Foto di potere, corruzione e turismo nella Sicilia di oggi

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Foto di potere, corruzione e turismo nella Sicilia di oggi

Il fotografo Mimi Mollica racconta perché in Sicilia non è mai cambiato niente.

Mimi Mollica è un fotografo palermitano di stanza a Londra. Ha passato gli ultimi sette anni a documentare le conseguenze dell'influenza di Cosa Nostra sull'Italia, e ha cercato di immortalare la vita di coloro che ancora vivono, nel presente, la tradizione di crimine e violenza della sua isola.

Nel suo ultimo libro, Terra Nostra, ferma sulla pellicola i volti dei sopravvissuti alle guerre di mafia, e i sorrisi di quelli che non sono al mondo da così a lungo da aver vissuto quegli scontri, ma ancora in qualche modo ne scontano gli effetti.

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Ho parlato con Mimi del libro, delle magliette del Padrino e della Sicilia.

VICE: Parliamo un attimo del titolo del libro, Terra Nostra.
Mimi Mollica: Terra nostra è un rimando a Cosa Nostra. L'ho chiamato così perché il libro è un viaggio nel paese che ho lasciato, e un lavoro documentario sull'eredità che Cosa Nostra ha lasciato in Sicilia, sfruttando le nostre terre e creando un'enorme disparità nell'ambiente, la società, la politica e l'economia siciliane. La mia opinione è che Cosa Nostra ci abbia privato della nostra terra, perciò Terra Nostra è una provocazione, una richiesta di riaverla indietro.

Qualche giorno fa un amico parigino mi diceva che secondo lui a Parigi fa fatica a emergere una cultura nuova perché l'eredità del passato è troppo presente. Si può dire lo stesso della Sicilia, che il passato la "trattenga"?
È una prospettiva molto interessante. Penso che il passato abbia un ruolo importante per la società e la coesione, e se consideri le case popolari costruite dalla Mafia negli anni Sessanta e Settanta, vedrai che sono quasi tutte estranee al vero cuore della città. Questo crea alienazione e isolamento, e quindi più divisione che coesione. Anche se non dovesse averlo fatto consciamente, la Mafia ne ha tratto beneficio.

Secondo te si può parlare di trauma collettivo che la mafia ha causato ai siciliani? 
Penso di sì. Non so quanto ne abbiamo coscienza. Di sicuro ci sono dei segnali che la società sia "traumatizzata"—è di questo che parlano le mie foto. Ci sono persone che appartengono a uno strato sociale, se così vogliamo chiamarlo, più fortunato, che hanno voltato le spalle alla cultura mafiosa e riescono a considerarla con chiarezza un elemento traumatico. Ma poi ci sono persone che sono più coinvolte, magari come vittime o membri di quel mondo, che sentono più chiaramente l'impatto della mafia e hanno meno barriere per difendersene. Non hanno la razionalità e la coscienza che serve per analizzare queste cose, se mi spiego. In generale sì, penso che sia una società traumatizzata, ed è una delle cose che vorrei rendere con il mio lavoro.

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A questo proposito, qualche tempo fa abbiamo intervistato Letizia Battaglia, e le ho fatto la stessa domanda che faccio ora a te: è possibile essere preferire l'oppressione alla libertà? Pensi che i siciliani siano più felici così?
Non so se siamo "più felici", ma io ho osservato e pensato molto alle dinamiche di potere nella storia della Sicilia. Se ci fai caso, i siciliani guardano alle istituzioni e alle persone che rappresentano il potere da lontano: il potere è una cosa da temere, ma che può anche mostrarsi benevolo, e [quelli che sono al potere] possono condividere con te parte della loro ricchezza. Con tutta la corruzione che c'è in Sicilia, il potere è usato per discriminare e per fini egoistici. C'è una foto che ho scattato e che lo illustra bene. È la foto di un commesso che tiene un ombrello per proteggere un politico dalla pioggia. È un'immagine di puro asservimento nei confronti del potere. Il potere è più un favore che ti viene fatto che qualcosa che hai diritto di avere. E vale per i lavori, l'inclusione sociale, i soldi, le opportunità. Non ci siamo ancora emancipati dagli aspetti di potere "oscuro" che tengono in pugno la nostra società.

In una delle foto, una finestra riflette una maglietta del Padrino. Cosa pensi di questo lato "turistico" e "folkloristico" della mafia?
Questa prospettiva è cresciuta esponenzialmente negli ultimi dieci anni. Quando ero piccolo a Palermo non c'erano tutte queste magliette del Padrino o che si riferivano alla mafia per i turisti. Ma oggi, ovunque tu vada in Sicilia, trovi magliette, cappelli, grembiuli, tazze, bicchieri e sciarpe a tema. Le immagini sono prese dai film americani. È una cosa estremamente triste, perché la reputo una tragedia nazionale, e invece se ne fa una caricatura. La mafia non andrebbe presa così alla leggera né trasformata in un simbolo da vendere ai turisti. È un fenomeno orribile, una cosa che ha fatto morti e ha impoverito la nostra terra e la nostra cultura. E che ora viene venduta come un gadget di cui si può ridere.

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Da quando vivi all'estero, come è cambiata la tua prospettiva? 
La distanza mi ha dato la possibilità di analizzare più in profondità il luogo da cui vengo. La distanza, soprattutto per il fotografo, è il primo elemento necessario per l'osservazione. Se sei troppo vicino non riesci a vedere chiaramente. Non sto dicendo che quella che offro io sia una verità indiscutibile, ma perlomeno ho trovato un punto di vista privilegiato, a livello concettuale, che mi permette di sviluppare un pensiero mio sull'eredità di Cosa Nostra in Sicilia.

Guarda altre foto di Mimi qui sotto:

Tutte le foto di Mimi Mollica. Il suo ultimo libro Terra Nostra è edito daDewi Lewis Publishing. Segui Joe su Twitter: @joe_bish