Dave, o Come attirare l'attenzione di Drake a 19 anni
Fotografie di Camille Summers-Valli

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Musica

Dave, o Come attirare l'attenzione di Drake a 19 anni

A volte saper suonare il pianoforte, avere due fratelli in carcere e girare un video a Venezia possono aiutare molto la tua carriera da rapper.

Questo articolo compare sulla Music Issue 2017 di VICE Magazine e Noisey.

Quando era piccolo, a Dave non piaceva addormentarsi da solo con i suoi pensieri. Aveva sempre bisogno di qualche suono che colorasse il silenzio nero della sua cameretta. Si abbioccava ascoltando composizioni di Hans Zimmer (che aveva scoperto grazie ai film di Batman diretti da Christopher Nolan) o canzoni dalle colonne sonore del suo videogioco preferito, Kingdom Hearts—un gioco di ruolo con un vivace teenager che combatte le forze dell'oscurità come protagonista, sviluppato in collaborazione da Square Enix (cioè i creatori di Final Fantasy) e dalla Disney.

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A quattordici anni, sua madre gli regalò una tastiera digitale da 88 tasti per il suo compleanno. Occupava uno spazio di prim'ordine nella sua cameretta. Dave lo disse a un suo amico, Kyle, e gli propose di imparare a suonarla assieme. Kyle era scettico—per i ragazzini di Streatham, un'area periferica a sud est del centro di Londra, non era poi così normale voler diventare dei pianisti. Ma Dave lo convinse.

Col passare del tempo, suonare il pianoforte diventò quasi un gioco. Ogni settimana sceglievano una canzone da imparare, e chi suonava quella più bella vinceva. Tra di loro nacque una rivalità che li spinse sempre più avanti, entrambi a rovistare su Internet in cerca di spartiti di canzoni vecchie e nuove, di generi strani e alieni—qualsiasi cosa che avrebbe sorpreso o surclassato il loro rivale.

Se Kyle imparava "Mirror" di Lil Wayne, allora Dave rispondeva con "Hallelujah" di Leonard Cohen. Quando Kyle padroneggiò "Wind", un pezzo della colonna sonora di Naruto, Dave rispose scegliendo un'altra composizione tratta dal loro anime preferito: "Sadness and Sorrow", una composizione da sette minuti per cuori gonfi dalla bellezza malinconica. Era come fare i compiti, in un certo senso—ma compiti che avevano davvero voglia di fare.

A incitarli c'era la loro insegnate di musica, Alyssa Fortly. Dave se la ricorda come una donna dolce, e la considera più che una professoressa. La Fortly sapeva bene come funzionava la sua materia, e che per motivare dei ragazzini devi fargli capire come la musica può arricchire le loro vite. Gli insegnò come gestire le emozioni in musica, come mantenere la disciplina, come memorizzare meglio le note, come apprendere diverse tecniche, e come allenare l'immaginazione. Invece di composizioni di musica classica, faceva studiare ai suoi ragazzi canzoni di Rihanna.

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Man mano che diventava più bravo a suonare, a Dave venne voglia di suonare qualcosa che non fosse uno spartito trovato su Internet. Quindi cominciò a imparare a suonare a orecchio. Ascoltando, canticchiando, ascoltando ancora e suonando, imparò hit underground come "Today" dei 67, una crew di rapper di Londra sud. Così facendo, stava diventando un pianista diverso dalla norma, aprendosi un portale verso il mondo delle scale e dell'improvvisazione.

Dave non poteva, però, uscire di casa molto facilmente. Era il più giovane di fratelli: uno era in prigione, e con il passare del tempo anche l'altro sarebbe finito in carcere. La sua famiglia decise che con lui non poteva succedere la stessa cosa e quindi, tra i 13 e i 16 anni, condusse una vita protetta. La sua tastiera era una via di fuga, ma fu grazie al rap che Dave poté cominciare a sfogarsi. Quando finalmente, nel 2016, si è fatto un nome tale da venire considerato uno dei giovani prodigi più promettenti della scena inglese, non è stato per le sue abilità al pianoforte; è stato per i suoi schietti freestyle che esploravano vulnerabilità che avrebbero messo a disagio la maggior parte degli altri MC di Londra.

Uno dei suoi primi freestyle con tutti i crismi venne pubblicato da Blackbox, un canale YouTube di rap britannico, nel 2015. Dave guardava dritto in camera in una stanza affollata con le luci basse, e parlava di come ci si sentiva a essere giovani e circondati dalla violenza, a vedere la faccia di suo fratello sul giornale, e a guardare negli occhi di sua madre per rendersi conto che non avevano dentro la minima traccia di vita. E raccontava di quella volta che la macchina di famiglia si è rotta mentre stava andando a trovare i suoi fratelli in prigione, e ammetteva i suoi stessi esaurimenti nervosi. "Non sono nato in una famiglia divisa / È stato il sistema a venire a dividere la mia famiglia", rappava. " E ora i miei fratelli sono in una cell-ula, come cromosomi".

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Guardarlo è affascinante, ma viene anche naturale preoccuparsi per lui. È stranamente ironico che i suoi doni, un'anima lirica d'altri tempi e abilità virtuosistiche al pianoforte, siano probabilmente i frutti dolceamari di un'adolescenza dolorosa, passata in isolamento.

Nel 2016, Dave ha pubblicato il suo EP di debutto, Six Paths. Anche se "Wanna Know" sarebbe diventata la sua prima vera hit (Drake l'avrebbe remixata e inserita in More Life), il pezzo forte dell'EP era "Picture Me". È una rappresentazione assoluta di Dave, con il suo beat hip-hop attraversato da orchestrazioni in puro stile Zimmer. È pervasa da una certa saggezza ma anche da un senso d'ansia, non solo nel testo ma anche negli accordi di piano del beat, che Dave ha improvvisato in studio mentre componeva il pezzo. Molti ascoltatori hanno immaginato che le parti di piano fossero state composte da qualcun altro, da quanto erano ricche. Nella sua prima performance in televisione, trasmessa su BBC1, lui ha messo fine a qualsiasi congettura: ha suonato "Picture Me" dal vivo, a un pianoforte a coda, sotto lo sguardo di musicisti esperti come Paul Weller, i Little Dragon e gli Alt-J.

Quella performance risale alllo scorso maggio. Ora, Dave ha 19 anni. Secondo il ranking delle Royal Schools of Music, l'istituto a cui è affidata l'organizzazione degli esami di strumento nel Regno Unito, è al settimo livello—a uno di distanza dal grado maggiore. La scorsa estate ha preso la patente, e ha voluto fortemente prendere la macchina per venire a incontrarmi in uno studio di Londra ovest in un giorno di metà agosto. Quando è arrivato ha parcheggiato con attenzione la sua macchina, uscendo e rientrando più volte dal posto fino a ritenersi soddisfatto.

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Ci mettiamo a sedere in una delle sale di registrazione, e accanto a Dave c'è una tastiera staccata. Indossa una maglietta bianca immacolata e una felpa nera aperta che va quasi a nascondere un cappellino da baseball camo. Mentre parliamo, si gira verso la tastiera per farmi vedere un po' di complicazioni che ha incontrato nei primi momenti in cui suonava al pianoforte—mi fa vedere come funzionano gli arpeggi, e mi suona il breakdown di "Passion" dalla colonna sonora di Kingdom Hearts II. Le sue dita svolazzano come uccellini in estasi.

Dave è stanco. Quando parliamo di orchestrazioni e produzioni, è come se il peso del mondo gli venisse levato dalle spalle, una possibilità di respirare. Ma quando gli parlo in modo più generale della sua carriera, è come se sui suoi occhi calasse una nuvola grigia e pesante. Si toglie il cappellino, ci giocherella, e poi se lo rimette.

Dopo il successo di Six Paths, Dave ha avuto diversi singoli di successo ("Wanna Know [Remix]," "Tequila," e "Samantha"). Attorno a lui si sta espandendo una galassia di aspettative—non attiri l'attenzione di Drake se non c'è qualche altro milione di occhi da coinvolgere. Non si tratta più di suonare solo per passione, di buttare giù pezzi di Rihanna assieme a Kyle, in classe con Miss Fortly.

Dave mi parla senza interruzioni per quasi quattro minuti delle pressioni che il fare musica ti mette addosso—di come produrre canzoni che piacciano sia a lui, che ai suoi manager che ai suoi fan più fedeli, di come metterci dentro una storia che l'ufficio stampa possa usare per promuoverle, di come scrivere ritornelli per le radio, e di come avere abbastanza appeal commerciale così da poter pagare tutte le persone coinvolte alla fine di ogni settimana. "Improvvisamente", mi dice, "ti rendi conto che non stai facendo più musica per te stesso".

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Dave sente la sua reputazione di scrittore come un fardello. Secondo lui, credere che scrivere musica sul proprio dolore sia un processo catartico è un'idea sbagliata molto comune. "Metterti in una situazione in cui devi pensare a quell'infelicità, provarla di nuovo, inserirla in una canzone e poi riascoltare ancora e ancora cantare di quanto sei infelice". Si prende una pausa. "Non è la cosa più bella di sempre".

Dopo il mio incontro con Dave, chiamo Fraser T. Smith. È uno dei produttori più prolifici del Regno Unito, e ha lavorato con Kano, Adele, Sam Smith, i Gorillaz, Plan B, e Stormzy—oltre che con Dave, fin dal primo giorno. È stato lui a comprargli la sua prima chitarra e ad averlo selezionato per la sua apparizione su BBC1. Ha anche suonato con lui dal vivo per quella performance, e ha lavorato al suo secondo EP, che è fuori ora. Non lo potevo ancora ascoltare in quel momento, ma Dave mi ha assicurato che era molto diverso da tutto quello che aveva fatto fino a quel momento: era sintetico, sognante e surreale. Se fosse un colore, sarebbe blu, mi ha detto—un blu violento. Si intitola Game Over.

"Si mette un sacco di pressione addosso", mi dice Smith. "Quindi ho provato a fargli capire che è più un musicista che un artista, dato che penso che possa essere molto solitario credere altrimenti". Mi dice che quando Dave scrive i suoi testi scompare dallo studio per giorni e giorni, sbattendo la testa contro ogni barra, provando e riprovando ogni singola parola. Quando torna, chiude l'intera canzone in due o tre take, e poi la migliore viene usata. "Quella che vedi in studio è una vera performance", dice Smith, "ed è una cosa piuttosto incredibile".

Alla fine dell'intervista, ho chiesto a Dave quanto gli ci è voluto a imparare a rappare e suonare il piano contemporaneamente. "Un sacco di tempo", mi ha risposto. Ma quanto, esattamente? "Circa due settimane".

Valeva la pena chiederglielo, perché se c'è qualcuno che suonerà il pianoforte dal vivo ai suoi concerti e quando andrà in TV o in radio, quel qualcuno dovrà essere lui. Sì, potrebbe trovare un milione di pianisti che potrebbero farlo—e potrebbero anche essere più bravi di lui—ma nessuno sa suonare quegli accordi come lui. Perché in quegli accordi c'è tutto quello che ha passato e tutto quello che sta provando a dire. Ogni pressione e ogni dolore, ogni realizzazione e affermazione. È qualcosa di crudo, grezzo e naturale. "Per me", mi ha detto, "è così che deve essere una performance".

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