A Secondigliano con Enzo Dong
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Musica

A Secondigliano con Enzo Dong

Siamo andati alle Vele a trovare uno dei rapper napoletani più promettenti della nuova generazione per farci raccontare cosa significa scoprire il rap a Scampia e come Gomorra gli ha cambiato la vita.

Scendo alla stazione di Piscinola, a Napoli, ed è come se il sole avesse sbiadito ogni cosa. Da un enorme cartellone che un tempo è probabilmente stato di un rosso acceso trapelano i resti di un timido "WELCOME TO SCAMPIA", mentre appena sotto resiste strenuo un "BELIEVE" in maiuscolo in cui probabilmente nessuno ha mai creduto troppo. Uno sparuto drappello di militari, mitra in spalla, staziona annoiato di fronte all'uscita della metropolitana. Sono lì per l'Operazione Strade Sicure, attivata dal 2008 e rinnovata ogni anno da allora: l'idea è quella di pattugliare e perlustrare zone particolarmente a rischio delle città italiane, come gesto preventivo.

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Aspetto Enzo Dong sul marciapiede, accanto a una camionetta, mentre cerco di capire il senso del luogo in cui mi trovo—centro tematico nevralgico di una delle conversazioni mediatiche più interessanti uscite dalla cultura italiana negli ultimi anni: quella sull'estetizzazione della camorra, declinata in chiave nostrana in Gomorra e, all'estero, nei testi e nei video della nuova generazione di rapper francesi . I primi furono i PNL con "Le monde ou rien"; poi arrivò SCH, con "Gomorra" e una piacevole sorpresa: "Il mio amico Davide, che gli ha girato il video, gli disse che c'era un rapper di Scampia che voleva fargli sentire. E lui aveva il video di "Che guard a fà" sul cellulare. Già mi conosceva. Hai capit'?"

È da più di metà della mia vita, ormai, che sento parlare di queste strade. La sera prima, in Piazza Bellini, ho chiesto a un po' di ragazzi che ne pensavano della mia sortita in periferia. Alcuni l'hanno messa sul ridere dicendomi di stare tranquillo, altri mi hanno consigliato di andare senza il portafoglio. Sinceramente, sarei andato indipendentemente da qualsiasi cosa avrebbero potuto dirmi, con la consapevolezza che mi sarebbe stato impossibile capire che cosa significhi vivere in quel quartiere. D'altro canto, capire Napoli e l'intricato sistema ideologico che governa le sue viscere è difficile, se non impossibile, anche per chi ci vive .

Enzo, 25 anni, viene proprio da lì—dai palazzi del rione Don Guanella, alle porte del quartiere. Il mondo si è accorto di lui qualche mese fa, quando un suo pezzo—"Secondigliano regna"—è comparso nel finale di stagione della seconda serie di Gomorra. Mentre la sua voce scandisce, piena d'energia, il titolo della canzone, sullo schermo passano scene di spaccio: è la nuova strategia del clan Savastano che, braccato dalla polizia, decide di passare da una distribuzione in luogo fisso a un servizio di consegna a mano. Dall'alto di un balcone con vista Vesuvio, Malammore osserva i suoi uomini controllare il quartiere; " Le mie rime motoseghe, i rapper li amputa / Secondigliano regna, figlio di puta / La gang che mi batte al mondo non è ancora venuta", canta Enzo, le sue parole pervase da una sorta di energia primordiale.

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"Secondigliano regna" non era pensata per essere un pezzo "forte" ma solo un brano-hype per "Sott e bas", uscita poco dopo. La base, infatti non è originale: è quella di "63" del francese Kaaris. "L'ho fatta di fretta, per mettere qualcosa sul web", mi dice Enzo quando gli chiedo come ha fatto, praticamente dal nulla, a finire nella colonna sonora di una delle serie TV italiana più belle di sempre. La risposta è piuttosto semplice, e sta semplicemente nel caso. Enzo ha infatti avuto un ruolo minore nella serie, di cui non molti si sono accorti: è uno dei ragazzi del vicolo che, guidati da O'Track, nella sesta puntata decidono di fondare un clan e ribellarsi ai Savastano. "Stavano facendo i provini a Napoli centro, e già c'erano tutti i ragazzi che facevano teatro da anni. Non necessariamente di qua, solo 'O Cardillo, che è di Parco Postale. O'Track è dei Quartieri Spagnoli, Capaebomba è di Chiaiano. Pensavo non mi avrebbero preso mai, dato che non ho mai studiato recitazione. Avevo buttato le speranze, ma dopo un mese mi hanno chiamato", mi spiega Enzo. "Girando la serie, i registi e i membri della troupe hanno iniziato a conscermi. Hanno sentito il mio pezzo con Franco Ricciardi, e all'improvviso mi hanno detto che volevano "Secondigliano regna" nella serie. Gli piaceva lo slogan, era proprio roba da Gomorra." Il giorno che la puntata è andata in onda, Enzo e i suoi amici si sono trovati nelle Vele, a casa di suo cugino, per guardarla assieme: "Era tipo lo stadio a casa… mamma mia, o' fridd nguoll!". È proprio in quell'appartamento che ci sediamo a parlare. Ci arriviamo dopo una breve camminata: Enzo mi viene a prendere di fronte alla metropolitana e ci avviamo lungo la deserta via Gobetti, scandita da palazzi bianchi con infissi blu che potrebbero tranquillamente essere quelli di un generico lungomare ad agosto. Dopo qualche minuto gli squilla il telefono: è Clementino. I due parlano e scherzano in dialetto strettissimo accordandosi per l'ospitata che Enzo farà al suo concerto di Avellino quella sera, e mentirei se dicessi di averci capito qualcosa.

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Nel giro di pochi minuti sono di fronte a uno dei palazzi delle Vele. Due ragazzi ci sfrecciano accanto in scooter e gridano il suo nome. Lui sorride. "Ogni volta che vengo sotto al palazzo mio i ragazzini vengono… stanno insieme a me, ci andiamo a prendere una Coca-Cola. Giocano a pallone davanti al mio garage, dove ho girato il video di "Sott e bas", dove c'è il mio graffito. È la loro porta." Entriamo nel palazzo, e ovviamente inciampo sui gradini irregolari dell'ingresso per le risate di tre bambini che chiacchierano sul pianerottolo.

Vent'anni fa anche Enzo era, come loro, senza una meta e senza troppa cognizione di quello che aveva attorno. Ma con una passione per la scrittura, qualità non particolarmente diffusa nel suo quartiere. "Ho sempre avuto il vizio di scrivere le cose, era un gesto quotidiano, qualcosa di inconscio. Non sapevo manco io che cazzo stavo facendo, scrivevo e basta senza sapere cosa stavo andando a puntare," mi spiega. Dietro al suo interesse per la musica, invece, c'è un improbabile Vasco Rossi: "volevo diventare come lui", dice. Al contempo, come tutti i ragazzi di Napoli, si immerge nel neomelodico. "Sono cose che ascolto ancora, anche se non dalla mattina alla sera. È la musica che senti nel rione, sono i pezzi che ci hanno accompagnato crescendo. Li sentivo sempre per strada, nel mercato che fanno ogni domenica da me"—lo stesso del video di "Oi mà".

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"La musica neomelodica è la cosa più vera che è mai esistita a Napoli, ha sempre raccontato la vera realtà di una parte della città. Storie di carcercati, di malammore… T ommy Riccio, "Stanza 39" ! Sono pezzoni!", si esalta Enzo. "Ma l'hip-hop sta aiutando a far capire che esiste anche altro nel mondo oltre alla musica. I ragazzi mò stanno iniziando a capire cos'è il rap, e quindi che cosa esiste d'altro fuori dal rione. Ci sono ragazzi che scendono in motorino e stanno tutta la giornata a girare qua, vanno avanti e indietro, non fanno niente. Pensano che esista solo questo. Io all'inizio ero un po' così, però poi subito ho capito che dentro di me c'era dell'altro. Dovevo comunque fare qualcosa che segnasse la mia vita, e mò ci sto provando."

A dargli questa chiarezza furono i video musicali di MTV. Nello specifico, quello di "Lose Yourself" di Eminem, che Enzo aveva registrato su VHS ("Non avevo CD, non andavo appresso a tutte queste cose") e riguardava ossessivamente, "anche quaranta volte al giorno." Nonostante le barriere linguistiche che gli impedivano di capire che cosa Marshall Mathers stesse dicendo, mi spiega, "stava parlando di me, ci sentivo dentro tutti i miei problemi." Poi, la scoperta dei grandi classici americani prima—Snoop Dogg, 2Pac e Biggie, gli N.W.A. e 50 Cent—e del rap napoletano poi, nella figura dei Co'Sang. Ascoltarli, racconta Enzo, fu come una presa di coscienza: "Da bambino è tutto bello, non sai dove vivi e non sai dove sei. Non avevo questa concezione del quartiere. Poi un amico che veniva a scuola con me morì di overdose, aveva sedici anni e già si faceva di qualsiasi cosa. Lo trovarono morto nel letto. E ti rendi conto che abiti in un posto… West Side, capì?"

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Le sue prime esperienze con il rap sono sotto forma di una crew oggi scomparsa, i Roca Luce, che oggi sopravvivono solo su qualche video amatoriale su YouTube e nel cadavere di Myspace . "Eravamo un gruppo di amici di Piscinola, mi ero unito ad altri tre ragazzi che già facevano rap cantando storie di periferia. Poi uno di noi è finito in carcere, e io sono uscito dal gruppo. Con loro avevo fatto "Memorie", il mio primo pezzo. Scrivevo una merda! Registravo a casa e mettevo i pezzi su Myspace. Ricordo che ci stava pure Luchè, che allora metteva lì i beat che produceva. Li scaricavo e scrivevo su quelli." La svolta, per Enzo, è una richiesta di collaborazione da parte di Da Blonde, collaboratrice di Rosario Castagnola—in arte D-Ross —e parte del suo collettivo/studio di produzione RC Music.

Castagnola è una sorta di produttore-vate, a Napoli, figura ugualmente osannata dai grandi neomelodici che dagli MC della città. Nasce come chitarrista e cantautore, e costruisce negli anni un portfolio decisamente versatile in cui appaiono Franco Ricciardi (con il quale vince un David di Donatello nel 2014 per "'A verità" ), Ivan Granatino, Clementino, Luche, Fabri Fibra, Marracash. Enzo inizia a frequentare il suo studio e, nel giro di poco, riesce ad entrare nel suo collettivo di artisti: Ross firma le produzioni dei suoi primi brani e freestyle ufficiali, e arriva anche una collaborazione proprio con Ricciardi—un remake della sua "Prumesse" , "Prumesse mancate". Sarah Tartuffo e Johnny Dama, altri affiliati a RC Music, gli producono "Oi mà" e "Impero."

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In tutto questo, Enzo affina il suo stile di scrittura passando progressivamente dall'italiano degli inizi al dialetto. Se all'inizio il suo discorso è genericamente rap nel suo basarsi principalmente su un bragging da io-sono-meglio-di-voi e voi-siete-falsi, progressivamente nei suoi testi iniziano a fare capolino frasi più legate al contesto in cui è cresciuto. " Sono tutti esperti in omicidi / Dove cazzo stavi? / Qua ci uccidevano i vicini", dice in "Che cagata". "Che guard a fà" dichiara orgogliosa " Scetateve, guagliune 'e malavita" ("Svegliatevi!"), citando "Guapparia", un classico della tradizione napoletana. Una progressiva presa di coscienza delle proprie capacità e del proprio posto all'interno del microcosmo della musica partenopea. Poi, Gomorra e "Secondigliano regna."

Sul balcone dell'appartamento, appena di fronte alla stanza dove Enzo ha girato il video di "E Dong nguoll", fumiamo una sigaretta. Gli chiedo di "Aldilà", la sua collaborazione con la Dark Polo Gang , e si illumina: "È stato Wayne a dirmi che voleva venire qua, l'ho conosciuto a Roma quando ho suonato con loro… maronn', cinquecento persone che stavano come i pazzi! Penso che il rap debba essere solo comunicazione. Basta che la gente si rispecchi in quello che stai raccontando. Non tutti siamo fatti dallo stesso stampino. Puoi rappare pure se sei muto, capisci quello che ti voglio dire? Perciò mi piace la DPG." Essendo il suo stesso flow non proprio regolare, è un'opinione perfettamente sensata—e coerente con i paradigmi anti-metrica portati avanti da parte della sorta di crew interregionale che si sta creando nella penisola. "Passala a noi oppure passala a Sfera / Passala a Izi, Rkomi oppure a Tedua / Da Roma a Napoli, da Milano a Genova" rappa Wayne proprio su "Aldilà", cristallizzando l'approccio inclusivo e propositivo della nuova generazione di MC e produttori italiani.

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Chiave d'ingresso di Enzo nell'alleanza è stato il genovese Izi, per intercessione di Roccia Music: "L'ho conosciuto quando è venuto qua a girare il video con Corrado e Shablo. Subito abbiamo legato molto, dato che viene da molte problematiche sociali… le riconosci a pelle, le persone che dicono un certo tipo di cose perché le hanno vissute e chi le inventa e basta. Tramite lui ho conosciuto gli altri." In un certo senso, stringere legami fuori dal quartiere era una necessità, mi spiega: "A Secondigliano non ci sono tantissimi rapper. Ma stiamo creando una cosa bella che viene da molti posti diversi. Siamo la gang nuova, un'unione nuova per la nuova scena rap. In passato c'era troppa rivalità, noi dobbiamo fare il contrario. I dissing non servono a niente, è un'era che sta finendo. Significa non vivere per la tua musica ma pensando a quella degli altri."

Il passo grosso che resta da compiere a Enzo, adesso, è il primo mixtape—che ancora non ha un titolo, ma ha già una lista di collaborazioni decisamente ambiziosa. Non ci sono solo i compagni di RC Music ma anche diversi membri di quella che ha definito lui stesso "nuova gang". Nuove saranno anche le tematiche, dice: "Non parlerò soltanto di periferia. Il nome Dong, Dove Ognuno Nasce Giudicato, è stato creato anche per non restare legato unicamente a questo. È un acronimo che può rappresentare qualsiasi posto nel mondo, qualsiasi problematica. Ad esempio, sto scrivendo un pezzo che parla di violenza sui minori. Un altro, "Higuain", parlerà di traditori." Le lavorazioni procedono, ma con qualche ostacolo da superare in un serpente che si morde la coda fatto di soldi e ispirazione. "Al momento sono disoccupato, ma organizzato", ride Enzo. "Devo chiudere il mixtape, e se devo concentrarmi su questo purtroppo non posso lavorare dal mattino alla sera. Però gli spiccioli mancano e quindi mò un modo o nell'altro devo vedere come s'ha da fà".

Chiaramente, decidere di buttarsi interamente sul rap non è una scelta facile da prendere, neppure quando il tuo pezzo più famoso ha appena fatto un milione di visualizzazioni. "A casa mia ognuno ha i suoi problemi, non riusciamo a pagare la pigione e quindi dobbiamo dare una mano. A volte, se mi manca l'ispirazione, è perché il pensiero di dover scendere a fare soldi mi martella." La cosa, però, può avere anche risvolti artistici positivi: "Mio padre vive fuori italia per lavorare, a Santo Domingo. E crescere con un padre che non è sempre presente a casa è difficile. Ho un fratello più piccolo, e penso la cosa sia più problematica per lui che per me, che ho già affrontato la mia crescita, la mia maturità. Una volta mio padre tornò in Italia disperato, non trovava più i soldi degli stipendi, e quella è stata l'ispirazione per "Sott e bas": " Stiamo a casa sotto le piazze di spaccio / Le celle sopra le case / Siamo stati già carcerati e nessuno che ci fa caso / E devi scappare."

Enzo è umile e disponibile, nel modo in cui mi racconta di sé, palesemente orgoglioso e felice di stare facendo qualcosa per il suo quartiere. È pieno di speranze e aspettative per questo primo tape, magari l'occasione definitiva per sfondare definitivamente. Da cogliere per forza, soprattutto data la sfortuna che gli ha impedito di entrare nelle grazie dell'elite del rap americano. "Tre anni fa sono andato con mio padre a Santo Domingo, era la prima volta che uscivo dall'Italia. Scendiamo a Madrid, dormiamo sui tavolini del McDonald's come i barboni, altre 9 ore di aereo e siamo là. Stavo a La Romana, e arrivato là ho visto su Internet che c'era Drake proprio lì a girare il video di "Started From the Bottom", a due passi da me… sto lì tre mesi, e il giorno che me ne vado, proprio dove stavo io in mezzo alla strada, viene A$AP Rocky a girare "Wild for the Night" con Skrillex. Ma so' proprio sfortunat'!"

La sera è vicina, e anche l'ospitata di Enzo al concerto di Clementino. Usciamo dal palazzo, uno dei tre che—stando ai piani del comune—verrà abbattuto in un piano di riqualificazione del quartiere con l'obiettivo di cancellare le Vele da Napoli. "Per me è un dispiacere", mi spiega Enzo. "Anche se hanno rappresentato cronaca nera per tanti anni, per me sono come la Statua della Libertà. Secondo me si può fare poco, è una cosa che vogliono fare da anni e prima o poi la faranno." Gli consiglio, nel caso, di fare un concerto in quartiere prima della demolizione, un'ultima celebrazione. "Frà, faccio un playback mentre crolla la vela dietro! Oh, fino all'ultimo!"

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