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Musica

Recensione: Smokepurrp – DEADSTAR

Un album onesto il cui problema più grande è quello del SoundCloud Rap: i testi scadenti. Ma a nessuno sembra importare poi tanto.

Molte delle cose che posso dire di DEADSTAR sono le stesse che ho detto per Lil Pump, il primo tape ufficiale pubblicato dall'amico di merende del nostro Smokepurrp. Cioè che siamo di fronte a un album dal contenuto molto risicato, di cui ci troviamo a parlare non perché sia particolarmente più bello di altri album rap usciti quest'anno ma perché espressione discografica di un fenomeno sociale—cioè la fandom. Proprio come Lil Pump, con cui si esibisce spesso assieme a nome Gucci Gang, il diciannovenne Smokepurrp si è costruito una carriera a forza di pezzi grezzissimi caricati su SoundCloud e follower macinati su Instagram. E dopo milioni e milioni di stream eccogli recapitato sulla porta di casa un contratto con Alamo Records, la nuova etichetta di Tom Moscowitz: un tizio che ha co-fondato la 1017 Records assieme a Gucci Mane e ha gestito fino a poco fa nella 300 Entertainment di Lyor Cohen.

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Il che potrebbe giustamente essere considerato un riconoscimento alle abilità di Smokepurrp. Ma non nel senso tradizionale del termine: il piccolo Purrp, infatti, è stato bravo non a scrivere un gran disco rap ma a trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Ha cavalcato l'onda del SoundCloud rap proprio mentre il grande pubblico, spaparanzato sulla spiaggia del mainstream, stava cominciando a vedersi all'orizzonte, con i suoi meme infettivi e la sua aura di mistero condiviso da una comunità iper-appassionata. Ora, semplicemente, coglie i frutti dall'albero rigoglioso di soldi che gli è cresciuto in giardino.


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I meriti di DEADSTAR sono soprattutto di Ronny J, produttore che si è occupato di buona parte delle musiche dell'album e ha dato un senso ai vuoti slogan di Purrp costruendoci attorno un suono interessante. Le sue sono produzioni buie e inquietanti, dai bassi iperdistorti come da tradizione del genere, che contribuiscono a far sembrare Purrp un matto di quelli che non capisci se siano degli adorabili guasconi o dei serial killer in potenza. Peccato che in certi momenti si scada praticamente nel plagio: "Audi." è IDENTICA a "Look At Me!" di XXXTentacion, dal suono al flow. I momenti migliori dell'album, però, sono quelli in cui Purrp lascia stare l'aggressività e si avvicina a forme più mormorate, ai limiti del cloud rap: "To the Moon", prodotta da Soundsbynova, e "Count Up", a cura di Harry Fraud, non sfigurerebbero nel catalogo dei Sad Boys; "Hold It", a cura di TM88, sarebbe adatta a sostenere i mormorii di Future.

Il vero problema dell'album restano i testi, come ormai è assodato per la sottocultura a cui si rifà. Ogni volta che Purrp azzecca un verso un po' divertente o interessante, ne butta dentro poi anche uno ai limiti dell'offensivo. "Bitch I'm good at math / All I do is add" è una bomba intraducibile (perché add sta per "adderall", un narcotico). "Mi sento un ebreo / Seguo i gioielli su di me tipo un ebreo", invece, è uno stereotipo idiota. Ma non importa, perché Purrp è il suo suono e la sua immagine. Non il suo contenuto.

DEADSTAR è uscito il 29 settembre per Alamo Records. Ascolta DEADSTAR su Spotify:

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