FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Nessuna logica: il racconto sonoro di Furtherset

No Logic No Death, il suo terzo LP, parla di ansie e non-ragionamenti. Ve lo presentiamo con un'intervista e una traccia in esclusiva.

Ho imparato a conoscere Tommaso Pandolfi, in arte Furtherset, in modo abbastanza strano: prima scrivendoci su Internet, poi attraverso la sua musica, poi ancora via Internet, fino a incontrarlo di persona in occasioni in cui mi ha travolto condividendo con me le sue ansie creative e personali e dandomi in mano un pezzo del suo mondo con una dolcezza e un'immediatezza che raramente si incontrano. Dalla sua esibizione al Club To Club a sedici anni, evento che per un po' gli è rimasto addosso tipo etichetta indelebile di bambino prodigio dell'elettronica italiana, è passato un po' di tempo, direi quattro anni. In questo tempo Tommaso ha tirato fuori due album, Holy Underwater Love (Concrete Records) del 2013 e How To Be You, uscito lo scorso anno per la sua label Bertrand Tapes, oltre che un numero spregiudicato di EP e remix. La sua vicinanza al maestro delle metope e del sound design Bienoise ha portato Tommaso ad avere un approccio più ponderato e deciso sulle sue produzioni, fino ad arrivare a una forma, se non ancora (volontariamente) definita, più focalizzata, sul suo ultimo lavoro, No Logic No Death—in uscita il 22 settembre per White Forest Records—di cui vi presentiamo una traccia oggi. Non sono abituata a pensare a come i nostri producer migliori possano riuscire a farsi strada a gomitate per mostrare che anche in Italia esiste un fervore creativo, in musica, gravido e volenteroso, e non so nemmeno se Tommaso abbia il desiderio di darle, queste gomitate. Ma il recente annuncio che parteciperà al prossimo ciclo della Red Bull Music Academy e, soprattutto, la ricerca intensa, complessa, sofferente e carnale di quest'album—una delle produzioni più valide nate ultimamente in questa penisola—sono chiari segni che, anche senza prefiggersi obiettivi ambiziosi, e lavorando sul nucleo anziché sul contorno, Furtherset si distingue per tanti versi dal magma a volte desolante della non-musica italiana.

Pubblicità

Noisey: Bentrovato Tommaso, come stai? Cosa stai facendo?
Furtherset: Sono a Urbino, non parlo con nessuno e non vedo nessuno da quattro giorni, oggi però è tornato finalmente uno dei tre amici che ho qui e fuori fa brutto tempo, credo che tra poco pioverà.

Bene, che tristezza. Senti, volevo iniziare chiedendoti cosa hai assorbito dai live che hai visto ultimamente, tipo quando sei andato al Dancity o quest'estate all'Atonal.
Oddio, ma è necessaria una domanda del genere? Be', per esempio Ivory Towers all'Atonal è stato emozionante, ho pensato "cazzo, vorrei fare una roba del genere." È stato uno di quei concerti che mi danno la sensazione stranissima che di solito ho prima di un attacco di panico, la sensazione di ansia che rimane lì ferma e non si muove, volevo andarmene, sono stato lì tutto il concerto a pensare "adesso me ne vado", ma c'era qualcosa in quel live che mi teneva c'era una tensione altissima che è difficile trasportare in un live.

A te piacerebbe riuscire a tirare su un live del genere?
No, nel live non vorrei trasmettere una sensazione d'ansia, forse quella rimane dentro di me quando suono, cerco piuttosto di trasportare chi ho davanti nel mio mondo sonoro, nel mio linguaggio, che altrimenti è una sorta di muro, rischio di comunicare poco se non si conosce magari quello che c'è dietro la mia musica. Ora sto cercando di superare questa barriera e renderlo più “accessibile”, per quanto rimanga un live non facile da ascoltare.

Pubblicità

C'è un'intervista a Holly Herndon in cui dichiara di volersi impegnare ad essere accessibile, che non si crei quel muro, ma che ci siano delle vie d'ingresso. Per come l'ho sentito io, in quest'album apri più vie rispetto a How To Be You, no?
Rispetto alla produzione precedente, questo ha più vie laterali di accesso. Ovviamente non cerco di rendere universale il mio linguaggio musicale: non ne ho la pretesa e non saprei come farlo. Però forse gli scambi che ho avuto con universi musicali diversi dal mio, durante la produzione di questo album, hanno modificato il mio processo di scrittura, introducendo elementi anche pop, come ad esempio il fatto che canti su quasi tutte le tracce dell'album, o che la voce magari sia lo strumento principale che ho usato.

Invece parlami di un bel live che hai fatto, ossia quando hai suonato al Nextones. Mi ricordo che hai avuto problemi con le luci e non è andato molto bene a livello di visual.
A Nextones musicalmente è filato tutto liscio, mi ero caricato tantissimo perché suonavo dopo Fennesz e Lillevan, e Fennesz è uno dei miei riferimenti musicali principali. Avevo preparato, col mio collega Alessandro Biscarini, la parte visual, però non avevamo calcolato come regolare il contrasto e la luminosità per una cava bianca. E le luci non hanno aiutato, ne avevo addirittura una puntata addosso, che mi dava noia, però alla fine mi sono guardato intorno e c'erano persone davvero interessate e coinvolte, quindi il live è andato bene.

Pubblicità

Artwork di No Logic No Death

Com'erano i visual?
Sono riprese, fatte da me e montate da Alessandro, di miei disegni messi in sequenza, in una sorta di stop motion che ho creato collegando il mio computer a un televisore e mettendo tre immagini di fila che mandavo avanti con un peso sul cursore del computer, e riprendendo quello che usciva sullo schermo con una macchina fotografica. L'effetto che si crea è stroboscopico, i miei disegni, dipinti e foto vanno a sovrapporsi, che poi sono gli stessi che stanno sull'artwork dell'album.

Uno di quei lavori ce l'ho io tra l'altro. Mi racconti di come hai creato la cover art?
Utilizzo il disegno come una sorta di diario, mi è molto più comodo esprimermi con disegni o foto, rispetto che con la scrittura. Quei disegni sono stati una narrazione della mia vita di quest'ultimo anno, e mi sembrava logico che dovessero andare a finire sull'artwork, anche perché, come le tracce dell'album, sono stati fatti in ordine cronologico. Poi li ho ammassati in quel collage che è la copertina: è come se fosse un riassunto di tutto l'album. Molti di quei disegni non li ho più perché alcuni li ho regalati, altri li ho buttati, forse ne ho ancora tre o quattro. Cerco sempre di liberarmi dai miei disegni-diari, come mi sono liberato dal taccuino in cui annotavo gli appunti per l'album e i miei sogni di quest'anno. A giugno l'ho preso e l'ho bruciato, e nel booklet dell'album c'è una foto del diario che brucia, si è bruciato quasi tutto ed è rimasto un NO, scritto su una pagina, che per me è stato come un simbolico messaggio liberatorio, un chiudere con tutto quello che c'era stato prima… Infatti, appena dopo, sono andato ad ascoltarmi What Burns Never Returns dei Don Caballero. Il disco giusto da ascoltare in quel momento. Il titolo poi è diventato una sorta di motto, per me.

Pubblicità

Quindi ora che ti sei liberato la Ram, pensi che il disco rappresenti un periodo che si è concluso?
Non credo si possano chiudere facilmente alcune porte che si sono spalancate, l'album è una sorta di riassunto di come mi rapporto alla relazioni e a me stesso, certe mie paure o altri aspetti positivi continuano ad esserci. Ad esempio, il titolo dell'album, No Logic No Death, è una sorta di mantra che mi ripeto ogni tanto per evitare alcuni ragionamenti. Sai, magari iniziavo a pensare troppo su quello che facevo, ad avere pensieri disturbati riguardo alla mia identità, alla mia autostima, quindi quel titolo è quello che mi dico per non pensare troppo, andare avanti, fregarsene, per stare meglio. Questo è uno dei pochi aspetti positivi che mi porto dietro da quel periodo.

In un certo senso è stato un album terapeutico, nonostante tu l'abbia composto in una situazione complicata.
L'album è stato scritto quando ancora avevo una relazione, è continuato quando è finita, è continuato quando mi sono innamorato di nuovo ed è continuato quando anche questo sentimento è finito. È stato il mio unico modo per elaborare certe situazioni.

In pratica tutti i tuoi dischi parlano d'amore.

Be', il disco precedente,

How to Be You

, era più incentrato sull'identità, ma questo effettivamente è un album, per la maggior parte, di canzoni d'amore. Anche se non le definirei più così, sono più frammenti di discorsi che ancora devo riallacciare o costruire, altri pezzi comunque tornano sul tema dell'identità personale, del rapporto con le mie ansie, le mie angosce, le mie paure, come "Dead Again Still Again" che è un pezzo sui miei pensieri ed incubi ricorrenti sulla fine, sulla morte. Anche quello è una sorta di pezzo terapeutico, nel senso che mi è servito a superare certi tipi di ragionamento.

Pubblicità

I testi che hai scritto sembrano anche loro un po' un mantra come il titolo dell'album.
Il processo con cui ho scritto i testi è avvenuto in concomitanza con certe situazioni, erano le uniche cose che mi uscivano nel momento in cui suonavo, sempre perché non sono in grado di tenere un diario, e la musica e il testo sono usciti contemporaneamente. A volte sono dei mantra accusatori contro me stesso, quasi mai contro gli altri, anche perché non riesco a impormi contro gli altri, ma solo contro me stesso.

A proposito della tua relazione con gli altri… Tu hai un rapporto fraterno con alcuni musicisti, penso a Bienoise o a Osiris: queste tue relazioni ti hanno influenzato in qualche modo nel tuo percorso?
Con queste persone, che non sono tante, il rapporto è decisamente fraterno. Sono persone che mi danno molto sia dal punto di vista emotivo che da quello artistico. Senza Alberto (Bienoise), Filippo (Osiris) o altri che stanno nei ringraziamenti, non sarei riuscito a finire l'album. Ascolti le critiche, i consigli, anche i complimenti, e ci lavori sopra. Alberto mi consiglia regolarmente di cominciare a equalizzare i miei lavori da solo, cosa che forse ora per la prima volta sto cercando di fare, dopo che lui ha dovuto gestire tutto l'album precedente, sia per il mix che per il master. Lavoro che questa volta è toccato a Matteo Lo Valvo, della White Forest.

Stai fisicamente in un punto un po' inculato d'Italia, soprattutto rispetto ad alcuni centri della scena elettronica come Milano, Torino, Roma… Ti pesa questa sorta di isolamento?
Anche se fossi stato da qualche altra parte non mi sarei sentito parte di nessuna scena. Non vedo dove potrei riconoscermi, alla fine il mio processo di scrittura è molto individuale, non rientra in una scena. Vivere isolato è dannoso da un certo punto di vista, perché rimani fuori da certe dinamiche di mercato, però può essere anche positivo per quanto riguarda la concentrazione. Qui non posso fare molto più che rimanere chiuso in camera a suonare, e forse queste mie dinamiche di lavoro non potrebbero essere possibile altrove.

Pubblicità

Mentre scrivevi il disco c'è qualcosa che stavi leggendo, ascoltando o incamerando, in particolare?
Principalmente mi hanno ispirato artiste come Holly Herndon o Katie Gately, che lavorano principalmente sulla voce. Le ho ascoltate molto e ho tentato di imparare qualcosa da loro. Ascolto molto Fennesz, ho ascoltato parecchio Arca, ma forse la spinta a utilizzare più i testi o la chitarra sono arrivate da Jim O'Rourke o da band come Pavement, Built To Spill, queste robe qui. Non so però se queste influenze più "indie" siano udibili o meno nell'album.

Be', però da un certo punto di vista la struttura dei pezzi di questo LP è più aperta, più da "songwriting"…
È un'osservazione che ho fatto anch'io: i pezzi si sviluppavano su nuovi territori che non avevo percorso in precedenza. Questo lavoro è una sintesi di quelli precedenti, con nuove strutture, nuove vie d'espressione. Ho cercato anche di modificare il mio processo creativo, riducendo al minimo il setup, ora lavoro solo con due tastiere, due microfoni, una chitarra bruttissima, Ableton, e una diamonica. Strumenti orribili, ma sentivo il bisogno di limitare le mie risorse.

È più intimista, questa produzione.
Sì, viene più da dentro, una delle poche direttive che avevo nella composizione dell'album era la ricerca sui suoni che escono da me, dal mio corpo. È stata una sorta di embodiment in musica.

Ti aspetti qualcosa in particolare dalla Red Bull Music Academy a cui stai per partecipare?
Andare a Parigi due settimane è stimolante perché incontrerò altri musicisti e avrò a disposizione studi in cui poter registrare. Cerco sempre di non partire con grandi aspettative su nulla, parto con i piedi ben saldi a terra, ma sono entusiasta della libertà artistica che l'Academy mi consentirà. La notizia che ero stato preso è arrivata quando ero abbastanza giù e in quel momento ho pianto molto per la felicità, è stato un bel modo per scacciare molte mie ansie sulla mia incompetenza.

Pubblicità

E per le aspettative riguardo a quest'album hai un po' di ansietta?
No, non ho aspettative per niente e per nessuno, cerco di muovermi casualmente, di non impormi obiettivi. Però mi sono autoconvinto che questo non sia un brutto album. Credo che poi rientri nella mia libertà creare dei disastri.

Come mai hai deciso di affidarti a White Forest e non più alla self release?
Non mi ricordo se siano stati loro a contattarmi o viceversa, credo proprio di essere stato io. Avevo voglia di fare le cose in una maniera un pochino più seria e volevo mettermi in mano a loro. Ho mandato a WFR i primi pezzi dell'album e sono stati entusiasti. La mia unica condizione è stata che non volevo scarti o cambiamenti sul prodotto finale, loro mi sono stati dietro e mi hanno dato completa libertà. Da entrambe le parti crediamo nella completa libertà artistica, questo è fondamentale.

Senti, i ragazzi della tua generazione hanno un rapporto molto più strano e concreto con Internet rispetto ai trentenni. Per te che funzione ha, anche solo come rete sociale?
Be' alcune delle mie relazioni più strette sono nate da un lungo rapporto sui social, per esempio Alberto (Bienoise) non l'avevo mai visto prima che mi facesse il mix e il mastering dell'album precedente. Non riesco molto a vedere separazione tra la realtà e il social, a volte la realtà diventa un'estensione dei mezzi. Per quanto riguarda la mia musica, credo che sia esattamente il contrario del "SOCIAL", non l'ho nemmeno mai fatta girare tanto su Internet. Ora in particolare ho la necessità di far uscire la mia musica su supporto fisico, perché non si perda in questo infinito flusso di dati. Né la musica né le persone dovrebbero essere a rischio di diventare semplici dati.

Pubblicità

Per cui si ritorna alla tua ricerca sul fisico.
Sì, soprattutto dal vivo sento il suono materializzarsi e connettersi con altri corpi. Tengo molto al fatto che durante i miei live il pubblico senta la fisicità della mia musica. Sono contento di poter suonare suoni nati dalla mia voce, come se elementi miei fossero estraniati e diventassero frequenze che, fisicamente, risuono.

Una volta hai detto che volevi scrivere un disco felice…
Ecco, non credo che quest'album sia felice. Diventa un po' più felice quando lo suono dal vivo, mentre ascoltarlo butta abbastanza giù, almeno me. Da giugno l'avrò riascoltato tre o quattro volte.

Stai già lavorando a cose nuove?
Sì, ma questi nuovi lavori non avranno testi, anche perché mi buttano spesso giù, mi costringono a costruire una narrazione a partire da un punto di vista estremamente individuale. Invece voglio fare qualcosa di più propositivo nei miei confronti.

Fa un po' ridere però che il titolo dell'album contrasti con l'ordine logico dei pezzi o con il fatto che hai scritto testi utilizzando il linguaggio, la logica per eccellenza.
In effetti sì, quest'aspetto paradossale tra il titolo e la struttura dell'album però non è un male. Il titolo si riferisce più a un modus operandi della mia mente, che è diviso dal processo di scrittura, anche se non ho alcuna regola nel mio processo creativo.

Come mai hai scelto di farti intervistare da me?
Perché mi vuoi bene.

Vero, ti voglio bene.

No Logic No Death uscirà in CD e digitale il 22 settembre per White Forest Records.

Segui Furtherset su Facebook e Soundcloud.