"The Power of Failing" dei Mineral compie vent'anni

FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

"The Power of Failing" dei Mineral compie vent'anni

Come l'esordio dei Mineral, il primo vero disco emo della storia, ha cambiato il corso del punk e dell'alt-rock.

Nel 2014 i Mineral fecero un'ultima prova prima di imbarcarsi in un tour mondiale di reunion. Ancora non lo sapevano, ma c'era così tanta gente che voleva vederli dal vivo che lo avrebbero dovuto estendere di qualche mese. Si esibirono in segreto al Mohawk, un locale di Austin, a nome The Parking Lot. Dopo due pezzi iniziarono a suonare "Slower"—"È così tanto che non resto solo… Ne ho bisogno più di quanto tu possa immaginare", cantava il loro frontman Chris Simpson—e il pubblico, un centinaio di persone che avevano aspettato in fila tutto il giorno per essere sicure di entrare, si trovò catapultato in un attimo in tutta la crudezza del loro esordio, The Power of Failing. La cosa che univa la maggior parte dei presenti, oltre a un amore condiviso per l'emo degli anni Novanta, era il fatto che non avessero mai visto i Mineral dal vivo prima di allora: erano troppo piccoli, o troppo lontani, quando erano in attività.  Sono passati vent'anni da quando i Mineral, quattro pizza boy texani che giocavano a fare il rock, pubblicarono The Power of Failing su Crank! Records (un'etichetta ormai scomparsa che oggi possiamo tranquillamente considerare una fabbrica di successi emo). Era un album grezzo, e la voce di Simpson era come costantemente appesantita e supplicante—entrambi motivi per cui molti, all'epoca, li videro come la prosecuzione logica di band come i Sunny Day Real Estate o i Christie Front Drive, entrambe realtà che avevano iniziato qualche anno prima a costruire le fondamenta di questa sorta di branca emotiva dell'hardcore. I Sunny Day erano però tutto tranne che continuativi nella loro attività, e i Christie Front Drive si sarebbero sciolti di lì a poco: i Mineral sfondarono quindi una porta aperta. Certo, erano meno "post-hardcore" dei loro contemporanei, ma avevano una qualità inedita a livello sonoro: abbracciavano senza problemi l'alt-rock radiofonico della loro epoca.

Pubblicità

L'album si apre con "Five, Eight & Ten", in cui Simpson esordisce con un "Gli umili, i giusti e i docili / Mi stanno insegnando a scegliere quale volontà cercare", una frase forse più adatta per cominciare una levzione di catechismo che un album emo. Ma la realtà non lascia spazio a ironia: l'album è attraversato da una palese sfumatura cristiana, che viene però messa alla prova da un dubbio costante, una sorta di spettro irremovibile. Dubbi nei confronti della fede che gli è stata inculcata crescendo, dubbi su sé stesso, dubbi sull'amore e dubbi sulla vita. Testi come "Non è la stessa cosa quando fissi / Un perfetto tramonto dorato / E pensi a come hai venduto l'anima / Per scacciare via la pioggia" possono sembrare dei cliché emo alle nostre orecchie moderne: nel 1997, erano rivoluzionari. Certo, il punk e l'hardcore erano terreni fertili se si trattava di esprimere rabbia e insoddisfazione, ma era piuttosto insolito sentire testi così personali e incentrati sulle trappole dell'insicurezza. I Mineral erano la personificazione di quella tendenza che gruppi come gli Embrace e i Rites of Spring avevano messo in modo poco più di dieci anni prima. The Power of Failing fu uno dei primi dischi emo pubblicati nel 1997, e diede il tono all'anno con il suo approccio coraggioso e vulnerabile.  I Nirvana e i Sonic Youth avevano scelto di esprimersi usando ironia, apatia e distacco; i Mineral offrivano un'alternativa al loro approccio scegliendo la sincerità, e pochi riuscivano a suonare più sinceri di Simpson. Prima che la sensibilità diventasse un prodotto facilmente acquistabile e impacchettabile, parole come "Lei piegava le sue paure come se fossero aerei di carta / E le perdeva in mezzo agli alberi" erano come ballate per i post-punk dal cuore spezzato dell'epoca. E, per quanto possa sembrare stupido oggi, per molti avevano una qualità guaritrice.  Era una forma di terapia che non sarebbe potuta arrivare in un momento migliore. Il grunge stava ormai morendo, band come i Creed iniziavano a dominare le classifiche e il punk stava venendo sempre più normalizzato. Chi era giovane e scontento aveva bisogno di un campione—una scena underground immacolata e senza filtri. Molti la trovarono grazie ai Mineral, alla loro sincerità e alla loro assenza di sovrastrutture. Inoltre, il punk da tre accordi aveva iniziato ad annoiare: e non essere "bravi" a suonare uno strumento non significa che sia impossibile sperimentare a livello sonoro. Il punk aveva voglia di crescere. A livello musicale, The Power of Failing era tanto drammatico quanto lo era il suo titolo. Scott McCarver, il chitarrista, giocava una parte fondamentale nella creazione dinamica delle melodie del gruppo, anche se l'interazione tra basso e chitarre che avrebbe cementato il suono dei Mineral sarebbe stata più evidente sul loro secondo e ultimo album, EndSerenading, uscito nel 1998. Le canzoni di The Power of Failing avevano strutture punk: tanto feedback, ritornelli basati su accordoni, e un ampio uso della classica dinamica "rumore-arpeggio-rumore". Anche se era un LP con tanti errori, furono proprio questi a dare ai Mineral quell'aria di gioventù e ingenuità che ebbe parte fondamentale nel loro successo. Crescendo, i membri del gruppo avrebbero cambiato il loro approccio: i The Gloria Record, la band che Simpson fondò assieme al loro bassista Jeremy Gomez, avrebbero mantenuto l'approccio melodico dei Mineral ma sostituendo le emozioni più crude con una compostezza matura. La voce di Simpson su The Power of Failing è forzata e spesso stonata. I suoi tentativi di far combaciare le sue abilità vocali con i suoi sentimenti è in parte qualcosa di tenero e onesto, in parte un disastro frustrante. Hanno dentro una bruttura che alcuni possono trovare insopportabile, e che probabilmente hanno funzionato anche grazie all'età di chi era all'ascolto. Non sapremo mai come sarebbe potuta andare se non avessero trovato un pubblico adatto, ma il fatto che l'eredità dei Mineral continua a crescere è un testamento del potere insito nel loro album di debutto.

I tour che i Mineral fecero prima di sciogliersi, nel 1998, erano piuttosto modesti: dalle cinquanta alle cento persone stipate in club minuscoli in giro per gli Stati Uniti. Diciassette anni dopo il loro ultimo concerto, sono riusciti a mandare sold out locali in giro per il mondo, e sono poi ripartiti per un altro tour assieme agli Hum, altre leggende degli anni Novanta. Quello che è stato chiamato "emo revival" continua a prosperare e ha fatto bene anche a molti dei contemporanei dei Mineral—come i Braid, i Get Up Kids, i Piebald e molti altri, tutti più o meno impegnati in tour di reunion. Escludendo gli American Football, che avevano fatto solo dodici concerti e pubblicato un album prima di sciogliersi e oggi non hanno problemi a mandare sold out qualsiasi locale in cui suonino ovunque nel mondo, i Mineral sono la band che ha più beneficiato da tutto questo. E non sono solo le band "originali" a starsi godendo queste nuove attenzioni. Un sacco di nuovi gruppi emo, spinti da etichette come Topshelf e Count Your Lucky Stars, sono apparse sulla scena. Cazzo, persino i rapper si sono messi a fare emo. E anche se è difficile immaginare Lil Yachty che si spara The Power of Failing, in qualche modo è possibile tracciare una connessione tra la musica dei Mineral e il cosiddetto emo rap.  Anche se si sciolsero prima che il loro valore venisse davvero riconosciuto, band come i Death Cab for Cutie e i Pinback devono ringraziare i Mineral per il modo in cui suonano. E forse sono stati gruppi come i secondi a tenere vivo il loro nome, pronunciandolo nelle interviste e portandogli nuovi fan ogni anno. È difficile provare a immaginare come sarebbe potuta andare avanti la loro carriera, se avessero deciso di restare assieme e onorare il contratto che avevano firmato con la Interscope poco prima di sciogliersi. Forse avrebbero marcato l'inizio di un emo commerciale ante litteram. Ma è bello pensare che forse, tutti quegli anni fa, non avrebbero retto alle luci dei riflettori: in "Parking Lot", il pezzo che chiude l'album, Simpson canta: "Non mi importerebbe nulla se oggi ti portassi tutto via / Sono sicuro che non mi mancherebbe nemmeno il dolore".

Segui Noisey su Facebook e Twitter. Altro su Noisey: Come la casa degli American Football è diventata un luogo di culto per gli emo Gli Hotelier odiano le istituzioni ma amano le emozioni Com'è, per una band underground italiana, andare in tour in Giappone?