Musica

"Se non ti emoziono ho fallito": intervista a Ernia

Con il nuovo album 'Gemelli (Ascendente Milano)', Ernia ha trovato la sua dimensione nel rap italiano: lo racconta in questa intervista.
Niccolò Murgia
Rome, IT
Ernia gemelli ascendente milano intervista
Ernia, foto per gentile concessione dell'intervistato.

L’ultima volta che ho parlato con Ernia, stava per uscire Gemelli, il disco che lo ha consacrato nel novero degli artisti che hanno successo per davvero in questo gioco, con un riconoscimento da parte delle radio, della stampa e del grande pubblico. Nello scorso anno, “Superclassico” è stata dappertutto, usciva dalle casse delle auto di chi andava a fare aperitivo, l’abbiamo vista in tutte le playlist, qualche volta ce la siamo pure dedicata.

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Ma il successo che ha ottenuto è un successo in termini di risultato e anche di riconoscimento da parte degli altri artisti, l’allargamento di un cerchio il cui perimetro adesso racchiude più o meno tutti quelli che ascoltano musica in Italia, ma il cui primo raggio è stato lungo quanto i suoi fan più accaniti, che ne ascoltano le liriche come se fossero il Vangelo e che cercano disperatamente i sottotesti, a volte non capendoli.

Ernia è cambiato, in questo anno. Non è cambiato come pensate, però. Non è uno di quei cambiamenti bavosi e cliché del rap italiano da “non sei più quello di 68.” È un cambio invece pacifico, perché ho l’impressione che Ernia nell’ultimo anno si sia tolto un enorme peso dalle spalle, un tarlo maledetto che gli batteva in testa e gli diceva che il successo, quello assoluto, sarebbe dovuto arrivare e sarebbe dovuto arrivare modificando il proprio stile, anzi, perfezionandolo, smussando come un artigiano le parti più recondite della sua scrittura, verso un unico obiettivo: l’efficacia.

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La copertina di 'Gemelli (Ascendente Milano)' di Ernia, cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify

Questo è quello che traspare da ogni rima e ogni parola che Ernia butta fuori nella repack di Gemelli, che ha deciso di sottotitolare Ascendente Milano—ed è paradossale che questo sia successo in un anno in cui fondamentalmente è successo poco. Un anno fa, l’ultima volta che ho parlato con Ernia, abbiamo chiacchierato del suonare ai live, di quali pezzi avrebbero funzionato e quali invece sarebbero stati perfetti per la cameretta, e invece di live non se ne sono visti. Eppure Ernia di passi avanti ne ha fatti. “La mia vita privata è cambiata tanto, ho comprato casa. Ma poi non sono successe grandi cose, io quando penso all’anno scorso penso al 2019,” mi dice con una serenità quasi laconica.

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Neanche il tempo di riflettere su quanto mi ha appena detto, ed ecco Ernia cambiare marcia, un fiume in piena di parole e di spazi vuoti da riempire con le sue riflessioni: “Ci sono due motori nella scena: c’è il rispetto umano e c’è il rispetto dei numeri. Chi magari aveva solo il rispetto umano nei miei confronti, ora ha anche il rispetto dei numeri.”

Guarda Noisey Meets Ernia

Un rispetto umano e anche artistico che non ho mai pensato gli mancasse; del resto, una cosa che colpisce di lui sono le scelte di tracklist, come aprire questa repack con il nuovo “Lewandowski”. “Per quanto sia una saga molto fortunata, questi pezzi hanno una vita breve,” dice Ernia. “Non sono come, per esempio, ‘Superclassico’, che son sicuro che tra due anni mi diranno che non sono più quello lì.”

Storia diversa per “Scegliere Bene”, il pezzo a cui Ernia tiene di più del progetto, e “La Prima Volta”, ispirato, in pieno stile Ernia, a “Wet Dreamz” di J.Cole. “All’estero questi pezzi vanno bene, in Italia non c’è mercato per questi pezzi. Quando droppa J.Cole vende con pezzi del genere.” Effettivamente, anche in questa tracklist ci sono tanti pezzi diversi. Quello che mi ha sorpreso di più è “Dissing”, sulla prod. di Night Skinny e con il feat. dei 2Rari, due gemelli di Verona che rappano con una consapevolezza da sottolineare, che Ernia ha buttato in mezzo per dare fiducia a degli emergenti.

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Ernia ferma a guardare pinguini tattici nucleari

Screengrab dal video di "Ferma a guardare" (feat. Pinguini Tattici Nucleari), cliccaci sopra per vederlo su YouTube

Qualche giorno prima di sentire Ernia, ho beccato a Milano i 2Rari, che a vederli sembrano davvero due ragazzi normalissimi. Tommy e Ronny in realtà sono come il giorno e la notte. Il primo è estremamente vulcanico, una costante fucina di idee, di sguardi vispi e di voglia di muoversi. Ronny mi è parso più riflessivo e sull’attenti. In Colonne, tirano fuori una cassa Bluetooth e il primo pezzo a partire è “Tuscan Leather”, l’intro di Nothing Was The Same di Drake. Ronny mi dice che gli piace come switcha il beat, classico, troppo classico per due ragazzi della loro età (poco più di 20 anni) e assieme con i loro amici si mettono i cappucci in testa e muovono la testa a ritmo quasi scandendo ogni parola soppesata da Drake.

Quando ci parlo la sorpresa è doppia, mi dicono che loro, come Ernia del resto, sono della middle class, come se fossimo nella quarta di copertina di un romanzo di Jonathan Coe, e che se anche la strada l’hanno vissuta, non c’è bisogno di parlare solo e soltanto di strada, vogliono rappare e lo sanno fare bene. Ernia sottolinea come metterli nel disco sia per lui un riconoscimento a chi lo ha fatto esplodere per ben due volte, e farlo con il beat di Skinny, che ha creduto nella seconda rinascita di Ernia, è un bel segno.

E così, la conversazione va avanti in modo paradossale, perché se prima abbiamo parlato del nuovo ruolo di Ernia, sulle spalle dei giganti a confrontarsi con i grandi—e lui mi dice che non sarà mai come Marracash e Gué Pequeno perché, oltre al talento, loro hanno 15 anni in più di lui e con essi un bagaglio di vita vissuta già pieno—adesso parliamo degli emergenti. E se il giudizio sui 2Rari è netto, e mi dice che l’hanno colpito da subito, mi sorprende il coraggio che ha nel riconoscere le capacità di Rondo, la fotta di Vettosi e la capacità di scrivere di J Lord.

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Ma questa chiacchierata va così con Ernia, un viaggio in treno con lo sguardo al finestrino dove ogni frase è un nuovo stimolo, una finestra da aprire e da approfondire. Avessimo avuto dieci ore per parlare, son sicuro che sarebbero emersi nuovi temi, nuove strade da percorrere per capire uno degli artisti più particolari della scena italiana. Ma i temi fondamentali che sono emersi nella nostra chiacchierata sono due. Il successo reale e il successo percepito e la comprensione dello spazio di Ernia nel gioco del rap italiano: “Dopo Gemelli ho iniziato a semplificare. Se devo dire delle cose devono arrivare e se non ti emoziono ho fallito. A me non interessa fare rap pedagogico. Eppure pensa che la gente mi dice ‘adesso non fai più quei pezzi in cui critichi la società.’”

Chi è Vettosi?

Questa frase mi sembra subito fondamentale, perché invece io, questa critica, quasi una provocatoria sfacciataggine, la sento ancora anche nei nuovi pezzi di Ernia. Per esempio, in “Scegliere bene”, quando rappa sul fatto che il padre alla sua età si fosse sposato, non solo mi parla direttamente in quanto quasi suo coetaneo, ma lascia trasparire una forma di profondità che non deve essere per forza alternativa alla semplicità. Del resto, a me non è mai piaciuto quel rap impegnato nozionistico, quello che per forza deve non solo insegnarti qualcosa ma anche sottolineare che te lo sta insegnando.

Non penso che Ernia abbia mai avuto questa dimensione, ma il fatto che abbia problematizzato questa possibilità, in qualche modo gli fa scalare qualche rango di gradimento all’interno di me. E se l’anno scorso all’uscita di Gemelli, ho avuto la forte impressione di parlare con un artista, Ernia, che stesse cercando dentro di sé chi fosse veramente, questa volta sono sicuro di avere conosciuto Matteo, che dopo avere trovato sé stesso, ha trovato pure il suo posto nella scena.

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