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Musica

Le recensioni della settimana

Quali dischi ci hanno fatto esprimere delle opinioni questa settimana: Aphex Twin, Ketama126, Katy Perry e altri.

Noisey è cresciuto e non usa più le faccine col vomito, ma le recensioni restano sempre scritte da persone piene di problemi che non vogliono necessariamente essere prese sul serio.

APHEX TWIN
London 03.06.17
(Warp)

recensione review copertina cover album streaming mp3 2017 aphex twin london 3.6.17

Lo dico senza problemi: le ultime cose di Aphex mi facevano leggermente cacare. C'era roba fica, ok, ma sparsa in un insieme di manierismi da fuoriclasse senza segnare mai il gol a porta vuota da centrocampo. A parte il geniale EP Computer Controlled Acoustic Instrument del 2015, il nostro sembrava affogato nell'autoindulgenza, col sospetto non del tutto campato in aria che avesse un bisogno impellente di svuotare gli hard disk a tutti i costi. Stavolta invece ritroviamo il capoccione che tanto ci fece sognare prima di Drukqs, secondo chi scrive il suo primo passo falso con tutte quelle furbe stronzatine alla Satie: finalmente una roba svalvolata quanto rigorosa, in cui il detune la fa incredibilmente da padrone e sembra una rilettura futuribile di un glorioso passato che alla precisione di una rotta nell'oceano preferisce il perenne mal di mare. Che dire? Attendiamo tutti impazienti la prossima mossa del Maestro, che a giudicare dall'andazzo si prepara all'uppercut definitivo su tutte queste ultime "scenette" elettroniche che si sono già istituzionalizzate senza avere mai scritto un capolavoro che fosse uno. Mentre qui, amici miei, di capolavoro se ne sente l'odore (oppure è l'odore dei rivali che se la stanno facendo sotto? Staremo a vedere).
BENTORNATO CELLINI (DB)

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KETAMA126
Oh Madonna
(Asian Fake)

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Da quando il mio amico Giuseppe M. mi ha gridato "PPPANTANI PPPANTANI" nell'orecchio mentre ci trovavamo a un festival con una birra in mano e parlavamo dello stato del rap italiano, dico il nome del ciclista italiano più passione e sacrificio di tutti almeno tredici volte al giorno. Non che non avessi già gioito dell'interpretazione di Ketama, ma non mi ero reso conto fino a quel momento della potenza semantica della parola "Pantani." Ok che se fai rap è facile prendere un personaggio x e dire che fai cose come lui, è una delle consuetudini accettate del genere, ma non è scontato che la scelta suoni forte e convincente - in questo caso l'effetto è quello che fa, tipo, il "Tony Montana" di Future. Cioè una fotta esagerata, una sorta di airbag che scoppia alla prima "P" del cognome del Marco Nazionale. E se sono così preso bene da una sola canzone di questo album, potete immaginare quanto spacchi tutto il resto. Se vi piacciono il cloud rap, le punchline gag ("Odio dire te l'avevo detto / Ops, te l'avevo detto"? Cosa? COSA?), la depre come condizione esistenziale/ironica del rap contemporaneo ("Quando non c'è lei mi sento un po' depresso / Prestami il tuo ferro che mi sparo adesso / Sono un ragazzo triste"), la didascalicità utile a prova di scemo ("Non offendo le femmine / Parlo di rapper quando dico "troia," che era dai tempi del "Pace e amore per le tifoserie" di Enzino che non si sentiva una cosa così), la carbonara, la bandiera canadese e la cotoletta, questo sarà il vostro disco rap preferito del 2017.
M¥STER KETA (EA)

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PHOENIX
Ti Amo
(Glassnote)

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Ci sono due scuole di pensiero su questo nuovo album dei Phoenix. Da un lato quelli che lo trovano eccessivamente kitsch e dopo pochi secondi di pezzi che ripetono cose come "champagne or prosecco, Bonanza che bello, my Festival di Sanremo" si vogliono suicidare, e quelli che invece stanno al gioco, lo trovano estivo e divertente e si lasciano prendere da questi anni '80 da braccio fuori dal finestrino.
Io sono anche un tizio pacato, ma sarà che non è un singolo ma tutto il disco è così, sarà che recentemente un vecchio caporedattore del sito mi ha detto che con 'ste recensioni ci stiamo troppo rammollendo ma… che cazzo è sta roba che sembra scritta dall'ente del turismo di una cittadina balneare dell'Adriatico? Perché i Phoenix non tornano a fare dell'indie rock leggero ma decente che erano tra i pochi (e tra i migliori) a saperlo fare? Perché ormai 'sta cosa che chiamiamo indie deve avere per contratto i suoni da cantanti italiani pacchiani degli anni '80? Mistero, come cantava quello. Ciò che rimane è un disco veramente brutto, una barzelletta che non fa ridere di cui si fa molta fatica a arrivare alla fine - la seconda metà è davvero, davvero terribile, priva com'è anche del tiro o delle melodie che in qualche modo hanno sempre salvato i lavori dei Phoenix fino a qui.
LUCA TONI PEPPERONI (FS)

ANA_THEMA
The Optimist
(Kscope)

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Parlare degli Anathema ormai richiede una dissertazione da laurea specialistica: tredici album, un cambio di genere radicale coinciso con un altrettanto radicale cambio di concezione del mondo, una crescita esponenziale, continui rimandi, digressioni, un ex-membro che ha tirato fuori dal cilindro almeno altri tre progetti di valore e sicuramente sto dimenticando qualcosa. The Optimist, un titolo che suona quanto mai ironico e politicizzato per il periodo in cui è stato annunciato, è un altro pezzetto della storia delle famiglie Cavanagh e Douglas: lontano dall'emotività pura di quel capolavoro di Weather Systems, siamo dalle parti di un concept album che per raccontare la sua storia va a ripescare addirittura A Fine Day To Exit. Sedici anni dopo, gli Inglesi ripartono dalle coordinate della spiaggia di San Diego dove AFDTE si concludeva per raccontare le proprie speranze e paure attraverso un protagonista immaginario. E ne hanno molte, di paure, gli Anathema del 2017, e si sentono tutte: toni più cupi, un artwork che per la prima volta in tanti anni è dominato dal buio, le incertezze di una titletrack che canta di qualcuno in fuga (non a caso dagli States) per la propria vita… Non sarà il loro album più imprescindibile, ma questi signori sanno sempre come suonare terribilmente attuali e proprio non ce la fanno a sbagliare un colpo.
BREXITER REDENTO (AB)

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RANCID
Trouble Maker
(HellCat)

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Dai, quanto cazzo è bello che nel 2017 esca un nuovo album dei Rancid ESATTAMENTE IDENTICO a ogni altro album dei Rancid mai uscito nella storia? Le stesse voci roche, i cori da birreria, il pezzo ska—e in più la versione video su YouTube con la band che suona in playback dentro a un garage! Tim Armstrong ormai è praticamente Bernie di Weekend con il morto, un cartonato di uomo a cui hanno levato ogni accesso agli amplificatori da chitarra, un incrocio tra il Charles Manson di dieci minuti fa e GG Allin, ma con una dolcezza nel suo sguardo vacuo da senzatetto saggio dei film. Però davvero, se non ti dà un po' di gioia ascoltare queste stupide canzonacce di strada e vedere quelle quattro gran facce di cazzo continuare a fare sempre la stessa cosa con testardaggine e orgoglio (e raggiungendo risultati impensabili, vedi il concerto di stasera all'autodromo di Monza) allora vuol dire che la vita non ti ha ancora preso abbastanza a sberle.
…AND OUT COME THE LACRIME (GS)

POPULOUS
Azulejos
(La Tempesta)

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Questo sarà con ogni probabilità il mio disco dell'estate. Andrea Mangia se ne va in Portogallo per qualche mese e torna con un disco di cumbia digitale perfetto per i pomeriggi d'estate, fatto benissimo, pieno di luce, trascinante, ben studiato, ben calibrato, con la giusta proporzione tra canzoni e banger, della giusta durata per non rompere il cazzo e per far venire voglia di riascoltarselo tre volte di fila. Un disco dal respiro internazionale che speriamo verrà accolto con la giusta attenzione anche all'estero, perché davvero non c'è motivo per cui queste dieci mine (tra cui anche un featuring con Ela Minus e una produzione condivisa con l'amico Riva) non dovrebbero spopolare negli autoradio di tutto il globo. "Cru", cantata da Nina Miranda, è senza dubbio una delle canzoni più belle che potrete ascoltare quest'anno. Accattatevill', o anche solo premete play su quel cazzo di Spotify.
CONCEPITO A MADEIRA (FS)

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KATY PERRY
Witness
(Capitol)

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Non è un mistero, lo sanno tutti, che "Dark Horse" per me è un pezzo fenomenale, l'ho anche imparato a suonare al piano deliziando i miei vicini. Detto questo, a parte un altro paio di hook che negli anni la Perry è riuscita a farci entrare nel cervello, ci sembrava più brava a confezionare video eccentrici che brani degni di questo nome. In questo nuovo disco pare che Katy rivendichi il fatto di essere ormai una donna a tutti gli effetti, ma più che questo trascurabile particolare, si nota invece un suono che sembra più compatto, freddo ma caldo, utile ma inutile, elettronico ma pieno di pianoforti che ci stanno come il cacio sui maccheroni, perfettamente aderente a quello che il pop dovrebbe essere oggi a nostro avviso. La criticano per i testi un po' frescaccioni? E sticazzi, dai. Alla fine se me lo sento dall'inizio alla fine chiuso, con un caldo della madonna e le tapparelle abbassate, mi fa tipo da ventilatore, mi fa passare l'ansia, mi alleggerisce il peso di 'sti gabbiani di cinquemila chili che urlano a cazzo tutto il giorno volando attorno a casa mia. Vorrà dire qualcosa no? Forse che più si va avanti con l'età e più si torna indietro oggi come oggi in cui la gente a 50 anni si spacca di MDMA per la prima volta? Ebbene sì. Senza andare off topic, anche questo è pop ultramoderno. Poi Katy è dello scorpione come me, le perdono tutto per solidarietà di squadra.
ANCIENT YOUNGSTER (DB)

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SUFJAN STEVENS, BRYCE DESSNER, NICO MUHLY & JAMES MCALISTER
Planetarium
(4AD)

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Io amo Sufjan Stevens. Controllo quotidianamente la pagina Is this Sufjan Stevens song gay or just about God? con grande gioia, mi esalto quando se ne esce con i suoi commenti sullo stato delle musiche americane tipo ora che ha blastato Katy Perry per i suoi testi dicendo "Ah, e rompevate il cazzo a me quando ho scritto 'Tuesday night at the Bible Study', adesso lollo"—tra l'altro, tirando in mezzo "Casimir Pulaski Day" che è una canzone di quelle che se non vi viene voglia di andare a dire ai vostri cari che li amate e vi dispiace se non li avete cagati negli ultimi tempi avete un radiatore arrugginito al posto dei sentimenti. Ma fanboyismi a parte, siamo qua per parlare di Planetarium, che è la versione in studio di uno spettacolo sul nostro simpatico sistema solare composto qualche tempo fa dal dream team dell'indie americano che però fa anche classica contemporanea perché perché no insomma, cioè Stevens x Dessner il chitarrista dei National che non è Aaron x Muhly il pianista di New York con gli agganci e i progetti tutti fichi, con James McAlister che non sapevo chi sia prima d'ora ma a quanto pare fa il batterista turnista in un sacco di cose. In due parole: vi piace da matti Sufjan e non vi siete lacerati volontariamente la carotide per interrompere l'ascolto di "Impossible Soul"? E allora troverete altrettanti blip, blop, saltelli, rumoretti, schizzate d'archi e vocalizzi alla panna cotta tra le note di questo disco, e sarete molto felici. Altrimenti avrete solo un motivo in più per dire che il massimalismo ci rovinerà tutti. In tutto questo, però, ci sono momenti di pura bellezza espressiva—tipo gli estremi dell'album: "Mercury" e "Neptune," che ancora un po' fanno venire i brividi come "On the UFO Sighting" eccetera, piano e voce e due cosine orchestrali di quelle che ti fanno ricordare com'era piena di semplice bellezza senza sovrastrutture la tua vita prima dell'arrivo di XXXTentacion e della post-ironia.
SUFJAN SIEVEHEAD (EA)

HARVESTMAN
Music For Megaliths
(Neurot)

harvestman music for megaliths recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

L'ha rifatto. Quel comodino ambulante con la testa d'uovo di Steve Von Till l'ha rifatto. Non sono e non sarò mai il più grande fan dei Neurosis (pur riconoscendone il grandissimo valore, il grandissimo stile, la grandissima classe, eccetera eccetera eccetera), ma dove questi mettono mano finisce sempre con un mezzo capolavoro. Due anni dopo l'ultimo album a proprio nome, sette anni dopo lo split/tributo agli Hawkwind e la colonna sonora di H2Odio e a otto dall'ultimo full-lenght vero e proprio a nome Harvestman, Von Till decide di rispiegare a tutti cosa sia il drone. Punto. Music For Megaliths è un uomo che imbraccia una chitarra e facendo pochissime cose riesce ad esprimere tantissimi concetti. Senza quasi mai aprire la bocca (giusto qualche nenia sparsa, tipo in "LeVItation"), che va da sé che la chitarra e i più o meno quattrocento pedalini usati bastano e avanzano, questo arzillo quasi-cinquantenne sale in cattedra, tiene la sua lezione, lascia tutti a bocca aperta e se ne va, con il loop ancora lì, che non vuole saperne di spegnersi. Senza mai esagerare, senza mai eccedere, sapendo sempre dosare tempi e modi, Music For Megaliths riesce ad essere il macigno più leggero del 2017 - con buona pace di The Bug e Dylan Carson, che pure con Concrete Desert hanno fatto qualcosa di splendido. Psyfolkers del mondo unitevi, il maestro è tornato.
ANIMA A ZERO (AB)

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