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Musica

Angelo Bonanni ci racconta il suono di "Non Essere Cattivo"

Il film postumo di Caligari ha vinto il suo unico David di Donatello per il miglior fonico da presa diretta. E noi abbiamo intervistato il vincitore.

A molti il nome di Angelo Bonanni non dirà nulla, ma è colui che ha vinto il David di Donatello come miglior fonico di presa diretta per Non Essere Cattivo, l’ultimo film di Claudio Caligari: l’unico David che il film abbia ricevuto. Angelo è uno di noi: figlio della suburbia, abita a Roma Est. È uno che ha vissuto in prima persona l’epica della Borgata Boredom, ha fatto parte in qualità di chitarrista di alcuni gruppi fra i più rumorosi della storia della capitale come gli Sfhhh (dalle cui ceneri sono nati gli Heroin In Tahiti) e i Buzzer P mettendo anche mano a molti dischi della scena. In un certo senso la sua è una vittoria del nostro giro, e ovviamente siamo tutti orgogliosi di lui.

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Decido quindi di intervistarlo per saperne di più su questo suo trionfo e lo becco all’Acqua Bullicante, già placcato da gente zona Cinema Impero (con tanto di strette di mano con Antonello Fassari). Dopo averlo strappato alle grinfie del "Jet Set", cerco un posto tranquillo in cui poter parlare, ma il pub che avevo scelto era ancora chiuso e nei bar c’era troppo casino, così alla fine decidiamo di prendere due Peroni e sederci nella piazza vicino al mercato della Maranella. Che è come stare, in maniera simbolica, in una situazione da presa diretta—proprio il pane quotidiano di Angelo. Mi sono riproposto, con questa intervista, di farvi sentire bene la voce di Angelo come lui fa con i dialoghi di una pellicola, nonostante il sottofondo di ragazzini che stanno giocando a pallone attorno a noi. E in effetti questa sua vittoria sembra quasi la storia di un film. C’è un unico difetto: Bonanni è della Ladzie.

Noisey: Angelo, non fare il vago sappiamo tutti del tuo passato controversissimo…
Angelo Bonanni: Che ero una donna? Però questo non dirlo. [Ride] Ahaha no non lo diciamo. Volevo dire che sappiamo tutti da dove vieni, poi ne parleremo…
E sì, come no… Dalla provincia, certo. [Ride]

Siamo seri, su. la prima domanda, classica, che ti faccio è: te lo aspettavi?
Ebbe’ ovviamente no. Poi potrebbe sembrare pure finta come risposta, ma per quanto insomma assurda è no. Non c’era un sentore di qualcosa rispetto a questa vittoria?
Per niente. A parte che è la seconda volta che partecipo a una candidatura del David e diciamo che forse ci credevo un po’ di più la volta precedente, sai com’è, ero più giovane… Vabe', giovane… Era due anni fa! [Ride] Poi il film ne aveva prese tante di nomination, quindi pensavo che tra tutto… Che film era?
Smetto Quando Voglio. Una commedia. Insomma, mi sembrava fosse anche plausibile il premio, a un certo punto. In realtà poi lì non abbiamo vinto proprio niente, ce ne siamo andati con le orecchie basse e la coda tra le gambe. Quindi la seconda volta sono andato ai David molto con le molle, senza aspettative. Sicuramente mi rendevo conto che quello di Caligari era un film importante, però nello specifico mi sarei aspettato altri premi, non il mio. Infatti, strana questa cosa… Come mai secondo te è andata così? Perché Lo Chiamavano Jeeg Robot invece ha fatto incetta di premi?
Io sinceramente non lo so… perché la cosa strana è che poi la votazione dei David, almeno la prima tornata, era coincisa con l’uscita in sala di Jeeg. Io lo immaginavo che almeno per le prime votazioni ci sarebbe stato un po’ l’effetto traino del successo in sala della pellicola di Mainetti, era prevedibile. Ma il film di Claudio, del Maestro, veniva da lontano, da settembre-ottobre, era uscito per il Festival di Venezia. E quindi mi sono detto vabè questi sono voti più sedimentati. Quindi poi immaginavo che una volta uscite le cinquine le votazioni si sarebbero poi un po’ riequilibrate… Be' il film di Caligari era anche stato proposto per gli Oscar….
Sì però quella è una storia strana, perché poi lì in realtà c’è un comitato italiano che decide qual è il film che deve andare all’Oscar. Non è una roba che dici sai, hanno deciso quelli dell’Academy… Loro visionano i film che le varie commissioni propongono. Poi insomma è un discorso un pochino più complicato credo. Però anche io mi aspettavo… Vista anche poi la natura del film, tutta l’evoluzione produttiva difficile che ha avuto… Infatti, raccontami un po’ la storia dal tuo punto di vista, da quello che è stato il tuo lavoro…
Allora. Un mio caro amico, che stava anche nel direttivo di Nero, Francesco Tatò, mi parlava di questo sogno che aveva con Valerio Mastandrea di produrre un film di Caligari. Ovviamente usava anche il termine “ultimo”, perché si sapeva che non stava benissimo. E lo vedeva come un obiettivo molto lontano sul quale però valeva la pena lavorare. Quindi iniziò con Valerio e i ragazzi di Chimera a cercare di mettere in piedi questo progetto. E uscì in quel periodo, non so se ti ricordi, la lettera di Mastandrea a Scorsese, in cui gli chiedeva aiuto.. Ah certo, la lettera a “Martino”, che non gli rispose mai.
Mai. Però questa lettera effettivamente ha portato a una strana collaborazione, una cosa assurda se ci pensi, della quale credo nessuno abbia più parlato, che è quella di Valsecchi (il produttore di Checco Zalone) al film. Quindi di fatto si narra di questa conversazione in cui arriva Valsecchi e dice vabè quanti soldi ve mancano pe’ fa sto film? Eccoli qua. Che insomma è assurdo. Questo film nasce da una coproduzione… Grossa?
No, più che altro senza senso! [Ride] perché c’era Mastandrea che rappresentava l’amatore che vuole in un certo modo rendere grazie e giustizia a un amico e a un regista che in effetti l’ha lanciato parecchio, con L’Odore della Notte. Che se non è il primo film in cui ha recitato, è certamente uno di quelli più sostanziosi della sua carriera, uno che l’ha segnato parecchio. Poi c'erano i ragazzi di Chimera, giovani, che volevano partire con un film di un autore controverso e comunque importante. E a loro si aggiunge ‘sto Valsecchi, che invece è il re della commedia, dei film da 65 milioni al botteghino… Quindi capirai che già di per sé è nata stramba questa cosa. Alla fine, quando Francesco mi dice "guarda mi sa che ce la facciamo, che è entrato Valsecchi" lo guardo prima con un sorriso poi dico "Daje, da paura! Facciamo il film del Maestro!" Quindi alla fine tu sei arrivato a lavorare con lui per questo motivo, per amicizia..
Sì io lavoro moltissimo con Francesco, poi Valerio mi conosce. Quindi mi racconta sempre che all’inzio c’era una sorta di preproduzione in cui si cercava di mettere su una potenziale troupe e Francesco diceva “però il fonico deve essere Angelo”. A me questa cosa ha fatto molto piacere ed è il motivo per cui l’ho ringraziato poi, sul palco dei David. Francesco ed io abbiamo cominciato insieme, siamo cresciuti insieme, lui nel suo ruolo ed io nel mio, siamo due appassionati di cinema e mi sembrava giusto dargli riconoscenza. E poi appunto le difficoltà pratiche sul set quali sono state?
Be' intanto la prima vera difficoltà coincide con una grande gioia: cioè è stato proprio il primo giorno di ripresa, in cui abbiamo messo in scena l’autocitazione della prima scena di Amore Tossico. L'inizio è stato cruciale. Ecco: secondo te a questo proposito Amore Tossico è davvero il capolavoro di Caligari?
Guarda.. io personalmente ho amato di più L’Odore Della Notte, forse perché avevo una maturità diversa quando è uscito. Amore Tossico l’ho visto che ero proprio giovane giovane, è stato uno di quei casi in cui dici "wow questo è un film di culto che non dovrebbero vedere i ragazzini!" Ricordo che vidi Amore Tossico con lo stesso spirito con cui mi sono visto Cannibal Holocaust [Ride] Per dire, questa è una roba vietata! Quindi l’approccio critico all’inizio è stato così, da novizio. Invece L’Odore Della Notte arrivò in un periodo in cui il (suo) cinema cominciava ad avere un senso anche narrativamente, la storia, la sceneggiatura, gli attori, tutto quanto… Era tra l'altro un film di genere, fortissimo. Ci sono alcune scene memorabili, tipo quella di Little Tony. Che poi m’è capitato su ACAB di lavorare con Giallini e il primo giorno che l’ho incontrato gli ho detto ti prego, raccontami com’è nata la storia di "Cuore Matto"! [Ride]

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Torniamo al primo giorno di riprese di Non Essere Cattivo
Dunque… Eravamo lì sul set, era una mezza giornata, un venerdì pomeriggio, pontile di Ostia, c’era un’atmosfera strana. Be', loro avevano già girato una cosina, un’inquadratura sul mare giusto per far assaporare un po’ il set a Claudio (lo chiamo così il Maestro, anche se non siamo mai stati amici) Quindi arriviamo lì, metto in piedi la prima inquadratura, prepariamo… Io gli attori non li conoscevo, non avevo lavorato mai né con Alessandro Borghi né con Luca Marinelli, ma si stava bene, ci presentiamo, c’era una bella atmosfera. Dopo un po’ arriva Caligari che passa davanti al carrello mio: non c’eravamo mai visti. Ed io gli vado sotto e dico Maestro mi volevo presentare sono il fonico …Mi guarda e mi fa con voce cavernosa “Bonanniih” ..Io rispondo . Mi fa un cenno con la testa e se ne va. È stata un’emozione fortissima perché per me era un mezzo idolo, un Maestro, molto più di altri, ancora prima di lavorarci insieme. Chiamano "motore", io parto con la registrazione vedo sta roba e non ci credevo: faccio “incredibile, guarda che cazzo stamo a fa”. Gli attori chiaramente sono stati subito clamorosi. Fiiniamo quella scena, sono ancora emozionato, la sera torno a casa chiamo Francesco e faccio Francè ma ti rendi conto che cazzo abbiamo fatto oggi? Abbiamo girato la prima scena del nuovo film di Caligari! Io non riuscivo a capacitarmi come potesse essere accaduto. Che mo' sembra una cosa normale a parlarne, ma metterlo in piedi è stata una fatica notevole, non tanto per noi che l’abbiamo girato, quanto per loro. E poi da lì abbiamo avuto una serie di difficoltà, più che produttive, umane… Ah ecco… perché?
Be', perché Caligari non stava bene. Quindi veniva sul set con molta fatica, comunque sotto morfina o sedativi, per cui interagire era abbastanza difficile, quindi c’erano diverse persone di mezzo. Era come girare con Antonioni in pratica..
Sì, con l’ultimo Antonioni, esatto. Lui poi credo—perché poi non lo so come sia andata—che avesse il film talmente chiaro in testa che poi, avendo dato quelle due o tre nozioni a chi di dovere, sapeva probabilmente che il film in ogni caso avrebbe avuto il suo stampo, perché poi la cosa strana è proprio questa. Tu dici "ok, abbiamo fatto un film con un regista che non stava bene…che non poteva dare più di tanto… Il suo peso sarà stato più morale che effettivo, no?" Invece poi quando vedi il film dici "questo è un film di Caligari." E lo riconosci in tante cose proprio: un grande lavoro lo ha fatto Valerio con gli attori riuscendo a trasmettere le intenzioni di Claudio, e poi Calvesi con la fotografia… Da fuori, visto che il film non ha preso quello che doveva prendere, uno potrebbe parlare di sabotaggio… Come dobbiamo interpretare il tuo premio?
Ebbè i premi sai quando non li vinci rosichi, quando li vinci però poi cerchi di difenderli in qualche modo. Io quindi chiaramente da vincitore dico che sì, potrebbe sembrare quasi un premio di consolazione. D'altra parte io sono cosciente di una cosa: che nel film, tecnicamente, (con Davide, il microfonista) avevamo deciso di dare molta libertà agli attori, di non limitarli, cosa che in fin dei conti tendo a fare in tutti i film. Il problema del fonico è un po’ questo: tende a limitare gli attori nei campi, nei controcampi, perché magari si muovono e tu ovviamente hai difficoltà perché il radiomicrofono ti fa rumore oppure, che ne so, passano gli aerei… Cioè, giri a Ostia, passano gli aerei per forza! Abbiamo cercato di essere molto larghi di manica rispetto a questo, però ci siamo armati di attrezzatura di altissimo livello. Adesso non so se sia il primo, ma credo sia tra i primi film girati interamente con microfoni digitali. Quindi alla fine gli hai dato una certa impronta personale, perché il film ovviamente è una cosa collettiva, ma il sonoro non è un elemento secondario.
Assolutamente sì, ma più che altro il sonoro è un lavoro che quasi sempre riscopri dopo e non sul set, perché sul set c’è uno solo che ascolta, tutti gli altri guardano. Quindi la cosa strana era che spesso mi guardavano e dicevano "ma per te andava bene?" e io dicevo di sì! “Ma non ti dava fastidio quel martello, non te dava fastidio quell’altro..” [Ride] e poi non so. Sai, io ho avuto diverse esperienze come microfonista, però ho lavorato tutto sommato con quattro o cinque fonici, non con tantissimi. Normalmente uno che fa quattro film all’anno becca altrettanti fonici, quindi sicuramente la gente dall’esterno ti vede in maniera diversa da come tu puoi sperare… E poi il lavoro nostro ognuno lo fa a modo suo, c’è chi è più in paranoia per una cosa che per un’altra perché comunque di paranoie si tratta [Ride]. Io sinceramente, in virtù dell’attrezzatura che ho scelto di utilizzare, che poi è mia, so che su molte cose posso stare sereno e posso spingere. Quindi tendo a lasciare molto liberi gli attori sia sui sussurrati che sugli urlati.

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Ecco, dall’esterno magari uno che non ci capisce nulla pensa: "ma che premio è? Questo non ha fatto un cazzo, non ha fatto il film". E infatti poi come va a finire? Che è la vittoria di Angelo Bonanni, ma non del film, e quindi si alza il polemicone e bla bla bla. Invece il lavoro che hai fatto con la presa diretta è quello di far emergere la cifra artistica della pellicola. Chiariamo questa cosa.
Facciamo un passo indietro: la presa diretta è il dialogo del film. Io ci tengo a sottolineare questo perché poi spesso, soprattutto in questo periodo, si pensa che la presa diretta siano i suoni, i rumori..NO. È il dialogo del film. Ed io su questo mi sono concentrato. Si dovevano sentire le cose che dicevano gli attori e secondo me questo è stato fondamentale. Perché è un film in cui c’è una sceneggiatura secondo me di livello, in cui i dialoghi sono belli, sono veri, li riconosco perché io non vengo da Ostia ma dalla periferia, comunque da una situazione molto simile. Esatto, non aveva senso doppiarli, avrebbero perso la loro forza.
Infatti. Bisognava rendere giustizia alla recitazione, alla performance degli attori e renderla il più possibile fruibile dal pubblico in sala. Cosa che tendo a fare sempre, ma questo film si prestava particolarmente. Uno perché ci sono degli attori a mio parere incredibili e due perché i dialoghi erano sentiti, interpretati, quindi sarebbe stato un peccato buttarli. Poi il fatto che tu giri a Ostia, nel posto dove quella roba nasce, dove sta e dove ha senso allora è chiaro che poi ha valore anche il suono che c’è intorno, perché noi spesso combattiamo con questa cosa. Cioè la macchina da presa finge, ok? È la finzione. Ecco questo è un punto importante.
Sì, perché inquadra, delimita un confine… E insomma tu puoi girare qui contro un albero ed io posso fare finta che stai in una foresta, ma il traffico mi racconterà sempre che stai in città. Quindi è chiaro che il nostro lavoro, quando si può avvalere della realtà circostante, prende colore, prende forma e diventa credibile, bello e verace. Quando poi invece parliamo di altre situazioni, il discorso cambia. Quindi c’è da dire che il film si prestava per la sua verità. Cioè noi giravamo in posti incredibili, abbiamo girato la scena dentro la casa di legno al molo della fiumara a Fiumicino… Mi ricordo che per portare il carrello da quelle parti la fanga, la merda, le siringhe… Però poi arrivi lì e racconti quello che c’è lì. Infatti sono molto legato a quella scena perché c’era un vento pazzesco, cioè la casa tremava. E si sente: poi magari non esce del tutto, ma tu ci credi, tu hai la sensazione di stare lì dentro, quando sei in sala. Poi ripeto: tutto deve essere ricamato dalla performance degli attori che deve essere credibile, sennò è chiaro: tu puoi pure fare il suono più bello del mondo, ma se il film è una merda… Logico. Il tuo premio è dovuto al fatto che il film valeva. Perché se facevi un film tipo su “zio Paperone frocio tecnologico”, non prendevi un cazzo…
Assolutamente sì. Poi ecco, c’è da dire che io, rispetto ad altri film che ho fatto—e ne ho fatti—nello specifico per Non Essere Cattivo molti colleghi mi hanno fatto un sacco di complimenti per il lavoro svolto. E tu magari non avevi coscienza vera della portata di quello che hai creato…
Beh lì per lì magari no, ce l’ho nel momento in cui lo sto ascoltando. Però assolutamente non potevo pensare addirittura al David… È assurdo perché nella mia carriera ho fatto anche dei film tecnicamente più difficili—questo lo era, ma tutto sommato neanche troppo, perché comunque hai di fronte un regista classico, quindi non è che s’inventa i mostri, gira in modo abbastanza standard. Forse avevamo un po’ più di difficoltà in alcune location particolarmente scomode o ventose, ma tutto sommato era roba abbastanza gestibile… Invece altri film magari con registi giovani, più hardcore, girati sulla neve oppure in culonia, insomma dove fai molta fatica e dici CAZZO SE SENTE DA PAURA, BELLO ECCO QUELLO POTREBBE ESSERE UN FILM CHE MAGARI POTREBBE ASPIRA’ AI DAVID e invece puntualmente non succede un cazzo. Poi è chiaro, ci sono anche altre cose che entrano a far parte della votazione. Quando un giurato vota fra una rosa di film voterà sicuramente quello che avrà avuto un po’ più di successo no? Cioè dice: "ok, Angelo ha fatto bene Alaska di Cupellini (anche quello in concorso) e ha fatto bene anche Non Essere Cattivo. Però Non Essere Cattivo l'ho preferito ad Alaska—facendo un’ipotesi eh—quindi da giurato preferisco votare Caligari." Invece il direttore della fotografia con cui sto lavorando adesso mi ha confessato “ah io però devo dire che ti ho votato, ma per Alaska, non per Non essere cattivo”, perché gli era piaciuto tantissimo il suono. Quindi la questione è aperta, può succedere di tutto nelle votazioni. Però ecco anche il fatto che magari vai su Wikipedia, vai a vedere sulle premiazioni del David e tu stai in rosso… Come mai questa cosa? È uno scandalo!
Che vuol dire in rosso? Non l’ho visto! In rosso nel senso che non c’è la pagina Wikipedia dedicata a te!
Ahahah è uno scandalo in effetti…

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E questo ci porta alla famosa polemichetta da Facebook sulla “manovalanza”… La post produzione, i rumoristi, il fatto che i premi non sono spesso dati a chi lavora nell’ombra e se li danno la cosa non è riconosciuta dalle masse…
E però oggi mi facevano un esempio che è giustissimo. È come se quando premiano Morricone poi a cascata dovessero premiare pure i musicisti, il fonico che ha registrato la canzone, quello che l’ha missata… E volendo è pure vero…
Sì, però il premio finale è sicuramente e decisamente rappresentativo dell’insieme.

Quindi tutte queste polemiche di base sono come dire…
Un po' sterili. Anche se comunque adesso stiamo lavorando tutti insieme per cercare di introdurre un premio dedicato alla post produzione audio. Poi c’è anche un altro problema politico…In Italia, negli anni Settanta, un po’ perché mancavano i soldi un po’ perché si giravano i film action con le macchine da presa buttate alla cazzo di cane, la presa diretta non si faceva più. Si è ricominciato a farla intorno alla metà degli anni Ottanta, se non ricordo male, con qualche regista d’autore. E ci sono stati fonici che hanno sudato veramente dieci camicie per reintrodurre la presa diretta nel film, perché tu vieni da un cinema che non è abituato a farlo, e comunque crea un sacco di disagi in più alle produzioni, insomma devi riabituare tutti quanti. Quando il premio quando fu introdotto alla fine degli Ottanta servì anche a quello, a ridare al fonico di presa diretta un ruolo importante. Sai, se uno prende un premio magari scatta il “se ce dice de sta zitti lo sentiamo”.

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Con la statuetta, già nel nuovo film che sto facendo mi ascoltano tutti in maniera diversa, il che è assurdo perché non è che cambia il modo di lavorare, però vedi l’attore che ti dà retta. Poi chiaro, ti fanno pure la battuta tipo “ao a Davidangelo, mo stai a cacà er cazzo prima nun dicevi un cazzo se spostavo una sedia!” però quello fa parte del lato ludico del lavoro, sta di fatto che questo premio ci aiuta tantissimo. Ora ti faccio la domanda fatidica sul tuo passato, io lo so perché ti conosco bene; sei un noiser.
Sì e neanche pentito! Ed è quello che secondo me ti ha affinato le orecchie… Erro?
No, dici benissimo! Sono sempre stato appassionato della parte oscura del suono, cioè il rumore. Però anche del pop, anche dell’indie, quindi è strana sta cosa perché poi io c’ho avuto anche l’etichetta indie, la Vurt. Però quella parte li, non so perché, mi ha sempre affascinato, è una roba di pancia.
Voglio fare l’esempio che facevano quando Zoff venne AD ALLENARE LA LAZIO.. …E qui entriamo in un campo minato.
Una volta gli fecero questa domanda: "la squadra difende molto bene ma in attacco segna poco. Non è che forse, essendo portiere, lei sta più attento alla difesa che all’attacco?" E Zoff rispose: "io ho visto gli attaccanti più forti giocare contro di me." Ed io vorrei riportare questo in termini sonori: conoscendo molto bene il rumore, cioè fruendone, mi spaventa di meno. Lo so gestire, poi riesco a rendermi conto come contrastarlo, perché poi di fatto il nostro lavoro è presentare la colonna sonora del dialogo intelligibile e bella, ma non per questo limitando lo spettro sonoro a quelle frequenze… Per dire che c’è anche una grossa dose di sperimentazione. Ah ecco, questo ci interessa..
Però lo fai nel tempo, perché quando cominci a fare questo lavoro hai paura. Poi pian piano ingrani per forza, anche perché noi lavoriamo in un ambiente che non è mai lo stesso. Per dirti, settimana scorsa mi sono trovato a dover girare con undici attori che parlano dentro una metro in movimento… Pure lì t’inventi una roba e dici: vediamo che succede. Tu non hai fatto scuole?
Sì, ho fatto quella che all’epoca era l’Università della Musica, alla Garbatella. Ah ma dai anch’io! Che corso?
Sound Engineer. Poi sono andato a Londra, ho fatto un po’ il fonico per la musica, e ho fatto molte registrazioni. Ad esempio il primo degli Hiroshima Rocks Around, e hai fatto il master per vinile dei Maximillian I°…
Sì, quelle sono state sperimentazioni utili, poi vabè con gli Sfhhh ho fatto un boato di esperimenti di registrazione clamorosi… Però ecco, una cosa che forse mi è venuta facendo il microfonista è la passione per i microfoni… io ho una collezione di venti microfoni!

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Ma quando riprenderai a suonare? Tutti ti aspettiamo al varco!
Mai! L’altra volta mi hanno proposto di suonare con un gruppo ROCK, che merda! Scherzo, mi manca tanto suonare, ma il lavoro che faccio è totalizzante, è per questo che ho lasciato a malincuore gli Sfhhh… Il mio sogno nel cassetto è di vendermi tutto e di farmi uno studio. Però c’è una cosa che ci tenevo a dire rispetto al discorso del premio di Caligari. Io l’ho vissuta come una sorta di rivalsa. E te la faccio un po’ più chiara. Caligari è uno che ha sempre fatto il cinema degli ultimi, di quelli della periferia, di quelli che non ce la fanno, di quelli che non c’hanno scelta di quelli che non ce l’hanno fatta. E io, di fatto, anche se avevo una famiglia diversa, vengo da là. Cioè io quando andavo a scuola mi ricordo gli amici che mi sono perso per strada. E in un certo senso a me poi quella roba assurda della passione che m’è scattata per il cinema, per il suono, è nata tutta da una serie di coincidenze strane. Mi sono appassionato al cinema grazie a Ciprì e a Caligari, due figure con le quali poi ho lavorato e con le quali mi sono tolto le mie soddisfazioni… Insomma, la vedo come una sorta di rivalsa personale, perché veramente sono legato a quel vissuto. Lo vedo come un segno dall’inferno. Io alla fine Cesare e Vittorio, i protagonisti del film, li conoscevo: non mi sento uno di loro perché non sono mai arrivato a quel livello lì, ma li sento veramente molto vicini. Qundi aver preso un premio per un film così mi ha ridato molto di quello che mi è stato tolto. E invece Caligari non ha mai ricevuto quello che si meritava…
Assolutamente no. E tra l’altro nella sfiga l’unico premiato sono stato io che non so mettere due parole in fila… Avrei dovuto essere più consapevole, tipo salire sul palco e dire “mortacci vostra!” o “vabè mo' visto che devo essere io a parlare di Caligari, mo non me cacate il cazzo e ‘sti 30 secondi diventano 50 minuti e parliamo del Maestro”. Ma oltre all’emozione, mi aspettavo altri David per il film e questo mi ha frenato.

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Sul Maestro ho un aneddoto fichissimo. C’era questa inquadratura dentro la macchina, la scena della visione del pullman… È partito il discorso che ti facevo, che noi poi di fatto non sappiamo mai come raccontare una visione onirica, perché se è una cosa finta che sta nella testa dell’attore, in teoria non ha suono o magari ha un suono strano, distorto, che è la soggettiva dell’attore. Allora mi ricordo che andai con la manina bassa bassa da Caligari a fargli questa domanda assurda no? (Intanto Mastandrea in un angolino rideva sotto i baffi con degli occhi che non riesco a raccontare.) E gli chiesi…”ma è una soggettiva pura che sta nella testa dell’attore, oppure vogliamo fare che è un suono dall’interno della macchina che sentiamo come se fosse reale per non raccontare allo spettatore che è una visione?”…Insomma mi ero fatto un trip incredibile. Lui mi guarda mi fa: ”hai mai letto la Morfologia della Fiaba di Propp”? E no maestro, non l’ho mai letto… “E allora non possiamo parlare”. E poi l’hai letto?
Non voglio rispondere.. [Ride]

Caligari sul set di Non Essere Cattivo. E adesso il David dove sta?
Be' tra me e me avevo pensato di non vincerlo, ma nel caso lo avessi vinto avevo adocchiato uno spazietto su una libreria a casa che era mezzo vuoto. Appunto, vinco sta statuetta poi senza che dicessi nulla Camilla, la mia compagna, mi guarda e mi fa: ”vabè ma mo' sta statuetta la mettiamo a studio?” E io mah, pensavo di tenerla a casa… e lei: “Ma non è più fica a studio, dove incontri la gente per lavoro, almeno la vede?” E io: ma veramente avevo già adocchiato un posto… “ma è brutta, è orrenda!” Sì, ma è un David di Donatello cazzo! Ha un valore per me incredibile, come se avessi vinto l’Oscar! Allora ha detto “vabè, un po’ a casa ce pò sta'…” e quindi per un po’ starà in casa. Poi adesso è tappezzata di adesivi tipo “verità per Giulio Regeni”, al collo c’ha attaccato il gagliardetto che ci ha fatto Mastandrea per la troupe con scritto Banda Caligari… Però effettivamente è un oggetto un po’ pacchiano. Ahah allora meglio che non l’abbia vinto Caligari!
Be' alla fine Caligari era un artigiano, uno al di fuori da certe logiche. A volte magari prendi un premio, e ti dura un secondo e mezzo, invece due personaggi come Vittorio e Cesare rimarranno per sempre. Claudio ha fatto Amore Tossico, che è riconosciuto da tutti come un capolavoro: Caligari rimane nella storia con o senza premi, e nonostante abbia fatto solo tre film. Se ci pensi bene questa è l’unica cosa importante.

Bonanni mi saluta dandomi appuntamento al concerto dei Wolf Eyes, a sottolineare le sue radici forti e indefesse. Alla fine, citando Amore Tossico, “le luci della ribalta, come le ribalti è sempre uguale”. Questo è il senso dell’intervista con Angelo: meglio che abbia vinto una persona marginale come lui, coerentemente con il messaggio di Caligari, che non il regista stesso. È un premio che il Maestro avrebbe benedetto. E poi per lui, visto la strenuante e titanica lotta fino all’ultimo, forse un David sarebbe stato veramente un contentino del cazzo.

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