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cibo

Sono andato al supermercato con una nutrizionista per vedere cosa ci mangiamo

Addio, bicchiere di latte notturno.

Poco prima di chiamare la nutrizionista e chiederle un aiuto per la stesura di questo articolo ho fatto una prova: sono andato in cucina, ho aperto il frigo e ho passato in rassegna quello che c'era sui ripiani semivuoti. Un barattolo di cetrioli sott'aceto, del burro, dei wurstel, della marmellata e un succo scaduto. In quello stesso momento ho pensato a mia madre, vegana, e nella mia testa il suo volto ha assunto le sembianze di Jack Nicholson ghiacciato su Shining.

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Ma qualsiasi studente fuorisede (o venticinquenne medio) con genitori non necessariamente vegani potrà dare testimonianza del proprio rapporto complicato con la spesa. Perché vanno bene le storie sul mangiare sano e il km zero, ma quanto ci ricordiamo di tutto ciò quando entriamo in un supermercato? Quanto di quello che crediamo sano è veramente sano? E quanto sono innocue determinate abitudini alimentari che ci portiamo dietro da anni senza problemi?

Per rispondere a tutte queste domande ho contattato Melissa Finali, che lavora come biologa nutrizionista e divulgatrice scientifica, e mi sono fatto un giro al supermercato con lei durante una mia spesa tipo, chiedendole di commentare quello che di volta in volta avrei infilato nel carrello. PROSCIUTTO COTTO  Appena entrati ci lasciamo temporaneamente alle spalle la zona frutta e verdura per dare la precedenza a quello che già immagino sarà il capitolo più doloroso della spesa: il reparto carni. La prima cosa che tiene a sottolineare Melissa mentre prendo in mano una confezione di prosciutto cotto è quella di controllare sempre ciò che c'è scritto sull'etichetta. "In linea di massima, se su un'etichetta troviamo scritti più di cinque ingredienti, cominciamo a porci qualche domanda in più sulla naturalezza," mi spiega.

"Uno tende a pensare che in un semplice prosciutto non ci siano tante cose e invece solo in questo ci sono—oltre al prosciutto—acqua, sale, esaltatore di sapidità, aromi naturali, conservanti tipo l'E250, addensante e soprattutto destrosio. Il destrosio è uno zucchero… e perché ci dovrebbe essere dello zucchero nelle fette di prosciutto?" continua. "Per quanto riguarda invece l'E250 ma anche l'E249, stiamo parlando di nitriti, che vengono usati come conservanti e aggiungono sapore e colore alle carni lavorate."

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I nitriti in particolare, come riporta l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, non sono di per sé pericolosi, ma possono subire modificazioni chimiche che "li trasformano in nitrosammine, molecole potenzialmente cancerogene." Per questo, il consumo eccessivo e prolungato di nitriti, rileva l'agenzia, è "associato ad aumento del rischio dei tumori dello stomaco e dell'esofago."

CARNE

Mentre sto per buttare nel carrello delle cotolette precotte, Melissa mi suggerisce di evitare questo tipo di carne. "Le cotolette che hai preso sono fatte con i resti dei resti della macellazione e raffinazione della carne; inoltre contengono grassi in eccesso e nuovamente zucchero, che ovviamente non dovrebbe esserci. Come vedi qui sull'etichetta c'è scritto 'carne separata meccanicamente'. Questo tipo di 'carne' di solito ha un colore rosa acceso e invece sembra un marshmallow, niente di più lontano da qualcosa di naturale," mi dice.

In ogni caso, mentre decido di cambiare tipologia di carne, mi spiega che il problema, al di là di tutti i dibattiti a riguardo, non sta tanto nella carne in sé, che sarebbe bene derivasse da animali che quantomeno abbiano la possibilità di pascolare e mangiare sano, ma nella quantità. "Ai miei pazienti consiglio di utilizzare la carne al massimo due volte a settimana; [nel caso della carne rossa] l'OMS per esempio ti dice di non superare i 500 grammi totali a settimana, ma secondo alcuni ne bastano 300. Senza ombra di dubbio è molto meglio consumare legumi al posto della carne, magari associati a cereali integrali in modo da avere un profilo aminoacidico (gli aminoacidi sono i "mattoncini" che compongono le proteine) che nulla ha da invidiare alla carne."

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FRUTTA E VERDURA Pensando di dover recuperare il pessimo inizio punto dritto verso il reparto frutta e verdura. Qui, Melissa mi spiega da subito che c'è un'enorme differenza tra il comprare la frutta e la verdura al supermercato dietro casa rispetto a un negozio o una cooperativa ecologica, aggiungendo anche che, d'inverno, i pomodori a cui si sta avvicinando la mia mano sono una scelta pessima. Per acquisire valore nutrizionale un alimento deve essere di stagione e non contenere pesticidi o prodotti chimici, come è probabile che sia con un pomodoro comprato a gennaio.

"La frutta e la verdura bio contengono più vitamine e sali minerali anche perché non trattati con sostanze chimiche." Oltretutto, puntualizza Melissa, "comprare prodotti locali evita inquinamento ambientale, contribuisce a contrastare il cambiamento climatico e corrobora la sostenibilità."

"Certo, c'è differenza di prezzo, sicuramente però non è un'esagerazione e soprattutto ne guadagniamo in salute. Se poi i problemi sono la mancanza di tempo e la scarsa organizzazione (o, per molti, la mancanza di abitudine), ti assicuro che molti agricoltori sono disposti a portarti anche le cassette di verdure a casa, basta informarsi," aggiunge.

TONNO

Mentre ci spostiamo verso il bancone del pesce ci accorgiamo di come sia stranamente vuoto e optiamo per del tonno in scatola. Secondo Melissa il tonno è potenzialmente un buon prodotto dal punto di vista nutrizionale, anche se consiglia comunque di prendere, quando possibile, quello fresco o conservato al naturale e aggiungere l'olio in un secondo momento, così da evitare che ristagni nell'alluminio.

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"Però ecco, in sostanza il tonno potrebbe essere una buona scelta. Da un punto di vista nutritivo la pasta integrale con il tonno è una buona accoppiata: hai da un lato i carboidrati complessi, che sono a lento rilascio energetico e ti coprono durante la giornata, e dall'altro le proteine salutari del pesce che inducono senso di sazietà oltre a grassi insaturi antinfiammatori, quindi c'è un incastro perfetto," mi spiega scherzando sul fatto che Bello Figo Gu, alla fine, aveva ragione.

Il bicchiere di latte notturno dell'autore.

LATTE Continuiamo il giro per il supermercato e ci fermiamo davanti allo scaffale del latte. Quando dico a Melissa che la notte me ne bevo un paio di bicchieri storce un po' il naso. Mi spiega che fondamentalmente il latte è un alimento specie-specifico (a ognuno il suo latte) per lo svezzamento del cucciolo. Potenzialmente quindi potremmo non averne più bisogno una volta svezzati. "Non a caso molti maturano delle intolleranze al latte e ai suoi derivati. A differenza di quello che si può pensare, chi non digerisce il latte è in una situazione di normalità piuttosto a chi continua a digerirlo," chiarisce.

A questo punto le chiedo del latte vegetale come sostituto. "Il latte vegetale esiste anche perché esiste una richiesta di mercato da parte di persone che non possono più bere latte vaccino a causa di intolleranze e che pensano sia necessario sostituirlo nella loro dieta—cosa che, appunto, non è fondamentale. Molto meglio però, a mio parere, del latte senza lattosio o delattosato; il lattosio è lo zucchero al quale si tende a essere intolleranti perché scompare in molti di noi l'enzima lattasi, in grado di digerirlo," mi risponde. "Ma se c'è bisogno di togliere qualcosa a un alimento per renderlo più digeribile, forse l'alimento non è così fondamentale per la nostra salute."

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DADO VEGETALE Mi ricordo di aver finito l'ultimo dado vegetale mentre combattevo l'hangover, così senza pensarci troppo quando capitiamo nella corsia delle spezie lo aggiungo al carrello. La nutrizionista mi spiega che se proprio non si vogliono usare le verdure per mancanza di tempo si dovrebbero perlomeno guardare bene gli ingredienti. Un caso curioso particolare e legato ai tanti 'miti culinari' è quello del "glutammato monosodico, usato come esaltatore di sapidità e imputato per anni come tossico," mi spiega Melissa. "Negli anni Sessanta si era infatti diffusa la storia della 'sindrome del ristorante cinese'" che collegava il consumo di glutammato alla comparsa di forti mal di testa—un legame che nessuno studio è tuttavia mai riuscito a confermare.

PANCARRÈ Nella mia lista immaginaria è la volta di un prodotto che sono già sicuro non piacerà a Melissa. Si tratta del pancarrè—e anche sapendo che non è nemmeno lontanamente paragonabile a un filone di pane fresco lo butto dentro al carrello insieme alle altre cose. Il problema con il pancarrè, mi spiega Melissa, è che contiene grassi vegetali che se abusati non sono salutari. In più ci sono conservanti e zuccheri aggiunti, di nuovo. "È pertanto molto meglio prendersi un filone di pane al forno vicino a casa, sempre integrale," continua.

ZUCCHERO A questo punto mi pare di capire che la questione degli zuccheri aggiunti nei prodotti preoccupi abbastanza Melissa. "Lo zucchero, per il nostro organismo, è come una droga: quando lo mangi, il livello di glucosio nel sangue si alza e di conseguenza si alza anche la glicemia," mi spiega. "Il problema però sta nel fatto che quest'energia che metti all'interno del tuo corpo viene estinta quasi subito, catapultando l'organismo in una situazione di ipoglicemia—momento in cui il corpo richiama immediatamente nuovo zucchero. Così si crea un costante passaggio vertiginoso da 'iper' a 'ipo', esattamente come succede con l'astinenza da una sostanza stupefacente," aggiunge.

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In poche parole è consigliabile controllare sempre che negli alimenti non ci sia un'aggiunta eccessiva di zuccheri, e soprattutto che non ci siano ingredienti ripetuti che spesso ingannano il consumatore perché quasi mai espressi con lo stesso nome ma con sinonimi, tipo destrosio, maltosio, mannitolo, sciroppo di glucosio, fruttosio o sciroppo di fruttosio.

SENZA GLUTINE Mentre stiamo per andare a pagare alla cassa, ci fermiamo davanti alla ben assortita sezione "senza glutine". E vista la recente tendenza a eliminare il glutine dalla dieta senza alcun motivo apparente chiedo a Melissa qualcosa in più sui prodotti di questa categoria. La nutrizionista mi spiega che nei grani e nei cereali dei nostri tempi c'è una quantità di glutine nettamente superiore rispetto al passato e a lungo andare, il nostro corpo può rispondere a questa quantità eccessiva con problemi svariati come gonfiori, difficoltà intestinali e altre piccole avvisaglie del fatto che forse stiamo abbondando con una certa sostanza. Da qui la dilagante "epidemia" di intolleranze al glutine che ha portato a un'impennata dei prodotti normalmente dedicati a chi soffre della patologia autoimmune meglio conosciuta come celiachia. Nonostante questo, più che eliminare del tutto il glutine senza un motivo ben preciso, per chi non ha veri problemi "è consigliabile, più che attingere al glutenfree, utilizzare alimenti che naturalmente non hanno il glutine o prodotti derivanti dalla lavorazione dei grani antichi (monococco, gentilrosso, senatore cappelli, etc), che invece hanno la giusta quantità di glutine."

Molto spesso infatti i prodotti glutenfree sono raffinati alla stregua della farina 0 o 00, a cui viene tolta la fibra—la scorza esterna del chicco—e anche la parte più interna. E cosa rimane? Solo ed esclusivamente amido, che è uno zucchero pure quello. "Pertanto consiglio, piuttosto, di consumare prodotti integrali che naturalmente non hanno il glutine, tipo il riso, la quinoa o il grano saraceno."

CASSA Mentre ci mettiamo in coda alle casse, parlando dei legami che esistono tra la produzione di carne e i prodotti derivati dagli animali, l'inquinamento e il riscaldamento globale, mi rendo conto che praticamente tutto quello che avrei comprato di solito è stato sostituito con qualcosa di un po' diverso o per questioni nutritive o per questioni ambientali: il prosciutto con uno senza troppi conservanti, la carne economica con dei legumi, i pomodori con dei cavoli (siamo d'inverno, che altro è la frutta di stagione?).

E mentre parliamo dell'aumento demografico e di come continuare a questi ritmi metterà a rischio le risorse del pianeta, penso che se sulle questioni nutrizionali posso fare orecchie da mercante, quelle ambientali—moltiplicate per tutte le persone e i loro carrelli intorno a me—non potranno più essere ignorate.

È a quel punto che faccio una battuta sul tizio in fila davanti a noi, che sta pagando cinque polli—ma forse è solo per sentirmi meno in colpa.

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