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Se Non Ora Quando e cosa possono insegnare davvero le italiane alle americane

Sul New Yorker lunedì si suggeriva che le donne americane, ora che devono avere a che fare con Trump, prendano spunto dalle italiane che nel 2011 hanno "catalizzato" la caduta di Berlusconi. Sarebbe bello—purtroppo non è andata proprio così.

La manifestazione anti-Berlusconi a New York del 13 febbraio 2011. Foto via Flickr.

L'altro giorno sul New Yorker è uscito un pezzo in cui si suggeriva che le donne americane, ora che devono avere a che fare con il presidente eletto Trump, prendano spunto dalle italiane che nel 2011 sono scese in piazza contro Berlusconi "catalizzandone" la caduta, nel corso della manifestazione Se non ora quando (SNOQ).

Non so cosa mi aspettassi di trovare in un pezzo il cui sottotitolo è "Le donne italiane hanno qualche consiglio da dare alle americane, basato sulla loro esperienza con Berlusconi": forse che qualcuno avesse il coraggio di dire di non essere conniventi quanto noi. Invece l'articolo era una riflessione sull'esperienza di SNOQ e su come possa fare da esempio per le donne che vogliono unirsi in consorzio contro Trump.

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Nell'articolo Francesca Comencini, che insieme alla sorella Cristina era stata tra le organizzatrici della manifestazione, dichiara che oltre al gusto per "il marmo, le abbronzature estreme e gli uomini forti […] spera che Berlusconi e Trump abbiano anche altro in comune: una caduta catalizzata dalle donne" (pur lasciandolo sempre intendere, nel pezzo si sta ben attenti a non chiarire un nesso causa-effetto) . La regista aggiunge che "In senso simbolico, [la manifestazione] è stata la fine dell'era Berlusconi […] Le donne italiane hanno fatto capire che quando è troppo è troppo."

Sul trumpismo, sulle ricette per gestirlo o per farlo cadere, su cosa significhi per il panorama internazionale pensavo di aver sentito tutto il possibile: non sono d'accordo con il paragone che molti media vanno facendo tra Trump e Berlusconi, né tantomeno mi aspettavo che potessimo essere citati come "precedente" alla sezione "movimento d'opinione che catalizza la caduta di un governo e sono in aria di femminismo."

Ora, per quanto riguarda i numeri, sicuramente il senso simbolico della manifestazione che ha avuto luogo il 13 febbraio 2011 in simultanea in molte città italiane è forte: coinvolse un milione di persone. Finita la necessità impellente di quella manifestazione, però, la frammentazione ideologica del gruppo ha presto fatto il suo e SNOQ si è diviso in "Se non ora quando - Factory" e "Se non ora quando - Libere", due gruppi in strenua opposizione su molti temi. Insisto su questa differenza, su cui tornerò dopo, perché mi pare importante per far capire che quella che si "catalizzò" non fu una presa di coscienza politica, ma un'esplosione di indignazione nei confronti del suo mix di politica e vita privata, intercettazioni, atteggiamento "goliardico" nei confronti delle donne etc: insomma nei confronti del berlusconismo.

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In effetti, la situazione italiana di quegli anni (non che sia cambiata molto) è tutta particolare, e un cartellone di SNOQ lo esplicita chiaramente: in Italia, Berlusconi non ha inventato niente. Il cartello dice "Non mi preoccupa Berlusconi in sé, mi preoccupa Berlusconi in te"—con una citazione di Gaber destinata a diventare endemica nel post berlusconismo. Che il nostro premier si dedicasse alla vita sciamannata si sapeva ben prima di Ruby, intercettazioni e bunga-bunga, perché il berlusconismo è un modo di esistere che permea la società italiana.

È su questo che si basa l'impunità "sociale" che l'ha circondato e gli permette di rispuntare redivivo al banco politico. Poi certo, ci sono gli episodi eclatanti che hanno fatto rabbrividire l'opinione pubblica, ma lo sciabordio costante di commenti da spogliatoio non è cominciato con lui. Ed è qui che mi sembra ingenua la dichiarazione di Comencini "Abbiamo avuto Berlusconi per molto tempo. Cominci a pensare che cose di un certo tipo siano normali, e non lo sono." E invece cose esistevano già, solo che non avevano un nome—ed è qui, secondo me, che ha fallito Se Non Ora Quando: unendosi per un "urlo di gruppo" di indignazione nei confronti di un uomo, per poi sciogliersi perché non c'era un ideale di lotta che ne accomunava i membri.

Non so se Trump rappresenti la società americana, ma non penso che prima di queste elezioni o tra dieci anni si dirà che gli Stati Uniti sono intrinsecamente trumpisti. Se non altro perché Trump è entrato troppo "a cazzo duro", pronunciando parole ingiustificabili senza il bastone-e-carota della famiglia retta, unita, cattolica con cui è cominciata la carriera politica dell'ex cavaliere.

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"Di sicuro rappresentano entrambi l'uomo potente virile che si fa da sé, il sistema valoriale del neoliberismo, l'importanza della possibilità di comprare, di disporre di beni, la difesa delle apparenze anzitutto, il nazionalismo, la chiusura identitaria," commenta Bonomi Romagnoli, giornalista che partecipa da decenni al dibattito e alla lotta femminista in Italia,"e nel modo in cui trattano le donne sono proprio il maschio medio comune."

È vero certo che un determinato atteggiamento nei confronti dell'altro sesso accomuna i due tycoon, ed è evidente negli episodi riportati per esempio nell'articolo—il commento sull'inchiavabilità di Merkel (che poi probabilmente non ci fu) emesso a inquinare l'aere del pianeta Terra da Berlusconi, la lapidaria risposta di Trump alle accuse di molestie "non sarebbe la mia prima scelta".

Sì, SNOQ fu un segnale forte di esasperazione, ma ha lasciato l'amaro in bocca alle donne stesse. "Sono sempre stata critica nei confronti del movimento," racconta Bonomi Romagnoli, "perché non mi piaceva il loro approccio, che consideravo moralista nella distinzione tra donne per bene e donne per male—ovvero olgettine, veline, quelle che secondo loro si prestavano al maschilismo berlusconiano."

Insomma, da parte di chi è sceso in piazza nel 2011 non c'era poi tutta questa voglia di includere anche donne più colpevolmente disponibili, e le condanne alla "Pornocrazia" sono anche condanne alle donne che ci si prestano.

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E questo dipende dall'altra accennata caratteristica di SNOQ, l'eterogeneità—portare in piazza persone che non concordano su questioni ideologiche fondamentali, usando come pungolo la quantità e vastità delle cazzate fatte da Berlusconi, ha fatto sì che quella manifestazione avesse un valore di rottura non come manifestazione di donne ma come dimostrazione dell'esistenza di una massa critica contro Berlusconi, forse catalizzata dai recenti avvenimenti in cui erano coinvolte in un modo ben preciso delle donne.

Però—attenzione—non era una massa progressista, come si è visto, né non una massa "spontanea" di donne, ma una massa di donne potenti (Comencini, Camusso), uomini, oppositori (Di Pietro, Nichi Vendola), contro (Dario Fo) e addirittura campionesse del conservatorismo (Giulia Bongiorno). Nonostante non sventolassero bandiere politiche, insomma, una fetta dei partecipanti era composta da politici, sindacalisti, persone indignate con l'ex premier da un punto di vista certo umano, ma forse anche utilitaristico.

Ed è infatti su una materia politica, totalmente diversa, che Berlusconi è caduto: l'Europa, l'economia. Non certo per aver detto che Rosy Bindi è "un uomo".

A conferma del quasi nulla di fatto che a livello sociopolitico è valsa quell'azione, c'è il fatto che dopo Berlusconi non è che sia cambiato poi molto. "No," commenta Bonomi Romagnoli, "Non direi [sia cambiato molto]. Berlusconi era l'uomo medio arrivato al potere che non si faceva problemi a tirar fuori battute sessiste, ma non credo che gli uomini che sono rimasti al potere siano tanto diversi da lui. Magari usano il politicamente corretto, non arrivano alle bassezze, agli aggettivi, alle battute, ma comunque lavorano su una mera illusione di parità dei sessi."

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Ovvero: nonostante le ministre, siamo indietro "nella parità sul luogo di lavoro, nei diritti del corpo perché abbiamo una 194 che funziona solo se trovi qualcuno che si degna di applicarla, i centri antiviolenza che chiudono e da soli comunque non possono fermare un fenomeno che è culturale e non emergenziale, l'educazione sessuale assente." Sabato scorso è stata lanciata, e proprio Barbara Bonomi Romagnoli era tra le organizzatrici, una manifestazione contro la violenza sulle donne che a Roma ha raccolto 200.000 partecipanti, Non Una di Meno.

Ecco, forse le donne americane potrebbero pensare ai tempi bui che le aspettano come Orson Welles pensava al Rinascimento italiano: c'erano le guerre, la fame e i Borgia ma c'erano Michelangelo e Raffaello. Forse Zizek non era uscito del tutto di testa (…) quando diceva che c'è bisogno di una ricostruzione della sinistra come unità e che Trump ne è un segnale. E forse le donne non possono fare niente per far cadere Trump ma possono trovare nell'essere contro di lui un motivo di unione per fare muro a protezione dei propri diritti. Quello che mi viene da dire è che non credo lo impareranno da noi.

Intervista raccolta da Flavia Guidi. Thumbnail via Flickr.

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