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Musica

Noisey Mix: Terraforma

Terraforma è molto più di un semplice festival che arriva, fa le sue cose, sporca e se ne va. Ce lo siamo fatti spiegare dagli organizzatori stessi con un'intervista e un mixtape.
Sonia Garcia
Milan, IT

Terraforma è uno di quei progetti per cui nelle facoltà di architettura si strutturano interi Laboratori di Progettazione e il cui fine—scritto nella descrizione in qualche angolo della tavola finale—è la RIQUALIFICAZIONE URBANA di una certa zona periferica piena di prefabbricati, industrie dismesse e malessere viralizzato. In realtà Terraforma altro non è che il risultato del lavoro delle tre lucidissime menti di Dario Nepoti, Ruggero Pietromarchi e Alberto Brenta, tre giovini che assieme hanno fondato a inizio 2012 l'associazione culturale no profit Threes e che si sono sempre dimostrati sul pezzo in campo di arti/musica.

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È molto difficile riassumere il concetto di Terraforma in "festival di tre giorni"—anche se effettivamente si svolgerà il 6-7-8 giugno prossimi—perché, come vedrete, non si limita a portare artisti diddìo in città aka a Villa Arconati, Bollate (MI), ma si impegna a far dialogare concretamente natura, musica, architettura, paesaggio e interiorità spirituale, creando così una sorta di organismo a sé stante, e non un semplice festival "che arriva, fa le sue cose, sporca e se ne va" come mi ha spiegato Ruggero.

Quando li ho chiamati, Ruggero e Alberto erano in autostrada, in viaggio verso Roma, e fin qui potrebbe sembrare un aneddoto privo di alcun interesse se non fosse che tempo un minuto di telefonata e ho subito assistito in diretta al mancato scontro della loro vettura contro il camion che avevano davanti—o comunque un tamponamento a catena, non ho capito. Coccolone iniziale a parte è stata una chiacchierata utile, che tutti voi piccoli amanti del verde, della spiritualità e dei suonini elettronici magici fareste bene a leggervi. C'è anche una sorpresa, ovvero il mix che Ruggero ci ha preparato per favorire al meglio la chillata, nel mentre che aspettiamo l'arrivo del 6 giugno. È qui sotto, lo so, piglia bene.

NOISEY MIX: Terraforma by Noisey Italia on Mixcloud

01. Sir Richard Bishop - Olive Oasis

02. Jon Hassell - DREAM THEORY

03. Donato Dozzy Plays Bee Mask - Vaporware 06

04. Ghédalia Tazartès – Repas Froid

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05. Pierre Bastien - Noon

06. Terrence Dixon - One Bedroom Apartment

07. Shackleton - Blood On My Hands

08. Marco Bernardi – Never Ending Similarities

09. Gigi Masin - The Word Love

10. Biosphere - Shika-1

11. Tony Allen - Ole (A Remix By Moritz von Oswald)

Noisey: Tutto bene?

Ruggero: Sì, siamo in viaggio verso Roma alla presentazione di Terraforma e sto guidando. Alberto è qui con me, ci sente con le cuffie. Dario invece è a Palermo… Occazzo!

Cosa?

Ruggero: Scusa eh…

Non vi ammazzate. Che è successo?

Ruggero: Niente, un camion si è infilato a superare e tutti hanno frenato di botto. Ho fatto una sgommata… Questa poteva essere l’intervista ghiottissima in cui facevamo l’incidente…

Ahah ma no. Appena ci sei, parlami un po’ delle origini di Terraforma.

Ruggero: Ci sono. Allora, noi siamo un’associazione culturale no-profit che si chiama Threes, e tre anni fa abbiamo iniziato a lavorare a Milano in ambito musicale, realizzando eventi in uno spazio apposito e lavorando con diversi generi musicali: dalla techno al jazz alla musica lirica. Abbiamo lavorato a un riadattamento di un’opera con i giovani della Scala del Conservatorio.

Alberto: Quella è stata la prima volta che mettevamo insieme il Conservatorio, la Scala e la città stessa di Milano…

Ruggero: Sì. Da lì è nata l’idea di fare il festival, più che altro anche viste le difficoltà legate a Milano nell’organizzare robe del genere, soprattutto legate alla scelta dei posti. Era importante trovare dei luoghi dove la musica potesse essere ben diffusa. Da questa difficoltà è nata l’idea di Terraforma, qualcosa che desse un po’ una scossa al panorama musicale milanese. L’organizzazione stessa dell’evento musicale voleva far sì che si distinguesse dalla festa, dalla serata comune. Era importante trovare un luogo adatto in cui farlo avvenire, in questo caso naturale, dove fondere musica e natura. Soprattutto stare comodi, non in un ambiente da club, circondati da mille persone, o in una galleria, in piedi… Volevamo creare una situazione atmosferica per certi versi, dove le persone potessero sentirsi a proprio agio e quindi anche cogliere meglio il messaggio di condivisione. L’invito al pubblico è quello di venire al Terraforma e di condividere dei momenti di quotidianità immersi in questo bosco di Villa Arconati. Poi cerchiamo anche di lavorare su elementi come il mercato, il campeggio, tutto il discorso legato al cibo condiviso, la sostenibilità legata alla produzione, al parco, alla riqualificazione del parco. Il tutto che ruota intorno alla musica.

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Avete avuto riferimenti specifici per Terraforma?

Ruggero: Il riferimento è il festival giapponese “Labyrinth”, che ci è stato raccontato per tanto tempo da amici finché non abbiamo avuto occasione di recarci noi stessi. È molto simile a Terraforma come struttura, anche se magari di contenuti se ne distanzia. Ci è stato di grande ispirazione. Proprio per come abbiamo visto le persone lasciarsi andare attraverso la musica, e condividere insieme una storia di vita.

Voi eravate già in collaborazione con il progetto Threes. Me ne parli?

Ruggero: Threes è un’associazione culturale costituita da noi tre, e produce il festival. L’idea ci è venuta nell’estate 2012, su suggerimento di un nostro amico, che verrà anche a suonare al festival, Rabih Beaini (Morphosis). Era entusiasta per la scena che eravamo riusciti a creare, nel nostro piccolo, a Milano e ci ha lanciato questa sorta di sfida, che noi abbiamo colto e ci siamo messi a lavorare per due anni.

A mio avviso ciò che c’è di vincente è proprio la scelta del luogo. Un parco a metà tra l’urbano e l’interurbano, una sorta di isola.

Ruggero: Villa Arconati è un punto di partenza di Terraforma, più che un punto di arrivo. Io personalmente ci avevo già lavorato, conoscevo il posto e sapevo che ospitava già un festival da diversi anni, totalmente diverso, ma diciamo che la cultura della Villa ha già una sua nomea di “luogo di eventi” in città. Oltre a questo c’è la questione del parco: occupa quasi quattro ettari, di cui metà è tutta area boschiva inagibile e lasciata andare negli anni, che pochi conoscono in realtà, dato che la parte che viene usata per tutte le altre manifestazioni è l’altra. Era un luogo perfetto per Terraforma, che come festival musicale è sostenibile e negli anni si è proposto di andare a riqualificare quest’area verde abbandonata.

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Alberto: Ci sono queste querce di trentacinque metri, che non vengono potate da dieci-venti anni. Quando abbiamo fatto i sopralluoghi era sempre pieno di alberi dai rami più grossi dei tronchi stessi.

Ruggero: Gli alberi della foresta devono fare da sfondo, noi ci inseriamo non solo con la musica, ma con un intero organismo fatto di collaborazione tra artisti, artigiani… Cerchiamo di creare una rete di collaboratori, architetti, designer, musicisti. Comunque è un progetto a lungo termine, ci sono le basi per una serie di edizioni con le quali puntiamo a riqualificare l’intero parco.

Tra i vostri intenti legati alla sostenibilità c’è anche un elemento architettonico-artigianale che mi ha subito interessato. Ho visto che organizzate pure un workshop di architettura, settimana prossima.

Ruggero: La nostra idea di sostenibilità si fonda su due aspetti. Da un lato quello economico, il festival è infatti prodotto interamente da un’associazione culturale, e c’è sostenibilità economica in quanto cerchiamo di fare un business quanto più funzionante di per sé, senza coinvolgimenti esterni. Dall’altro lato c’è quello ambientale, ovvero la riqualificazione del parco, in cui arriviamo al territorio, alla famiglia di Bollate piuttosto che a quello che viene a visitare la Villa dalla città, e diamo la possibilità di arrivare a quella parte di bosco che attualmente non è agibile. Non solo. Per noi c’è anche la volontà di non lavorare con strutture prefabbricate—elementi in contrapposizione con l’ambientazione stessa del parco—tipica di chi arriva per tre giorni e se ne va, ma con delle strutture progettate da giovani architetti—in questo caso uno che ha lavorato sul palco e due sul bar—che poi vengono realizzati con il workshop di autocostruzione di cui parlavi. L’idea del progetto è quella di fornire alla Villa un parco nuovo, con delle strutture riutilizzabili dalla Villa stessa; non è il festival Terraforma che arriva il 6-7-8 giugno, fa le sue cose, sporca e se ne va. No, arriva e se ne va lasciando un posto migliore, con anche delle strutture con le quali la proprietà di Villa Arconati può lavorare in futuro.

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Immagino che dal punto di vista architettonico questi progetti abbiano come caratteristica principale l’adattabilità al contesto boschivo, nonché l’utilizzo di materiali quanto più naturali.

Ruggero: Sì, il principale modello è stato quello dello Studio Sami Rintala, architetto finlandese abbastanza rinomato. Sono strutture semplici, che si integrano bene nel parco. E sono in legno. Gli studi coinvolti sono lo Studio Zarcola - Francisco Rodriguez, allievi di Rintala, e lo Studio Petrucci.

Capito. A me Villa Arconati ricorda molto la Villa Reale di Monza, in quanto a fatiscenza degli ambienti. Per la Villa Reale si tratta più di fatiscenza della Villa stessa, che del parco—immenso—che la circonda.

Alberto: Villa Arconati è un po’ più antica della Villa Reale, e tra l’altro durnte il festival ci saranno delle visite guidate al suo interno.

E invece come descrivereste il percorso musicale che avete voluto dare al festival?

Ruggero: Allora, non volevamo limitare il festival a un genere musicale. L’idea era quella di rivalutare la musica come qualcosa di importante, che sia jazz, soul o elettronica, qualsiasi tipo di musica. Ci interessava andare a coinvolgere artisti che avessero una vena sperimentale, o nei quali noi avessimo rintracciato una certa attitudine alla sperimentazione e alla ricerca, che sarebbe stato interessante proporre allo spettatore. Quindi non c’è un genere musicale a Terraforma, perché ci saranno live di musica acustica, jazz, folk, ma anche live set di musica elettronica, elettro acustici, alcuni fatti col computer, altri con gli strumenti analogici, e poi diversi dj set. Anche questi avranno nature diverse: alle dieci del mattino ce ne possono essere di ambient, la sera di techno. Il festival inizia venerdi verso il tramonto, alle otto di sera, con un set di sole percussioni con rimandi jazz (Tommaso Cappellato) e poi si evolve nella notte con live di musica elettronica, dj set, etc. Si riprende il sabato verso le dieci con il dj set ambient, dopodiché si prosegue con diversi live, chitarristi, Pasquale Mirra che suona il vibrafono, i set diventano sempre più sperimentali, Ghédalia Tazartès… Quella mattina ci sarà anche un workshop musicale sul percorso della musica legato all’arte, ovvero le origini della sound art. Poi diventerà sempre tutto più elettronico, con Rawmance, Thomas Fehlmann, infine ci saranno questi due artisti della scena dance inglese, Andy Stott e Miles Whittaker, Millie & Andrea. La domenica sarà più dedicata al relax, con sonorità soul, funk e dub… più un’atmosfera domenicale, insomma.

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Poco fico insomma. Comunque a me il festival affascina perché è un misto tra un evento musicale e la messa in pratica di un progetto di riqualificazione “tipo” con cui negli ultimi tre anni di università—Scienze dell’Architettura—mi sarò imbattuta almeno un centinaio di volte. Finché uno le studia e ci lavora dall’alto, non si rende bene conto delle potenzialità che quel progetto può avere; Terraforma è uno splendido esempio di come tutto può trovare un equilibrio.

Ruggero: Esatto, è questo il fondamento del festival. Dare un aspetto pratico al concetto di “riqualificazione”: al bosco, alle strutture, alla gente. Volevamo portare la musica in un posto dove si possa veramente cominciare a lavorare sulla sensibilità delle persone. L’ascolto di qualsiasi tipo di musica dipende molto dal contesto in cui viene ascoltata. È importante mettere le persone in una condizione di agio, che le predisponga all’ascolto. Lì allora si può davvero lavorare sull’interiorità di tutte loro. La musica diventa sinonimo di condivisione.

In questo senso il verde è fondamentale.

Ruggero: Sì e un altro elemento fondamentale è il campeggio. Ci ha complicato enormemente la vita, perché non è stato semplice per niente ottenere i permessi etc. Però per noi era fondamentale l’esperienza della natura, e quindi la possibilità di vivere tre giorni di musica senza influenze esterne. Il nostro obiettivo è quello di avere una comunità di persone che arrivano il venerdì e stanno tre giorni, perdendo quasi la dimensione spazio-temporale. È così, perché se si è abituati a uscire la sera e tornare a casa a fine concerto, si hanno comunque dei concetti predefiniti, degli schemi a cui attenersi. Invece qui, come in qualsiasi altro concerto in tenda, non ci sono più orari, c’è solo un flusso di musica che non si arresta mai… ed è molto più facile concentrarsi su altro, anche solo con le persone lì con te. Però ecco, per chi volesse sono comunque disponibili i biglietti giornalieri.

Grazie mille ragazzi, buon viaggio.

Grazie a te!

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