Poetica e bit: come le macchine scrivono poesie

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Tecnologia

Poetica e bit: come le macchine scrivono poesie

È semplice creare un software che possa scrivere poesie credibili. Gli informatici sono interessati al passo successivo: creare un programma che sia davvero creativo.

Quando era ancora una ragazzina nel Vermont, Sarah Harmon ha usato Java per creare un programma per il computer in grado di scrivere poesie. Lo ha chiamato OGDEN. Ha poi inviato una delle poesie di OGDEN alla rivista letteraria del suo liceo nel 2008, con lo pseudonimo di Dan Goshen, anagramma di Ogden Nash.

"L'hanno accettato," ride Harmon, "anche se hanno detto un sacco di cose ridicole sul livello di astrazione della poesia."

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OGDEN non era niente di speciale, spiega. Si basava su alcune regole di grammatica e sintassi predefinite per comporre versi poetici. Del tipo: He was perfectly strange, / His world was shyly hopeless, / Then he tasted his dreams.

Oggi, Harmon sta facendo un dottorato in informatica all'università della California, Santa Cruz. Dice che un programma in grado di scrivere poesie che siano pubblicabili secondo i nostri standard non è difficile da realizzare. Ciò che le interessa però è il passaggio successivo: un programma creativo.

Nonostante nessuno sia d'accordo su cosa sia la creatività esattamente, Harmon e altri ricercatori come lei hanno deciso di tralasciare questo problema e cercare invece di scrivere un software che componga poesie in modo più sofisticato. Tra successi e sconfitte, stanno imparando cosa significa essere umani.

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Immagine: Shutterstock

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Uno dei primi computer-bardo si chiamava Racter. Il programma scriveva prosa in modo randomico. I suoi versi più serendipici sono stati raccolti nel 1984 in un libro di poesie e dialoghi surreali, intitolato The Policeman's Beard Is Half Constructed. Ma i programmi come questo richiedono che una persona compia una selezione accurata delle parti del loro lavoro che funzionano, dice Harmon. Lei voleva costruire qualcosa che potesse valutare in autonomia le proprie idee e scegliere quelle migliori, come un autore umano.

Inoltre, dice, un poema scritto da OGDEN o Racter potrebbe ingannare a una prima, massimo seconda lettura. Ma una volta letto abbastanza del materiale prodotto dalla macchina, i pattern che segue per comporre diventano riconoscibili immediatamente. Le poesie non sorprenderebbero più nessuno.

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"Anche noi che creiamo i sistemi vogliamo essere sorpresi," dice Harmon. "Per me è una delle qualità più importanti di un sistema creativo."

Per la sua tesi, Harmon sta lavorando su un'altra sfida nel settore della cosiddetta creatività computazionale. Sta cercando di usare un software per tradurre la prosa narrativa in un linguaggio più semplice, per esempio per i lettori che non sanno bene l'inglese. Il suo lavoro sui computer poeti è solo "per divertimento," dice.

Il suo ultimo programma si chiama FIGURE8. Invece di fargli comporre interi poemi, Harmon ha voluto che si concentrasse su un solo cruciale elemento della poesia: il linguaggio figurativo. il programma produce solo similitudini. "Volevo un contenuto piacevole che fosse comprensibile e significativo e sorprendente," dice Harmon.

"Anche noi che creiamo i sistemi vogliamo essere sorpresi, per me è una delle qualità più importanti di un sistema creativo."

Per prima cosa, Harmon ha scandagliato ricerche di psicologia e linguistica per capire che cosa dia valore a una similitudine. Ha scoperto che i clichés sono una pessima idea, ovviamente. Una buona similitudine deve essere originale. Una buona similitudine deve anche essere comprensibile—il lettore deve poter capire in base a cosa le due parti della similitudine sono paragonate una all'altra. Deve essere consona, ma inaspettata. Harmon ha scoperto che le similitudini dall'aria più intelligente collegano elementi con alcune caratteristiche in comune, ma non troppe. Il paragone tra una fragola e una ciliegia, per esempio, non entusiasma nessuno.

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FIGURE8 è un cosiddetto sistema CBR, ovvero un sistema che risolve un problema sulla base delle soluzioni date a problemi simili passati. Quando Harmon gli chiede di descrivere un certo oggetto, il programma esamina la sua libreria interna per vedere come lo stesso oggetto sia stato descritto da altri autori. Quali parole hanno usato? Quali proprietà ha questo oggetto? Quali azioni può compiere? Harmon ha riempito la libreria del programma con tutte le storie di dominio pubblico che è riuscita a trovare. Il programma ha anche accesso a internet.

A differenza della maggior parte dei programmi di poesia, che restano fedeli a schemi precisi, FIGURE8 può imparare nuovi modi per comporre una frase da altri scrittori. Può anche dedurre le "regole non scritte" del linguaggio, dice Harmon. Per esempio, ha imparato che si possono mettere due o tre aggettivi in fila o aggiungere frammenti di frase all'inizio di una frase semplice. Una delle sue prime costruzioni è stata Like a pale moon, the garden lit up in front of him.

Come un autore umano che scrive di getto e poi revisiona, FIGURE8 genera prima il maggior numero possibile di similitudini, poi torna indietro ad analizzare cosa ha scritto. Giudica ogni similitudine in base ai criteri di chiarezza, originalità, appropriatezza e sorpresa dati da Harmon. Per esempio, se una ricerca in rete rivelasse che nessuno ha mai associato una cosa x e una cosa y, FIGURE8 penserebbe che la similitudine in questione possa essere poco chiara. Se quelle due cose appartengono a una stessa macro-categoria—come la ciliegia e la fragola, entrambi frutti—la similitudine avrà un punteggio basso in sorpresa.

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Anche un altro gruppo di ricercatori sta utilizzando sistemi CBR per generare poesie. ASPERA, creato da Pablo Gervás della Universidad Complutense de Madrid, può comporre poesie in spagnolo in tre diverse forme tradizionali.

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Quando Harmon ha visto il primo risultato di FIGURE8, "non avevo idea di dove trovasse le connessioni e le strutture sintattiche che stava usando," dice. "Era una cosa incredibile."

Per ottenere una valutazione oggettiva del lavoro fatto dal suo programma, Harmon ha reclutato un paio di persone dal Mechanical Turk di Amazon. In un primo studio, le persone leggevano le frasi più complesse di FIGURE8. Ma la cosa sembrava sfinirli. "Era diventato più un compito di inglese," spiega Harmon. Così per lo studio che ha presentato poi alla International Conference on Computational Creativity di quest'anno, Harmon ha ristretto il suo programma a frasi semplici, limitate da certe regole. Non era la cosa più emozionante che FIGURE8 avesse mai scritto, ma queste frasi più corte si sono rivelate più facili da esaminare per le persone.

Ogni persona leggeva cinque frasi di FIGURE8 alla volta. Poi giudicava le similitudini in base alla chiarezza, oltre che al piacere provato nel leggerle. Harmon poi confrontava queste votazioni a quelle date dal programma stesso. Harmon ha scoperto che i voti dei soggetti erano molto vicini a quelli che FIGURE8 si era dato da solo. Per esempio, esseri umani e computer hanno concordato sul fatto che The queen stands like a strong castle fosse una buona similitudine, chiara. Entrambi hanno anche stabilito che It was her pearl, crumpling like a drowned corpse non aveva molto senso.

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Harmon sarebbe molto felice di sottoporre le opere di FIGURE8 a scrittori o altri esperti. Le persone reclutate online tendevano a dare voti più alti alle similitudini scontate. The snow continued like a heavy rain ha preso un voto alto, per esempio, anche se, secondo Harmon, FIGURE8 poteva fare molto meglio. A lei piaceva di più The snow falls like a dead cat, che ha ricevuto voti mediocri dalle persone. "Magari erano tutti fissati di gatti," dice.

Salvo un paio di inceppi, Harmon definisce FIGURE8 "un progetto riuscito molto meglio di quanto mi aspettassi inizialmente."

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A prescindere dal valore del risultato, è difficile sostenere che FIGURE8 scriva frasi poetiche perché vuole farlo. Un programma può essere creativo senza un intento? "Possiamo raccontarci quello che vogliamo sul significato di una poesia," dice Harmon. "Non significa per forza che il sistema in sé sia creativo." Pensa che, un giorno, i computer saranno in grado di scrivere poesie per propria scelta. Ma quel giorno non è oggi.

Geraint Wiggins, informatico alla University of London, ha descritto la creatività computazionale come lo studio del "comportamento… che sarebbe ritenuto creativo se mostrato dagli esseri umani." Comportamento e risultato sono la stessa cosa? I ricercatori combattono ancora con domande come questa.

I poeti artificiali non hanno sempre bisogno della creatività per intrattenere gli esseri umani. La casualità e la serendipità funzionano anche meglio. "Alcuni robot raggiungono effetti sorprendenti con gli strumenti di linguaggio più semplici," ha scritto nel 2015 l'informatico Tony Veale. Si riferiva a @Pentametron, un affascinante Twitter bot creato dall'artista Ranjit Bhatnagar. Il bot cerca i tweet che sembrano scritti in pentametro giambico, e li retwitta in distici baciati: Is this a pimple or mosquito bite / I need a dancing partner for tonight.

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Veale è a capo di un gruppo di creatività computazionale allo University College di Dublino, i cui progetti includono il Twitter bot @MetaphorMagnet e un ironico generatore di similitudini chiamato Sardonicus. Il gruppo di ricerca è anche uno dei cinque che collaborano alla What-If-Machine (WHIM). Questo software genera scenari immaginari, del tipo: What if a vacuum cleaner appeared in a backyard, and suddenly became a cat that was able to swim? (C'è ancora lavoro da fare.)

Il capo del progetto WHIM è Simon Colton, responsabile di un gruppo di creatività computazionale alla University of London. Colton descrive la propria visione della poesia generata a computer "hardcore." Dice che FIGURE8 di Sarah Harmon è indubbiamente un passo avanti per la produzione di poesie che sembrino scritte da esseri umani. Ma pensa che Harmon, come molti ricercatori in creatività computazionale, stia ignorando un fattore cruciale. Lo chiama "gap umano."

"La poesia è un modo per le persone di entrare in comunione," dice Colton. Ciò che sappiamo sull'autore della poesia è parte dell'esperienza che facciamo nel leggerla. Potremmo leggere la stessa poesia in modi estremamente diversi a seconda che l'autore sia uomo o donna, per esempio.

Senza questa connessione umana, dice Colton, "Dobbiamo chiederci: a cosa serve una poesia scritta da un computer?"

Colton ritiene che la poesia scritta da un computer debba essere trattata come genere a sé, separato dalla poesia prodotta dagli esseri umani. E piuttosto che giudicare un AI poeta solo dai suoi risultati, Colton vuole discuterne proprio il processo "creativo." Il suo programma, chiamato Full-FACE, scrive poesie basandosi sugli articoli di giornale. Per ogni poema, scrive anche un riassunto del processo. I read a story in the Guardian culture section entitled: "South Africa's ANC celebrates centenary with moment in the sun," [Ho letto un articolo nella sezione culturale del Guardian intitolato: "L'ANC del Sud Africa festeggia i cento anni con un momento di gloria,"] ha scritto di lato Full-FACE per spiegare la poesia. Il programma aveva lavorato su una frase che riguardava un uomo che, durante la cerimonia, indossava una tuta da lavoro blu:

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the repetitive attention of some traditional african chants

a heroic struggle, like the personality of a soldier

an unbearable symbolic timing, like a scream

blue overalls, each like a blueberry

some presidential many selfless leaders

oh! such influential presidents

such great presidents

blueberry-blue overalls

lark-blue overalls

a knight-heroic struggle

Stephen McGregor, dottorando in creatività computazionale alla Queen Mary University di Londra, è d'accordo con Colton sul fatto che i test alla Turing fatti sulle poesie in sé siano meno interessanti dell'analisi del processo creativo. Lo chiama un approccio "olistico" alla creatività computazionale.

In occasione di un festival di poesia tenutosi recentemente a Londra, McGregor ha dato dimostrazione del programma di poesia su cui sta lavorando. Il programma usa un modello di linguaggio che trasforma le parole in punti in uno spazio a diverse dimensioni. Il modo in cui questi punti si relazionano nello spazio si basa sul modo in cui le parole sono collegate tra loro in inglese, e il programma usa queste relazioni per comporre poesie.

"Lo spazio in sé è dove si genera nuovo significato," dice McGregor—questo concetto coincide anche con la sua interpretazione di creatività.

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Immagine: Shutterstock

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Anche prima che gli informatici perfezionino i loro programmi per la poesia, insegnare ai computer la creatività potrebbe aiutarli a lavorare meglio con gli umani.

Questo è l'obiettivo di Poetry for Robots, un progetto avviato da Corey Pressman, partner della digital agency Neologic. Sul loro sito, gli umani possono inserire dei versi poetici ispirati a delle foto che appaiono a schermo. Questo input si sta trasformando in un database di associazioni create dagli umani tra immagini e emozioni legate a quelle immagini. Pressman spera che prima o poi questo database possa migliorare gli algoritmi di ricerca. Dopotutto, le associazioni implicite con oggetti o eventi—ciò che potremmo chiamare poesia—è ciò che i computer definiscono metadata.

L'esperimento per ora si è rivelato un successo, spiega Pressman. Sta ottenendo attenzione anche dalle azienda di ricerca più grandi. Pensa, però, che la vera poetica robotica possa avere un altro aspetto.

"Potrebbero scrivere poesie su come i loro algoritmi sembrino lenti, oppure "i miei chip sembrano umidi oggi," dice. "Altri robot li capirebbero, ma noi. Questo sarebbe un successo."

Anche Sarah Harmon vuole aiutare computer e esseri umani a lavorare assieme. Il suo obiettivo con FIGURE8 non è un programma che possa redigere grandi poesie, ma sviluppare un aiuto alla creatività umana. "È un processo di scoperta per capire come funzioni la creatività umana," dice. "Come possono fare i computer a supportare questo processo per dispiegarlo al massimo del suo potenziale?"

Se i computer possono simulare un essere umani che sviluppa un'idea, forse possono aiutarci con ogni tipo di problema creativo, spiega Harmon. Potrebbero scrivere musica, oppure ricette. Si tratta anche di pensare a nuove tecniche per costruire ponti, per esempio.

E anche se questo tipo di relazione possono aiutare gli esseri umani a raggiungere nuove vette creative, potremmo non riuscire mai a vedere un poeta computerizzato vero e proprio."

"Se un computer potesse scrivere davvero una poesia, probabilmente quella poesia parlerebbe di come ci si sente ad essere un computer," dice Stephen McGregor. In ogni caso, aggiunge, "Dubito fortemente che ci possa essere qualcosa di paragonabile all'essere un computer."