Il mondo dopo il coronavirus
Illustrazione: Cathryn Virginia 
Tecnologia

Il mondo dopo tutto questo

Non torneremo alla "normalità" dopo il coronavirus. Ecco come le cose devono cambiare—per il meglio e una volta per tutte.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su VICE US. Per questo, parla di problemi intrinsechi alla realtà sociale e politica degli Stati Uniti. Abbiamo scelto di tradurlo in forma integrale ugualmente, però, perché riteniamo che fornire una prospettiva sugli effetti che la pandemia del coronavirus sta avendo sulla prima potenza mondiale sia molto importante per comprendere quali cambiamenti saranno necessari lì come in molti altri paesi, Italia compresa.

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Non ci sono indizi del pericolo che si nasconde fuori da casa mia, se non per l'inquietante assenza di persone. Le nostre vite sono tenute in scacco da un virus che è invisibile a occhio nudo, quasi astratto, eppure reale da far paura. Confrontate questo a tutti i modi in cui le nostre vite sono limitate dalle brutali regole, pagamenti e punizioni del capitalismo, tutte cose che ora si stanno mostrano come vere e proprie invenzioni che avremmo potuto cambiare in fretta e in modo sostanziale in qualsiasi momento—in altre parole, tutte cazzate.

La differenza è questa: non possiamo cambiare il fatto che un virus sta attaccando la specie umana. Possiamo invece cambiare il fatto che i capitalisti stanno attaccando la vita umana.

Dai tetti ai dati imposti arbitrariamente e ora sospesi dagli internet provider, ai divieti di sfratto, alle misure di protezione dei lavoratori implementate in un baleno, cose che finora ci erano state descritte come impossibili o infattibili, sono improvvisamente ok. E ora che le stime riguardo a quanto a lungo si protrarrà questo nuovo mondo di "distanziamento sociale", se per settimane, mesi o un anno intero, sta diventando sempre più probabile che, quando sarà tutto finito, non riusciremo a tornare alla "normalità" neanche se volessimo. Ma perché volerlo?

È chiaro che il capitalismo non è d'aiuto alla maggior parte delle persone quando ce ne hanno più bisogno. La società che abbiamo costruito su avidità, spreco e crudeltà non può sopravvivere al colpo relativamente moderato di un virus senza mietere un numero spropositato di vittime e devastare vite e corpi. Ciò di cui abbiamo bisogno con urgenza, ora e per la prossima crisi, è una società basata più su resilienza, solidarietà, previsione e compassione.

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In questo momento critico, dove tutto sembra possibile nel bene e nel male, dobbiamo immaginare come possano cambiare le cose e prevenire future catastrofi. Niente di buono è possibile senza uno sforzo di massa, e sarebbe ingenuo pensare che qualcosa accadrà “solo” perché è più che palese che possa salvare molte vite. Nessuno sa cosa ci aspetta, ma deve essere meglio di come è stato finora. Ecco come. — Jordan Pearson

Sanità universale e gratuita

La settimana scorsa, la politica Katie Porter ha interrogato Robert Redfield, direttore del CDC (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie), in merito al costo che una persona negli Stati Uniti priva di assicurazione deve affrontare per un tampone per il coronavirus: 1.331 dollari. Nel giro di cinque minuti, Porter ha spinto Redfield a invocare una legge federale che dà facoltà a lui solo di sollevare le persone dal costo del test. Il 13 marzo era già passata una direttiva per rendere il test gratuito, ma questa nuova manovra potrebbe essere usato anche per sollevare i costi di qualsiasi malattia per qualsiasi intervento—compresi tamponi, test, cure e persino trasporti. È facile pensare a malattie e spese mediche gravi che il CDC potrebbe coprire in massa, specialmente quando una malattia rappresenta una minaccia più per la comunità che per l’individuo.

Le misure inadeguate hanno ostacolato una pronta risposta alla pandemia in America, mentre nei paesi con accesso universale al sistema sanitario hanno fatto le scelte giuste: in Corea del Sud, per esempio, i test sono stati fatti su centinaia di migliaia di persone. Ma il costo e la disponibilità dei tamponi per il Covid-19 sono solo un sintomo dei problemi cronici del sistema sanitario americano e che ora il coronavirus sta solo rendendo più evidenti.

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Il senatore Bernie Sanders, candidato alle primarie democratiche, ripete questo ritornello da tempo: la sanità è un diritto umano: quando l’emergenza della pandemia sarà rientrata, potremmo e dovremmo confrontare il nostro sistema con quelli nel resto del mondo e cambiarlo per sempre. Questo non avrà solo un effetto sulle vite delle persone al punto che la società americana non sarà più la stessa, ma ci renderà anche più pronti a qualsiasi nuova crisi dovesse presentarsi in futuro. — Maddie Bender

Abolire le prigioni e l’ICE

Quando l’ICE [la Immigration and Customs Enforcement è l’agenzia responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell'immigrazione, accusata ripetutamente di violenze e discriminazioni del tutto ingiustificate, ndt] decide se detenere o rilasciare immigrati e richiedenti asilo, usa un algoritmo truccato che dà sempre e solo una risposta: detenere. Ora, nel mezzo della pandemia di Covid-19, decine di migliaia di persone che questo sistema ha spedito in centri di detenzione già sovrappopolati si trovano ad affrontare un virus che si diffonde rapidamente.

Gruppi come l’organizzazione per i diritti dei migranti Mijente sta chiedendo che l’ICE interrompa subito le incursioni e gli arresti, che sono facilitati da tecnologie fornite da aziende come Palantir, Dell e Microsoft. Anche in questo momento, l’agenzia continua a fare quello che fa sempre—arrestare persone fuori dagli ospedali, mentre fanno la spesa, e persino quando vanno a prendere i figli a scuola.

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Costringere le persone in centri di detenzione sovrappopolati e privi di misure igieniche, “aumenta il rischio di infezione; il che significa che l’ICE sta attivamente mettendo a rischio la salute pubblica nel tentativo di arrestare immigrati irregolari,” si legge in una lettera che Mijente ha mandato alle aziende. In altre parole, l’ICE è un pericolo per la salute pubblica.

Ma non è un problema solo dell’agenzia per il controllo dell’immigrazione. Nelle prigioni—che sono spesso a loro volta sovrappopolate, non igieniche e piene di persone accusate di crimini non violenti—le malattie si diffondono in fretta. E lo stesso vale per il nuovo coronavirus. Diversi esperti sostengono da decenni che l’intero sistema carcerario non è costruito per favorire la salute e il benessere dei detenuti. E ciò che succede dentro queste strutture si diffonde in fretta nelle comunità vicine.

Le autorità statali e federali sono sotto pressione per ridurre il numero di detenuti. Diversi stati tra cui Ohio e California hanno iniziato a rilasciare centinaia di persone per rallentare la diffusione della malattia, e alcuni procuratori si stanno rifiutando di perseguire capi d’imputazione non violenti. Ma alla fine dei conti, come esperti sanitari ripetono all’infinito, la struttura e lo scopo stessi delle carceri—e i poliziotti e i procuratori che le intasano di esseri umani—sono antitetici alla salute pubblica. Mai come ora è urgente donare ai fondi locali per le cauzioni e chiedere ai propri rappresentanti eletti di svuotare le carceri prima che si riempiano di cadaveri. — Janus Rose

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Proteggere i lavoratori

Nel mezzo della pandemia di coronavirus, un paio di aziende come Patagonia e R.E.I hanno fatto la cosa giusta e chiuso i negozi, continuando a pagare lo stipendio pieno ai lavoratori. Ma milioni di lavoratori della gig economy, lavoratori interinali o con contratti precari non sono stati altrettanto fortunati. Molte aziende, sperando di spremere profitti dalla corsa all’accumulo delle persone, hanno tenuto le porte aperte e si sono rifiutati di fornire tutele fondamentali ai propri lavoratori, come giorni di malattia pagati. Per dirne un paio: a nessun magazziniere di Amazon, autista di Uber e Lyft, dipendente di Whole Foods o commesso di GameStop e BestBuy è stato offerto un congedo per malattia (a meno che non risultassero positivi al tampone) e molti hanno continuato a lavorare nonostante fossero malati o ad alto rischio.

Una delle più grandi morali della pandemia è che per tutti i lavoratori deve essere possibile chiedere un congedo pagato per malattia (che non dovrebbe essere confuso con permessi pagati o giorni di ferie), congedo pagato per assistenza a familiari e avere copertura medica. Senza queste tutele, la sicurezza e la salute di tutti è a rischio, in particolare per i membri più deboli della nostra società. Diversi studi hanno dimostrato che pagare i lavoratori per stare a casa quando sono malati riduce significativamente i contagi per l’influenza.

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Ora più che mai è il momento di immaginare un mondo migliore per i lavoratori, di cui abbiamo visto un primo germe in queste settimane con l’espansione dei benefici del congedo per malattia. Sfortunatamente, però, è facile che le aziende che hanno esteso nuovi benefit durante la pandemia li annulleranno quando la situazione tornerà alla normalità.

Quindi, devono avvenire cambiamenti a livello sistemico per tutelare i lavoratori della gig economy, dei franchise, chi lavora a contratto determinato o interinale, e chi lavora nell’industria dei servizi. Per farlo, serve un movimento di sindacati massiccio e una classe politica disposta a lottare per questi cambiamenti in tutti i livelli di governo. — Lauren Kaori Gurley

Un clima più sano

All’inizio di questo decennio, molti ambientalisti hanno chiesto a gran voce che il 2020 fosse l’anno in cui tagliare finalmente le emissioni CO2. Ora, grazie a una pandemia globale, sta succedendo davvero in proporzioni che nessuno avrebbe mai immaginato. Ma non c’è niente da festeggiare.

La Cina, al momento il più grande emettitore di CO2 nel mondo, ha visto la sua impronta ridursi di un quarto a febbraio, mentre la nazione prendeva misure estreme per contenere il Covid-19, compreso ridurre drasticamente le attività industriali. In Italia, colpita duramente dal contagio, il consumo di energia elettrica e l’inquinamento atmosferico sono crollati nelle ultime settimane. Il settore aeronautico è in caduta libera e chiede interventi economici di salvataggio.

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Non c’è niente di buono nel ridurre le emissioni in questo modo. Anzi, se la crisi finanziaria del 2008-2009 ci insegna qualcosa, è che le emissioni di CO2 tornano a impennare appena il peggio è passato. Mentre le nazioni lottano per risanare le loro economie, gli obiettivi climatici potrebbero passare in secondo piano, specialmente se il prezzo del petrolio resta basso come è ora. Ma non deve essere per forza così.

Anziché far tornare tutto come era prima, i governi possono mettere il clima al centro dei piani di recupero economico. Piani di intervento futuri possono includere incentivi per le rinnovabili e per i veicoli elettrici, così come investimenti massicci in infrastrutture green. I bailout per chi inquina possono includere clausole sul taglio delle emissioni. Abbiamo fatto parecchie di queste cose anche nel 2009—il risultato? L’economia si è ripresa.

Ora come ora, la preoccupazione per il clima è in secondo piano rispetto alla crisi sanitaria. E va bene così. Ma non appena cominceremo a pensare a come ricostruire le nostre vite, abbiamo l’opportunità di farlo in un modo che prevenga ulteriori morti e sofferenze nel futuro. E sarebbe da stupidi non coglierla. — Maddie Stone

Connessione internet accessibile e veloce

Mentre milioni di americani si chiudono in casa per contenere il Covid-19, la banda non regge. Molte persone non hanno una connessione internet abbastanza stabile e tutti gli sforzi degli ultimi anni per eliminare qualsiasi protezione per i consumatori ha fatto sì che gli Americani si trovino facilmente vittime di abusi della privacy o frodi da parte dei provider. E i dipendenti delle aziende di telecomunicazioni non se la passano meglio dei clienti. Per decenni, associazioni dei consumatori, analisti ed esperti di telecomunicazioni hanno ripetuto che la rete a banda larga negli Stati Uniti non erano all’altezza. Studi recenti suggeriscono che circa 42 milioni di americani non hanno alcun accesso alla banda larga. I costi sono tra i più alti al mondo e molte persone semplicemente non possono permettersela.

Nel frattempo, la banda è comunque mediocre, ma i politici fanno di tutto per proteggere questo status quo. Gira che ti rigira, il bene pubblico è stato lasciato da parte per il bene del profitto delle aziende di telecomunicazioni.

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Mentre l’America si rende conto che una connessione veloce è un bene essenziale, qualsiasi giustificazione per la sua mancanza viene smascherata per la fantasia che è.

Le reti comunitarie, a lungo demonizzate e persino proibite dalla legge in molti stati, ora brillano di una nuova luce.

E come per tanti altri settori, questa pandemia terrificante crea l’opportunità per spezzare l’illusione dell’eccezionalismo e ricostruire sistemi interi tenendo in conto l'accessibilità e il bene comune. Mentre crollano i monopoli che hanno lasciato fin troppe persone disconnesse e vulnerabili. — Karl Bode

Distruggere lo stato di sorveglianza

Gli Stati Uniti hanno sfruttato l’11 settembre e la minaccia onnipresente del “terrorismo” in generale per giustificare lo stato di sorveglianza. Questo ha permesso di instaurare il Patriot Act, che ha dato autorità legale alla sorveglianza di massa dei cittadini americani alla NSA (National Security Agency). Ha anche portato alla militarizzazione delle forze dell’ordine locali e statali. Ora per esempio, ci sono carri armati nelle piccole cittadine e nelle grandi metropoli. Prima che il coronavirus colpisse, avevamo appena iniziato a criticare alcune delle misure eccessive del Patriot Act.

Questa pandemia non deve essere sfruttata per violare i diritti e le libertà civili e la privacy di milioni di persone. Già ora vediamo aziende di sorveglianza—molte delle quali senza controlli—offrire strumenti potenziati da software di intelligenza artificiale per individuare i contagiati. Israele e le aziende di telecomunicazioni israeliane stanno usando un database segreto di dati di geolocalizzazione utenti per tracciare chi è infetto e chi potrebbe essere entrato in contatto con quella persona, e alcune aziende americane hanno considerato di prendere esempio.

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La tecnologia deve, ovviamente, giocare un ruolo nella risposta al coronavirus, e mentre siamo nel mezzo della crisi, dobbiamo accettare cose che normalmente non accetteremmo.

Ma quando il peggio sarà passato, qualsiasi strumento di sorveglianza che sarà stato usato per rallentare la diffusione del virus deve essere cessato.

Non possiamo accettare di essere costantemente tracciati e monitorati dai governi e dalle grandi corporazioni come la nuova normalità. Decisioni su come e quando questa tecnologia è sviluppata e impiegata devono essere fatte con il consenso di chi sarà sorvegliato e queste decisioni devono essere prese in modo trasparente. Non dobbiamo, per esempio, lasciare che il governo sigli contratti enormi con aziende che presentano intelligenze artificiali non testate ed eticamente controverse. Quando usciremo dalla crisi, avremo l’opportunità di discutere del tipo di mondo in cui vogliamo vivere, e dobbiamo rendere chiaro che deve essere uno in cui la privacy è rispettata. — Jason Koebler

La ricchezza dei miliardari

Negli ultimi anni è diventato chiaro che molti dei problemi della nostra società sono causati dal fatto che pochissimi individui possono accumulare una ricchezza inconcepibile che potrebbe, se usata in modo altruistico, alleviare le sofferenze di letteralmente milioni di persone dall’oggi al domani. E dove sono ora i super ricchi, durante questa crisi sanitaria? Mandano i loro dipendenti a lavorare, mentre prendono un jet privato per il loro bunker di lusso, si fanno fare tamponi per il Covid-19 che le persone normali non possono permettersi, e cantano “Imagine di John Lennon dai loro bucolici paradisi.

È più che ovvio cosa bisogna fare se vogliamo avere qualche speranza di una società più resiliente: espropriare i loro beni e metterli al servizio di tutti. Non è più una questione politica, è sopravvivenza. — Jordan Pearson

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Trasporti pubblici funzionanti

Le agenzie e compagnie che gestiscono i mezzi pubblici hanno bisogno di finanziamenti e anche subito. Oltre 220 rappresentanti eletti, città e organizzazioni hanno firmato una lettera diretta al Congresso chiedendo quasi 13 miliardi di dollari in finanziamenti di emergenza così che le agenzie di trasporto possano continuare a fornire il proprio servizio a chi fa lavori essenziali, anche se il numero di passeggeri (e quindi di biglietti acquistati) è crollato. Finanziamenti del genere non sono una novità di per sé, ma sta tutto in come vengono erogati.

Come ho scritto di recente, il Congresso dà soldi alle agenzie di trasporti per costruire cose nuove o comprare nuovi treni e autobus, non per coprire i costi del servizio quotidiano. È così che avevano funzionato i finanziamenti durante la Grande Recessione ed è per questo che quasi tutte le città hanno dovuto tagliare sul servizio e licenziare autisti ma assumere operai e costruire nuove strutture. Quell’approccio non reggerà a questo giro, per cui evitiamolo subito.

È anche ora di far sì che i soldi federali paghino per il tipo di trasporto pubblico che le persone vogliono: frequente, affidabile, che va dove deve andare. Troppe cose non funzionano nel modo in cui il governo federale spende soldi nei trasporti pubblici di questo paese. A livello più fondamentale, non c’è mai stata una strategia ragionata su quali obiettivi si pongono questi finanziamenti (ridurre il traffico? Aiutare l’ambiente? Contenere i costi?) e come misurare il raggiungimento degli stessi.

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Il futuro economico non sarà clemente con questa industria, che è già in difficoltà normalmente. Nel frattempo, il Congresso dà precedenza a salvare le compagnie aeree e l’industria delle crociere prima di prendersi cura dei trasporti pubblici, per ragioni terribili e stupide.

Ma abbiamo un’opportunità: se il Congresso dovesse decidersi a considerare il destino di un settore che muove decine di milioni di persone ogni giorno, può farlo chiedendoci a cosa vogliamo che servano le nostre tasse e agendo di conseguenza. E le cose potrebbero migliorare molto in fretta. — Aaron Gordon

Diritto alla riparazione

Il coronavirus ha reso chiaro che le leggi sul diritto alla riparazione in America sono una cazzata. Prima del virus, gli agricoltori non potevano aggiustare da soli i loro trattori, e chi aggiustava un iPhone da solo rischiava di svegliarsi un giorno e scoprire che Apple aveva disattivato il suo dispositivo.

Ora, il diritto alla riparazione è diventato una questione di vita o di morte. Gli Stati Uniti non hanno abbastanza respiratori per colmare le necessità dei pazienti affetti da Covid-19. Per mantenere funzionanti i vecchi respiratori e altri dispositivi medici cruciali, i tecnici devono poterli riparare da soli. Ma come per gli iPhone, chi produce questi strumenti fa di tutto per impedirlo.

Anche davanti alla crisi in cui ci troviamo, le aziende manifatturiere tengono segreti i manuali di riparazione. Per rispondere alla richiesta di respiratori e pezzi di ricambio, le persone si stanno unendo online per condividere le istruzioni di soluzioni fai-da-te. L’azienda di riparazioni iFixit sta costruendo un database di manuali e informazioni per i dispositivi medici. E i dottori stanno condividendo tecniche rischiose, ma potenzialmente salvavita, per hackerare i respiratori e migliorare la capacità dei pazienti. In Italia, ci sono stati episodi di tensione e minacce di denuncia da parte di aziende manifatturiere verso un gruppo di persone che ha stampato in 3D le parti necessarie per alcuni dispositivi medici.

Non dovrebbero stare così le cose. Le persone devono avere la possibilità di ripararsi le cose da soli, specialmente quando si tratta di oggetti salvavita durante una pandemia. Non dovremmo contare su Elon Musk per produrre respiratori. Possiamo salvarci da soli. Il diritto alla riparazione si sta facendo largo negli Stati Uniti. Il virus ha reso evidente per tutti perché è tempo di trasformarlo in legge. — Matthew Gault

La scienza al servizio delle persone

Il Covid-19 non è il primo coronavirus pericoloso che incontriamo. Tra il 2002 e il 2003 un’epidemia di SARS, a sua volta causata da un coronavirus, ha ucciso centinaia di persone nel mondo. Per molti scienziati, era stata un’avvisaglia della potenziale minaccia di un ceppo virale capace di trasformarsi in pandemia.

Ecco perché un team guidato da Peter Hotez, rettore della National School of Tropical Medicine al Baylor College of Medicine a Houston e co-direttore del Children’s Hospital Center for Vaccine Development del Texas aveva sviluppato un vaccino per la SARS nel 2016. Il problema? Nessuna azienda farmaceutica o di biotecnologie era interessata a finanziare i test del vaccino sugli esseri umani. L’epidemia di SARS era ormai lontana dall’attenzione pubblica, e il vaccino non avrebbe generato profitti.

Questi buchi strutturali nei finanziamenti ai vaccini ci si sono ora ritorti contro, con conseguenze drammatiche. Il Covid-19 somiglia all’80 percento alla SARS, come ha sottolineato Hotez in una recente deposizione davanti alla Commissione per la scienza, lo spazio e la tecnologia della Camera degli Stati Uniti, ma siamo colti impreparati per la nostra stessa fissazione con “l’innovazione” e una mancanza di alternative pubbliche. Per come stanno le cose ora, ci vorranno almeno 12 se non 18 mesi per sviluppare un vaccino che possa essere somministrato in sicurezza alle persone.

“Il sistema è fortemente condizionato da parametri di innovazione per cui a volte—per esempio, nel caso di alcuni vaccini che usavamo, che sono basati su una tecnologia di proteine ricombinanti piuttosto tradizionale—non suscitano interesse nonostante siano un prodotto importante per la salute,” mi ha detto Hotez al telefono. L’unica ragione per cui il team di Hotez è riuscito alla fine a creare un vaccino per la SARS è stato un generoso finanziamento governativo, ha detto.

Questa pandemia senza precedenti pretende finanziamenti sostanziosi alle organizzazioni che possono lavorare sui vaccini per malattie come anchilostomiasi, leishmaniosi, malattia di Chagas—e sì, i coronavirus. Questo permetterà alla comunità medica globale di anticipare e arginare qualsiasi focolaio futuro della scala e portata del Covid-19. — Becky Ferreira