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Musica

Dalhous - Methods Of Elan

Il nuovo album sarà ancora un concept sulla malattia mentale, ma la storia sembra essersi fatta ancora più autobiografica e dolorosa.

Sono ossessionati dalla malattia fin da quando si chiamavano Young Hunting, facevano video tetrissimi (ora introvabili) ambientati in ospedali. Per quanto loro vogliano cancellare quasi ogni traccia di quel passato, è impossibile non accorgersi che le radici del loro suono e delle loro fisse erano già lì. Da quando hanno cambiato nome in Dalhous, praticamente ogni loro disco ha avuto come tema la salute mentale, il rapporto tra "sano" e "malato", non solo nei titoli e nei concept dei dischi (pieni di note sibilline, di testo da ricostruire a fatica) ma anche nella fragile maliconia in cui ogni loro nota annega. Pare che il loro nuovo disco sarà più maligno e astratto, e che racconti proprio la storia di un duo che si confronta con il dolore di uno di loro. Nel frattempo, siilmente, il duo Dalhous pare essersi ridotto al solo Marc Dall… Chissà se c'è qualche relazione.

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Comunque sia, il progetto Dalhous fa una dark wave esotica, contemplativa, nutritasi sia del calore triste dei migliori Eyeless In Gaza che di Mark Van Hoen quando ancora faceva il romantico disperato, appoggiandosi su una lezione isolazionista in cui ogni suono pare volersi confrontare con la propria nemesi, con la prospettiva della propria distruzione. Questo mondo inconciliabile è anche quello della "malattia", della depressione più acuta, della violenza che nasce da un intollerabile disturbo del linguaggio. Dopo An Ambassador For Laing e Will To Be Well, quindi, arriverà il nuovo (doppio) The Composite Moods Collection Vol.1: House Number 44, primo capitolo della narrativa. Esce a marzo, ovviamente per Blackest Ever Black, intanto ascoltate "Methods Of Élan", qua sotto.