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Tecnologia

L'architettura del futuro di Xavier Vilalta

E se l'architettura del futuro fosse da ricercare nel passato?
Immagine: via

L'architettura è l'arte plastica per eccellenza che deve includere in sé l'essere umano. Progettare un edificio significa tenere conto una serie di fattori strutturali, funzionali ed estetici, ma soprattutto pensare agli eventuali abitanti o visitatori che ne faranno il loro spazio vitale—o che semplicemente ci passeranno davanti ogni giorno.

Xavier Vilalta è un architetto che vive a Barcellona e che ha le idee molto chiare in fatto di architettura e innovazione. La sua filosofia, di cui ci parlerà sabato 14 novembre a TEDxYouth@Trastevere, è fondata su un'integrazione il più possibile armonica tra passato e futuro, tecnologia e tradizione.

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Paradossalmente, nel periodo storico in cui si può volare da un continente all'altro a prezzi stracciati e in tempi risibili, secondo Vilalta è necessario che un buon progetto tenga conto della sostenibilità e dell'integrazione con le tradizioni locali. Se il valore dello spazio architettonico in sé è rimasto invariato nel tempo, le esigenze a esso legate sono diventate via via più complesse: nel Ventunesimo secolo la ricerca dei materiali, il rispetto dell'ambiente e delle persone che ci vivono sono vitali per costruire gli edifici che faranno parte del nostro futuro.

Il progetto del Tirvia Hotel, sui Pirenei spagnoli. Immagine: via

Motherboard: Cosa significa essere un architetto nel 2015?

Xavier Vilalta: Siamo agli inizi del Ventunesimo secolo e l'architettura sta vivendo la sua era post-postmoderna. Noi architetti siamo ancora influenzati dai movimenti moderni, e la nostra arte si è evoluta attraverso l'uso di materiali all'avanguardia e di processi produttivi industrializzati, dando vita al cosiddetto stile moderno. Tuttavia, in questo momento storico c'è grande bisogno di tornare alle specificità locali, anche se per mezzo delle possibilità offerte dalla tecnologia globale.

In questo mondo globalizzato e digitalizzato in cui parliamo bene o male tutti la stessa lingua, mangiamo gli stessi cibi e indossiamo gli stessi abiti, guardare all'architettura con un approccio contemporaneo significa creare un qualcosa che appartenga veramente al luogo in cui viene edificata.

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I nostri progetti tengono conto anche degli elementi delle tradizioni locali, così da venire percepiti come un qualcosa di appartenente alle culture dei luoghi in cui si trovano.

La tua filosofia si basa sul rispetto per la natura… che metodo utilizzi di solito per riuscire a integrare armonicamente i tuoi progetti con il territorio circostante?

Seguo un approccio olistico. Inizio sempre analizzando le caratteristiche ambientali del luogo e le necessità tecniche del progetto, osservando il tutto da più punti di vista—facendo sì che l'architettura muova direttamente dalle caratteristiche locali, nel rispetto dell'ambiente.

Per raggiungere questo obiettivo progettiamo edifici il più autosufficienti possibili.

E per quanto riguarda le comunità locali?

L'architettura può avere il potere di rendere la vita comunitaria contemporanea più integrata con l'ambiente. Gli edifici devono essere sostenibili dal punto di vista sociale, economico ed ecologico. I nostri progetti tengono conto anche degli elementi delle tradizioni locali, così da venire percepiti come un qualcosa di appartenente alle culture dei luoghi in cui si trovano, migliorando il rapporto tra comunità, architettura e natura.

Dettaglio del Lideta Mercato, ad Addis Abeba. Immagine: via

Quanto è importante la ricerca sui materiali? Quali sono i materiali del futuro, secondo te?

I sistemi di costruzione e i materiali di edificazione sono cambiati di più negli ultimi 20 anni che nei 500 anni precedenti. La sfida attuale è quella di riuscire a sfruttare le innovazioni tecniche per agire nel rispetto dell'ambiente, utilizzando materiali locali ma integrando il tutto con le possibilità offerte dalla tecnologia.

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Qual è il tuo progetto di maggior successo finora?

Sicuramente il mercato Lideta di Addis Abeba. Si tratta di un progetto che ha raggiunto tutti gli obiettivi prefissati in termini di impatto sociale, profitto economico per i miei clienti, influenza sull'ambiente e capacità di integrarsi nel paesaggio.

Avrebbe potuto essere un centro commerciale come tanti, ma il design contemporaneo di questo edificio a più livelli sfrutta i principi dei mercati tradizionali. Il che ha avuto un impatto sociale considerevole.

L'architettura è stata concepita tenendo conto delle condizioni climatiche locali. Il rivestimento esterno e le decorazioni prendono spunto dai frattali geometrici che adornano gli abiti tradizionali delle donne etiopi. I visitatori possono beneficiare della protezione dal sole e dalle piogge oltre che di sistemi di illuminazione e ventilazione interna all'avanguardia. Gli abitanti della città non percepiscono questa costruzione come un qualcosa di alieno, ma come un qualcosa che gli appartiene. Inoltre l'edificio sfrutta l'energia solare per alimentarsi ed è quasi autosufficiente dal punto di vista energetico, il che costituisce una grande risorsa se pensate che ad Addis Abeba i blackout sono quasi all'ordine del giorno.

Come deve essere per te la città ideale?

Per me la città ideale è Barcellona. Le sue dimensioni, le proporzioni, i servizi, il clima, la posizione geografica, il dinamismo, lo spirito della popolazione locale… Potrei andare avanti a lungo con questo elenco, ma forse il suo aspetto più notevole è il piano urbanistico di Cerdà, probabilmente il migliore al mondo.

La città ideale del futuro dovrebbe essere costituita da una rete di quartieri in cui gli abitanti possono beneficiare degli aspetti positivi della vita nei piccoli centri, e allo stesso tempo dei vantaggi delle metropoli. Le varie zone della città dovrebbero essere interconnesse tramite una rete di trasporti all'avanguardia e indipendenti dal punto vista energetico.