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Musica

Recensione: Any Other - Two, Geography

Spesso quando cantiamo in inglese facciamo ridere ma a volte, come nel caso di Adele Nigro, rendiamo perfette le nostre imperfezioni.

La fine dell'album d'esordio degli Any Other di Adele Nigro era affidata a due chitarre pulite impegnate in un lento arpeggio. "In silenzio, con calma, me ne vado", cantava, dopo aver affermato la sua resilienza lungo il corso dell'album, quieto indie rock di stampo americano in cui sussurrava e sgracchiava di debolezze che aveva imparato ad affrontare. "Meritiamo di essere felici, di raccogliere ciò che seminiamo, di essere trattate con dignità, e dobbiamo pretenderlo. Nessuno può e deve farci più male in alcun modo", aveva dichiarato all'epoca.

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Da allora sono passati tre anni e Adele è cambiata, Any Other è cambiato. Se siamo di quelli che si interrogano sul significato delle immagini ce ne rendiamo conto già solo dalla fotografia che sta sulla copertina di questo Two, Geography. L'ultima volta Adele, sgranata e affondata in un nero caravaggesco, si metteva una mano di fronte al viso e succhiava una sigaretta. Stavolta guarda un punto indefinito oltre l'inquadratura, spoglia da qualsiasi protezione. Il suo viso, a metà tra l'impassibile e il risoluto, si staglia su uno sfondo nitido e neutro. Allo stesso modo sono cambiate le sue canzoni. Quelle che prima erano ruvide schicchere e incerte carezze oggi sono tumulti orchestrati alla perfezione e precisi gesti d'affetto. Vengono in mente le forme più cervellotiche dell'emo americano dei Novanta, ma in una versione accessibile che suggerisce lo storto mentre procede in realtà a passo dritto e sicuro. La musica sale e scende a ondate ("A Grade"), si libra a pochi centimetri da terra come nei migliori momenti dei National ("Walkthrough"), picchietta dolcemente sulle tempie come quando Andrew Bird pizzica le corde di violino ("Stay Hydrated!").

"Travelling Hard" è però forse il pezzo migliore per spiegare ciò che sto dicendo. Fiati suadenti mettono ordine tra chitarre arzigogolate e una batteria sghemba mentre Adele tocca il fondo. Si dipinge mentre piange in una brutta stanza d'albergo, in tour, senza fame e con il corpo sporco. E lì le si costruisce attorno una corazza: "Se esco con degli uomini / Devo accettare il fatto che potrei essere una persona migliore di loro / […] Non sono difettosa / Non mi devono rimettere a posto, devo solo volermi bene". La stessa presa di coscienza ritorna e si spiega nella quiete di "Mother Goose", un classico pezzo-mi-manchi che ribalta le aspettative concludendosi in una dichiarazione di non-dipendenza: "La mia felicità non deve dipendere da nessun altro se non da me stessa". Per arrivarci, Adele passa tra momenti di atarassia, pianti con classici dell'indie triste come sottofondo, anestesia da internet, esplicite richieste di dolore e violenza. Ma Two, Geography non è un disco di dolore acerbo, è più un'opera che esplora la possibilità del suo superamento, e lo fa da una prospettiva femminile sfortunatamente piuttosto inedita in ambito italiano.

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"Leggi i testi quando ascolti le canzoni? Avrebbe potuto aiutare, in certi casi", canta Adele in "Geography", e lo fa in inglese. Le sue parole che ho citato fino a qua le ho tradotte, perché mi piacerebbe che le ascoltassero in tanti anche qua, nel paese in cui è nata, e non solo nelle decine di posti in giro per il mondo in cui suona con Any Other. Non è perfetta nello scrivere in una lingua non sua, ma il suo è uno di quei casi in cui l'imperfezione si tramuta in genuinità e la forza del messaggio non si perde nei contorni della sua forma. Ascoltiamola ma leggiamola anche, quindi, che può aiutare eccome.

Two, Geography è uscito venerdì 14 settembre per 42 Records.

Ascolta Two, Geography su Spotify:

Tracklist: 1. A Grade
2. Walkthrough
3. Stay Hydrated!
4. Breastbone
5. Traveling Hard
6. Perkins
7. Mother Goose
8. Capricorn No
9. Geography
10. A Place

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