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Musica

Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti è Lo Sgargabonzi

Tra estetica da due lire e pensierini da depresso generico, il profilo Facebook di Tommaso Paradiso sembra una parodia di una persona vera.

Raramente riesco ad applicare il principio dantesco della noncuranza, probabilmente perché sono una persona morbosamente curiosa. E proprio grazie a questa dote di divoratrice di contenuti inutili e frivoli che mi sono ritrovata a osservare con una certa costanza due fenomeni culturali (se è questa la definizione più appropriata) che apparentemente non condividono niente. Quello che ne ho dedotto è una innegabile similitudine tra i due termini del paragone che non può più rimanere taciuta: la sorprendente sovrapposizione di pensiero tra Tommaso Paradiso e Lo Sgargabonzi. Non so bene cosa mi abbia portata all'epifania, vista la gigantesca distanza che intercorre tra il comico definito da Internazionale come il migliore del suo genere e il cantante della band che è parte attiva della cosiddetta "scena romana".  Eppure, esiste qualcosa che accomuna questi due personaggi: uno dei due non può esistere senza l'altro e, sorprendentemente, è proprio lo Sgargabonzi a nutrirsi di Tommaso Paradiso e quindi a necessitare della sua esistenza. Lo Sgargabonzi mette in scena con i suoi post una finzione che attinge dalla realtà del social network attraverso cui si esprime, parodizzandone il linguaggio e i contenuti ma mantenendo uno schema espressivo pressoché sempre uguale.

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Al di là dei risvolti surreali ed estremamente brillanti della comicità sgargabonziana, il sottofondo costante dei suoi post è il carattere di un certo tipo di persona che tutti noi, pubblico dello Sgargabonzi, sappiamo riconoscere, motivo per cui ne ridiamo: spaccone, romantico, nostalgico, appassionato, emotivo, irriverente, vitale, sensuale. Lo Sgargabonzi esalta consapevolmente tutte queste caratteristiche del suo personaggio, esagerandole e mantenendo un tono volutamente naïf. Mette in scena la naturale comicità che deriva dall'osservare un individuo che sta coprendo se stesso di ridicolo con esclamazioni fuori luogo ("Vado a vedere il re, cazzo"), con esagerato entusiasmo ("Vado a vedere DIO, cazzo"), con eccessivo riferimento allo stress della propria vita e alla necessità di prendersi una pausa da tutta questa frenesia che è la sua esistenza, attuando dunque un implicito autocompiacimento.

Cosa c'entra il cantante dei Thegiornalisti in tutto ciò?

Ho cominciato ad analizzare il comportamento di Tommaso Paradiso sui social dopo aver letto alcuni dei suoi post. Li ho trovati estremamente comici e solo in un secondo momento ho capito che lo erano principalmente per la loro spontanea genuinità. Tutte quelle caratteristiche che mi divertivano nel leggere i post dello Sgargabonzi le ritrovavo in ogni parola di Tommaso Paradiso, in una forma ancora più comica poiché priva dell'artificio ironico dell'autore. Tommaso Paradiso era una versione pura e intaccata di un personaggio di finzione, con la differenza che la sua esagerata rappresentazione di sé e il suo enfatico romanticismo erano veri.

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La prima cosa che si nota osservando i post del cantante è il continuo riferimento alla sua arte, al modo in cui questa fuoriesca spontaneamente dalla quotidianità un po' sfatta della sua esistenza. Il male moderno della generazione paradisiana, l'ansia, le paranoie, lo stress, il bisogno di vivere intensamente: tutto questo sentire si manifesta attraverso parole intense e spezzate. Il mestiere di cantore delle emozioni è un fardello che Paradiso si porta addosso con estrema fatica, ma è anche un dovere.

Nel compito di cantante maledettamente rapito dalla frenesia della vita edonistica che lo ha scelto (fatta di vino, donne, musica, sentimenti forti), il Paradiso non solo ci fornisce sempre un quadro incompleto ed allusivo del suo stato di vita attuale, per tenerci sulle spine e stimolare la nostra curiosità, ma svolge anche, da vero artista quale è, una vera a propria funzione creativa dal punto di vista linguistico. Sappiamo che in una sua canzone ha deciso di introdurre quanto di più vero e sincero il 2016 ci possa fornire come testimonianza di vita, ovvero un messaggio vocale, regalandoci un momento così intimo e poetico, tant'è che la sua veridicità è confermata dalla precisazione "originale". Il Paradiso concede agli ascoltatori un pezzo unico della sua intimità, ma non si sbilancia troppo, mantenendo comunque una certa distanza: "Oh ciao Matilde. È tardissimo e ti volevo dire che sono completamente fatto. Fatto di te". Il brano è "Fatto di te", per l'appunto, e l'autore ci lascia sospesi in un dubbio atroce, chi è Matilde? È una persona reale, questo è sicuro. Sapremo mai che faccia abbia? Certo che no. Ecco che, come nel migliore dei post Sgargabonzi, il Paradiso gioca anche su un altro aspetto fondamentale della sua poetica intensa ed evocativa: flusso di coscienza, parole slegate, periodi spezzati. Ergo volo.

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Tornando appunto alla creatività linguistica del Paradiso, è fondamentale nel suo modo di rivolgersi ai lettori sottolineare la specificità di un concetto che si fa parola: non basta il termine "sfigato" per indicare qualcuno che non è propriamente un individuo da stimare per le sue capacità, il Paradiso conia un sostantivo tutto suo che fa riferimento alla parola americana da cui viene originato, caricandolo di significati molto più ampi che spaziano nell'immaginario del lettore, semplicemente si serve di quello che in linguistica chiamiamo idiosincrasia. "Ok? Ci siamo?", stiamo tutti parlando la stessa lingua? Meno male, il Paradiso può tirare un sospiro di sollievo ora che ci siamo tutti impostati sullo stesso dizionario winnerante.

Ora che conosciamo la lingua del Paradiso, possiamo apprezzare più a fondo anche altri scorci della sua personalità artistica. È chiaro che nell'universo poetico del cantante romano i due macro-temi principali sono la musica e l'amore: l'amore per una donna che, nostalgicamente, riporta il Paradiso a contemplare non solo il vuoto che lascia la lontananza di una persona (come sempre non sappiamo bene di chi o di cosa stia parlando), ma soprattutto al vuoto che ha modo di testare un artista nel momento in cui lo si priva del suo strumento: il palcoscenico. Come esprimere meglio il dolore per una storia finita (se è questo a cui allude) se non con un concerto dei Thegiorna in cui il Paradiso può dare forma concreta e senso a questo sentire così intenso? "Dio se mi manca": enfasi e trasporto sensuale, sembra quasi di sentirlo pronunciare da un doppiatore.

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Se la musica è il mezzo attraverso il quale il Paradiso esprime tutto l'arcobaleno delle sue emozioni, l'oggetto di questo sentire non può certo essere trascurato in un'analisi della sua poetica. Sia nei testi che nei post, il Paradiso dipinge un paesaggio narrativo in cui l'oggetto dell'amore, la donna, non ha nessun ruolo se non quello di incarnare il personaggio da lui descritto, fine alla rappresentazione di se stesso. Matilde, Sofia, Flavia: la donna del Paradiso non ha un volto né un'identità, la donna del Paradiso è forma utile alla narrazione. Se in un primo momento il Paradiso si dedica alla descrizione del tempo trascorso con questa misteriosa creatura, così incredibile da spingerlo a percuotersi il capo, immediatamente il focus ritorna su di lui, sulla descrizione degli effetti che questo sentimento dirompente genera. Non manca certo anche una descrizione del set perché il quadro sia completo: Trastevere, la polizia, la macchina, la colonna sonora, le sigarette, primo piano sul Paradiso che si mangia le unghie. Anche nella sua musica il processo di descrizione dello stato d'inebriamento sentimentale segue questo schema: in "Fine dell'estate" il Paradiso recita "la mia malinconia è tutta colpa tua", rivolgendosi ad un'ipotetica donna ma conclude tutto con una precisazione fondamentale "è solo tua la colpa è tutta tua e di qualche film anni '80", ricordandoci che, sostanzialmente, è più l'atmosfera del film anni '80 e della bella stagione che si conclude a farlo perdere in questo stato di ebbrezza romantica più che la donna in questione.

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L'amore è sempre invaghimento nelle parole del Paradiso, è fatto solo di immagini fugaci che l'occhio dell'artista riesce a catturare e a mettere per iscritto. I dettagli che la ragazza regala al Paradiso sono il nutrimento della sua stessa poetica, che si basa esclusivamente su una visione estetizzata del genere femminile. Cosa pensa la ragazza? Chissà. Ci basta sapere che indossava i cazzo di maglioni del Paradiso perché non aveva un cazzo da mettersi il giorno dopo. Perché gli aveva fatto perdere la testa? Non è dato saperlo. Di sicuro però gli ha fornito un'immagine bellissima. Anzi, una cazzo di immagine bellissima, con i calzini alle ginocchia e i maglioni alle ginocchia.

Eppure, il Paradiso non è solo un mucchio di polaroid scattate a Fregene con una Matilde senza volto e un sacco di maglioni XL. Il Paradiso è anche tanta bontà, come dimostra l'aiuto disinteressato che propone ad un suo amico. Va tutto male, poco hype: non c'è dubbio sul fatto che una carrambata del Paradiso sul palco risollevi le sorti di questo misterioso amico. E poi, Crista Cober, cazzo.

Ora, alla luce di questa analisi, l'ipotesi che Lo Sgargabonzi sia il ghostwriter di Tommaso Paradiso è sempre più forte dentro di me. Non riesco a credere che una tale affinità di pensiero tra un personaggio reale ed un personaggio di finzione possa essere solo frutto di una coincidenza. Ogni volta che leggo un post intramezzato dalla parola "cazzo", che contenga dentro di sé un messaggio di vitalismo sfrenato, di sentimenti forti e di riferimenti alla grandezza della propria esistenza, così bella perché non lascia spazio al riposo dell'anima, un post colmo di esagerata autoreferenzialità e di malcelata vanagloria, non posso fare a meno di chiedermi se non si tratti della stessa persona.

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