past, e, dopo sei anni passati a cesellare la propria personalità musicale, aveva finalmente trovato quello che stava cercando. L'album era una tempesta perfetta di canzoni, a partire dal suo inconfondibile intro in chiave minore fino alle tematiche di nostalgia e malinconia contenute nei testi. Una cosa di rara perfezione che li aveva fatti spiccare nel mare dei loro colleghi.

Per quanto On the Impossible Past non fosse riuscito a penetrare le maglie del mainstream tanto quanto Celebration Rock (i custodi dell'industria musicale non dimostravano interesse in quella parte della scena punk), fece la gioia del piccolo mondo da cui proveniva. Punknews, il sito gestito collettivamente da una nicchia della scena quantomai fertile per una band come i Menzingers, lo piazzò al primo posto nella sua classifica degli album di fine anno (Celebration Rock finì al quarto posto). La band vide crescere il proprio pubblico e divenne un riferimento per gli altri musicisti, tanto da venire citata come influenza dal padrino del pop punk Milo Aukerman dei Descendents.

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Per una bizzarra coincidenza, i Menzingers e i Japandroids, due band che cinque anni fa trovarono l'oro sulle rispettive coste del Nord America, hanno pubblicato i loro nuovi album nello stesso giorno della settimana scorsa per la stessa etichetta, Epitaph Records. Con l'uscita di questi, After the Party per i Menzingers e Near to the Wild Heart of Life per i Japandroids, le due band si trovano ora nella stessa spinosa situazione: come fai ad andare avanti dopo l'album che molti considereranno per sempre il tuo capolavoro?

"Penso che per rimanere sani come artisti serva capire che la tua relazione con i fan cambia in continuazione, da persona a persona. Cercare di ripetere sempre lo stesso successo è una battaglia contro i mulini a vento", dice Jon Caramanica, il critico musicale del New York Times che ha recentemente recensito positivamente After the Party sulla prima pagina dell'inserto culturale. "I fan amano l'immagine degli artisti che hanno loro in mente, non quelli veri che stanno sul palco. Quindi, dato che è impossibile competere con un ricordo, tanto vale tenere la testa bassa e continuare a sparare".

I Menzingers hanno fatto un po' di strada in più verso l'uscita dal buco che si sono involontariamente scavati con le proprie mani, grazie alla pubblicazione di un altro LP nel 2014, intitolato Rented World, un disco che, per quanto sia scritto bene e abbia ricevuto un'accoglienza positiva, è stato senza dubbio colpito dalla maledizione di non essere il suo predecessore. Quell'anno, al primo posto della classifica di Punknews, c'era Transgender Dysphoria Blues degli Against Me! che, bisogna dire, era un avversario difficile da battere.

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Ma per i Japandroids la pressione ha continuato ad aumentare. Dopo aver portato in tour Celebration Rock per quasi tre anni e una pausa di due, molti fan avevano cominciato a chiedersi se i canadesi sarebbero mai tornati o il successo li avesse paralizzati dal punto di vista creativo. Un blocco creativo non sarebbe stato una novità. L'esempio più famoso e più violento è quello di Brian Wilson dei Beach Boys, il quale dopo il suo capolavoro del 1966 Pet Sounds ricevette una telefonata da John Lennon, durante la quale quest'ultimo gli disse che Pet Sounds fosse il miglior album di tutti i tempi. Questa pressione, sommata a un carico di lavoro enorme e una sana dieta a base di LSD, per usare le parole di Wilson, gli fotté il cervello. Anche gli Arcade Fire sono passati per la stessa trafila: Funeral, il loro album di debutto, ha fatto prendere bene David Byrne, Bono e David Bowie. Il duca bianco, maestro della reinvenzione musicale, ha addirittura dichiarato di aver comprato un pacco di CD di Funeral per regalarli ai suoi amici. "Se il tuo esordio è Funeral, e va così bene, e piace così tanto alla gente, e attorno al gruppo si crea fin da subito una sorta di fervore, è inevitabile che sulla band si creino aspettative altissime su qualsiasi cosa faccia da lì in poi," disse all'epoca Mac McCaughan, co-fondatore di Merge Records, etichetta degli Arcade Fire. Funeral non era solo un disco costruito perfettamente, ma ha verosimilmente definito che cosa significasse fare "indie rock" a metà degli anni 2000. Il suo successore, Neon Bible, uscì nel 2006: fu amato dalla critica, e portò il gruppo a suonare a Saturday Night Live. Nonostante questo, le lodi che si beccò sembrarono quasi una sovracompensazione da parte di chi era arrivato tardi a Funeral. Nonostante questo, gli Arcade Fire non si sono più guardati indietro, e il fatto che non abbiano perso il loro ruolo dimostra che un disco di grande successo può aiutare molto i suoi successori, se gestito abilmente.

Un noto effetto delle alte aspettative dei fan e delle etichette è il caro vecchio blocco dello scrittore—o comunque l'idea, nell'artista, che esista un certo standard che va rispettato, se non superato. Tim Kasher, la mente creativa dietro ai Cursive, parlandomi del successo inaspettato del loro classico The Ugly Organ, mi disse: "Nella tua testa stai sempre provando a superarti. In un certo senso, ogni volta che scrivo sto provando a fare meglio di The Ugly Organ. Non sento aspettative addosso. Ma è un tentativo che fai." Ad esempio: tre anni dopo, con Happy Hollow, Kasher cambiò l'atmosfera del gruppo eliminando il violoncello che aveva definito il suono di The Ugly Organ. Spesso, la trappola principale che un grande album può rappresentare non sta nella sua supposta qualità mai più ripetibile ma nel fatto che diventi sinonimo di un certo periodo storico nella testa di chi lo ascolta. Un esempio è Oracular Spectacular degli MGMT, un album mega-prodotto che immortalava perfettamente il malessere carico d'ironia di chi ha visto l'apice della propria gioventù coincidere con la fine dell'amministrazione Bush. Vendette milioni di copie. Dopo un anno passato a muovere il culo su "Electric Feel" ogni notte ed essersi fatti un bel po' di ecstasy, gli MGMT diventarono le rockstar superficiali che avevano preso per il culo sul loro album di debutto. Su Congratulations, il loro secondo LP, cambiarono marcia: abbandonarono qualsiasi velleità pop e cercarono di identificarsi come veri artisti, abbandonando le bandane e facendo quindi prendere male la stragrande maggioranza dei loro fan. Rolling Stone lo definì "un album di alti e bassi, confuso, che molto probabilmente alienerà molti di quelli che avevano apprezzato il loro debutto." La prima riga della recensione di Pitchfork diceva: "Se siete qua perché vi sono piaciute 'Time to Pretend', 'Kids' ed 'Electric Feel', quella è la porta." Ci sono esempi estremi di artisti che hanno tentato concretamente di abbandonare il suono che li aveva definiti, specialmente quando quel suono inizia a suonare stantio. Da quando Justin Vernon, cioè Bon Iver, ha pubblicato For Emma, Forever Ago. Da allora sono passati dieci anni, un po' di collaborazioni con Kanye West, un complicatissimo album pieno di sintetizzatori e Ⓖ00Ϝ¥ $0ᴎ⅁ Ŧiⓣ£∑S. Nonostante questo, c'è una buona probabilità che Vernon sarà sempre considerato, fino alla fine della sua carriera, un tizio barbuto con l'acustica e la camicia di flanella. Lui, però, non ha mai voluto portare quella torcia: "Avevo bisogno che 22, A Million suonasse radicale per poterlo mettere al mondo," ha detto a NPR parlando del suo ultimo disco. "Le mie vecchie cose hanno questa natura triste che funzionava come una cura, per me. È ok essere tristi per qualcosa, ma crogiolarcisi dentro e continuare a girare in tondo seguendo sempre gli stessi cicli emotivi è davvero noioso."

Spesso, gli artisti non percepiscono il loro lavoro come i loro fan. A volte, come la nostra serie Rank Your Records spesso dimostra, l'album preferito di tutti non è mai andato giù ai suoi creatori. How to Clean Everything, il grezzissimo ma amatissimo album di debutto dei Propagandhi, fa venire i brividi a Chris Hannah, il loro frontman. "È davvero stupido", ha detto una volta, dicendo che è l'album del gruppo che gli piace di meno. "Sfido chiunque abbia 45 anni a tirare fuori le poesie che aveva scritto da adolescente e farle vedere al mondo—no, cantarle al mondo, quando non hai mai cantato prima." La band, col tempo, è diventata un colosso punk, a malapena riconoscibile se messa accanto alla band "maldestra, incostante, ridicola, da cartone animato, alla blink-182" che erano ai tempi del loro debutto.  Anche se è difficile provare pietà per una band il cui problema più grande è dover scrivere qualcosa che sorpassi un album universalmente amato, i Japandroids sembravano effettivamente finiti in uno scenario in cui qualsiasi scelta li avrebbe portati al fallimento. Avrebbero potuto scrivere Celebration Rock 2, buttando fuori altri whoa! e yeah!, facendo felici i loro fan ma infilandosi ancora di più in una nicchia, caratterizzandosi come quelli-presi-bene; o avrebbero potuto cambiare completamente direzione, rischiando di alienare chi li ascoltava da tempo. Era un problema di cui i Japandroids erano perfettamente coscienti: e quindi si sono impegnati per ignorarlo.  "Siamo una band con batteria, voce e chitarra, molto energica, le cose che registriamo sono semplici e spesso dal vivo: partendo da questi punti cardinali è difficile per entrambi immaginare di fare qualcosa di meglio di Celebration Rock," ha detto il loro batterista Dave Prowse ai nostri colleghi di Noisey America. "Avevamo trovato una formula, a quel punto, ma non era abbastanza interessante e non ci dava abbastanza ispirazione da farci venir voglia di scrivere un altro disco mettendo il volume degli ampli al massimo, pestando sulla batteria e scrivendo dei pezzoni rock dall'inizio alla fine, forse con un lento sul finale. Volevamo davvero sperimentare, trovare nuovi modi di scrivere canzoni, e capire come potevamo spingerci oltre il nostro essere un duo." Il risultato è che Near to the Wild Heart of Life si prende rischi. Dopo un pezzo rock sporco e veloce per cominciare l'album, i Japandroids inseriscono gradualmente un po' di nuovi elementi nel loro repertorio—qualche tastiera, testi più introspettivi, e persino una ballata da sette minuti e mezzo. Non si sono reinventati completamente, certo, ma hanno chiaramente cercato di evolversi. After the Party, d'altro canto, vede i Menzingers maturare un pochetto, parlare dei problemi insiti nel compiere trent'anni, ma a livello musicale, dandoci altro materiale simile a quello che li ha resi quelli che sono oggi. Sarà solo il tempo a dirci come gli album dei Japandroids e dei Menzingers verranno giudicati dai fan e da loro stessi, e quali direzioni prenderanno adesso. Entrambi hanno scritto dischi che divergono dal loro passato—non così tanto da renderli irriconoscibili a chi li ama, ma abbastanza da dargli abbastanza differenze di cui discutere.  Segui Noisey su Facebook e Twitter. Altro su Noisey: _[Allora, com'è il nuovo album di Bon Iver? ](https://noisey.vice.com/it/article/allora-come-il-nuovo-album-di-bon-iver)__[Come rubare quattro milioni di dollari ad Alanis Morissette senza farsi beccare ](https://noisey.vice.com/it/article/come-rubare-quattro-milioni-di-dollari-a-unartista-senza-farsi-sgamare)_Il declino della musica indie in sette canzoni