Il Sud Africa balla a ritmo di kwaito
Duo Darkie Fiction (Foto di Amy Braaf)

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Musica

Il Sud Africa balla a ritmo di kwaito

A metà anni Novanta questo ibrido di rap, house e tradizione fu la colonna sonora della fine dell'apartheid, ma nel 2018 i giovani non hanno ancora smesso di suonarlo, cantarlo e ballarlo.

Per molti aspetti, il Sudafrica è un paese in fase transitoria quasi permanente. All’inizio degli anni Novanta si è risollevato dopo decenni di Apartheid e supremazia bianca per trasformarsi in quella che molti hanno definito la “nazione arcobaleno”. Il termine, coniato dall’Arcivescovo Desmond Tutu dopo le elezioni democratiche del 1994, voleva rappresentare la comunità inclusiva e multirazziale che ora convive in pace nel paese, portando una ventata di ottimismo contagioso.

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Con il “nuovo Sudafrica” emerse anche un nuovo genere musicale: il kwaito nacque per dare voce e speranza ai milioni di cittadini neri di tutto il paese. Il Kwaito—BPM non troppo elevati, bassi potenti e una netta somiglianza con l’house music—fu di fatto la colonna sonora della democrazia nascente. Nel 1995 Arthur Mafokate, anche conosciuto come il “re del kwaito”, pubblicò “Kaffir”, un pezzo in cui faceva satira sull’uso che i sudafricani bianchi facevano di quel termine, equivalente locale del termine razzista “nigger”. Tre anni più tardi i Boom Shaka pubblicarono “Nkosi Sikelela”, in cui rivisitarono l’inno nazionale con un testo nuovo tra mille polemiche.

In risposta alle accuse Junior, un membro del gruppo, dichiarò: “Non stiamo insultando nessuno, questa è solo la nostra versione… [molti ragazzini] non conoscono nemmeno il testo originale della canzone. La reazione alla nostra versione è stata incredibile, la adorano.” L’iniziativa, incompresa e criticata fortemente all’epoca, è forse uno dei migliori esempi di quello che rappresenta ancora oggi la musica kwaito per il paese: rimettere in discussione il progetto della nazione arcobaleno, criticarlo quando necessario e definire il proprio concetto di libertà.

La musica kwaito esiste fin dalla nascita della nazione arcobaleno. E ha continuato a esistere fino al crollo di questo progetto utopistico all’inizio degli anni 2000. Ma quindi cosa resta oggi di questo genere dimenticato? La faccenda è complicata. Occorre probabilmente precisare che, nel 2018, il kwaito non si può più chiamare “kwaito”. Il genere è profondamente mutato, dando vita a diversi sottogeneri quali il Durban kwaito a KwaZulu Natat, lo skhanda (un genere rappresentato dal rapper KO che unisce kwaito e hip-hop) a Johannesburg, il kwai-hop a Soweto e il kaito new-age di Okmalumkoolkat, Cassper Nyovest e Riky Rick.

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Ad aprile ho visto due esponenti della nuova generazione kwaito esibirsi a Braamfontein. Kid X—rapper dell’etichetta skhanda Cashtime—ha suonato alcuni pezzi in chiave kwaito davanti alla folla in visibilio del club Republic of 94. Kid X ha acceso il pubblico con il tradizionale schema kwaito botta-e-risposta che applica a pezzi come “Aunty” e “Pass ne Special”, che ricordano il genere nelle loro sonorità roche e nel ritmo rallentato delle percussioni.

Poco lontano da lì, in un noto pub chiamato Kitcheners, ho visto in concerto il duo future kwaito Stiff Pap, di Città del Capo, dove nei quartieri di Rondebosch e nel vicino Observatory anche i Bougie Pantsula stanno reinterpretando il kwaito. Quella sera, gli Stiff Pap sono riusciti a conquistare il pubblico con un mix di gqom, kwaito ma anche drone music e sonorità industrial. Entrambe le band, i cui membri studiano all’università di Città del Capo non si definiscono band di kwaito ma si ispirano apertamente al genere. Ed è proprio questo, forse, il contesto migliore per lo sviluppo di un nuovo kwaito. Una produzione musicale ispirata ai predecessori dei primi anni Novanta—da cui prende in prestito le tavolozze di colori, lo slang e la cultura pop—ma reinterpretata in chiave moderna, per una generazione che è cresciuta con MTV e internet. Ma per capire quali saranno i futuri sviluppi del genere, è fondamentale ascoltare e scoprire i nuovi artisti che lo stanno reinterpretando.

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Stiff Pap

Prendi il basso e il ritmo del kwaito, uniscilo al drone, aggiungi un po’ di gqom e house: questi sono gli Stiff Paff, un duo di rapper e producer spesso definiti come una band di future kwaito—etichetta che i diretti interessati non amano molto. Il loro produttore Jakinda ha fortemente influenzato le sonorità di pezzi come “Jaiva Pantsula,” “Amagroovist” e “Dlala,” del loro primo EP. Lo stesso, ha prodotto anche pezzi kwaito per altri artisti, tra cui Mx Blouse, rapper genderqueer di Johannesburg.

“Entrambi ascoltiamo musica kwaito” spiega il rapper Ayema. “TKZEE, Zola e più recentemente KO sono tra gli artisti che ascolto di più. Ma quando sono in studio, l’influenza è inconscia.”

Bougie Pantsula

“L’origine del nostro nome è piuttosto bizzarra,” dice Matt Ryan, producer e metà del duo Bougie Pantsula assieme al rapper Just Jabba. “Siamo entrambi di ekasi, il quartiere, ma abbiamo frequentato scuole per bianchi e volevamo che questo venisse fuori nel nome. Bougie Pantsula rappresenta proprio questo. Bougie è il mondo in cui ci siamo ritrovati, noi ragazzini neri in una scuola privata per bianchi, e Pantsula si riferisce al nostro background nel quartiere.”

La pantsula è una danza nata in Sud Africa negli anni Cinquanta, durante il periodo di segregazione razziale, nei villaggi abitati dai neri. Si è poi sviluppata in una forma espressiva da cui è nato anche un certo stile nel vestire, e che ancora oggi caratterizza la cultura kwaito. I cappelli alla pescatora, l’uso dello tsotsi-taal (cioè il dialetto locale) e la vocazione politica del genere sono in qualche modo nati dalla pantsula.

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Ad aprile i Bougie Pantsula hanno pubblicato il loro primo EP su Soundcloud. Ci sono influenze hip-hop e house, ma il suono di base resta inequivocabilmente kwaito. In “Ungajumpisi”, Just Jabba racconta del suo incontro con una ragazza a una festa in un mix di isiZulu e inglese su una base fatta di accordi melodici, pacchi di synth e ritmi incalzanti. La seconda parte del pezzo vira verso l’hip-hop e gli elementi classici del rap, tra cui versi contro gli hater e la paura.

Batuk Music

Spoek Mathambo e Carla Fonseca coniugano sapientemente kwaito e house music nel loro progetto Batuk Music. Se normalmente la loro produzione musicale spazia tra house music, kwaito ed elettronica, il loro Move! EP può essere definito un prodotto essenzialmente kwaito, “molto più di tutto il resto della nostra produzione,” conferma Fonseca. “È stato il nostro tributo al kwaito anni Novanta, in particolare con ‘Dala What You Must,’ ‘Niks Mapha’ e ‘Move.’ D’altronde, siamo cittadini sudafricani cresciuti negli anni Novanta. Il kwaito ha avuto una forte influenza culturale e musicale su di noi. È una cosa che va oltre la musica: arriva a toccare lo stile e l’atteggiamento, il linguaggio e l’orgoglio per le nostre origini.”

Darkie Fiction

Come i Bougie Pantsula, questa coppia di artisti e performer esprime attraverso la musica le due anime della propria cultura. “È l’unione tra il mio passato nell’area rurale della provincia del Capo Orientale e il background suburbano di Yoza che ha vissuto nella zona di East London,” spiega il rapper Katt Daddy. Dalla natura incontaminata, alla metropoli in continuo fermento, il risultato è una produzione artistica che rispecchia le due culture, apparentemente agli opposti, e ne celebra i punti in comune.

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Katt, con il suo passato da rapper, compone versi onesti e dal ritmo lento, mentre Yoza canta i ritornelli e le strofe con un registro di ispirazione soul. Dal punto di vista visivo e musicale, ricordano una versione kwaito new-age di Bonnie & Clyde, alle prese con una cultura mainstream piuttosto chiusa e retrograda.

“Vi ricordate quanto era rilassata l’atmosfera in passato?” chiede Yoza. “La nostra musica si ispira proprio a quel sentimento nostalgico. Il nostro singolo d’esordio, ‘Selula’ è un gioco di parole. Selula è un cellulare ma nella lingua isiXhosa può essere tradotto con ‘quando era semplice’. Quindi la canzone parla di come i cellulari abbiano complicato tutto e ricorda con un filo di nostalgia l’epoca passata—quando da bambini non avevamo nulla di cui preoccuparci.”

Dopo “Selula”, è stata la volta del singolo “Bhoza,” dove su un groove di batteria trascinante, il duo parla di superare gli ostacoli. Il pezzo sarà inserito nel primo EP del duo, Sobabini (“noi due”), che sarà pubblicato a breve.

Riky Rick

Riky Rick viene spesso definito un rapper, ma lui si considera un artista kwaito a tutti gli effetti. Il fenomeno di Johannesburg mutua da sempre slang e stile dal tradizionale genere sudafricano, con le sue giacche di pelle, il cappellino alla pescatora e gli anelli in oro.
Riff di basso graffianti, cassa e charleston veloci scandiscono il ritmo, proprio come nei brani tradizionali kwaito. Lo scorso anno, ha detto a Pause Magazine che nonostante le persone lo considerino un rapper, lui si sente profondamente kwaito. “Sono un artista kwaito. Il kwaito è il mio genere principale,” spiega. Pezzi come “Boss Zonke,” “Amantombazane” e “Stay Shining”—il cui video è deliberatamente ispirato al leggendario gruppo kwaito TKZEE e alla loro “Dlala Mapantsula”—ne sono la prova. Nel video di "Stay Shining", Riky Rick rappa su un ring di boxe, proprio come avevano fatto TKZEE in uno dei loro videoclip più noti, mentre la scena in cui, insieme alla famiglia, posa davanti a casa prima di entrare a vedere la TV è ripresa da "We Love This Place" (un’altra hit TKZEE).

La versione originale di questo articolo è stata pubblicata da Noisey UK.

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