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Musica

La guida di Noisey all'hair metal

Non fate quelle facce, questa musica spacca.

Se avete meno di trentacinque anni, è molto probabile che non abbiate mai ascoltato hair metal. Se non per ridere (sì, certo). Bene, questo fa di voi (1) una persona normale; (2) un essere troppo debole e viscido per ascoltare gli Entombed. Perché l'hair metal, la forma più commerciale, ammiccante ed esagerata di heavy metal (se ve lo state chiedendo: sì, è la stessa cosa del "glam metal", "pop metal" o, più in generale, dell'"hard rock radiofonico"), non è per forza sinonimo di "ananas-cotonate, con tutine attillatissime e al collo foulard gipsy di dubbio gusto e che cantano robaccia discutibile sopra un muro di chitarre che potrebbero essere scambiate per il nitrito di un cavallo selvaggio." OK, ho finito. Come capita a ogni cultura, sottocultura o movimento, nell'hair metal c'è un po' di tutto: dai prodotti-base per chi si accontenta, a robe piuttosto mediocri. Poi ci sono produzioni che spaccano sul serio come, del resto, altre che fanno nettamente cagare (questa regola ha una sola eccezione: l'universo misterioso dell'AOR. Che sono poi l'unica categoria DAVVERO indifendibile degli ultimi sessant'anni. Stiamo parlando di quella cosa che comprende dai Nickelback ai Toto passando per i Cranberries). Quello che conta qui è sapersi orientare. La prima domanda da farsi è: come si ascolta hair metal? Per ascoltare hair metal devi: vivere tra il 1987 e il 1991; devi guardarti tutti i video di tutte le canzoni; devi vivere in una piccola città del Midwest o di una qualsiasi provincia sfigata d'Europa. L'effetto è assicurato con ascolti pomeridiani mentre guardi la TV, tra una pausa pubblicitaria e l'altra del tuo reality squallido preferito. Il materiale didattico di questa guida sarà, infatti, esclusivamente video. Non dovrà temere, però, chi vorrà saperne di più: degli ascolti e delle letture d'approfondimento saranno forniti in abbondanza. YUM YUM.

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PREFAZIONE: DELLE DOMANDE E DELLE RISPOSTE

No, dai. Sul serio. Questa roba non è seria. O sbaglio?

No. Cioè, è vero che vestiti così, questi sembrano spogliarelliste di un night di quint'ordine pronte a qualsiasi cosa, ma in realtà sono solo dei bravi ragazzi che cercano di divertirsi e di passare del tempo assieme. E poi chi è che non fa il cretino quando c'è da fare un po' di festa in giro? Se state cercando dei veri poser, provate a dare un occhio ai Sonic Youth o magari ai Jesus And Mary Chain, cazzo, quelli sono ancora lì a fare i cattivoni ribelli dopo trent'anni di carriera e quindici di dischi brutti. Ogni volta la stessa storia, le stesse polemiche con Madonna e le stesse fotine sui binari della ferrovia che mi sembra essere all'ennesima mostra fotografica sulle banlieues di Parigi, organizzata dall'ennesimo centro sociale.

Va bene. Però sarai d'accordo con me che bisogna avere un bel po' di cattivo gusto per ascoltare gli Skid Row o i Ratt…
Ma certo. Eppure bisogna fare attenzione a non sottovalutarlo, il cattivo gusto. Alla fine, è una roba simile alla flora intestinale: puoi anche farne a meno, se credi, ma in quel caso nulla impedirà alla tua vita di andare a rotoli. Pensaci bene la prossima volta, quando ti sparerai un concerto intero di Felix Kubin e scruterai compiaciuto il tuo club deserto con la stessa soddisfazione di un latifondista della Louisiana che ha appena liberato i suoi schiavi e con la libertà gli ha donato dei corsi di dizione e la discografia di Patti Smith. Sono cretino io o stai davvero parlando dei Kiss e dei New York Dolls?
Questa è una guida seria, che parla dei VERI pilastri dell'hair metal. Quelli che, negli anni Ottanta, dell'hair metal hanno incarnato fino in fondo gli stilemi e la retorica. Mica stiamo qui a parlare degli avanguardisti che hanno avuto su di loro un'influenza più meno diretta. Insomma qui non troverai New York Dolls, Hanoï Rocks, Kiss, Van Halen, Queen, Alice Cooper, Twisted Sister, eccetera. Stop. Stop. Stop. DOVE SONO I GUNS N' ROSES?
Hai ragione. Ma io non mi sono spiegato bene: ho dovuto cestinare un insieme di gruppi: Cinderella, Britny Fox, Love/Hate, Voodoo X, Tesla, White Lion, Faster Pussycat, Great White, Tigertailz e Toilet Boys ma no, non ho dimenticato i Guns. È che loro vanno ben al di là dell'hair metal. Loro si meritano un posto tutto loro tra le guide di Noisey e nel caso ve lo stiate chiedendo, sì, ci sto pensando io a scrivere la guida di Noisey ai Guns. Lo sto facendo proprio in questo momento. Tu però non avere fretta, vai con ordine e leggi qui.

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David Lee Roth, "Yankee Rose" (Warner Bros) 1986.

David Lee Roth è l'unica persona al mondo che potrebbe entrare in metropolitana gridando: "Signore e signori, Ecco a voi David Lee Roth!", senza destare per forza lo stupore di tutti i presenti. David Lee Roth è la sintesi perfetta di quattro componenti: coglionaggine, erotismo, casino e spettacolo. Per capirci, David Lee è uno che cinque minuti prima fa il frontman di una delle band più esuberanti dell'universo e subito dopo si prende una pausa di sette mesi per andare in Amazzonia, costruirsi una capanna di arbusti e cacciare alligatori a mani nude in compagnia di qualche tribù indigena. Non solo, in lui si concentra anche uno sfrontatissimo agio economico (livelli alla Kanye West, giusto per essere chiari) tagliato però con la capacità di essere sempre cool che ha Snoop Dog, pose da iper-divo, risultato di un'operazione complessa che si può riassumere in questi termini: Nicki Minaj + Frank Sinatra + Dean Martin. Questo ragazzone è talmente fuori che nel video di "Yankee Rose"—uno dei brani del suo primo disco solista, uscito appena un anno dopo la sua rottura con i Van Halen—riesce nel difficilissimo compito di mettere in scena un'enorme caricatura dell'hair metal (spaccate colossali, tutine elastiche, movenze esplicite, scene di nudo, atteggiamenti da mongoloide), quando ancora il concetto stesso di hair metal era sconosciuto ai più. Ecco, questo, in sintesi, è David Lee Roth.

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Discografia consigliata: Fatti salvi i primi due dischi dei Van Halen, che sono indiscutibilmente delle pietre miliari, potete tentare la strada di Eat'em and Smile, che è il suo primo album da solista. Ci troverete tante cose diverse, oltre chiaramente a "Yankee Rose". N.B. Non perdetevi la sua autobiografia Crazy From the Heart. Non serve che vi dica che si tratta di una lettura d'eccezione. Ma fate in fretta se ne volete una copia: in America è già sold-out, ne resta ancora qualcuna in Gran Bretagna.

Potenza del capello: 4/10. David Lee Roth si prende cura del suo aspetto, ma i suoi capelli non lo interessano poi così tanto. Nei suoi momenti più top, è stato in grado di comparire in TV con un'acconciatura da sciamano o con i capelli che non lavava da almeno tre giorni.

Whitesnake, "Still of the Night" (Geffen) 1987

Il video di "Still of the Night" è un po' il Quarto Potere dell'hair metal, una base imprescindibile. In breve: è il video che ha aperto la stagione del capello cotonato su MTV. Può sembrare incredibile, ma a quell'epoca i Whitesnake erano abbastanza nella merda. La band aveva un contratto per la Geffen e stava ultimando il suo ultimo disco mentre il frontman del gruppo David Coverdale, che era completamente al verde, continuava a condurre una vita da playboy miliardario. Viveva all'hotel Mondrian di Los Angeles e guidava una Jaguar XJ che non era nemmeno più in grado di pagarsi. Si arrabattava come poteva, girando spot pubblicitari per una marca di aspirine e facendo sempre la scenetta di quello che "cazzo ho dimenticato il portafoglio" ogni volta che si usciva a pranzo con i boss dell'etichetta discografica. Insomma, un casino. Durante uno di quei pranzi, Coverdale conobbe Marty Callner, il regista designato per girare il video di "Still of the Night". Questo pezzo, nel caso non lo sapeste, avrebbe dovuto essere il brano della redenzione (e della salvezza economica) dei Whitesnake e per il progetto, la Geffen aveva stanziato ben 125.000 dollari. C'era un unico piccolissimo problema: Coverdale, dopo le registrazioni del disco aveva licenziato tutti i musicisti e i Whitesnake erano ormai solo Coverdale. Fu così che la produzione si mise e a cercare in tutta fretta degli attori che facessero la parte del resto della band. Il risultato fu evidentemente catastrofico. A parte che il brano dura sei minuti e voglio vedere chi aveva il coraggio di metterlo in playlist, quella roba è davvero inguardabile e poi gli attori, sì va be' gli ""attori""… Callner a quel punto, per salvarsi la faccia, sborsò 35.000 dollari di tasca sua per girare qualche nuova scena con una top-model. L'idea iniziale fu di ingaggiare Claudia Schiffer, ma la produzione finì per chiamare Tawny Kitaen, che a quel tempo era la tipa di Coverdale. Risultato dell'equazione capelli+band finta+figona: boom! Il video venne trasmesso più di cinquanta volte alla settimana e finì per guadagnarsi il titolo di "Hip clip of the week". Per tutta risposta, Jeff Ayeroff della Warner Bros si lamentò con MTV dicendo che "Dai raga, gli Whitesnake sono tutto tranne che hip". La reazione di Sam Kaiser, uno dei responsabili della programmazione di MTV non si fece attendere: "Potrebbe non essere hip per te o per me ma, fidati, questa roba è super- hip in Iowa." Sì, Jeff, l'effetto dell'hair metal in fondo è analogo a quello del racconto I figli del grano di Stephen King, dove una forza soprannaturale si abbatte sulle zone rurali e trasforma i ragazzini in gente fuori di testa che pensa esclusivamente al sesso. Discografia consigliata: se dopo avere visto David Coverdale giocherellare con l'intrico di di cavi del microfono non siete ancora soddisfatti, potreste orientarvi su 1987, l'album da cui è tratto "Still of the Night". I pezzi non sono poi così male, anche se magari non siete proprio fan delle atmosfere alla "Sto viaggiando senza meta a bordo della mia Jaguar perché ho bisogno di calmarmi e di riflettere sulla condizione umana dopo l'ennesimo litigio con la mia tipa ninfomane, figa e indomabile." Se poi c'è ancora tra di voi qualcuno che ha bisogno di nuovi contenuti in materia di: seta, lussuria e follia, non si lasci sfuggire Slip of the Tongue. Prima però è il caso di pensarci bene, perché si tratta di un grande passo e potrebbe valere la pena fare un giretto pereventivo in circonvallazione sulla vostra Jaguar: non si sa mai che abbiate bisogno di calmarvi un po' dopo l'ennesimo… OK la smetto. Potenza del capello: 08/10. Con Coverdale ci assestiamo sul top gamma. Capelli gonfi e luminosi, degno risultato di numerosi risciacqui sotto l'acqua fredda (l'acqua fredda è indispensabile perché i capelli rimangano puliti e poco grassi). Attenzione: l'uso di uno shampoo speciale per capelli ricci è indispensabile. Insomma, sono pochi e semplici passi per dei capelli sbalorditivi, vedrete poi che risalto avranno le vostre mèches. Per un risultato ottimale, non dimenticatevi infine di applicare di tanto in tanto un prodotto di rinforzo: vi aiuterà con i capelli più lunghi e a eliminare le doppie punte. Infine, vi basterà una spruzzata di lacca e il gioco sarà fatto. Bene. Ora si balla.

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Mötley Crüe, "Girls Girls Girls" (Elektra) 1987.

Vi devo dire una cosa a proposito di questo video dei Mötley Crüe. È una roba che riassume un po' da sé l'essenza della band. Nel DVD Mötley Crüe Greatest Video Hits, la band spiega nel dettaglio (e molto seriamente) tutto quello che vedete se premete play qui sopra. "Nel video di "Girls, Girls, Girls" ci siamo noi che andiamo in giro con le Harley e frequentiamo quasi solo i night club. Be', il video parla di noi perché all'epoca non facevamo che andare in giro in Harley e frequentare i night club della zona. Ecco spiegate le mie parole sull'hair metal e il suo attingere direttamente dalla vita vissuta. Questa roba è neorealismo, è materiale che potrebbe interessare a Ken Loach. L'unica differenza è che questi babbi indossano delle tutine elastiche, non vivono nell'Italia del dopoguerra, non hanno combattuto la guerra civile spagnola e non lavorano per una cazzo di miniera dello Yorkshire. Discografia consigliata: Too Fast for Love è il loro primo disco e non c'è alcun dubbio che sia un classicone. Si tratta di un disco uscito in un periodo molto particolare per la band: abbiamo di fronte dei Mötley piuttosto incazzati, o meglio, abbastanza incazzati per suonare in compagnia di band punk dalle sonorità non così lontane dalle loro (sto pensando agli Stepmothers, per esempio). Poi è chiaro che anche in Shout at the Devil, Dr. Feelgood e Girls Girls Girls c'è qualche pezzone killer. Se volete invece il vero capolavoro, be' non resta che correre in libreria e acquistare The Dirt, l'autobiografia che la band ha scritto assieme al giornalista Neil Strauss, la biografia più allucinante che avrete mai occasione di leggere nonché anche il più bel libro che sia mai stato scritto sulla musica rock, indipendentemente da quello che potete pensare della band e dei suoi membri. Questi cinque coglionazzi sono riusciti a creare dal nulla una storia pazzesca a metà strada tra una versione soft-porn di Beautiful, un remake heavy metal di un film di Sokurov e una versione di Superjail in 3D. Credo che non abbiate bisogno di sapere altro. Potenza del capello: 02/10. Un disastro. Dopo più di trent'anni di carriera, l'unica cosa che questi ragazzi hanno saputo usare per la cura dei loro capelli è stato un po' di lubrificante e quantità pazzesche di sudore. Fatta eccezione per la pettinatura tipo Cindy Lauper di Vince Neil nel periodo 1983-1985, credo che non resti proprio niente da salvare in questo olocausto di nodi e doppie punte.

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Def Leppard, "Pour Some Sugar On Me" (Mercury) 1987.

Sono sicuro che prima o poi arriverà qualcuno che scriverà un libro su Hysteria, quarto album dei Deff Leppard e, di gran lunga, disco più disumano pubblicato negli anni Ottanta. Dai cori al suono del rullante, si potrebbe pensare che ogni singola nota del disco sia stato prodotta dopo un lunghissimo periodo di reclusione in un silo sotterraneo e sia poi stato piazzato in un acceleratore di particelle ad altissimissima velocità. Il tutto, non c'erano dubbi, sotto la supervisione di un'équipe di ricercatori svizzeri (ma del cantone tedesco) che non parlano una parola di inglese. Provate voi stessi ascoltando "Rocket": sembra quasi che la linea di basso sia avvolta nel cellophane. Il disco costò la cifra spropositata di sette milioni di dollari e per poco non si rivelò un flop colossale, dal momento che i primi due singoli ("Women" e "Animal") non li aveva cagati proprio nessuno. Tant'è che quando la band pubblicò Pour Some Sugar On Me era ormai chiaro a tutti che si stava giocando le sue ultime carte. Ecco, proprio perché lo showbiz è senza senso, il brano divenne una hit formidabile soprattutto grazie all'effetto dirompente del video e delle migliaia di night club sparsi in giro per il mondo che ce l'hanno ancora in rotazione. Il regista era Wayne Isham (una vera eminenza grigia dell'hair metal, colui che dobbiamo ringraziare per la quasi totalità dei lavori di video art che hanno come protagonisti i Bon Jovi o i Mötley Crüe). Alla fine, i singoli estratti dall'album furono sette (SETTE) e il disco finì per vendere più di trenta milioni di copie in tutto il mondo. Discografia consigliata: Quando ascoltate un disco dei Def Leppard, non ci si può non chiedere: "Porca puttana sono a bordo di una Mercedes lanciata ai 240 km/h su un'autostrada tedesca o no?". Questo è quello che conta con i Def Leppard. Se poi però ne volete ancora, lasciatevi dire che: High 'N' Dry, Pyromania e Hysteria non sono solo delle bombette, sono delle opere indispensabili. Se per qualche strana ragione doveste decidere di ascoltare solo tre dischi da tutta questa guida, ascoltate questi tre qui e non pensateci più. Se poi avete anche voglia di ascoltarli in sequenza, ne scoprirete il potenziale narrativo. Sarà magnifico reperire tra le note di questi capolavori le vicende di giovani teppisti inglesi (magari evasi da poco) che si trasformano in formidabili robot al neon dopo essersi iniettati il contenuto di una fialetta fluorescente, offertagli da una spogliarellista cieca. Potenza del capello: 01/10. I Def Leppard hanno fatto la storia con un chitarrista alcolizzato peso e un batterista piuttosto maldestro. I capelli erano–sono e saranno sempre–l'ultimo dei loro problemi.

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Poison, "Talk Dirty To Me" (Capitol) 1986.

Qui mi sbilancio, ma credo di poter affermare senza remore che i Poison siano una di quelle band considerata da sempre (ma sempre, sempre semprissimo), un gruppo di mezze seghe, e in fondo sappiamo tutti che questo giudizio sia abbastanza meritato, visto che i ragazzi stanno all'hair metal come i Cradle of Filth al black metal. Insomma, i Poison sembravano a tutti un gruppo di ragazzini che cercavano di nascondere le loro vite borghesi sotto tonnellate di eccessi e figure di merda. Va be', c'è solo una cosa che li salva, ed è il loro chitarrista C. C. Deville. Sto tipo non solo è un babbo con una chitarra in mano, ma è un vero genio nell'arte delle interviste (che vi invito a guardare e riguardare). Se poi non l'avete mai visto, ma non volete farvi un'idea del suo aspetto, poco male. Mettiamola così, immaginate che qualcuno decida a un certo punto di scolpire un busto di Meg Ryan. Immaginate anche che il nostro artista si sbagli e tenti di recuperare il disastro facendone un enorme posacenere a forma di Goldie Hawn. Ecco, quello che ne uscirà avrà più o meno l'aspetto di C. C. Deville. Discografia consigliata: Il solo disco appena dignitoso dei Poison è Flesh & Blood. A dire il vero, non so di preciso se questo disco sia sul serio più dignitoso degli altri. L'unica cosa certa è che, quando questa roba è uscita, MTV passava "Unskinny Bop" tipo 14 volte al giorno. Forse non è il più dignitoso, forse è solo che mi ci sono abituato. Potenza del capello: 09/10. C. C. Deville a parte, qui si vola davvero alto. Oltre questo non c'è nulla. Dopo questo, c'è solo il paradiso dei capelli.

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Ratt, "Slip of the Lip" (Atlantic) 1986.

All'inizio volevo mettere il video di "Body Talk". Le ragioni erano due, tanto elementari quanto decisive. La prima è che Warren de Martini fa un sacco di espressioni stranissime quando suona la chitarra, la seconda è che quel brano faceva parte della colonna sonora di Beverly Hills Cop II. Avrei potuto scegliere anche "Round and Round", e anche qui i motivi si sprecano (sono sempre due). Uno: questo è IL pezzone della band (per capirci è quello che si ascolta Mickey Rourke nella scena di The Wrestler in cui Mickey dice a Marisa Tomei che Kurt Cobain ha rovinato la musica. Due: il video di questo brano è stato girato da Don Letts (quest'ultima ragione è forse più patetica che decisiva). Va be'. Alla fine ho scelto di farvi vedere "Slip of the Lip" perché c'è una storia bellissima che riguarda il tipo con il cappello da cowboy che si vede al secondo 21. Bene, questo tipo era uno della sicurezza della band che un giorno, durante le riprese del video, fu ritrovato nudo, legato e ammanettato nella sua stanza d'albergo. Quando gli chiesero che cosa fosse successo, si limitò a rispondere: "Stavo facendo un po' di festa con due tipe, quando d'improvviso queste troie mi hanno rubato tutto". Welcome to the jungle. Discografia consigliata: Chitarre che urlano al cielo (e cantante che le segue senza paura), atmosfera da festicciola noiosa animata da dibattiti del tipo: "la rappresentanza politica e la lotta extraparlamentare". Insomma, i Ratt non sono altro che la versione più street (e sudaticcia) degli U2 del periodo di The Unforgettable Fire. Immagino già la vostra reazione: "ah, quindi è musica di merda al quadrato". Eh no, troppo facile: qui dentro ci sono sì gli U2 e tutto il resto, sì, ma anche un sacco di altre cose davvero orribili. In ogni caso, se proprio volete provare con i Ratt, buttatevi su Dancing Undercover: potrebbe ben valere venti minuti del vostro tempo. Anche solo per il titolo del disco. Potenza del capello: 03/10. Doppie punte, boccoli, capelli bianchi qui e là. You fuckin' kiddin' me, dude? Questi ragazzi hanno gli stessi capelli della signora che gestisce il bar sport del paese dove vivono i tuoi genitori.

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Desmond Child. Con Desmond Child, troverete l'unica eccezione di questa guida. Di Desmond Child, qui, non vedrete nessun video. Le ragioni sono due. Uno. L'immensità di Desmond Child non può essere condensata in un videoclip. Due. L'immensità di Desmond Child può essere condensata solo nella foto che vedete qui sopra. Desmond Child sta all'hair metal come James Joyce sta alla letteratura, come Stanley Kubrick al cinema e come Stan Lee al fumetto di supereroi. Desmond Child è il capolavoro, il prodigio, la bellezza dell'hair metal. Produttore e mercenario per band tipo Kiss ("I Was Made for Lovin' You" è roba sua), Bon Jovi ("Livin' on a Prayer", idem), Alice Cooper ("Poison", idem), Aerosmith ("Crazy"). Se non vi è ancora chiaro, Desmond Child è un produttore multimilionario, richiestissimo e un attimo megalomane, tipo che non ammette che i suoi pezzi non diventino delle bombe. Per esempio una volta è andata così: Desmond ha scritto un pezzo per Bonnie Tyler (stiamo parlando di "If You Were a Woman And I Was a Man"). Fail. Stesso pezzo, riadattato per Bon Jovi ("You Give Love a Bad Name") e sbaaam! Ogni tanto, nel tempo libero e quando non ha nessuno da cooptare, Desmond Child scrive dei brani per se stesso. Pensate, ha anche fatto un album. È terribile e si chiama Discipline. Per farvela breve, in questo disco di Desmond troverete dei pezzi pensati per essere cantati da qualche gruppone tedesco ("The Price of Loving You" era stata scritta originariamente per i Bonfire) e qualche ballata killer in grado far passare Michael Bolton per James Hetfield ("You're the Story of My Life" e "Love on a Rooftop"). Discografia consigliata: Voglio vedere chi mi dice che "The Price of Loving You" non è un pezzone della madonna. Muscolosissimo. Poi però il nulla. Ma per davvero. Potenza del capello: 09/10. Questo qui è multimilionario sul serio raga. Ed è molto probabile che i suoi peli pubici syouiano meglio acconciati delle vostre permanenti della domenica.

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Skd Row, "Youth Gone Wild" (Atlantic) 1989.

Il leader degli Skid Row si chiamava Sebastian Bach (una specie di incrocio tra un eroe dei manga, il bulletto che vi perseguitava al liceo e una parrucchiera). Ecco, tra il 1989 e il 1992, gli Skid Row hanno fatto terra bruciata attorno a sé. Poi con il loro secondo disco, Slave to the Grind, sono riusciti nel compito (immenso) di piazzare un disco orrendo al primo posto della classifica americana. Era il 29 giugno 1991 e scalzarono in un solo colpo Mariah Carey, Vanilla Ice e Paula Abdul. Quel primo posto nella classifica di Billboard rappresentò per l'industria musicale qualcosa di sconvolgente. Slave to the Grind fu infatti uno dei primi tre dischi che entrarono in classifica grazie all'introduzione delle nuove norme SoundScan (un sistema di conteggio delle vendite, inaugurato nella primavera del 1991 e basato non più sulle dichiarazioni di vendita ma sullo screening effettivo dei codici a barre. Questo nuovo sistema copriva contemporaneamente Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Giappone ed ebbe un ruolo decisivo per il successo—qualche mese più tardi—dei Nirvana. Sul fronte cash, gli Skid Row se la passano benino. Resta però il fatto che, se un tempo gli Skid Row erano tra le band più rappresentative di una vita passata a scopare, drogarsi e a scrivere power ballad su ragazzini sbandati scappati di casa, oggi sono perlopiù un piacere nascosto, una passione taciuta e non ammissibile. Be', a dire il vero, sono anche una band che ha scritto un pezzo intitolato "Youth Gone Wild". Meglio ancora, sono una band il cui cantante ha tatuata sul braccio la scritta "Youth Gone Wild" e credo di non avere molto altro da dire su questa faccenda. Discografia consigliata: Slave to the Grind è un capolavoro. Punto. E non vi sto coglionando, tutto lì dentro è perfezione. È roba che esplode a ogni ascolto. Lo ha sempre fatto e continuerà a farlo. Punto. Potenza del capello: 09/10 per Sebastian Bach, 04/10 per tutti gli altri. Il motivo è solo uno: forse si può sradicare un gentiluomo dal New Jersey, ma non si può sradicare il New Jersey dall'animo di un gentiluomo. You know what I mean?

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Extreme, "Get The Funk Out" (A&M) 1990.

Queste persone fanno parte di quell'insieme di artisti che avrebbero meritato molto di più di essere etichettate come "quelli che sono stati risucchiati dal buco nero Nirvana". Per dirla tutta, a un certo punto, c'è anche chi ha creduto che fossero LORO i Nirvana. Insomma, molti di noi, dopo aver sentito i loro ritornelli poderosi e visto i primi videoclip, con loro che erano conciati come dei pirati/indiani e con il cantante che sembrava il cugino scemo di Antony Kiedis, si sono detti che qui sotto c'era roba seria e da tenere d'occhio. Dopo hanno fatto questo disco qui e tutte le tipelle di nome Lavinia hanno trovato entro quell'orizzonte simbolico la propria riserva di caccia. Lo so, sono cose che fanno tristezza. Discografia consigliata: Mi piacerebbe tantissimo poter dire Pornograffitti, che è il loro secondo album, un disco incredibile con dentro veri e propri momenti di follia ("It's a Monster") e altre robe davvero incontrollabili ("He-Man Woman Hater"). Ma è anche un disco dove dentro c'è davvero tantissima (ma tantissima tantissima) merda. A partire da "Suzi Wants Her All Day What?", che probabilmente è il pezzo meno logico di tutta la storia della musica evva. Potenza del capello: Se tutto il gruppo si merita appena un 06/10, il chitarrista Nuno Bettencourt è il solo che può davvero meritarsi l'unico 10/10 di questa lista. La sua acconciatura presenta la stessa elegante compostezza che avrebbero venti cavalli di corsa attraverso le praterie del Wyoming in una notte senza luna.

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Vixen, "Edge of a Broken Heart" (EMI) 1998.

Qui ci trovate: Lamborghini bianche, Ferrari giallo canarino, guantini di daino di colore blu, tacchi a spillo leopardati, strofe cantate da Pat Benatar e ritornelli da Bonnie Tyler. Poi ci sei tu che ti fai un viaggione a bordo di un drago volante e io che mi fracasso i coglioni per l'inedia. Ci sono giorni in cui farei di tutto per passare un pomeriggio negli anni Ottanta per cercare di capire cosa passasse per la testa delle persone. Che altro dire? AH GIÀ, le Vixen sono l'unica band tutta femminile di questa selezione. Cioè, o loro o le Phantom Blue. E anche se il primo album delle Phantom Blue spacca il culo (andatevelo a sentire), per quel che riguarda i video, però, le Vixen sono su altri livelli. Discografia consigliata: Il primo album. No, il lato A del primo album. OK, il primo pezzo del primo album. Potenza del capello: 04/10. Dai, l'hair metal è l'unico genere musicale in cui dei tipi passano il tempo a cercare di farsi delle tipe coi capelli messi molto peggio di loro. Di che parliamo?

Warrant, "Cherry Pie" (Columbia) 1990.

OK, con 'sta roba si passa il Rubicone. Destinazione: qualche cazzo di pianeta sconosciuto. Se gli Skid Row erano i Geto Boys del white trash, i Warrant sono i 2 Live Crew della merda. Davvero, della merda. Questi fanno musica con la sensibilità e l'arguzia di un bambino di otto anni che si è appena scolato il suo primo bicchiere di Montenegro. Il videoclip di "Cherry Pie" è stato trasmesso tante di quelle volte su MTV che ho quasi l'impressione che faccia ormai parte di me, un po' come il mio acufene e la cicatrice che mi sono fatto quella volta a educazione fisica. Discografia consigliata: Il video di "Cherry Pie" è una buona sintesi di tutto (tutto, tutto) ciò che avrete bisogno di sapere sui Warrant. Qualche nota: la tipa che compare nel video si chiama Bobbie Brown e avrebbe potuto essere la Sharon Stone degli anni Novanta, non è successo perché era stupida e ha cannato troppi provini. Per non perdere tempo ha deciso di investire tutto in droga e alcol, procurandosi così un CV brillantissimo, che conta tra i suoi highlights un breve comparsa in Last Action Hero. Per fortuna oggi possiamo conoscere ogni dettaglio della vita di Bobbie grazie alla sua autobiografia Dirty Rocker Boys, piena di aneddoti divertenti tra cui quella volta in cui Bobbie si scopò Leonardo Di Caprio, che aveva appena 19 anni. La vera scoperta di Bobbie in quell'occasione, oltre alla passione di Leo per "Waterfall" delle TLC, furono le dimensioni del suo pisello. Potenza del capello: 02/10. Dai, questa roba qui sta ai Ratt come il tuo prof di matematica sta a quello di geografia.

Winger, "Can't Get Enuff" (Atlantic) 1990.

I Winger sono il prodotto di un accuratissimo piano di marketing della loro casa discografica, un progetto minuzioso destinato a una nicchia di mercato molto precisa: le MILF e le ragazze-madri del Midwest. Considerato il successo dei loro primi due dischi, si potrebbe pensare che l'obiettivo è stato ampiamente raggiunto. Se poi pensate che per il clip di "Can't Get Enuff", la band ha chiesto a Michael Bay—all'epoca giovane, coglione e neoassunto nella casa di produzione di David Fincher (che non lo sopportava ma ne riconosceva il talento)—di girare un video che assomigliasse a uno spot della Coca-Cola. Vi basterà chiudere gli occhi per sentire su di voi i filtri arancioni della macchina da presa, la pelle madida di sudore e i ventilatori. Discografia consigliata: Raga, qui siamo veramente nei gironi più profondi dell'inferno. Sappiatelo. Ma In the Heart of the Young qualche traccia simpatica forse riuscirete a trovarla. Bisogna cercare bene. Potenza del capello: 08/10. Oh, guarda che le quarantenni bionde dell'Iowa mica ti vengono dietro se hai una pettinatura a caschetto.

Nelson, "After the Rain" (Geffen), 1990.

Siamo alla fine. È la fine. Dopo: il nulla. Basta. Questa band è stata fondata dai due figli di del cantante country Ricky Nelson, i gemelli Matthew e Gunnar Nelson. Ecco, con questa triade la famiglia Nelson ha concentrato su di sé tutte le energie negative della musica occidentale, pura energia negativa prodotta con budget stellari e in alta definizione. Ci sono pure i contenuti extra e i dietro le quinte. Tutto. C'è tutto il negativo del mondo. Più banale della banalità del male, questa roba è quello che succederebbe se Skrillex cominciasse a vendere come Céline Dion. Discografia consigliata: Tenetevi ben lontani da tutto ciò che è a marchio Nelson, potrebbe seriamente ripercuotersi sulle vostre vite. Rinunciarvi non vi peserà troppo e credetemi, me ne sarete grati per sempre. Potenza del capello: 09/10. Una fontana di biondo platino che scende elegante e preziosa verso terra. Neanche gli elfi de il Signore degli anelli sono acconciati meglio. Bisogna ammetterlo, non ci sono cazzi.

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