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Fotografia di Gabriele Giussani.

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Musica

Perché i Måneskin piacciono a tutti?

Perché salveranno il rock? Perché fanno scandalo? Perché sono giovani e belli? Abbiamo provato a capirlo.
Martina Lodi
Milan, IT

La scorsa settimana i Måneskin hanno pubblicato a distanza di pochi giorni un nuovo singolo con rispettivo video, "Torna a casa", e annunciato che il primo album ufficiale del gruppo sarà preceduto da un docu-film nel quale ai fan verranno mostrati il processo creativo di lavorazione al disco e il lato privato del gruppo di giovanissimi. La mia immediata reazione alla notizia è stata: ma davvero a qualcuno interessa così tanto?

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Non perché, sia chiaro, io abbia qualche problema particolare con i Måneskin in quanto tali (anzi credo di averli pure votati nella scorsa finale di X Factor) o perché consideri indegno di essere ascoltato tutto quello che non è ambient techno, ma perché banalmente un documentario di un’ora e passa mi sembrava un filino eccessivo per una band emergente che ha finora pubblicato solamente un EP di cover. Stiamo però parlando di un gruppo che ha riempito i locali in tutta Italia facendo un sold out dietro l’altro, e visto che qualcuno quel docu-film lo avrà dovuto finanziare mi sembra evidente che sí, a qualcuno interessa così tanto dei Måneskin.

Quando i Måneskin sono apparsi sul palco di X Factor sono stati accolti dai giudici e dal pubblico, a casa e in studio, con parecchio entusiasmo. L'opinione generale sembrava essere, all’incirca: "Che figata, finalmente qualcuno di giovane che fa della roba un po’ diversa". Era abbastanza comprensibile: nei talent generalmente spiccano i solisti (con belle voci, che portano cover molto vicine all’originale), mentre le band sembrano sempre un po' la versione italiana di qualcos'altro. Inoltre è raro vedere in quel contesto gruppi di ragazzi giovani con una sicurezza che gli permetta di non farsi mangiare dal palco e dalla pressione, e che anzi riesca dalla prima esibizione ad affascinare gli spettatori. Anche la stampa che abitualmente non si occupa di musica, e che segue X Factor più come un qualsiasi reality che per il lato prettamente musicale, perché è una cosa grossa che succede nella cultura pop ogni anno, ha parlato immediatamente di loro.

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Uno screen dall'esibizione di "Kiss This" con pole dance e scotch sui capezzoli di Damiano.

L'inedito con cui si presentavano era in inglese, con un testo piuttosto scarno: la chiave del loro successo era soprattutto quella che tutti, in primis il loro giudice nel programma Manuel Agnelli, hanno chiamato personalità. Se dovessi descrivere il look dei Måneskin lo definirei vicino al glam, uno stile percepito come più o meno "trasgressivo" dal pubblico generalista. Il lavoro di styling, anche durante il programma, è stato molto preciso e ha creato un’estetica molto definita, sempre più cool-trasandata, fatta di capelli cotonatissimi e trucco pesante. A completare il tutto c'è stata una performance in cui il frontman diciannovenne Damiano David si è esibito in calze a rete facendo pole dance, ripresa praticamente da tutta la stampa nazionale (tra cui Vanity Fair con il pregiatissimo titolo "Damiano la bomba sexy, come sorprendi stasera?") e ripetuta poi in tour.

Il brand era chiaro e l'obiettivo, dopo la fine del talent, sembrava quasi essere far parlare più di sé che della propria musica. I media italiani hanno colto praticamente ogni occasione per tirarne fuori del gossip: "Damiano e Victoria si credono Johnny Depp e Kate Moss. E i fan si infuriano", ha titolato il Giornale a partire da una loro foto qualsiasi su Instagram. Deejay.it ha invece dedicato un articolo a "Damiano in piscina con gli slip di pizzo", facendo notare quanto le fan fossero "impazzite". E così via, di articolo gridato in articolo gridato. Pur lasciando intendere di voler essere rock i Måneskin sono diventati in tempo zero un fenomeno pop riconoscibilissimo, riuscendo a realizzare quella che probabilmente era la loro tutt'altro che intransigente idea di rock.

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Nonostante la copertura mediatica che hanno ricevuto, sul palco i Måneskin sono rimasti una rock band qualsiasi. Le cover presentate durante i live sono state a seconda dei casi più o meno riuscite, ma l'obiettivo non era la ricerca di precisione vocale o di una grande innovazione musicale. X Factor cerca pop star che facciano musica per un pubblico il più ampio possibile e una cosa non deve essere perfetta né rivoluzionaria per piacere a tanti. Basta che funzioni, ed è questo che hanno fatto i Måneskin. Sono arrivati pompatissimi in finale, classificandosi secondi per poche migliaia di voti ma riuscendo comunque a piacere alle ragazzine tanto quanto alle loro madri, come ha notato con soddisfazione anche Damiano in questa intervista rilasciata a pochi giorni dalla fine del programma.

È forse solo dalle interviste che si riesce a ricavare un quadro meno artefatto di questi ragazzi, a capire chi siano e che cosa vogliano fare. Ne emerge il ritratto di giovani ambiziosi, anche un po’ arroganti, con tanta voglia di sfondare. Pochissimo spazio viene lasciato per confessioni personali e uno dei pochi scorci è forse in questa, dove i componenti raccontano quali sono i loro generi musicali preferiti spiegando che il sound "complesso" della band deriva dalla commistione dei generi che ciascuno di loro preferisce. Damiano ad esempio è sempre stato un amante del soul e del pop, mentre la bassista Victoria dice di apprezzare più o meno qualsiasi cosa, tra cui "Pompo nelle casse" dei Power Francers. Quello che comunque emerge con chiarezza da ogni loro dichiarazione è la dedizione che i membri della band mettono nel loro lavoro, dedicandosi interamente alle prove e alla scrittura di brani nuovi. L'hanno dichiarato molte volte: non hanno intenzione di scomparire come altre “meteore” passate dal programma, puntano ad arrivare sempre più in alto.

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Vista da questa prospettiva, la svolta dell’ultimo singolo sembra inevitabile. Mettersi a cantare in italiano di un amore tormentato, girare un video in una villa settecentesca lasciando da parte drag e tacchi alti, facendo quello che fanno la gran parte dei cantanti e dei gruppi italiani da vent’anni a questa parte è una mossa che denota la ricerca di una sicurezza, la volontà di allontanarsi dall’immagine dei rocker che danno scandalo.

Ho sempre avuto l'impressione che il vero punto debole del gruppo fosse comunque la scrittura dei testi, di cui è autore Damiano: non so se i Måneskin abbiano mai realmente avuto qualcosa da dire al proprio pubblico, o se semplicemente siano un gruppo di gente molto giovane che si diverte a dare spettacolo e a suonare e che mira a farlo a lungo, per un pubblico il più ampio possibile. Forse inizialmente ce ne siamo disinteressati e, affascinati dal loro essere cool e a proprio agio sul palco, abbiamo ignorato che fondamentalmente stessero riproponendo roba che era innovativa negli anni Settanta.

L'artwork di "Chosen".

Dall'inglese smascellato del loro primo inedito, "Chosen", ho faticato a cogliere un paio di frasi intere. Genius come al solito mi è venuto in soccorso: riassumendo, i prescelti del titolo sono proprio i membri del gruppo, che dicono tipo "Ho iniziato a diciassette anni e non ho paura, no / e so che sembra un cliché, ma questo è il mio momento / E non m’importa cosa pensa la gente perché io sono nato per questo, sì". Mi sembra un testo qualsiasi, un po’ presuntuoso ma comunque adatto all'immagine che il gruppo voleva dare nel complesso.

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Con i testi in italiano sono però cominciati i problemi perché rendendosi comprensibili hanno anche reso comprensibile il fatto che più o meno non ci stavano dicendo nulla. Nelle loro nuove parole si intuisce il tentativo di avvicinarsi a una scrittura d’amore, abbastanza classica nel pop italiano. Il primo “Morirò da re” parla di redenzione: nel ritornello si ripete "Morirò da re, amore accanto a te” eccetera. Praticamente niente di nuovo, restano megalomani e ci aggiungono l'ammmore.

Non che l'assenza di contenuti sia un problema, intendiamoci. La trap va forte proprio grazie all'assenza di una qualsiasi volontà di comunicare qualcosa al di là di quello che viene effettivamente detto (c’è completa aderenza tra significato e significante, si direbbe in semantica). Resta che a nessun trapper verrebbe mai in mente di parlare d’amore come fanno i Måneskin in "Torna a casa", l’ultimo singolo, scrivendo cose come: "Cammino per la mia città / e il vento soffia forte / mi son lasciato tutti indietro e il sole all’orizzonte" o "Che c’ho una frase scritta in testa ma non l’ho mai detta / Perché la vita senza te non può essere perfetta", che nel migliore dei casi non vogliono dire granché e nel peggiore fanno un po’ ridere.

Sul trailer del docu-film faccio davvero fatica a esprimermi: vediamo i membri della band che si esibiscono, Damiano che urla "LET’S BE FUCKING ROCK N ROLL BABE", pantaloni di pelle e poco altro, perciò direi che si inserisce perfettamente nella narrazione che finora il management ha costruito per il gruppo. Il prezzo che i Måneskin stanno pagando è, credo, una perdita di autenticità all'interno del contesto italiano. Solo sul lungo periodo sapremo se i loro fan continueranno ad apprezzarli o se in realtà erano solo rimasti ammaliati dalle calze a rete e dal loro inglese un po’ sguaiato. Resta che la musica pop italiana continua ad andare verso un appiattimento generale: come dicevamo qui, "gli autori sono sempre i soliti quattro vecchi" e, aggiungerei, quando gli autori non sono vecchi fanno di tutto per sembrare tali. Probabilmente aspettarsi che a rinfrescarla sarebbe stato il prodotto di un talent è stato ingenuo da parte di tutti. Mi ronza in testa una cosa che una volta ha detto un mio professore: che i vent’anni non sono l’età in cui ci si preoccupa della pensione, perché sono o dovrebbero essere l’età dell’entusiasmo e delle scelte di pancia. Si può dire forse che i Måneskin, nonostante nessuno di loro vent’anni li abbia ancora compiuti, si sono messi a pensare alla pensione con largo anticipo. Martina è su Instagram e Twitter. Segui Noisey su Instagram e Facebook

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