‘The Infamous’ dei Mobb Deep riportò il pericolo a New York
Image by Lia Kantrowitz

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‘The Infamous’ dei Mobb Deep riportò il pericolo a New York

In un'intervista rilasciata in precedenza, Havoc e Prodigy (RIP) analizzano il loro epocale album del 1995.

I Mobb Deep si sono conosciuti durante una rissa a coltellate. È un dettaglio quasi troppo perfetto per essere vero—come se i Led Zeppelin si fossero formati durante un rituale di Aleister Crowley nella Terra di Mezzo o gli Smiths fossero stati presentati da un fiorista a una seduta spiritica per Oscar Wilde.

Ma Prodigy aveva incontrato per la prima volta Havoc nella primavera del 1991 fuori dalla scuola di arte e design di Manhattan a Midtown. Al suono della campanella delle 15, gli studenti invadono il marciapiede all'angolo tra la 57esima e la Seconda proprio mentre un brutto ceffo taglia l'Avirex di Havoc con un coltello a serramanico. Manca l'addome per pochi millimetri.

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"Poi Havoc è impazzito e ha fatto un culo così a quel negro. Così l'ho conosciuto."

Prodigy mi raccontò questa storia per un articolo sul ventesimo anniversario del loro capolavoro The Infamous. Non fu mai pubblicato per varie ragioni, ma sospetto che quella principale fosse la quasi impossibilità di scrivere di quell'album senza cadere in tristi cliché. Ci sono così tanti aggettivi a cui puoi ricorrere prima di "spettrale", "inquietante" o "tetro". Edgar Allan Poe non sarebbe stato in grado di superare Albert Johnson che ti minaccia di pugnalarti nel cervello usando il tuo osso del naso.

"Ci scontrammo in fila per il pranzo", Havoc rispose quando gli chiesi che cosa fece scatenare la rissa. "Sai, era un ragazzo della classe speciale, nel seminterrato. Ma era grosso e aveva quella forza… speciale… capisci cosa intendo? Non voglio usare quella parola, ma…"

"Intendi che aveva la forza da ritardato", intervenni io.

Dall'altra parte del telefono, Prodigy e Havoc scoppiarono a ridere istericamente.

Fu strano sentir ridere i Mobb Deep. Anche conoscendo la loro barra "I might crack a smile, but ain't a damn thing funny", per la maggior parte della mia adolescenza fui convinto che non avessero la capacità nemmeno di ghignare. Erano delle Monna Lisa dello sguardo cattivo, armati di scimitarra nelle foto promozionali, assassini dalla faccia da bambini travestiti da dèi del rap. Se gli avessi sparato, Hennessy sarebbe colato dalle ferite.

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Oggi sono più vecchio e meno ingenuo. Come i Mobb Deep quando li intervistai. Avevano già attraversato lunghi periodi in prigione, lottato con le case discografiche, un breve ma terrificante scioglimento via Twitter. Erano padri e fratelli, quarantenni, segnati dagli orrori che avevano passato ma anche artisti maturi con una reputazione da difendere e da arricchire.

"A questo punto nel mio cuore non ho più paura di affrontare nessuno", disse Havoc. Prodigy mormorò consenso. "Oggi sono più maturo e me ne andrei. Ma da ragazzino la mentalità era, chi se ne frega, andiamo".

È ancora più strano pensare al ciclo vitale di Prodigy ora che lui non c'è più. Era il più duro di tutti, con rime memorabili per dieci vite. Nonostante una battaglia perenne con l'anemia falciforme, il Crime Rhyme Houdini P sembrava immortale come un dio della morte.

Non ci sono risposte giuste alla domanda "qual è il miglior album rap di tutti i tempi", ma se dicessi che è The Infamous non sbaglierei.

I Mobb Deep hanno rappresentato perfettamente un'epoca, un luogo, un'estetica e un'attitudine. Se Nas era il poeta osservatore distaccato che disegnava metafore diaboliche di Queensbridge, i Mobb Deep portavano l'energia delle Timbaland che calpestavano scalini puzzolenti di piscio; erano il sudore sulla schiena, il colore terrificante del contorno disegnato col gesso, il cuore che batte sempre più forte, il rumore di una bottiglia rotta che rimbomba tra i vicoli, la fragranza del fumo di marijuana misto a quello della pistola. Erano anti-eroi, instancabili coniatori di slang, tenebrosi arbitri di vita e di morte sulla 41esima strada dell'universo.

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Non ci sono risposte giuste alla domanda "qual è il miglior album rap di tutti i tempi", ma se dicessi che è The Infamous non sbaglierei. Questa era la musica di quelli intrappolati e condannati dalle circostanze ma benedetti dall'intelligenza, dal dono della musica e del talento per l'osservazione per sfuggire a quel quartiere che assomiglia tanto al Vietnam.

Prodigy fu uno dei migliori autori ad avvicinarsi alle sedici barre. I suoi pezzi aprivano come mazzate alla tempia. Se metti tutti i suoi versi di apertura insieme, funzionano come un'autobiografia composta soltanto di frasi da tatuarsi o di suggestioni poetiche dall'inferno: "There's a war going on outside, no man is safe from. You can run but you can't hide forever; Ayo, Queens get the money long time no cash, I'm caught up in the hustle when the guns go blast; It all began on the street, to the back of a blue police vehicle, next come the bookings, the way things is looking; I open my eyes to the streets where I was raised as a man. And learned to use my hands for protection". Tanto per fare un esempio.

La sua influenza e la sua capacità di insultare sono inoppugnabili, ed è impossibile confonderlo con qualcun altro. Dopo la prima canzone, piazzano un "preludio" per minacciare i nemici di oggi e di domani. Prendeva per il culo i rapper con rime del cazzo su stronzate spaziali. Ci diceva di stare parlando soltanto per se stesso, cazzo, ma era superfluo. Migliaia ci hanno provato, ma nessuno ha potuto imitarlo con successo. Ha diramato fatwa con voce monotona da psicopatico, fumando rilassato una Newport e indossando un giubbotto antiproiettile.

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La mortalità non fu mai affrontata in modo così sfacciato e diretto. Biggie, nel suo album di debutto, rise, prese in giro e si inchinò alla prospettiva della sua prossima morte. In The Infamous, Prodigy e Havoc sono estremamente sicuri di sé; avrebbero derubato il tristo mietitore, decapitato il suo cadavere, poi l'avrebbero legato a un mattone e l'avrebbero gettato nell'East River.

Ogni canzone contiene un diverso epitaffio: fino alla mia morte, il mio unico obiettivo è restare in vita; non c'è amore, sembra che il diavolo mi abbia rubato l'anima; possono rinchiudermi per sempre ma non mi possono sgonfiare; sono attaccato a te con la realtà. E nonostante i processi e i drammi, non ci siamo mai staccati.

Quella che segue è l'intervista completa con Prodigy e Havoc riguardo a The Infamous—la musica rimarrà fino all'apocalisse, forse anche oltre. Speriamo ci siano scorte illimitate di pane, costine e centoni nell'aldilà.

Noisey: Cosa vi ricordate del periodo di preparazione a The Infamous?
Prodigy: Ricordo la sensazione di quando la Island ci ha mollati, ci ha spezzato il cuore. Perché ci avevano dato la possibilità di mettere al mondo un album. Di far sapere alla gente chi eravamo. Volevamo realizzare i nostri sogni e vivere di hip-hop, ma abbiamo fatto un passo sbagliato.

E così ci hanno annullato il contratto. Noi ci siamo detti "merda, yo, che cazzo succede?". Eravamo ragazzini quando abbiamo scritto quell'album. Non lo avevamo preso abbastanza sul serio, così ci siamo ripresi… siamo tornati in laboratorio e ci siamo lasciati ispirare dal resto dell'hip-hop che girava a quei tempi.

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Tipo cosa?
Nas aveva appena fatto Illmatic. "Protect Ya Neck", il singolo, era appena uscito. Anche il singolo "Method Man" era appena uscito. Ascoltavamo questa roba. È stato un periodo di riflessione che abbiamo usato per capire il prossimo passo da fare.

E prima di quel periodo che cosa vi influenzava?
Le nostre prime influenze. Quando stavamo scrivendo Juvenile Hell, ascoltavamo i Jungle Brothers, Big Daddy Kane, Rakim, Biz Markie, A Tribe Called Quest. Quella era la merda che ci ha fatto venir voglia di rappare. Ci dicevamo: "Cazzo, abbiamo scazzato, dobbiamo fare sta roba nel modo giusto".

Che cosa vi passava per la testa a quei tempi?
Era un po' imbarazzante per noi. Pensavamo di sapere cosa stavamo facendo. Avevamo fatto un album. Comprato catene e denti d'oro. Eravamo andati in TV. Pensavamo di star facendo tutto quello che serviva. Ma poi è suonata la sveglia e ci hanno mollati. Così siamo tornati ad ascoltare la musica che stava uscendo. Nas, Main Source, Biggie. Stronzi che facevano il vero hip-hop.

Eravamo imbarazzati dal fatto che il nostro primo tentativo di disco hip-hop non fosse all'altezza del resto della roba che girava. Avevamo paura di diventare un gruppo-barzelletta di cui tutti si sarebbero dimenticati. Quelli che hanno fatto un album che non valeva niente. Nel frattempo era pieno di gente che aveva successo e faceva hip-hop da paura. Dovevamo metterci sotto.

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"Eravamo imbarazzati dal fatto che il nostro primo tentativo di disco hip-hop non fosse all'altezza del resto della roba che girava. Avevamo paura di diventare un gruppo-barzelletta di cui tutti si sarebbero dimenticati."

Come?
Abbiamo guardato in profondità nelle nostre anime per creare qualcosa che potesse sopravvivere nel tempo. Volevamo scuotere il mondo—questo ci ha fatti impegnare più che mai.

Ci ha fatti diventare degli strateghi. Ci ha trasformati da ragazzini selvaggi a ragazzini strateghi. I beat devono spaccare tutto. Ogni parola sul beat dev'essere incredibile. I video devono essere incredibili. Questa è la mentalità con cui ci siamo messi nel progetto.

Ma non solo: non avevamo i soldi per permetterci i producer che volevamo. I producer davvero fighi. Nas aveva una produzione da paura. RZA spaccava tutto. Puff e Biggie stavano iniziando ad avere produzioni serie. E quindi, yo, visto che non possiamo permetterci questi producer pazzeschi, dobbiamo inventarci i beat. Che cosa possiamo fare di diverso nei testi e nelle canzoni?

Cosa pensi che abbiate cambiato?
Abbiamo parlato della vita vera. La roba che succedeva davvero: i drammi, gli alti e i bassi, i positivi e negativi. Cerchiamo di mettere un messaggio reale nella nostra musica. Quello che succede nel quartiere. La nostra prospettiva sulle cose.

Abbiamo cominciato a fare i nostri beat e a prendere davvero sul serio i nostri testi. Abbiamo scoperto che avevamo un suono diverso da quello che si sentiva. Il nostro stile di vita, quello con cui siamo cresciuti, nessuno ci arrivava vicino. Nas faceva un buon lavoro, ma finiva lì.

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Abbiamo cominciato a scrivere pezzi come "Shook Ones" e "Survival of the Fittest" che spiegavano il nostro quartiere, ma più che altro le nostre vite private. Il dolore della mia malattia o il modo in cui affrontavamo la merda che succedeva nelle strade.

Una volta fatto questo, portavamo le canzoni fuori sul blocco a QBC o Hempstead e le mettevamo su una piccola radio. Non dicevamo a nessuno "ascoltate questo pezzo nuovo", facevamo partire la musica e osservavamo la reazione, così ci rendevamo conto di avere qualcosa di valido. Venivano da noi e ci dicevano "cos'è 'sta roba? Spacca. Chi ha prodotto questo beat? Hai sentito cos'hanno detto Havoc e P?" Ci faceva sentire bene. Eravamo sulla strada giusta e così l'abbiamo mantenuta.

Com'è arrivato il contratto con la Loud?
Le nostre prime canzoni erano con Matty C, e casualmente lui aveva appena firmato un contratto come A&R con questa nuova compagnia chiamata Loud. Non lo sapevamo nemmeno quando gli abbiamo dato le nuove canzoni. Così lui fa "vi farò sapere presto". Ha preso la nostra musica, l'ha portata da Steve Rifkind e gli ha detto: "Ehi, questi vengono dal Queens. Non gli è andata tanto bene finora, ma ora hanno rifinito il loro stile e si meritano una seconda opportunità".

Steve ha chiesto di incontrarci immediatamente. Siamo andati, abbiamo valutato la sua offerta e la sua idea per il disco. Aveva appena preso i Wu-Tang, ma non aveva niente tipo noi—gente di strada. Steve ha capito subito. "Cosa devo fare per farvi firmare?", ci fa. E noi ci siamo detti: "Ce l'abbiamo fatta, abbiamo una seconda opportunità".

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Più o meno nello stesso periodo avevamo parlato anche con Puffy dopo avergli fatto sentire la nostra nuova musica, ma abbiamo accettato la proposta di Loud e messo da parte un po' di soldi.

Da quel punto in poi che direzione avete preso?
A quel punto abbiamo un nuovo contratto, una nuova prospettiva su come fare musica e su cosa rappresentano i Mobb Deep. A quel punto entriamo in studio e ci rifiutiamo di fare gli stessi errori dell'altra volta. Non saremmo stati gli zimbelli del quartiere. La gente diceva: "guardate Nas, voi fate schifo".

Non sarebbe più successo. Avevamo la passione per non perdere e la passione per il successo. Questa era la nostra mentalità. Quando ascolti quell'album, è questo che senti. Avevamo una storia da raccontare. Non è la storia di Nas. È diversa.

"Non saremmo stati gli zimbelli del quartiere. La gente diceva: "guardate Nas, voi fate schifo". Non sarebbe più successo."

In che cosa eravate diversi?
Eravamo i più giovani e i più pazzi ragazzi del quartiere. Il suo stile era più rifinito e intelligente. Anche se avevamo più o meno la stessa età, Nas sembrava molto più vecchio di noi. Non copiavamo il suo stile; avevamo un sound totalmente diverso a livello di beat. Abbiamo fatto una musica molto oscura e dei testi che si accordassero alla componente sinistra della musica.

Com'era Hempstead quando eravate ragazzi?
Hempstead è un quartiere di periferia. Ci sono case con giardino e alberi. Sembra un bel quartiere, ma proprio nel mezzo ci sono le case popolari. È un quartiere borderline. Hempstead è al confine tra povertà e milionari. È il quartiere di Long Island più vicino al Queens.

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Quando la mia famiglia si è trasferita a Hempstead negli anni Sessanta era una delle prime famiglie nere. Una volta era un quartiere di bianchi. Ma i bianchi se ne stavano andando e i neri coi soldi cominciarono a trasferirsi lì. Quando avevo tipo 13 o 14 anni, Hempstead era già tutta nera, e decisamente più povera. Nel periodo in cui stavamo lavorando all'album The Infamous, Hempstead sembrava un quartiere fantasma. Il centro era vuoto. Si vedeva che una volta era stato a posto, ma poi era successo qualcosa.

Qual è il tuo ricordo più vivido di Queensbridge?
Havoc: Quanta droga c'era. Tante mamme o famigliari dei miei amici c'erano sotto col crack. Molti ragazzi della mia età venivano arrestati per droga. C'erano sparatorie e robe del genere.

In che modo pensi che vi abbia condizionati questo ambiente?
Ci ha colpito molto da vicino, tanto che uno dei nostri, mio fratello, finì latitante perché accusato di omicidio. Alla fine ha vinto il processo, ma il fatto che si dovesse nascondere e non potesse vivere l'esperienza del disco ci ha colpito molto. Se ascolti "Temperature Rising", quel pezzo parlava direttamente di questa situazione. Parlavamo della vita vera.

Prodigy: Quando dico "I'm only 19 but my mind is old"—a quei tempi, quando ho detto quella frase, avevo 18 anni. Nei miei testi cercavo sempre di stare avanti due giorni. Lo facevo per far sembrare che fossimo avanti rispetto ai nostri tempi—quasi una capsula temporale. Non era mai stato fatto prima.

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Quello è uno dei miei versi preferiti nella storia del rap. A che cosa pensavi quando hai scritto quel testo?
Quello che intendevo era che, con tutta la roba che avevo passato nella mia vita—tra l'anemia falciforme e il resto—ero stato costretto a crescere velocemente. Dovevo saper affrontare il dolore, le strade, la vita selvaggia. Ti fa pensare da adulto e ti fa prendere decisioni da adulto ed essere molto più maturo della tua età. Ne avevamo passate moltissime. A 19 anni mi sembrava di averne 40.

In che cosa siete diversi oggi rispetto a quando eravate teenager?
Havoc: Io mi sorprendo da solo a pensare a tante cose che ho visto e che ho fatto vent'anni fa. Perché una buona metà non le farei oggi. Mi stupisce pensare di aver avuto quel coraggio. Se fossi caduto vittima di quelle cose, non staremmo parlando oggi. Riconosco quella persona, ma non è l'Havoc di oggi.

Prodigy: Se ripenso a tutte le cose che ho fatto quando ero giovane mi dico wow, eravamo davvero soltanto dei ragazzini che si godevano la vita.

Che cosa scatenò il beef con 2Pac?
In "Survival of the Fittest" dicevamo: "Thug Life we still living it". 2Pac stava promuovendo la sua Thug Life. Quando ha detto quella cosa e ha iniziato a spingerla, forse non si era reso conto che quello slang l'avevamo inventato noi. Dicevamo thug life perché era l'unico modo per descriverci.

Non volevamo dissare 2Pac. Non avevamo alcun problema con 2Pac. Ci piaceva la sua musica. Ma penso che si sia offeso. Ciò detto, non è proprio lì che è iniziato il problema, ma da lì c'era questo seme piantato nella mente di Pac.

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I veri problemi sono iniziati quando Snoop ha fatto "New York New York", in cui buttava giù i palazzi. Noi ci siamo offesi. Tu che calpesti New York e distruggi a calci i palazzi di Queensbridge?

Così abbiamo fatto "LA LA" per difendere il nostro stato e il Queens. Quando l'abbiamo fatto, 2Pac aveva appena firmato per Death Row e stava lavorando al suo album, così quando l'ha saputo ha detto "ci penso io". E per coincidenza, lui e Biggie avevano un beef allo stesso tempo.

Com'è iniziato il rapporto con Q-Tip (che ha mixato e prodotto varie canzoni di questo album)?
Quando Havoc e io ci siamo conosciuti e abbiamo fatto il primo demo, spesso marinavamo la scuola e ci piazzavamo davanti alle etichette discografiche i cui indirizzi leggevamo sul retro dei dischi. Andavamo già a scuola a Manhattan, quindi ci piazzavamo semplicemente davanti a Def Jam. Sicuramente avremmo incontrato qualche rapper che usciva dagli uffici e gli avremmo detto: "Per favore, ascolta il nostro demo".

Alcuni ci dicevano "nah, non ho tempo". Ma Q-Tip si è fermato, si è messo le cuffie e ha ascoltato qualche canzone. E ci fa: "Non è poi così male". Gli abbiamo detto che venivamo dal Queens e lui ci ha detto che ci avrebbe presentato un po' di persone.

"La nostra storia non aveva un suono carino."

Così siamo entrati nell'industria. Abbiamo conosciuto Chris Lighty quel giorno. Chris lavorava con Rush Management a quei tempi, quindi tramite lui abbiamo conosciuto altre due o tre persone e abbiamo iniziato ad andare a eventi vari. Tal dei tali fa una festa stasera. C'è un talent show in quel tal locale. Abbiamo iniziato ad avere informazioni da addetti ai lavori.

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Dopo il contratto con la Loud, abbiamo pensato di contattare Q-Tip per fargli fare qualche beat. Lui ha accettato e ha fatto qualche traccia. Siamo andati a casa sua, ci ha fatto sentire un po' di musica, poi ci ha fatto fumare qualche canna e ci ha aiutato con i dettagli di alcune cose. Poi veniva al mixaggio e ci dava consigli, tipo cambiate il rullante, cose così.

Che cosa avete fatto coi beat per dare loro quel feeling sinistro o quel tono che si adattava al mood dei palazzi?
So soltanto una cosa: quando Havoc faceva i beat, usava un sacco di campioni sporchi, in cui si sentiva il fruscio del disco. Sentivi quello sfrigolio, quel "pop". Era anche questa roba a dare ai beat quel suono sporco.

Havoc: Era semplicemente il nostro umore. Il suono era il prodotto del nostro ambiente. Era oscuro. La nostra storia non aveva un suono carino. Era una storia avvincente… ma anche davvero fuori di testa. Se non venivi da quella zona, ti sarebbe venuto da chiederti "cazzo, questi poveracci attraversano tutta questa roba così giovani?"

Per la produzione ho semplicemente seguito Large Professor e Primo e imparato ad arrangiare certe batterie e farle suonare come volevo. Non ho fatto troppe domande.

Prodigy: È stato il matrimonio perfetto—l'ambiente da cui venivamo, i suoni che venivano dal nostro cervello e i testi. Era la nostra vita; un botto di dolore. C'era un sacco di negatività nell'aria, zero speranze, cuori spezzati. Volevamo sopravvivere e fare soldi.

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Sono stato in ospedale tutta la vita, sempre vicino al letto di morte… sentendomi come se non ce la potessi fare. Quando Havoc ha fatto questi beat così cupi, ha fotografato come mi sentivo. Era perfetto per il mio umore, per la mia attitudine. Era l'atteggiamento che avevo di fronte alla vita. Non me ne fregava un cazzo. Tanto prima o poi devo morire.

Di quali sostanze avete abusato durante il processo di creazione dell'album?
La prima cosa che mi viene in mente è il St. Ides. Olde English, varie doppio malto. Crazy Horse. Red Bull. Hennessy. E&J. Seagrams Gin. Un sacco di birra e superalcolici.

La droga ti dà uno stato mentale alterato, buono o cattivo. Sono sicuro che avesse qualche tipo di influenza. Ma per quanto riguarda "Drink Away the Pain", mi trovavo al parco una sera a Long Island e ci stavamo bevendo le birre sui trapezi, sparando stronzate, e io ho iniziato un freestyle. Non lo faccio mai. Faccio schifo con il freestyle, ma ho cominciato a lasciarmi andare e mi è saltato fuori questo verso: "I used to be in love with this bitch named E&J", ed è finito per diventare un verso della canzone.

Il disco è stato sicuramente influenzato dall'alcol. Ci siamo fatti anche un sacco di blunt. Ma perlopiù stavamo coi piedi per terra. Niente merda intrippante o psichedelica.

"Non c'era niente come Nas, Mobb Deep e Wu-Tang. Abbiamo creato quel genere di musica. Quell'epoca è stata immortalata dalle nostre creazioni."

La nostra musica si basa sulla realtà del quartiere. Non ci potevamo permettere di essere degli idioti se volevamo sopravvivere a quei tempi. Eravamo molto maturi e facevamo in modo che i nostri testi avessero senso. Non parlavamo di certe cose per fare i fighi. Volevamo che la gente capisse delle cose sul serio.

Puoi applicare "Survival of the Fittest" a ogni parte della vita. Anche se si tratta della facoltà di Medicina, non puoi laurearti se non hai la forza di sopravvivere.

Secondo voi come mai la vostra musica è diventata così immortale?
È perché parla della realtà. Lo chiamiamo reality rap. Cercavano di etichettarci come gangsta rap, ma noi abbiamo creato la nostra etichetta. È reality rap. Questa merda succede davvero. Questa merda è quello che viviamo davvero.

Penso che questo sia un punto fondamentale. La gente riesce a ritrovarsi in questa musica. A quei tempi, non c'era niente in giro come quello che facevamo noi. Non c'era niente come Nas, Mobb Deep e Wu-Tang. Abbiamo creato quel genere di musica. Quell'epoca è stata immortalata dalle nostre creazioni.

Quando la gente ripensa alla propria gioventù, quelli sono i loro ricordi. Pensano: "Mi ricordo che quando abbiamo fatto questa cosa stavamo ascoltando 'Shook Ones'. 'Temperature Rising'? Sembra scritta da me, mio cugino sta passando gli stessi guai".

Ma poi ci sono anche ragazzini di 16 o 17 anni che ci si ritrovano. È perché è la realtà. È come la musica soul. Crea una connessione.

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