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Musica

Morandi Eroe Digitale

C'è stato un tempo in cui Gianni era perso, poi è arrivato Lucio Dalla a dargli un paio di mani di vernice elettronica. E oggi?

22 novembre. Mio figlio Pietro sta crescendo…. ha 15 anni, frequenta il liceo classico ed ascolta un artista che non avevo mai sentito nominare, Skrillex…

(Gianni morandi, pagina facebook ufficiale 22 novembre 2012)

Nella musica italiana sono molte le vecchie cariatidi: artisti che hanno superato l’età pensionabile ma nonostante tutto e tutti rimangono col culo saldo sulle loro sedie rivendicando spesso a voce alta la loro importanza, incapaci di accettare il fatto che non hanno più niente da dire. Assieme a questi chiassioni esiste anche qualcuno che nonostante l’età è riuscito a rimanere sulla breccia, rinnovandosi sottovoce, spesso e volentieri riuscendo a far tesoro dei propri clamorosi fallimenti. Uno di questi è Gianni Morandi, il quale oggi come oggi è una vera e propria Facebook star: il suo profilo è ultraseguito grazie a uno stile da eterno "vicino di casa" che potrebbe anche prestarti il sale o il martello se ne hai bisogno. Insieme con l’amico Amedeo Minghi, Morandi è il nonno del futuro: quello che non ci capisce un cazzo di nuove tecnologie però ci smanetta comunque, è curioso e non ha timore di spararsi un selfie anche se, ovviamente, a modo suo. Tempo fa suscitò scalpore proprio un autoscatto col figlio quindicenne, commenteto dalla citazione con cui abbiamo aperto, dimostrando un apparente digiuno fisiologico di elettronica. La verità è che lui nell’elettronica ci ha bazzicato, in particolare per un disco. Strano eh? Eppure, se ci seguite nel magico mondo di Gianni potrete tranquillamente constatarlo da soli.

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Partiamo dai primi vagiti del fenomeno: Gianni Morandi è nato povero, figlio di un ciabattino. Lavora praticamente da subito, vendendo bibite e aiutando il padre in bottega da vero proletario. A casa si canta, quindi almeno i genitori si accorgono della sua voce: canta qua, canta là, partecipa a un festivalino dell’Unità, a una fiera della salsiccia ecc., incominciano a entrargli quelle mille lire che se non sono tante gli permettono almeno di sfamarsi e magari di andare al cine. Il resto della storia lo sappiamo tutti: “Fatti mandare dalla mamma” (tra l’altro, scritta dal futuro premio Oscar Luis Bacalov), le collaborazioni con Ennio Morricone (soprattutto la mongobeat "Twist Go Kart") e successi a scheggia. Nonostante lati B controversi quali “Il Primo Whisky”, il personaggio di giovane pulito, sincero e di cuore è quello che salta più all’occhio. Funziona perché non è costruito, ma dentro di lui cova un animo rivoluzionario, marxista per eredità familiare. Ecco quindi la svolta impegnata di "C’era Un Ragazzo" del 1967, seguito da "Al Bar Si Muore" nel '70 (col retro protoprog dall’esplicito titolo "Delirio"), sono due canzoni contro la guerra in Vietnam che troveranno in un sol colpo successo, censura e anche scetticismo e fischi da parte di chi lo vede ancora troppo nazionalpopolare. Insomma, Morandi fa il botto ma dopo questo exploit lo mandano al militare tipo Elvis e incomincia una prevedibile lenta discesa. Alla sua credibilità non gioverà neppure la partecipazione al film di Pietro Germi Le Castagne Sono Buone, un film debole in cui però interpreta un ruolo un filo trasgressivo (pippa coca, ad esempio) riprovandosi più tardi anche con Luciano Salce.

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Uno dei motivi di tanto sospetto nei suoi confronti è la stima che suscita negli ambienti cattolici, a causa anche di pezzi tipo "Un Mondo D’Amore". In realtà il brano è una specie di bacchettata sulle mani a Dio, al quale vengono rispediti riveduti e corretti i comandamenti: ma c’è da dire che nell’Italia dell’epoca il cattocomunismo—sincretismo allucinato già dal nome—era diffusissimo per motivi storici. Ad ogni modo siamo negli anni settanta, i gusti sono cambiati, la gente si sposta verso prog e psichedelia, e le messe si fanno con chitarre distorte: l’Italia ne ha le palle piene degli urlatori melodici. Lui cerca a questo punto di darsi l’ennesima nuova identità: chiama Ivano Fossati e Oscar Prudente, i due cavalli pazzi della musica italiana dell’epoca, e nel '75 confeziona un disco poco classificabile: Il Mondo Di Frutta Candita. Il disco è un ibridone sperimentale fra prog , rock leggero e—appunto—Morandi: i testi sono tra il surreale e la canzone d’autore: ma nonostante le penne di un certo calibro il disco non decolla, troppo difficile proprio perché ibrida dei mondi apparentemente inconciliabili.

Da questo momento per Morandi sarà difficile la risalita: l’oblio lo costringe a cantare anche pezzi per bambini tipo “Lo Prendi Papà” o “La Befana Trullalà”, che nonostante alcune soluzioni sonore interessanti (tipiche degli esperimenti sulle sigle dei cartoni animati) e il successo di classifica, rappresentano per lui un’ umiliazione devastante. Tanto è vero che inizierà a prendere lezioni di contrabbasso al conservatorio per cercare di giustificare la sua posizione: insomma pare che il nostro eterno giovanotto sia spacciato. Poi invece nel 1980 Mogol tira fuori dal cilindro il testo della tristissima e, per un certo verso, insostenibile “Canzoni Stonate”, e il vento comincia a cambiare direzione. Nel 1985 con Uno Su Mille inizia una nuova era: il disco contiene campionamenti e uso massiccio di tastiere, il singolo omonimo è costellato di orchestra hits fregati alle produzioni hip hop e sgommate di chitarre distorte in diretta nel mixer. Morandi sta risalendo la china: fra gli autori delle canzoni spiccano infatti Enrico Ruggeri, il redivivo Fossati, addirittura Gaio Chiocchio dei Pierrot Lunaire e il cantautore anarchico Piero Finà, mica cazzi. Il recupero immediato di pubblico però avviene solo nel 1987, con la vittoria a Sanremo condivisa con Tozzi e Ruggeri di cui abbiamo già abbondantemente parlato; la critica, dopo il disco precedente, vede questa mossa come una commercialata e Morandi come un imbucato nel successo altrui.

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Sembra arrivare un nuovo periodo critico, ma ecco la mano di un amico a tirarlo su di peso: Lucio Dalla. È lui a volere fortemente il disco Dalla/Morandi, in cui duettano attorniati da duecentomila session man miscelando rifacimenti di loro successi con brani di altrettanti autori di pregio, vengono commissionati al volo senza preparare niente a tavolino. Il risultato è che Mario Lavezzi (ex Flora Fauna e Cemento autore di Mannoia, Oxa e Bertè ma soprattutto di una versione disco de "Il Veliero" di Battisti) scrive "Vita", uno dei più bei pezzi della musica italiana, e a Morandi viene regalata “Che Cosa Resterà Di Me” da nientepopodimeno che Battiato, il quale poi la reinterpreterà in Giubbe Rosse col nome più appropriato (almeno per lui) di "Mesopotamia". Qui il matrimonio di Morandi con l’elettronica sembra farsi più definito e efficace, e sembra quasi che abbia re-imparato a cantare.

La sua vocalità “friendly” viene infatti fortemente influenzata dalla abrasività del discorso di Dalla, e viceversa: basti pensare al disco bestseller Cambio, dove Dalla sembra alleggerito di molto. Ecco perché nell’89, finito un tour europeo di successo con l’amico, lo stesso Dalla è convinto che Gianni può fare il salto di qualità e decide di produrgli il nuovo disco solista, Varietà, arrangiando e firmando gran parte dei pezzi, suonando le tastiere e soprattutto trovandogli dei collaboratori davvero impensabili. Giusto per farvi capire di cosa stiamo parlando, abbiamo alla consolle Mauro Malavasi, mito della italo disco italiana già mente di numerosi progetti quali i Peter Jacques Band e i Change, e braccio destro storico di Luca Carboni. Poi abbiamo Angela Baraldi ai cori, all’epoca in zona rock ma con un passato di corista per l’Italian Records tutta (si parla degli Hi-Fi Bros e degli Stupid Set, mica dei primi stronzi. Abbiamo poi Luca Malaguti, fonico e programmatore per i CCCP fedeli alla linea periodo Canzoni Preghiere Danze, Paride Sforza, già ai fiati per i Ping Pong e per produzioni italo quali "Walk In The Night" di Diego e, per concludere, il duo Roberto Costa e Bruno Mariani, rispettivamente voce e chitarra provenienti dagli Orchestra Njervudarov (backing band di Claudio Lolli) autori di "Tristessa" una canzone che—udite udite—verrà campionata nel 2012 niente popodimeno che da Kayne West e Jay Z in "No Church in the Wild"!! Insomma Morandi si trova a posare la testa su un cuscino di pezzi grossi che confezionano per lui un disco dai suoni artificiali, ultramidizzati, volutamente vuoti, quasi una PC Music ante litteram: un pop digitale e asettico lanciato nel futuro. E i brani ? Quelli ci sono, e non solo grazie a Dalla. Il disco si apre infatti con un ispiratissimo Lavezzi: "Varietà" è uno dei pezzi più belli mai cantati da Morandi, con un testo surreal-filosofico e un andazzo acido tra l’inquietante e l’autistico, in cui Dalla svariona su una finta chitarra campionata che sembra uscire direttamente da una Sound Blaster. Sarà Il primo singolo, e il pollice è in su.

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Il pezzo successivo invece è uno scivolone: "Bella Signora", tipico pezzo paraculo per fare cassa, con la base inculata a "Con Le Mani" di Zucchero, che all’epoca andava forte e un testo abbastanza tamarro. Si, è quasi tutto sintetico ma stavolta meglio archiviarlo come piacionata senza arte ne parte. Avrà ovviamente uno straordinario successo e probabilmente influenzerà il futuro e infelicissimo Attenti Al Lupo di Dalla in termini di piattezza concettuale. Recuperiamo terreno con "Occhi Chiusi", pezzo dalliano per eccellenza, con paddoni di tastiere nebbiose e bassi che camminano all’interno di percussioni stile Korg Minipops. Momento poetico sviaggione che, a questo punto possiamo dirlo, usa i preset di cori finti quasi come fa oggi FKA Twigs.

Il plasticone prosegue senza pietà, stavolta su musica di Bracco di Graci e testo di Dalla, ovvero "Ti Comunico Amore". Bracco ha avuto un periodo di discreto successo negli anni novanta, poi è crollato nel pozzo e si è rimesso a fare l’operaio in fabbrica, con saltuari e inosservati capolino nell’industria musicale. Probabilmente perché manca qualcosa nel suo atteggiamento compositivo: infatti il pezzo scivola via pattinando sulla noia, ma nel contesto è molto Morandi prima maniera. Un pezzo per nonni digitali insomma, d’altronde anche loro reclamano giustamente la loro parte. "Animale" invece solleva le quotazioni con una ritmica quasi acid house, fatta con oboi fintissimi e piglio a la Mantronix. La mano di Dalla si sente, c’è però anche una strizzatina d’occhio alla Bertè di "In Alto Mare" non poco evidente, stranamente scampata alla denuncia per plagio. Malavasi spinge invece sull’accelleratore della modernità, costruendo una muzak tra il cantare sotto la doccia e il chillout post-smascello. Una new age danzereccia fatta musica italiana.

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Subito dopo ci troviamo di fronte a un brano controverso, dal titolo a prima vista scioccante: "Negro". Si, avete letto bene: nonostante sia sparito da YouTube per ovvia censura, è un atto di accusa antirazzista che rivede il Morandi impegnato di un tempo. E infatti ritroviamo lo stesso autore di "C’Era Un Ragazzo…" , ovvero Migliacci. L’ anima rossa e partigiana di Morandi riciccia fuori: "c’è chi ti offenderà e vale la metà di te." Un ricciolo di pianoforti di ceramica fa invece da intro a "Un Pugno In Faccia", direttamente dalla penna di Malavasi e un cameo di Mogol al testo. La fintissima spianellata non starebbe male nel repertorio di gente tipo Lil Data e roba simile, così come le chitarre elettriche campionate, probabilmente tirate fuori da una coattissima workstation Gem. Mancano solo le vocette col pitch alzato e poi siamo a posto

Infatti Il disco finisce con un delirio postatomico di Dalla: “Figli Dei Nostri Figli” è un complicatissimo pezzo che si srotola in un mood apocalittico a ricordare i migliori momenti di Viaggi Organizzati, forse uno dei più ostici e sottovalutati dischi di Lucio, per l’appunto prodotto da Malavasi. Una serie di strati di voci scomposte e, stavolta davvero, di vocine pitchate portano a compimento l’opera di distruzione umana a favore del congelamento tecnologico. "A domani figli/ma domani non c’è più". Strana chiusura per Gianni, di solito abituato a portare avanti lieto fine musicali, a negare testardamente l’esistenza del male sulla terra a qualunque costo.

Varietà è quindi un esperimento verso un pop da mal di testa, estremo nel suo evaporare e tornarsene da dove è arrivato, cioè dal nulla. Puro Vapor pop insomma, antecedente tanti esperimenti recenti che vanno in quella direzione; un vestito perfetto per l’ambizione di Morandi di essere eccessivo in maniera morbida. Dopo questo exploit Gianni si alleggerirà, virando ai mood da karaoke di “Banane e lampone”. Tenendo però sempre d’occhio i giovani autori, cosa che lo rende da sempre particolarmente saggio. E dire che Gianni ci sembrava estremo solo per la leggenda che lo circondava e che lo accomunava ad un grande come GG Allin, al quale in realtà attribuivano la stessa passione senza che neanche per lui fosse del tutto vera. L’estremismo di Gianni è invece nell’essere ergonomico, quotidiano, familiare, come una tranquilla e ordinata passeggiata in un supermercato dove però i neon ti inducono la nausea e ti bruciano il cervello. Dicci un po’ Gianni "che oggetto sei? Sembri un giocattolo / ma il tuo martello dimmi dai dove lo tieni?". Chissà che non ci farai un disco brostep a sta botta.

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