FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Snow On Tha Bluff

Una passeggiata per il ghetto più pericoloso di Atlanta con Omar di The Wire e il suo corrispettivo nella vita reale.

The Bluff, acronimo che sta per “Better Leave You Fucking Fool,” è una zona di Atlanta che tutti evitano accuratamente. Si trova al primo posto nella classifica dei quartieri più pericolosi della città, e nel 2010 risultava al quinto posto in tutti gli Stati Uniti. Anche una semplice ricerca su Google vi dirà che se cercate eroina, il Bluff è il posto giusto, sempre che non vi dispiaccia trovarvi con una pistola puntata in faccia. Più della metà delle vie citate nei pezzi rap di Atlanta appartengono a questo quartiere.

Pubblicità

Snow On Tha Bluff, un film di prossima uscita definito “docu-drama” e ambientato proprio nel quartiere, segue le vicende di Curtis Snow, un vero spacciatore e rapinatore che compie realmente tutte le azioni rappresentate. Il clamore suscitato dal trailer del film e dal video di Curtis che parla della lunga cicatrice che ha sul collo, procuratagli da un tizio che gli doveva 80 dollari, ha portato l'attore Michael K. Williams, conosciuto per il ruolo di Omar nella serie The Wire, a interessarsi della produzione e a definire Curtis “l'Omar della vita reale.” Un paio di settimane fa i due si sono incontrati per la prima volta, e anche io sono stato invitato nel Bluff.

Ci siamo incontrati un giovedì pomeriggio. Faceva caldo e ci eravamo infilati in otto in un grande SUV nero, anche se il viaggio dal lussuoso hotel del centro in cui stava Michael non è stato poi così lungo. Atlanta è interessante perché le differenze culturali ed economiche cambiano da zona a zona, e quasi non ci sono confini netti tra i loft da ricchi e le case popolari. Mi ricordo di aver capito che ci stavamo avvicinando al Bluff quando un gruppo di uomini per strada ci ha urlato “Niente foto!” Quasi tutti quelli che abbiamo incontrato e che non avevano a che fare con il film insistevano su questo punto: fanculo le telecamere, e fanculo a te per avermene puntata una addosso. Mentre passavamo di fronte a case che sembravano sopravvissute a un uragano, chiuse con assi di legno e abbandonate, ridotte a pezzi o mezze bruciate, Michael guardava fuori dal finestrino e commentava ad alta voce il panorama. “La cosa difficile non è andarsene dal ghetto,” ci ha detto, “è tornarci.”

Pubblicità

È proprio questo che rende così avvincente il progetto di Snow on Tha Bluff: Curtis e la sua crew sembrano risoluti nella loro decisione di girare un film sulla loro vita di spaccio e rapine. I luoghi che si vedono nel film sono quelli in cui vive, e anche se alcune scene sono recitate (probabilmente il film è stato girato con una telecamera rubata a qualche ragazzino ricco che era andato nel Bluff per comprare ecstasy o cocaina) le persone e i posti sono reali. Curtis vive in quel quartiere da 25 anni, non lontano da dove ha vissuto Martin Luther King Jr.

Curtis e la sua crew ci stavano aspettando alla fine di una strada che fiancheggiava una grossa casa occupata con mattoni a vista, con davanti un prato recintato e abbandonato. Fuori, al sole, c'era gente di ogni età, dai due ai sessant'anni, che fumava erba e beveva birra. Curtis stava bevendo un liquido rosso da un bicchiere di carta. L'erba era piena di schedine giocate, tappi di bottiglia, rifiuti da fast food, sacchetti di plastica, e innumerevoli mozziconi e filtri di canne. Michael e Curtis si sono presentati e hanno iniziato immediatamente a parlare dello strano legame tra le loro vite: Curtis vive quotidianamente ciò che Michael interpretava in televisione.

Come Curtis, anche Michael ha una cicatrice in mezzo alla faccia, il risultato di una rissa in un bar risalente proprio allo stesso weekend della sua prima grande apparizione mediatica. Fino alla seconda serie di The Wire dormiva sul pavimento di una casa popolare aspettando la svolta della vita, proprio come sta facendo ora Curtis con le aspettative per il suo documentario. La vita di Curtis nel ghetto, però, è tragicamente reale; tra un tiro d'erba e l'altro continuava a raccontare storie di amici e vicini morti ammazzati. Quando Michael ha chiesto a Curtis Jr., il figlio di quattro anni di Curtis, che cosa volesse fare da grande, il bambino ha risposto “Voglio compiere cinque anni.”

Pubblicità

“No, digli cosa vuoi fare veramente, “ ha insistito il padre. Il bambino ha timidamente abbassato gli occhi e ha detto “Il cantante.”

Dopo le presentazioni, Curtis e una quindicina dei suoi compagni ci hanno fatto fare una passeggiata per il quartiere, passando per alcuni luoghi presenti in Snow on Tha Bluff. Per almeno tre volte mi hanno detto di stare attento alle macchine che spuntano improvvisamente dalle strade deserte, perché lì non hanno problemi a metterti sotto. Tra le case desolate e in rovina vagavano, apparentemente senza meta, gruppetti di persone. Tutti conoscevano Curtis, lo salutavano e gli dicevano che più tardi sarebbero passati da lui. Non abbiamo mai incrociato nessun poliziotto—sembrava quasi di essere nella versione ingrandita di “Hamsterdam” di The Wire.

“Ci vuole dello Xanax!” ha urlato un nonnetto mentre passavamo a pochi metri dall'angolo di un marciapiede dove era riportata per più di 30 volte la scritta “R.I.P.”. Abbiamo incontrato una zingara chiamata “Lady Eroina” che non aveva quasi più denti. Più tardi, una vecchietta che vive da anni in una veranda tra scatole di cartone insieme a un cucciolo di cocker spaniel ci ha invitato a entrare per mostrarci il biglietto col volto di un parente appena morto. Ha benedetto tutti per tre volte prima che ce ne andassimo.

Nonostante la miseria che li circondava, tutti sembravano di buonumore. Per essere un quartiere così pericoloso, l'atmosfera appariva positiva e ospitale. Abbiamo visitato una casa nel mezzo del nulla, gestita da una vecchia signora che fornisce gratuitamente test per l'HIV e l'epatite C, così come cibo, vestiti e siringhe a chiunque ne abbia bisogno. Un amico di Curtis ha preso una manciata di preservativi dicendo tra sé e sé “Questi li finisco in cinque minuti.” Michael sembrava commosso dalla presenza di questo servizio, e ha registrato su due piedi un appello a Obama perché facesse di queste iniziative un progetto a livello nazionale.

Pubblicità

Sembrava tutto così normale che ho dovuto ricordare a me stesso che se fossi stato lì da solo e senza telecamere le cose sarebbero andate diversamente, specialmente di notte. Le notizie recenti, come quella del quindicenne ucciso mentre cercava di bloccare la porta di casa e tenere fuori i rapinatori, rafforzavano la mia impressione. “I poveri non chiedono,” ha detto Curtis a Michael, “pretendono.”

Il Bluff sembrava davvero una giungla urbana, una specie di far west di sobborghi degradati. Non essendoci negozi di alimentari, l'unico luogo in cui procurarsi cibo o qualsiasi altra cosa era un negozio di alcolici, dove è quasi scoppiata una rissa mentre stavamo comprando dell'acqua, necessaria dopo ore sotto il sole. Il proprietario era uscito per dire a Curtis che non poteva entrare, vista la sua cattiva reputazione. Ho chiesto a un ragazzo della crew di Curtis se aveva speranze di andarsene dal Bluff, mi ha fatto un mezzo sorriso e ha detto che non lo sapeva, ma che l'unica via d'uscita era “usare la propria conoscenza, come Tupac.”

Alla fine della sfacchinata siamo tornati nell'appartamento di Curtis, un salotto piccolo e buio con due divani disposti intorno a un grande televisore dallo schermo rotto, che rendeva le immagini gialle. Stava andando in onda un programma per bambini che nessuno guardava. Sul tavolino c'erano due panini di McDonald freddi ancora incartati. Le pareti gialle erano coperte da quadri di un letto, un angelo, e quella che mi sembrava una riproduzione delle Ninfee di Monet. Ci siamo rilassati al buio parlando della giornata trascorsa. È arrivata una ragazza che sperava di vendere dello Xanax, otto pastiglie per dieci dollari, ma quando le ha mostrate a Curtis lui le ha detto che era Roxicodone, e lei se ne è andata triste. “La gente non sa nemmeno quello che vende,” ha detto Curtis, “io ho la roba vera, guarda.” È andato nella stanza sul retro ed è tornato con una confezione di Benadryl e altri farmaci da banco, poi si è seduto e si è rollato una canna.

Verso la fine del pomeriggio Curtis ha parlato a Michael delle sue speranze per Snow on Tha Bluff, anche se il suo atteggiamento sembrava realistico, pronto a tutto. “Si può solo andare più in alto,” ci ha detto, sdraiato sul divano mentre fumava. Un film così unico, che non ha timore di voler mostrare la realtà di un mondo in cui la maggior parte della gente non metterebbe mai piede, non può che scatenare reazioni molto diverse. A un festival cinematografico di Atlanta, le critiche degli spettatori hanno rischiato di finire in rissa. È un film crudo, parla del ghetto, è pieno di pistole, cocaina e culi, ma allo stesso tempo mostra delle persone che vogliono solamente qualcosa di più, un posto che sia solo loro. E al di là di tutto, lo sguardo della pellicola è sincero. Nel buio riuscivo quasi a vedere gli occhi di Michael coperti dagli occhiali da sole, mentre diceva la battuta finale della giornata: “Se ricevi critiche vuol dire che stai facendo la cosa giusta.”

Segui Blake su Twitter: @blakebutler