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Musica

Video Première: Achille Lauro - No Twitter

Vi presentiamo in anteprima il nuovo video di Achille Lauro, "No Twitter." Ci abbiamo fatto due chiacchiere e abbiamo parlato del rap italiano e di Marco Masini.
Sonia Garcia
Milan, IT
Mattia Costioli
Milan, IT

Un bel pomeriggio di diluvio e malessere, precisamente quello prima del suo stesso live al Leoncavallo con Noyz, Ensi e Fritz Da Cat, abbiamo intervistato Achille Lauro in un appartamentino vicino a Loreto, a Milano. La sera prima c’era stata la festa di Natale di VICE e il “vietato farcela” era prevedibile. Nello specifico si è manifestato sottoforma di venticinque minuti di ritardo della sottoscritta, che a loro volta hanno regalato quella giusta dose di disagio a Matti nell’aspettarmi. Nella norma.

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Achille L è un rapper mega giovane, mega biondo e mega romano, che, giustamente, è stato subito preso in simpatia da Propaganda e dai vari G’s dei suoi luoghi. Altri tipelli per niente influenti che se lo sono voluti aggiudicare sono Marracash e Shablo i quali hanno deciso di coccolarselo a dovere aka produrgli il mixtape Achille Idol Immortale, in uscita a breve. È anche uno di quei personaggi che decidono di non metterci la faccia e affidano il proprio anonimato a un paio di occhiali da sole giganti e ad altri stratagemmi come asciugamani sulla testa o copricapi virtuosi. Molti altri come lui hanno intrapreso questa strada ma lui è il solo ad avere il logo che ricorda quello di Louis Vuitton. Pregio.

Oggi vi presentiamo in esclusiva il video del suo nuovo pezzo “No Twitter”, che farà parte del mixtape di cui sopra, e noi vi abbiamo fatto l’immenso favore di averlo in anteprima e di donarvelo così. Eddaje.

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Noisey: Te la ricordi la prima volta in cui sei entrato in uno studio di registrazione?
Achille Lauro: Partiamo dall’inizio, io mi sono approcciato alla scrittura da un paio d’anni, quindi non tanto. Mio fratello è un musicista e faceva il produttore in un collettivo romano: Quarto Blocco. Io abito con lui a Roma da quando ho quattordici anni, quindi sono sempre stato a contatto con la musica. Quindi sarebbe stato davvero strano se non fossi finito in studio. Ho registrato i primi singoli all’inizio del 2011, poi con l’appoggio di tutti e la spinta degli altri collettivi, artisti o componenti delle altre realtà romane mi sono messo a scrivere. Ho fatto il mio primo mixtape usando delle basi americane. Dopo quel mixtape ho ricevuto i complimenti da Noyz e altra gente di Roma, ma non solo. Ho deciso di fare una specie di raccolta di brani per tutte le persone che mi stavano attorno o mi supportavano, Harvard. Quindi la prima volta non me la ricordo, ma era già il mio ambiente, essendo fratello di un musicista.

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Nella tua musica ci sono molte influenze da altri generi, parlacene un po’.
Io ho ascoltato pochissimo rap italiano. I dischi italiani dagli anni novanta a oggi li ho ascoltati più che altro per riflesso delle persone che mi stavano intorno e ho spaziato tra tanti tipi di musica, dalla musica classica alla techno, drum n bass, elettronica. Mi ascoltavo Jim Morrison, Battisti. Qualsiasi cosa, da Lil’ Wayne a Nino D’Angelo. Se devo prendere uno spunto non vado certo a cercarlo nel rap italiano.

Ci sono dei rimandi ad altri artisti nei tuoi testi?
Voglio proprio dire quello che non ha mai detto nessuno nei miei testi. Il rap italiano è monotono, senza un senso o un concetto, non mi lascia dentro nulla. Ho citato Jim Morrison. Rispetto tutti ma, in Italia, ne apprezzo artisticamente pochissimi. Quando sento i pezzi di altri artisti penso che per me sono cose già sentite 10 anni fa, quando avevo 13 anni. Per me queste sono tutte cose già sentite, banali. Però apprezzo un sacco Marracash, perché i suoi primi dischi quando ero pischello me li sono sentiti tutti. Lui è un grande talento come scrittore, penso sia proprio per questo che mi ha scelto, ha visto in me qualcosa di diverso. Marra ci tiene a questa roba: ricerca del testo, cose mai dette. Ok che comunque mi esprimo facendo rap, perché è quella la chiave artistica con cui mi approccio alle persone, però c’è differenza col fare le rime scontate, già sentite.

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Grazie di aver iniziato a parlare di Marracash, spiegaci com’è successo? Quando è arrivato?
Io non ho mai fatto niente per promuovermi, cioè figurati non ci pensavo nemmeno ai soldi o alla firma su un contratto.

Non ti stampavi i demo da portare alle etichette?
No, i primi due singoli che ho registrato li hanno sentiti solo i miei amici, poi andavo alle serate di Quarto Blocco, in cui c’erano tutti i collettivi più grossi romani e a un certo punto mi fermavano e mi dicevano “Madonna io non ho mai sentito uno scrivere una cosa così.” Costa, Noyz, tutti i più forti di Roma.
A luglio dopo che ho fatto uscire queste raccolte, nel mio completo stupore, mi ha scritto Shablo e mi ha detto “Guarda stiamo facendo questo collettivo: Roccia Music, Marra ti ha notato e vorrebbe anche te.”
All’inizio gli ho dato il numero e poi ho pensato cazzo ora ho dato il numero a uno sconosciuto che mi sta prendendo per il culo. Non perché non credessi in me, ma perché non me ne fregava proprio niente, io ho sempre pensato di fare i soldi in tutt’altro modo. Ho deciso di incontrarli di persona, per capire cosa mi proponevano e hanno spinto per la mia collaborazione con Roccia Music.

Che sembra stia dando dei buoni risultati.
Da paura. Il confronto con un professionista come Marra, o un produttore come Shablo per me è tutto. Non ti nascondo che comunque si stavano già informando altre etichette indipendenti e avevo in ballo delle cose. I pezzi su Youtube alla fine andavano bene. Mi accorgevo io da solo che era una cosa figa però…

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Pensavi che sarebbe rimasta lì.
Sì esatto, in quella nicchia musicale che alla fine era la mia famiglia. Qua non si tratta più di pensare che magari ci fai solo qualche soldo, è una collaborazione con professionisti, una cosa figa.

Sei passato dal farti i beat da solo, al farteli fare da professionisti.
Sì, a un certo punto mi sono accorto che era diventata una roba seria. A volte l’artista non è consapevole delle cose forti che fa, per esempio nei miei mixtape i pezzi che non avrei mai inserito poi sono proprio quelli che hanno avuto più successo.

Alla fine sei quello che sei, stai emergendo, ma sei molto critico nei tuoi confronti, non è una cosa comune.
Più che autocritico sono perfezionista. Esigente anche sulle cose che faccio, mi devono piacere. Per esempio il pezzo che c’è in Benedetti Stronzi io l’avevo registrato insieme a altre cose nello stesso giorno. Quella era il brano che mi piaceva di meno e Marracash mi fa “ma tu sei impazzito, quello è il pezzo che voglio sul disco.” Ogni artista poi si vede diversamente, gli altri lo percepiscono in modo diverso. Io penso sia stata quella la mia forza, scrivere cose diverse, così mi sono distinto.

Come nasce il nuovo mixtape, che vi siete detti?
Questo mixtape che si chiama Achille Idol Immortale, è una raccolta di 12 inediti antecedenti a Roccia Music, che io avevo portato a far sentire a Marra. Mi chiamava alle sei del mattino per dirmi “mi sto a pompa’ sto pezzo, è fighissimo. Sei un pazzo.” Abbiamo riarrangiato i pezzi più forti. È una raccolta di un po’ di inediti e un po’ dei pezzi più forti che ho fatto. È un web album, mixtape, chiamalo come vuoi, che anticipa l’album ufficiale, un biglietto da visita che mi rivaluta dal prodotto acerbo che facevo da solo. Una cosa accurata professionalmente. Io stesso ho avuto un’evoluzione, mi ricordo che due anni fa non avevo nemmeno idea di come si utilizzasse il microfono.

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Praticamente con Roccia stai facendo il demo che non hai fatto da solo…
Esatto. Il disco ufficiale lo stiamo iniziando, mi hanno mandato venti basi e praticamente già ce l’ho scritto. Scarpe Coi Tacchi 3 ad esempio l’avevo scritto un anno e mezzo fa, poi per una serie di cose è uscito adesso. Magari la gente li sente adesso i miei lavori, ma io sono già un anno avanti.

Parliamo un po’ del video di “No Twitter.”
Allora, questo è un pezzo differente, la base è di Frenetics, un po’ più elettronica. Questo tipo di suono a me piace molto. Il pezzo è un sacco ironico, grezzo. È critica al rap, anzi al rapper standard italiano. Il video l’abbiamo girato con poco budget, ma secondo me il regista ha fatto una cosa fica e nuova. In realtà è stato quasi tutto girato sotto casa mia. La maggior parte delle volte il regista mi chiamava e mi diceva “Oh c’è questa location troppo figa che ho trovato, possiamo andare e…” e io gli rispondevo “sotto casa mia è una bomba.”

Critichi gli atteggiamenti che ti stanno sul cazzo.
Sì assolutamente. Tutte le cose a cui non mi voglio associare, nemmeno musicalmente. Non voglio essere associato a questa cultura hip-hop, che non mi lascia niente e non dice niente. Io faccio la mia musica, i miei pensieri: la chiave non è il rap, ma la musica. Ma non voglio associarmi a… che ne so, i rapper col cappello.

Com’è la storia degli occhiali da sole?
Io l’ho iniziata così: il mio mixtape è super grezzo, super crudo, tratta di tematiche se non scomode comunque difficili, e siccome a me non interessava farmi forza su certe situazioni, ma di raccontare qualcosa e soprattutto con una morale, volevo che arrivasse un messaggio preciso. Prima ero completamente anonimo, ora che c’è Roccia Music non è che posso continuare a girare con le mani in faccia, ovviamente. Piano piano c’è stata anche questa evoluzione, più inizia a diventare un lavoro più sta cosa dell’anonimato è impossibile da sostenere.

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Sì certo, poi ormai tu sei quello con gli occhiali, e ti riconoscono uguale.
Eh infatti, anche ieri alla festa di Vice mi hanno riconosciuto 300 persone, quindi me sa che la prossima volta non li metto gli occhiali. Comunque era solo un tentativo di non voler passare per il solito rapper. In quel periodo poi c’era la moda di farsi forza su queste situazioni…

Non volevi vendere l’attitudine “da strada” prima della tua musica.
Sì esatto, io ho lasciato le parole. Magari è stata una buona scelta, alla gente è arrivato questo.

E cosa ne pensi di queste scene qua?
Per me queste cose sono ridicole. Anche tutta questa storia del gangsta rap è una cazzata. Io sono il primo a distaccarmi dal gangsta rap e dal rap italiano in generale. A me la gente che scimmiotta nei video sembra ridicola. Mi sono sempre allontanato da queste cose, l’unico video con un po’ di artisti, non amici, che scimmiottano è quello di “Pantaloni Verdi,” dove c’è qualche cameo.

Ti immagini un giorno con la gente dietro di te nel video? Potresti fare una campagna su Facebook, magari chiami un po’ di gente a baciarsi…
No guarda io non ho proprio bisogno di mettermi a fare scena, pure il primo video che ho fatto: ero da solo come un cane, nella mia cucina distrutta. Non dovevo dimostrare niente, l’ho girato là dove stavo.

E adesso invece stai sul palco con Fritz e Noyz.
Eh sì, se ripenso che credevo Shablo fosse qualche mio conoscente che mi voleva prendere per il culo… Mai pensato di svoltare con la musica. Cioè poi se deve venire qualcosa, ben venga, se anche prendo due soldi oh, tutt’apposto.

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C’è gente che prende cose molto più piccole della tua con uno spirito diverso
Io sto coi piedi per terra, prima di tutto, sempre. Mi paro il culo.

Il suo agente [preoccupato]: e poi la strada è lunga eh…
Achille: Come no, mi devo fare un bel loft di 500 metri quadri

Cos’altro ascolti di rap, lasciando perdere l’Italia.
Ascolto Asap Rocky, Drake, Kendrick, Pusha appunto. Soprattutto questi suoni un po’ street. Ma anche Drake mi piace un sacco, anche i pezzi più soft, è una cosa che si vedrà anche nel mio prossimo lavoro, in parte, che mi piace la roba soft. Mi piacciono i ritornelli con le ragazze, per dirne una. Non è che faccio il grezzo e basta. Però è un livello di musica alta, al di là del rap, sono comunque veri e propri musicisti. Non si parla più di rapper, ma di musicisti.

C’è voluto il suo tempo, però.
Sì, ma non pensare, a me piacciono anche i primi dischi del Wu-Tang, che erano strettamente rap e non c’era una nota manco a pagarla. Però questa evoluzione che sta prendendo il rap americano, anche rimanendo grezzo, per me è una bomba, si sta riflettendo anche in Italia… cioè non è che mi piace in Italia, però mi piace questa ricerca della musicalità.

Di roba non rap cosa ascolti?
Ma l’ho detto, ascolto tutto. Anche in Italia, che so Vasco Rossi, Masini…

Qua ci tocca rivalutare Masini, lo citate tutti.
Ma Masini è un genio. Fidati, lui è uno che te la smette. A me piacciono le persone che te la smettono. Ci sono un sacco di musicisti italiani cantautori che mi fanno schifo, e non faccio nomi. Però comunque rispetto tanta gente, mi piacciono gli artisti che trasmettono.

Per te è il messaggio che conta, e come viene raccontato.
Esatto, come ti esprimi, quello che lasci. Uno che fotografa uno stato d’animo, scrivere è questo per me. Ci sono delle cose che ho scritto che ti giuro mi ricorderò per sempre quando le ho scritto, per come stavo psicologicamente. Secondo me ha colpito un sacco ‘sta cosa. Nonostante le cose un po’ grezze la gente ha colto il messaggio dietro più serio.

Capita quando racconti quello che ti tocca, si crea empatia, poi ovvio trovi sempre la gente che vuole tu faccia il Saviano del rap, c’è questo retaggio. Appena il rap smette di fare denuncia diventa merda, non è molto accettato come musica in senso stretto
Poi io sono uno che si prende sul serio su certe cose e pochissimo su altri pezzi. Quando tu tratti un argomento con certe sensazioni e un altro ci si rispecchia, allora per me hai vinto.

Questa combinazione funziona quando te sei soddisfatto di come esprimi le cose che hai dentro, se piace a un altro vuol dire che sei riuscito a interpretarti bene
Magari uno è passato nelle stesse situazioni, ti faccio un esempio: "Scarpe Coi Tacchi," che più che una dedica è una cosa mia di voler raccontare uno stato d’animo; ogni giorno mi scrive qualcuno, la gente è uscita fuori, perché si rispecchia nelle mie parole. Lascia perdere il rap e le altre stronzate, quando mi scrivono mi sento come te per me è il massimo.

E adesso che fai?
Poca roba, però fatta bene.

Direi che la chiudiamo qua. Grazie
Grazie a voi.

Puoi seguire Mattia e Sonia su No Twitter: @mattia__C, @acideyes