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La terribile eredità dei Libertines

A dieci anni dal loro primo album, c'è ancora gente che va in giro con cappello e giacca rossa cercando di imitare Pete Doherty.

Come forse qualcuno saprà, la scorsa settimana ha segnato il decimo anniversario di uno dei momenti più determinanti della nostra storia. No, non stiamo parlando della resa di Slobodan Milošević alla polizia per le accuse di crimini di guerra o degli americani in Afghanistan—queste sono cose successe nel 2001. Parliamo dell’uscita dell'album di debutto dei Libertines, Up the Bracket.

Normalmente non siamo quel genere di persona che va a frugare in fondo alla spazzatura delle defunte manie e s’immerge nel rifiuto del passato. Ma in questo caso è interessante tornare indietro per fare un confronto, perché nel 2002—tanto quanto oggi—le culture giovanili britanniche erano proprio nella merda. Al posto dei Mumford and Sons c’erano i Travis; per Skrillex, Bizkit. E per Sheeran, Mike Skinner, se gli avessero amputato il pene per infilarglielo in bocca così da sembrare più grasso e non poter parlare come si deve.

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Prima dei Libertines, gli unici requisiti per arrivare a un buon livello erano un paio di Hush Puppies ai piedi, un morbido accento regionale e una certa umiltà. Poi è uscito Up the Bracket e tutti hanno iniziato a vestirsi come se fossero personaggi di Mean Streets. Le enormi felpe con la scritta “Not My President” furono sostituite da jeans di qualche taglia troppo piccoli, e tra amici, al posto dei link sulle presunte atrocità commesse dall'amministrazione americana, ci si scambiava Il ritratto di Dorian Gray. Uscire era di nuovo divertente, i ragazzi saltavano la scuola per farsi tatuare i polsi, e quando chiamavi gli innumerevoli nuovi amici fatti la sera precedente al concerto segreto, tutti volevano uscire a scrivere poesie con i loro malridotti cappelli a tesa stretta piuttosto che stare a casa a guardare le repliche di Jackass.

Dopo enormi dosi di gin, tè, sangue ed eroina, i tempi sono inevitabilmente cambiati. Ma talmente tante cose sono rimaste le stesse che, in tutta franchezza, staremmo probabilmente meglio se vivessimo sotto un ponte fatiscente con Pete Doherty, un paio di siringhe arrugginite, e il fantasma di Wolfman. (È morto, vero?)

ABBIGLIAMENTO, PRIMA PARTE: GIACCA

Mi chiedo se, quando Pete e Carl hanno deciso di riappropriarsi di questo pezzo di storia imperiale, sapevano che un giorno sarebbe stata indossata esclusivamente da turisti spagnoli. Si comprende facilmente cosa stessero cercando di ottenere—quel genere di look che aveva Michael Caine in Zulu: tosto, eccentrico, fine e decisamente britannico. Ahimè, quell'atmosferà è svanita non appena i loro fan hanno trovato una propria versione, facendone uno statement indie e rimpiazzando la felpa dei KoЯn, quel capo umido e muschioso che abbelliva ogni armadio. Nelle serate di revival del futuro sarà l’outfit di quel genere di uomo che oggi sceglierebbe una tuta da disco di paillettes, e che si vedrà esplodere i bottoni in ottone sotto la pressione della pancia.

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ABBIGLIAMENTO, SECONDA PARTE: CAPPELLI DEL CAZZO

Avete presente quando si vedono quelle giovani insegnanti di ginnastica sedute sulle spalle del ragazzo, che dondolano al ritmo di qualche stupida ballata di Bon Iver? E ricordate che entrambi indossano solitamente quegli orribili cappelli di paglia che si acquistano in loco, vero? Be’, quell’aspetto apparentemente pittoresco e bucolico ebbe la sua genesi nelle case occupate dagli hipster crackomani nella East London d’inizio secolo.

Un altro problema riguardo ai cappelli morbidi di feltro è che non dovrebbero essere indossati da una donna, in nessuna circostanza. Soprattutto se lavora nelle pubbliche relazioni per un’azienda di Energy drink e si ritrova in pausa con tutte le altre PR, trasformando la fila per il bagno in una parata di Charlie Chaplin farfuglianti e agitati. Pete e Carl sono completamente responsabili di questa pessima moda dei cappelli, anche se quantomeno funziona per individuare chi non è in grado di dirti dove trovare dell’MDMA ai festival.

PURISMO MUSICALE 

Tralasciando le tarde incursioni di Pete nel folk e nel reggae (se si può definire tale "Pentonville Rough"), i Libertines sono sempre stati un gruppo senza pretese. Probabilmente era, almeno in parte, una reazione ai mucchi di artisti dell’hip-hop britannico che cercavano di fingere l’intonazione di Brooklyn e a quei DJ house con pesanti campionature e filtri di stampo europeo che riempivano le classifiche ai tempi, ma coi Libertines c'era sempre in ballo quel concetto di “musica giusta.” Che, come espressione, è una cazzata. Come si può sostenere che i Vines siano più validi di Aphex Twin perché suonano strumenti che non stanno in uno zainetto?

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Il risultato è che ora esiste un’intera fascia di seguaci tardivi per cui l’unico modo di identificarsi con la scena (CHE RISALE A 10 ANNI FA) è ripetere questo mantra della “musica giusta” e denigrare tutto ciò che potrebbe minare la loro fedeltà a essa. Gente con i capelli pettinati in avanti come i mod e giacche nere lucide con le spalline, che probabilmente un po' di anni fa chiamava frocio Carl Barat e ora ha fatto dei Libertines il suo totem ideologico. Ogni gruppo con un ritornello che fa "WOOAHH-OH-OH!" per cui sussultate? Il sangue è sulle mani giallastre di tabacco di Pete Doherty.

STILE DI VITA

All’inizio Doherty sembrava un mistico. Ma mentre il tempo passava e lui vedeva crescere le orde di seguaci adolescenti e simultaneamente la gravità della sua dipendenza, ha iniziato a passare per un essere ripugnante. Era convinto di essere Peter Pan, ma non lo era, era Fagin, ed è arrivato da Oliver Twist a quello più velocemente di quanto l’abbia fatto qualunque altro uomo.

FLASH MOB

Sapete che cos’è un jamboy? È un ragazzino povero che lavora nei campi da golf in Africa. Quando i ricchi bianchi vogliono andare a fare qualche tiro, viene riempito di marmellata e mandato sul campo ad una ragionevole distanza dai golfisti. Dovrebbe attirare le mosche. Il che ovviamente è una cosa orribile da fare tra esseri umani, ma in un certo senso, questo sono i flash mob: sono i jamboy della nostra comune cultura, attirano tutte le seccature da una parte, lasciando la via libera per gli altri.

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Potreste pensare che quella studentessa di teatro vestita come un poliziotto che balla “Thriller” nella metropolitana non abbia nulla a che fare con quello che è successo ai Libertines, ma non è così. I primi concerti-guerrilla dei Libs rappresentano un precedente per tutte quelle orribili, assurde puttanate sponsorizzate dalle varie compagnie telefoniche che i vostri tristi compagni di scuola postano su Facebook.

IMITATORI

Pur non essendo esattamente i nuovi Smiths come tutti speravamo, i Libertines avevano comunque il loro fascino. Scrivevano belle canzoni con ritornelli orecchiabili, all'inizio sembravano davvero fantastici e nelle interviste davano sempre il meglio di sé, e poi organizzavano feste memorabili. E non basta, diventavano anche amici di quelli che andavano alle feste, e l'industria musicale ha messo chitarre in mano a praticamente chiunque abbia accompagnato Pete Doherty a prelevare per comprare cocaina alle tre di mattina di un mercoledì.

The Littl'ans, Left Hand, Thee Unstrung, The View, hanno tutti avuto ben più successo di quello che si meritavano per merito di Up The Bracket, e la cosa dovrebbe provocarci un profondo imbarazzo. Tutti gruppi così dolorosamente tremendi da non sembrare, a posteriori, nemmeno vere band, ma solo una serie di cliché e di errori che la nostra memoria collettiva ha rimescolato insieme in questo oggetto frutto dell'immaginazione. Come quella band metal di cui i Sum 41 sono un'imitazione, quella che non è mai esistita.

E  con questo mi sembra che il cerchio sia chiuso. Scusate, John e Gary, su di voi non avevamo nulla da dire!