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Musica

Furtherset - How To Be You

Anteprima assoluta di How To Be You, il secondo album del vostro amichevole Furtherset di quartiere.
Mattia Costioli
Milan, IT

Tommaso Pandolfi AKA Furtherset è l'unico sedicenne che oltre ad andare a scuola e avere sedici anni fa musica e ha anche diciannove anni. Quello che potete ascoltare qui sotto in anteprima è il suo secondo album, How To Be You, in uscita il 28 aprile per Bertrand Tapes, la neonata etichetta che ha fondato con alcuni collaboratori. L'album sarà scaricabile gratuitamente da Bandcamp, ma potete acquistarne una copia fisica su cassetta in edizione limitata a questo indirizzo, contiene anche un booklet con alcuni disegni legati alle tracce.

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Secondo Tommaso questo album è più bello del precedente, abbiamo fatto una lunga chiacchierata per capire il perché.

Noisey: Quando l’hai registrato l’album?
Furtherset: Finito Holy Underwater Love, verso maggio 2013, mi sono preso un po’ di mesi in cui non ho prodotto assolutamente niente. L’unica cosa che facevo era raccogliere sample e fare qualche disegno ispirato alla mia musica, ho fatto anche una serie di magliette. Ero un po’ incasinato perché avevo appena finito il quarto superiore, sono stato per qualche settimana a New York, raccogliendo sample in giro, completamente a caso. Molti dei pezzi dell’album sono nati così, ad esempio “Miroir” è fatta con i segnali acustici della metropolitana di New York.

Cercavi quei suoni perché avevi già qualcosa in mente in cui inserirli o l’idea dell’album è venuta dopo?
Io normalmente raccolgo tutti i sample che riesco a catturare con il mio Zoom H1: concerti del coro di mio padre, musica classica o parti vocali quando mi viene l’ispirazione. Quando ho delle idee sul concetto del pezzo che voglio fare, controllo nella mia libreria i vari suoni che ci starebbero meglio. Quei suoni che registro sono la base, a livello metodologico, di quello che faccio, in correlazione ad una determinata idea di quello che vorrei mettere in musica.

Quindi l’idea di fare un secondo album ce l’avevi già, anche quando non esisteva ancora un concetto.
Non sapevo come avrebbe suonato ma sapevo cosa volevo mettere in musica. Quello che provavo: esperienze, ansie, strani sentimenti. Holy Underwater Love ruotava attorno al concetto di amore, di innamorarsi… Che poi magari ti va anche di merda, ovviamente. How To Be You si concentra più sul momento in cui hai finito di provare qualcosa per qualuno, in cui cerchi di realizzare cosa fare in quel momento, in cui cambiano tutti i tuoi approcci verso un altro individuo e capisci che un rapporto sta cambiando. L’album nasce anche da questo periodo pieno di ansia per molte cose. Solitamente io annoto tutto ciò che mi passa per la mente, sogni e esperienze su dei taccuini, quei taccuini poi vengono tradotti in musica. Racconta questo periodo di cambiamenti, fatto anche di nuove amicizie. La verità è che non sono molto bravo a trattare questi temi a parole, anche i testi dell’album sono molto semplici e concisi e volevo anche lasciare molto all’interpretazione dell’ascoltatore.

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In ogni caso mi sembra tutto estremamente personale
È un lavoro molto introspettivo. Non parlo di esperienze generali, che possono riguardare altre persone. Non voglio esprimere qualcosa che riguardi la totalità delle persone, ma spero comunque che qualcuno si ritrovi a livello di emozioni e sentimenti, dandogli un valore personale e bla bla bla.

Chiarissimo.
Spero che le persone, capendo che l’album è un discorso molto personale, riescano a dare una loro interpetazione, che diventi un valore aggiunto che possa dare anche qualcosa a me.

Direi che sono cambiate tante cose dai tempi del video per Wired.
In quel video avevo sedici anni, tra l’altro lavoro ancora col ragazzo che ha girato quel video, e siamo cresciuti entrambi. Parlando del mio caso: in quel video avevo sedici anni, appunto. Non è che ora ne abbia quaranta, in tre anni non diventi un’altra persona, però in molte cose cambi.

Che comunque passare da 16 a 19 anni è normale, a meno di una morte prematura.
Sì, sto cambiando e continuerò a farlo. Succede continuamente. Magari una volta ero più spavaldo, arrogante. In alcune situazioni facevo lo stronzo ed ora lo riconosco, ma in tanti me l’hanno fatto notare prima che me ne accorgessi anche io. Gli interessi prima erano diversi, il mio primo album era sulla fisica quantistica… che alla fine non ci ho capito veramente un cazzo di quella roba. Alle medie mi ero letto un libro che si chiama Quantum, parlava delle vite di alcuni fisici. Adesso non me ne fregherebbe più niente.

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C’è anche quella giusta quantità di posa, che hai quando sei ragazzino, e ti atteggi un po’.
Ero spavaldo, ero finito nei grandi giri dei festival, al Club2Club. Alla fine è ovvio che ti atteggi, sei un ragazzino in una situazione assurda e sei sovraeccitato, fomentato da una situazione del genere. Non dico che sia lecito, però…

Come ci sei arrivato a quel punto? Come sei finito a Dancity?
La cosa più semplice del mondo, ho scritto all’organizzatore su Facebook, del tipo “Ciao io sono Furtherset, queste sono le mie robe, se ti va ascoltale.” Lui mi ha risposto chiedendomi se volessi suonare a una preview e poi al festival. Vai, certo che volevo. Da lì lui ha iniziato a farmi un po’ da manager, e da cosa nasce cosa finché non sono arrivato al Club2Club e alle altre cose. Ma tutto è nato da Dancity, i vari contatti con le label, le mie nuove amicizie in giro, tipo a Bologna. Non direttamente, ma partendo da lì. La mia vita ormai è frutto di quello che faccio musicalmente, non dico a livello di fama, anche perché: chi cazzo mi conosce? Però le varie esperienze che ho fatto sono state frutto dei contatti che ho ottenuto con Dancity. Non è che voglio togliermi proprio tutti i meriti, ma il mio cambiamento importante è stato quello.

Ma tu non ti senti un po’ un pioniere di questa scena?
Io sono venuto fuori musicalmente in un momento in cui stavano cambiando tante cose, in cui si stavano affermando produttori e musicisti che ora sono artisti affermati. Penso di aver cominciato nel momento giusto, c’era un fermento generale che mi ha permesso di creare tantissimi contatti e di inserirmi nel giro proprio mentre il giro nasceva. Avevo anche l’età giusta, perché comunque avere sedici anni e suonare al Club2Club ti mette un sacco di attenzione addosso. Ho avuto anche molto culo, diciamo.

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Qualche tempo fa mi hai detto che per te un album è un’esperienza in cui l’ascoltatore si immerge, ma resta comunque un’esperienza lineare.
Con la forma album io mi trovo molto meglio rispetto che all’EP o alla singola traccia su Soundcloud. Mi permette di dare una visione della mia esperienza completa e generale che l’EP o il singolo non mi permettono di dare. Mi sembra di guardare dieci minuti di un film che dura quattro ore; si ok, è bello, ma poi? Con questo non voglio criticare chi lo fa, c’è gente che fa uscire due pezzi e sono due pezzi della madonna, dico solo che io non riesco a farla questa cosa. Il mio modo di fare musica è questo, riesco a farla solo se posso appoggiarmi ad una struttura lunga e articolata. Dopo aver finito l’album ero riempito da un senso di grande soddisfazione, sentivo che in questo lavoro c’era tutto. Mi sono sentito quasi liberato, è stata una gioia. Adesso non faccio musica da dicembre, e non ho scritto nulla. Magari ho fatto qualche remix, ma niente di mio. Io mi sento liberato dall’esperienza dello scrivere musica. Riesco a rispecchiarmi in quello che ho fatto e metterci i diversi aspetti della mia personalità, mi sembra quasi di guardarmi allo specchio.

Trovo molto bella questa idea di album, il modo in cui interpreti questa forma di espressione.
Questo non significa che odio gli EP che ho fatto in passato, però quando ho finito l’ultimo mi sono reso conto che avevo bisogno di un’altra struttura per potermi esprimere. Ma questa è una mia visione, l’approccio alla musica è super personale e te lo costruisci da solo. Non si può ragionare per schemi. Questo è il mio modo di fare musica e la mia musica riesco a trasmetterla meglio così.

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E ti dispiace quando vedi che la prima traccia conta duemila riproduzioni e l’ultima cinquecento?
Sì, ma non puoi fartene una colpa. C’è un approccio alla musica che è totalmente superficiale, fino a due anni fa io stesso facevo questo errore. Avrò ascoltato, da quando ho dodici anni, migliaia di album, ho scaricato quattro o cinque terabyte di musica. Alla fine ascolti seimila robe e non riesci a focalizzarti sull’oggetto musicale che stai ascoltando e la tua percezione è totalmente sbagliata. Il problema è appunto la modalità d’ascolto.

Le casse di merda.
Anche, ma il problema non è tuo che non riesci a esprimere qualcosa, è l’approccio dell’ascoltatore ad essere sbagliato. C’è gente che cerca di valutare l’album ascoltando uno o due pezzi. Io conosco persone che mi hanno detto che il mio lavoro non gli è piaciuto, e io controllando sulle statistiche di Soundcloud (e sono consapevole che la cosa sia leggermente paranoica) ho visto che avevano ascoltato solo fino al terzo pezzo. Questa cosa non ha senso. Sarebbe come se io volessi valutare un quadro guardando solo un centimetro quadrato nell’angolo destro e poi sentenziassi: “Fa cagare.” Allora vaffanculo.

Direi che è chiaro.
Penso sia un po’ la stessa cosa che succede quando uno gira su internet, guardi seimila tab diversi e non trovi mai quello che vuoi. Come nella Biblioteca di Babele di Borges, in cui ci sono queste persone che girano tutta la vita guardando tutti i libri e non capiscono un cazzo, vivendo alla ricerca di un libro che non trovano mai. Questa gente non sta vivendo veramente, sta vivendo superficialmente. Ma non vale solo per la musica, vale per tutte le cose della vita, se ti approcci in maniera superficiale cosa ricavi dalle cose che fai? Anche se un album fa cagare, te lo ascolti tutto. Io mi sono sentito tutto l’album di Skrillex, per dire. Fa cagare, ma me lo sono ascoltato tutto.

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Io penso davvero che parte di questo problema sia dovuto anche all’hardware da due lire con cui si ascolta la musica. Io non posso sopportare la gente che scarica da YouTube con compressioni 10:1.
Innanzi tutto ne approfitto per ringraziare Alberto Ricca che si è fatto un culo grosso come una casa per fare il mastering dell’album. In ogni caso l’approccio può essere superficiale anche per via di queste cose: ascoltare la musica dalle casse del computer, ad esempio. La musica va ascoltata bene, ascoltarsi Ben Frost dalle casse del computer credo che sia un’offesa mortale verso il suo lavoro. Ma anche qui non può farsene una colpa l’artista, al massimo puoi scrivere nelle note dell’album una preghiera per un ascolto decente. Ma questo capita per tutto, la gente va nei musei e guarda tutto in venti minuti, senza concentrarsi su niente. Noi viviamo in una condizione in cui se non ascolti tutto, sei indietro. Non è che puoi fare una cernita eh, te li devi ascoltare tutti. Un’ascoltatina, come si dice. E poi si cerca di dare un giudizio sulla cosa, ma che giudizio vuoi dare? Riempiamo la memoria di informazioni e poi non c’è più spazio per niente. Che cosa diventa il voler ascoltare i dischi, o il voler fare arte, in quest’ottica? Finisci a vivere soltanto di tantissime informazioni, senza mai riuscire a elaborarle.

C’è da dire che il supporto su cassetta, che hai scelto per l’album, non lascia molta libertà di saltare le tracce.
Sì, in realtà l’album è di nove pezzi nella versione digitale, e sette nella cassetta, una C40. Quando abbiamo comprato le cassette io avevo solo sette pezzi e pensavo che sarebbero usciti solo quelli. Poi ne ho fatti altri due che non sarebbero entrati nella C40. Per farci perdonare abbiamo aggiunto varie cose alla cassetta, tra cui i miei disegni. Sinceramente non avevo pensato a questa cosa dell’obbligare l’ascoltatore ad ascoltare, è più che altro una cosa tangibile, che per cinque euro puoi portartela a casa.

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Le cassette sono terapeutiche per questa fretta dell’ascolto.
Bhe, se compri una cassetta per poi andare avanti e indietro tra le tracce stai facendo terrorismo. Un po’ come se compri il cibo e invece di mangiarlo ci salti sopra coi piedi. Poi ci sarà sempre che farà lo skip nel digitale, e io non ci posso fare niente.

Parliamo un po’ dei disegni, sono legati alle tracce?
Le immagini sono legate ai vari pezzi dell’album, ma non ho voluto esplicitare questo legame. Volevo mantenere un certo concetto generale di astrazione, in cui le persone possano trovare un significato generale. Sono robe molto malate, ovviamente quando faccio musica ho delle immagini molto forti, come se riuscissi a visualizzare la musica che faccio a livello di figure e di forme. Sono tutte immagini che vedo musicalmente quando faccio le mie produzioni, però non ho voluto dare un’identità ben precisa a tutte le immagini, nella speranza che ognuno riesca ad astrarre un significato personale, ci tengo molto a questo valore aggiunto.

Disegni via Flickr.

How To Be You sarà disponibile dal 28 aprile. Potete prenotarlo su Bandcamp.

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