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Musica

La risata di Gué Pequeno è la risposta più giusta a Saviano e Jovanotti

E se non lo capisce neanche il maggior media del settore la questione è grave.

Nell’ultimo periodo sono letteralmente andato in fissa con una categoria di umani che speravo di non incontrare mai nella vita e che, invece, in questo preciso momento stanno spuntando ovunque, come funghi. Se dovessimo trovare un nome a questa categoria potrebbe essere “Gente che parla di rap, ma perché cazzo lo fa?”. Il massimo esponente di questa categoria è sicuramente Roberto Saviano detto Bob, che nell’ultimo periodo ci tiene a farci sapere quanto sia entrato in fissa con i PNL, per farci notare quanto sia sul pezzo (d’altronde non sono neanche passati due anni da quando i PNL erano una novità e conoscerli poteva significare davvero essere attenti al gioco). Così, tra un’ospitata da Fazio e dei video sul suo nuovissimo canale YouTube, in cui sostiene che per capire l’Islam bisognerebbe ascoltare il rap — il tutto unito a un servizio su Repubblica — parrebbe proprio che Roberto Saviano sia al momento la persona più indicata a cui chiedere un parere sull’evoluzione della trap italiana.

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Ora, per quanto nessuno possa negare che probabilmente DAVVERO Roberto Saviano si ascolta questa roba di cui parla e DAVVERO si prenda bene con l’808 e simili, mi pare anche abbastanza scontato che non possa essere la voce più autorevole a parlare del genere, se non fosse altro che avrà altri mille cazzi per la testa, che si è avvicinato a questa cosa davvero in modo marginale — probabilmente attraverso Fibra — e che per carità chiunque può parlare di ciò che vuole, ma sarebbe bello lo facesse con un minimo di cognizione di causa e non perché — banalmente — in questo momento l’argomento tira.

Così, il fantastico mondo dell’opinionismo italiano, ha ben pensato di chiedere a un altro illustrissimo esponente dell’intelligencija italiana cosa ne pensasse di “questa trap”, come se fosse una scheggia di Kriptonite arrivata da chissà dove e, oh, davvero davvero incomprensibile. Stiamo ovviamente parlando di Jovanotti.

Dopo quella gran lezione di flow che è “Oh, Vita!”, in cui il nostro si dileggia tra precipitevolissimevolmente e ricette particolari della pizza Margherita, il Capo della Banda è stato interrogato sui suoi ascolti che, incredibilmente, sono Ghali, Sfera, Charlie Charles e Salmo — ovvero artisti che conosce persino mia madre.

Ora, davvero, nessuno pretende che Saviano e/o Jovanotti facciano analisi approfondite del genere, scoprano nuovi talenti e portino a un livello successivo la discussione sul genere, perché non è il loro ruolo e ognuno in cameretta (fosse il mio buco in periferia a Milano o il loro attico situato chissà dove) ascolta il cazzo che vuole. Ma proprio perché non è il loro ruolo, proprio perché in Italia la discussione sul rap è ancora ferma all’immaginario infausto portato dallo stesso Lorenzo con il ragazzino che fa le corna con il cappellino storto, perché facciamo parlare proprio tutti, ma proprio tutti, di questa cosa?

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A chiederselo non sono solo io, ma anche Gué Pequeno — che a differenza dei due precedenti personaggi citati e probabilmente anche a differenza mia — ha davvero voce in capitolo in questo gioco, non fosse altro per quella che è stata la sua carriera, la sua evoluzione e la sua costante ricerca di sonorità più o meno attuali. Se domani Gué Pequeno facesse un panel sulle sonorità della trap, saprebbe di cosa sta parlando, non solo perché ha visto che in homepage su Spotify ci sono playlist dal nome “Rap Italia: Battle Royal” o “RapCaviar”.

Questo ragionamento tanto banale quanto ignorato, è stato espresso ormai due giorni fa in una Instagram Stories in cui, in uno dei tanti momenti di noia che regalano ai fan delle perle di raro valore, Gué Pequeno ha commentato da Miami questo incredibile sfoggio di cultura da parte di Bob e Lorenzo.

“In questi giorni dall’America l’Italia ci manca un casino, ho visto che anche Jovanotti, dopo Saviano, ha dato la sua illustre opinione sulla trap italiana, ci voleva, grazie”. Ora, per chi probabilmente è esterno — ma non solo — questi 15 secondi possono sembrare una mera rosicata. E in parte lo sono. Ma sono la rosicata più legittima della storia.

Per quanto detto prima, è davvero incredibile che gli unici a parlare di rap ai mass media più importanti siano figure come Saviano e Lorenzo Jovanotti, che — purtroppo per loro — di rap non hanno niente.

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A pensarla così non è certamente Sto Magazine, che in un post su Instagram ha accusato Gué di rosicare, perché conscio del fatto che (e qui cito testuale) “ogniqualvolta un esponente della cultura mainstream parli della scena odierna, il suo nome non venga menzionato”.

Ora, tralasciando da parte il commento quanto mai eloquente di Gué (tre emoticon che ridono), il punto che si sta mancando in questa “discussione” apparentemente sul nulla è: davvero Gué Pequeno ha bisogno che Jovanotti o Saviano facciano il suo nome per essere in qualche modo legittimato?

In un paese normale la risposta sarebbe: ovviamente no. I numeri parlano chiaro, i risultati anche, la musica ancora di più — a prescindere dai gusti personali. E allora perché Gué dovrebbe infastidirsi? Be’, per quanto populista, è molto semplice: perché l’Italia non è un paese normale. Per quanto le certificazioni e i risultati — unico dato oggettivo e tangibile del successo di qualcosa — facciano intuire che stiamo parlando di un rapper con i numeri da popstar, la comunicazione di massa italiana non riconosce Gué come tale, solo perché chi fa parte della comunicazione di massa è, semplicemente, un ignorante del genere. Se chiedessero a me di stilare le migliori ricette del 2017, probabilmente direi un mare di cazzate, perché passo la mia vita a mangiare McDonald’s e pizze.

E per quanto siano nobili le intenzioni di Sto Magazine, che è un ottimo raccoglitore di contenuti, che l’unico mezzo apparentemente facente parte del gioco travisi questo messaggio, be’, è a dir poco grave. Se davvero, anche per qualcuno del settore, il parere in merito di Roberto Saviano e Lorenzo Jovanotti è importante, allora non ne usciremo mai.

Per cui, per quanto sia bello immaginare Jovanotti sippare della lean ascoltando “Tran Tran”, vi prego, continuiamo a fare in modo che gli unici ad assistere a questo grande spettacolo dopo il Big Bang siano lui e, al massimo, Rick Rubin.

Tommaso è su Twitter e Instagram.

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