La storia di Amici Miei Mixtape

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La storia di Amici Miei Mixtape

Ci siamo fatti raccontare da Tedua, Nader, Bresh, Vaz Tè, Disme e Nebbia la loro amicizia, dal giorno uno all'uscita di Amici Miei.

Ci sono i tredici anni di un ragazzino di nome Mario e una Milano appena abbandonata in cambio dell'abbraccio caotico di Genova. Ci sono una classe di scuola media e c'è Riccardo, che oggi si fa chiamare Ill Rave. Mario vede Riccardo e capisce subito che deve averci qualcosa a che fare. " Diventiamo amici perché ti vesti largo," Mario ricorda di avergli detto. "Lui era stra-avanti come hip-hop life! Tra l'altro si presentò con un nome falso, come per dire Chi cazzo è 'sto qua? Fra, chi è 'sto bauscia, oh?" La stanza si riempie del disordine di una risata, e la registrazione di un brusio allegro e inintelligibile: a produrlo sono Bresh, Vaz Tè, Nader Shah, Disme e Nebbia—gli altri componenti del gruppo che ha dato vita ad Amici Miei Mixtape, primo documento sonoro collettivo di quella crew che chiamiamo Wild Bandana, o Drilliguria, e della sua unione con gli AED e la Flavor Gang. "Tre gang così affiliate che non potevano non diventare un gruppo," le chiama Tedua, "quella connessione che ha portato Genova su." Parole diverse per raccontare una sola vita condivisa: quella di un gruppo di persone che fanno musica tra Genova e Milano, tra mare e cemento. "Io e te come due che non si conoscono / Ma prendon confidenza subito," comincia il mixtape—come a richiamare quel primo incontro, ormai quasi dieci anni fa. Wild Bandana nasce, quindi, dall'incontro tra Mario e Riccardo, tra Tedua e Ill Rave. Tedua porta i suoi ascolti milanesi sul piatto, fermamente convinto del loro valore. "Poi un altro ragazzo, che oggi ha smesso di rappare e sta studiando medicina, mi presentò Vaz Tè," racconta Mario, "e te lo giuro: spaccava tantissimo. Era un talento precoce, prematuro, autodidatta. Mi colpì, perché davvero credevo che a Genova non ci fosse quasi nessuno a parte gli Ultimi AED, che ascoltavo, insieme a qualcosa dei Full Clip Team." La loro prima uscita fu il primo lavoro di Vaz, Don't Trap This at Home—un tape "mixato coi piedi," ricorda Tedua, "dato che non sapevamo neanche cosa volesse dire mixare."

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Fotografie di Federico Merlo.

Fu poi il turno di Izi e Sangue: il primo di Cogoleto, il secondo di un quartiere vicino a quello di Vaz. Mentre l'embrione di Wild Bandana cominciava a diventare un feto, un'altra realtà era già nata e stava muovendo i primi passi per le strade della città: quella di Nader Shah, metà degli Ultimi AED assieme a Moreno. Chiedo agli altri ragazzi come percepivano allora gli Ultimi AED: "Erano quelli che possono essere gli Stokka & Buddy di Palermo," li definisce oggi Nebbia. "Roba da cultori dell'hip-hop," continua Tedua, ricordando come Egreen li ringraziò nei crediti di un suo mixtape. Il luogo in cui i ragazzi iniziano a stringere le prime vere connessioni è lo Studio Ostile, che Tedua oggi descrive non come "un'etichetta" quanto "uno studio di registrazione che dava competenze, quello che basta a un ragazzino di Genova per farsi conoscere regionalmente e poi fare il salto interregionale." Tedua descrive il sé di allora come proprietario di un pregiudizio nei confronti del rap di provincia, e quindi anche di quello genovese: "Il rapper provinciale può avere le skills, ma il rapper da metropoli ha sempre avuto quella marcia in più sul personaggio privato—restando che è un discorso da prendere con le pinze." Pregiudizio oggi scomparso: "Ti sto parlando di una concezione da 2010, 2011," dice. Allora, però, "Genova non era ancora sulla mappa, e quest'aria si pativa anche solo nel microcosmo di vicende dell'underground locale." Secondo Tedua, fu Nader ad risvegliare la bestia che dormiva sotto alla geografia complessa dei carruggi. "Nader è nato come precursore del movimento trap italiano, con mixtape focosissimi. Fece un featuring con Pequeno che poi non è mai uscito. Fibra sapeva che spaccava, aveva avuto tutti i props del caso, faceva serate anche da 400 persone. Insomma, per noi era il Padrino." Ma Nader sapeva, ai tempi, di essere un punto di riferimento per qualcuno? "Non del tutto, eravamo giovani," risponde. "Però ogni tanto il pallino di superbia assoluta scattava, che poi diventava delirio di onnipotenza, aka non fare niente. Loro sono miei fratelli, per me sono sempre stati la soddisfazione più grande, talmente grande che oggi mi sento come se mi avessero tutti superato in qualcosa. E tutti i giorni penso di potergli dare qualcosa, e imparare qualcosa da loro."

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Fotografie di Federico Merlo.

Il passo successivo del gruppo sposta l'attenzione a Bogliasco, dall'altro lato della città, dove vive Andrea, in arte Bresh. Tutti vedono in lui qualcosa di speciale: Tedua lo definisce "un artista, un paroliere, un cazzo di rapper e non un MC. Era profondo fin da subito" A queste parole, Bresh interviene: "Ho sempre detto che la musica che faccio deve essere ascoltata, e poi se un giorno ci troveremo anche un nome le daremo un titolo." Tedua continua: "Andre è il futuro di quello che sta succedendo nelle piazze. Perché lui era un ragazzo di piazza—e non solo, perché il concetto di piazza in una città di mare si evolve in tantissimi contesti—che faceva il rapper. Non era il ragazzo rapper che voleva fare il rapper." "Non avevo un vero canale," conclude Bresh, "Rappavo per me, nel tempo libero e non come missione di vita." Il rapporto tra i ragazzi di Wild Bandana, Nader e Bresh si rafforza tra sessioni in studio e la condivisione delle cazzate tipiche della tarda adolescenza. "Abbiamo creato dei mondi e dei giri incredibili," ricorda Tedua; e questi li portano a La Spezia, città di Disme, penultimo tassello del mosaico. Tedua racconta: "C'era un contest di freestyle, andammo tutti assieme, e sapevamo che Disme aveva un EP che spaccava. Io avevo questo viaggio hip-hop da 8 Mile, tutto real: la regione e il territorio, la mia costa, la West Coast, andavano spinti se uno spaccava. Vidi Disme arrivare in semifinale, vidi che aveva carisma e grinta da vendere, era grezzo e aveva un rap che aveva solo lui, ed è nata un'amicizia tra fattoni—non per grattarsi featuring a vicenda, ma qualcosa nato da un'enorme stima reciproca." E infine, con cazzimma programmatica, conclude: "Quando è nato Amici miei mi sono permesso di inserire Disme anche se aveva degli anni in meno nelle nostre vicende perché questo tape era fatto per rapper pronti e disciplinati a prendere una carriera da rapper. Non per fare la scuola del rap, ma è la verità: siamo venuti qua, abbiamo imparato il gioco, se vogliamo veramente dire la nostra della scena bisogna prendere il tutto con competenza. "

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Nebbia, da Palermo, è l'ultimo a unirsi al collettivo—e, al contempo, è il suo lavoro a dare il la ai ragazzi per creare Amici Miei Mixtape. A settembre 2016, Nebbia decide di trasferirsi a Milano. Molla l'università e si stabilisce per un periodo da Laioung: "Lo conosco dal 2007. È come se fossimo fratelli," mi spiega. "A una certa Laio mi porta a casa di Tedua, e ci siamo subito presi bene. Io cammino sempre col computer dietro, lo chiamo il kit del piccolo producer. Faccio ascoltare un po' di roba, lui mi svuota le cartelle di beat e se ne prende un bel po' lasciandomi una promessa: ' Ne, fidati che 'sti beat te li faccio spaccare tutti, da me e dagli amici miei.'"

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Fotografie di Federico Merlo.

"'Yes New Friends," altro che "No New Friends" di Drake," dice Tedua, per poi lodare l'etica del lavoro di Nebbia: "Ha dormito in situazioni assurde, in stanza in sei persone, e intanto continuava a lavorare di giorno con Rkomi e la sera con noi." Amici Miei Mixtape è infatti un lavoro prettamente notturno, nato da sessioni di registrazione svolte in totale libertà. A permettere ai ragazzi di lavorare con queste modalità è stato Tedua, che ha usato parte dei soldi ottenuti dal contratto di distribuzione di Orange County: California per affittare una saletta nello studio di Garelli, produttore affiliato al gruppo. "Il nostro problema è sempre stato questo," dice Tedua: "I ragazzi a Genova non avevano uno studio che gli permettesse di stare ore e ore di fila a lavorare ai pezzi. Pagavamo le ore come tutti. Invece ora abbiamo quella saletta. Ho comprato quel che bastava per incidere con buona qualità. Chris Nolan ci ha dato una mano, e abbiamo addirittura imparato a incidere, tagliare e premixare, a lavorare da soli ai nostri pezzi, io e Bresh, con Disme che già sapeva fare qualcosa." A stimolare questo approccio DIY in Tedua è stata la conoscenza di Laioung: "Quando vidi che faceva tutto da solo ci rimasi. Avevo sempre dedicato le mie competenze più alla recitazione, a essere un po' più pratico nelle interviste, a fare bene la fotografia dei set dei miei video, alle coreografie. Non avevo mai dedicato il cervello a produrre e quant'altro. Non che mi sia venuto il viaggio di iniziare a produrre, ma almeno saperci incidere e renderci indipendenti… Che poi, anche Fibra oggi si incide in casa e manda le voci a Zangirolami." Ma perché la notte, e perché affidarsi pesantemente ai freestyle? Tedua continua: "Ci siamo sempre incontrati di notte perché siamo tutti dei notturni. Nader, Disme e tutti salivano da Genova in sbatti dopo la giornata. E potevano farlo solo grazie alla saletta, se tieni conto la precarietà nelle loro vite private—quando rappi ma ancora non arrivi a fine mese, o rappi e vai a lavorare e togli tempo al rap, o lavori e non rappi, o rappi e non lavori e quindi non mangi e non hai neanche i soldi per venire a Milano." La scrittura è cominciata a distanza, con uno scambio di note vocali, ma una volta cominciate le trasferte in Lombardia il tempo si è ridotto naturalmente, come se le loro strofe non dovessero faticare a trovare un ordine e un posizionamento sulle basi di Nebbia. Tedua ricorda: "In studio si creava un'energia, tra simpatia, fattanza e il fatto che siamo abituati dai tempi di Studio Ostile a fare posse track—discorso che vale anche per "Bimbi." Un rapper che non sa andare in studio e non sa spaccare il beat al volo è come un breaker che va a un raduno e non riesce a fare una coreografia improvvisata figa al momento." L'intro e l'outro del tape sono particolarmente adatti a dare sostanza alle parole di Tedua: la prima è una serie di schizzi, impressioni, frasi lanciate sulla base che si concatenano in un'immagine complessiva complessa e ambivalente. Nader parla di "amici e buona ganja," di "good vibes," mentre Bresh si sofferma su "Immagini dallo specchietto di quel che succede dietro," che "preferiva non vedere:" dolori passati filtrati dalla pace e dalla gioia di un'esperienza comune. L'outro rende più figurativo l'astrattismo dell'intro, con una strofa a testa per firmare l'opera completa. "Abbiamo fatto l'outro in due ore, tutti nella stanzettina a ridere, a darci una mano a chiudere le barre gli uni con gli altri, al volo," ricorda Tedua.

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Fotografie di Federico Merlo.

"Se devo dirlo terra terra, a La Spezia non c'è un cazzo," dice Disme sorridendo. "Non c'è mai stato nessuno che faceva rap prima di me, noi e Samuel Heron. Qualcosa di old school, ma nulla che sia mai uscito dalla Liguria. Io vedevo il rap su internet, scrivevo da solo, facevo freestyle con gente che non sapeva farlo. Tiravo su tornei e tutto, ma la situazione era devastante. Mi chiamavano a fare dei live e non andava il microfono, andavi lì e non c'erano le casse, non c'era il DJ, niente. Non esistevano studi dove andare, e quindi ho cominciato registrarmi da solo. Poi ho iniziato a frequentare Genova e lì ho capito come funzionavano le cose." La scrittura di Disme è la più acida e tignosa del collettivo, identificata nel titolo del suo tape: Vivo male. "Vivere male si può vedere in tanti modi," mi spiega. "Per me è vivere male anche solo alzarti la mattina e andare a lavorare tutti i giorni, tutta la vita, a fare lo stesso movimento con le mani per trent'anni. Tutto è vivere male: la routine quotidiana, il doverti registrare da solo e farti i video da solo, non trovare basi e prenderle da internet, imparare a rappare da niente." Ill Rave è quello che più gli si avvicina a livello tematico: la sua strofa che apre "Sarà nostro" è esemplificativa, tra racconti di "palazzoni grigi," furti al supermercato e canne passate a un padre che "non dorme bene." "Sono cose che ho vissuto e vivo," dice Rave, "Chi mi conosce lo sa. Come in "Brutti incidenti," ho sempre avuto quell'indirizzo lì nella mia scrittura." Bresh ha invece un approccio opposto: visionario, naturalista ed esploratore, si libra in volo come la Gazza ladra che ha cantato nel suo ultimo singolo: "Mediterraneo lo taglio al centro / Barcellona, Tangeri, Palermo," dice in "Marilena," appena dopo aver parlato del tempo bastardo che uccide gli amori, di Colombo e delle stelle come GPS, della pazienza come virtù. Vaz Tè, invece, è a metà tra i loro due estremi: incazzato tanto quanto divertito, la sua scrittura prosegue per istantanee, riferimenti culturali giustapposti in coppie improbabili. "Non ho ancora teorizzato veramente il modo in cui scrivo," mi dice, "ma prendendola alla larga: ho visto che nell'arte c'era chi dipingeva a schizzi, chi a macchie, chi strisciando. Se la buttavano lì e mischiando i colori veniva fuori qualcosa di fiero. La sonorità mi aiuta, il flow e le metriche anche." Prosegue poi a spiegarmi il finale della sua strofa in "Over 2,5:" " City of God: Genova. No indie rock: no indie rock! Devil May Cry, comunque, ci sta: ci hai giocato, e il diavolo può piangere! Open shop 24, sempre, polizia live: polizia in diretta, polizia ai live, è successo. Non è articolato con preposizioni, ma è buttato lì."

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Fotografie di Federico Merlo.

Anche Nader è un rapper dalle due facce, capace di affiancare nel giro di due versi immagini di disagio cittadino e dichiarazioni da cuore tenero: "Pisciano a Vico Biscotti / Baciamoci che poi mi scordi," dice in "Da un altro pianeta." Tedua ha definito Amici Miei Mixtape su Facebook "uno psicoattivo stream of consciousness a discapito delle dinamiche di marketing per consacrare" il suo ritorno: dopo una serie di problemi legali che lo hanno tenuto fermo per più di un anno, Nader è infatti ora tornato a potersi dedicare veramente a un progetto musicale e riprendersi l'attenzione delle orecchie che ora adorano la trap e la drill di cui lui e i ragazzi sono stati precursori: "La cosa che ci ha attaccati e avvicinati tanto è stata la passione che condividiamo," dice, "credevamo in questo progetto, vedevamo gente che ci diceva di continuare ma molti altri erano disinteressati alla trap e alla drill. Quando hanno spopolato ci siamo sentiti vittoriosi dentro: allora era come pensavamo." Nebbia conferma: "Pensa che quando ascoltavo "Drill Dream Squad" i miei amici mi prendevano per il culo. Per me invece erano i più avanti di tutti." Secondo Tedua è l'indipendenza la chiave con cui aprire il lucchetto del senso di Amici Miei: un progetto, dice, "senza adulti che prendono i ragazzi e ci mettono le percentuali," un'occasione per crescere per tutti gli artisti coinvolti: "Per dirti, Nebbia deve crescere, ma non è che arriva a Milano e dà un beat a Ghali o Sfera e si fa l'hype in un attimo. Trovi ragazzi in pari step con te, di talento, e organizzi dei percorsi. Ovviamente devi avere la forza e la cazzimma di capire con chi ti devi affiancare in quel momento. E così crei la possibilità di investire sull'industria musicale italiana, perché ti senti dire che non c'è spazio per tutti. Ma se uno spacca a proprio modo e crea una propria fanbase allora uno crea mercato, dando anche versatilità al prodotto. E questo porta che le persone vadano ad ascoltare musica, e abbiano più punti di riferimento, e ci siano più soldi per tutti. Io voglio vedere l'Italia volare alto per i prossimi anni, e sono felice del lavoro di tutti quanti."

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Fotografie di Federico Merlo.

"I ragazzi si meritavano questo spazio," conclude Tedua. "Doveva essere una cosa più cupa, Amici miei, improntata sul quartiere e le sue cose. Poi è degenerata col tempo, con il ritorno di Nader, con l'arrivo di Nebbia. E siamo più che felici che si sia espanso in una cosa più larga, che non fosse Wild Bandana con Nader e Disme. Anche Izi è riuscito a concederci una strofa nonostante abbia tantissimi sbatti personali, e ha inciso uno strofone della madonna chiudendolo in extremis. È un progetto nato fast, una passerella di sbatti. E sono sicuro che più avanti se ci sarà la possibilità, e sono sicuro che ci sarà, ne vedremo delle belle, e con la partecipazione di tutti." È sempre Tedua a tirare le fila del discorso: "D'ora in poi non si può più sbagliare," dice, quando suggerisco che il loro percorso finora è stato un prologo, e questo il primo atto ufficiale. "Anche sui social, i ragazzi non possono più essere dei rapper paesani, capito? Lo abbiamo fatto anche per un fine nostro, fanculo se poi piaceva o meno." Nebbia interviene: "Vedila come la realizzazione di un libro, vero e proprio. Il prologo di un'amicizia che è nata e si concretizzerà in qualcosa di grosso." Bresh si unisce: "È la prima fotografia che può dare un nome a questo flusso di amicizia." Elia è su Twitter: @elia_alovisi
Ascolta Amici Miei Mixtape su Youtube. Altro su Noisey: Sono stato in Drilliguria con Bresh Laioung non ne vuole sapere niente dei vostri scazzi da rapper IZI ci ha spiegato il suo nuovo album, 'Pizzicato'