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I movimenti pro-vita non sanno più cosa inventarsi per la loro triste propaganda

Per questo ogni loro campagna è sempre più becera, come quella "due uomini non fanno una madre" lanciata in questi giorni.
Niccolò Carradori
Florence, IT
campagna provita onlus due uomini non fanno una madre

La posizione comunicativa dei movimenti cattolici radicali negli ultimi anni è stata quella dell'accerchiato, volta a mostrare il proprio dissenso e la propria aggressività verso gli omosessuali e la libera scelta delle donne di abortire tramite una finta passività stoica. L'esempio perfetto sono le Sentinelle in Piedi: scopiazzando la resistenza non violenta di certa parte dei movimenti per i diritti civili, rovesciano le dinamiche di aggressione. È "il gender" che aggredisce la società, non la società che storicamente aggredisce il mondo omosessuale.

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Lo si riscontra anche nei modi, nell'atteggiamento di personaggi politici come Simone Pillon. Sempre tranquillo, con il farfallino, e quella voce flebile che modula un lessico da uomo ben educato e rispettoso. La violenza e l'intolleranza di questi soggetti si nota quasi esclusivamente dai loro slogan e dalle loro campagne.

Ieri, ad esempio, si è parlato molto della nuova campagna creata dall'onlus ProVita e da Generazione Famiglia (una peristalsi di Manif Pour Tous Italia) per combattere le trascrizioni ufficiali che alcuni sindaci italiani stanno mettendo in atto per riconoscere come figli legittimi di coppie omosessuali i bambini nati con l'utero in affitto.

Nei cartelloni della campagna si vede un bambino in lacrime—e con un codice a barre stampato sul petto—che se ne sta in un carrello della spesa manovrato da quelli che sembrano due tronisti dallo sguardo truce, GENITORE 1 e GENITORE 2. Accanto lo slogan della campagna: "due uomini non fanno una madre. #stoputeroinaffitto."

Ormai il tono e le ispirazioni comunicative di queste associazioni hanno travalicato ogni confine e sono sfociate nel picaresco. E sono loro stessi ad evidenziarlo: il loro comunicato stampa ufficiale inizia con il titolo "CHAMPAGNA CHOC". Le loro idee medievali e la loro concezione ampollosa della società civile generano talmente indifferenza che le uniche soluzioni che trovano per far parlare delle loro battaglie inutili sono queste sottospecie di trollate, o al più la trasposizione su cartellone di "NON PUOI CAPIRE CHE È SUCCESSO! CLICCA QUI!"

Lo stesso discorso si vale con i manifesti contro l'aborto recentemente affissi a Roma—ideati da un'altra sigla, ma con dentro le stesse persone—e più in generale se si osserva il loro apparato iconografico (composto dalle stesse foto raccapriccianti che girano di manifestazione in manifestazione). Persino il loro merchandising è grottesco, con i mini-feti di plastica e le spille di piedini.

Personalmente, trovo questa cosa estremamente rassicurante: come se fosse la certificazione del fatto che la società, nonostante i rallentamenti, ha raggiunto un livello di evoluzione che non è possibile far regredire. In un periodo storico in cui ogni stronzata razzista e omofoba ottiene un'eco gigantesca, in cui navighiamo a vista nel conservatorismo, i pro-vita non sanno davvero più cosa fare per farsi ascoltare—Giorgia Meloni a parte.

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