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Musica

Un Pharmakon per i nostri mali

Intervista alla nuova protagonista del noise newyorkese

Tanti tanti anni fa, in Grecia, quando la comunità attraversava periodi bui, la gente soleva riunirsi e prendersela con un povero cristo chiamato “pharmakos.” Attraverso una crudele cerimonia di condanna, la sofferenza dell’intera società si riversava su questo capro espiatorio, e una sua eventuale espulsione avrebbe fatto sì che dolore si allontanasse con lui. Pharmakos era la soluzione ai mali della società—purificazione tramire deterioramento.

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Era un rituale impegnativo. Ipponatte, poeta del Sesto Secolo, fu autore delle più famose descrizioni del rituale del pharmakos. Era anche noto per essere un tipino stronzo e misogino, buttava giù con audacia roba come “Sono due i giorni più felici per una donna; il giorno in cui un uomo la sposa e quello in cui trasporta il suo corpo senza vita.” Discutibile umorismo a parte, Ipponatte ha offerto resoconti coloriti su questo rituale purificatore e sul personaggio del pharmakos. Ci sono alte discussioni su quanto questi testi si avvicinino con precisione all’effettivo rito del pharmakos, ma per il momento, mettiamoci dalla parte di chi dice che è così.

Queste traduzioni di Ipponatte, formano un connubio perfetto con la musica di Margaret Chardiet, AKA Pharmakon:

…lasciate che i ‘ben intenzionati’

acconciati Traci

agguantino il nudo corpo (riceve malvagità a sufficienza

mangiando pane da schiavi)

rigido dal freddo!

Permettete che le alghe

nascano dal fango e lo avvolgano!

Fategli digrignare i denti, giacere

esausto e incupirsi,

buttato in mare, come un cane . . . !"

In tutte le sue elaborate e mutevoli forme di abnegazione, il pharmakos era conosciuto come uno stregone, un mago o un avvelenatore, e il pharmakon era il suo veleno curativo.

Musica, nome e performance di Margaret Chardiet si rifanno a questa figura. Ipponatte ne sarebbe commosso. Un piovoso venerdi di inizio mese, l’ho vista esibirsi al 285 Kent che per l’occasione si presentava stracolmo e umidiccio. L’ha distrutto, un po’ così:

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Ho parlato di recente con Margaret dei suoi primi anni di musica a New York, sulla vita trascorsa nella casa noise nota come Red Light District, a Rockaway, e sulle origini della sua voce apocalittica.

In termini di live e registrazioni, quando è nato esattamente Pharmakon e cosa facevi musicalmente prima di allora?

La mia prima registrazione è stato un EP omonimo, autoprodotto su CD, nel 2007. Il primo set “serio” di Pharmakon è stato nel 2008. Prima di scoprire il noise, suonavo la chitarra da sola in camera mia.

A quale scena musicale sei stata esposta di più, crescendo a New York?

Sono cresciuta andando ai concerti punk nel giro DIY, tipo C Squat, ABC No Rio o concerti in appartamenti a caso. C’erano live ogni settimana, ed era roba per tutti i gusti. Ad ora non sono mai stata a un concerto in uno stadio o di roba mainstream, sono cresciuta con il concetto che se hai un’idea, devi solo trovare il modo di realizzarla.

Quali band o dischi ti hanno avvicinato al noise?

Sono approdata direttamente alla parte più estrema, a livello di contenuti e di suoni, perché era la roba più eccitante/nuova e si allontanava da tutto ciò che avevo ascoltato fino ad allora. Parlo di band come Whitehouse, Macronympha, Anenzephalia, Con-Dom, Atrax Morge e Haus Arafna.

Hai avuto una fase “Sono fan dei Beatles e dei Nirvana” o sei andata diretta alla musica sperimentale?

Sono cresciuta ascoltando punk anni Settanta (Stooges, Dead Boys, Johnny Thunders etc.), ma non appena ho iniziato a comprarmi i dischi per conto mio, ho cominciato ad ascoltare proprio i Nirvana e certo street punk anni Novanta decisamente imbarazzante… a sedici anni, però ho scoperto il noise quando ho davvero iniziato a cercarmi le cose da sola, e mi sono avvicinata immediatamente alla musica sperimentale.

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Sei una delle fondatrici del Red Light District, e la cosa sembra aver influenzato la tua musica ed etica. Quali artisti o core-band, per te, sono stati i primi a emergerne e come vi siete conosciuti originariamente?

Halflings, Yellow Tears, Cathod Terror Secretion, Diaphgram e me, erano le prime core-band dell’RLD, ma avevamo altri progetti, tipo Throat, Teent Bopper, Hollow Seed, Tension Fields, e un casino di altre robe. C’erano sette persone tra noi che avevano almeno 15 band. Il resto della banda è cresciuto a Long Island, si conoscevano già dalla scena punk locale o dal liceo, e si sono convertiti quasi tutti al noise. Io l’ho scoperto per conto mio, e li ho conosciuti ai concerti noise a cui andavo, a New York. Una volta diplomati tutti, abbiamo deciso che ci saremmo trovati una casa in cui vivere tutti insieme, fare prove e organizzare concerti.

Quanto è cambiata la scena noise da allora?

Dal 2006 al 2008 c’è stata una scena noise particolarmente attiva a New York. C’erano un sacco di eventi dedicati alla musica sperimentale; c’era il No Fun Fest, c'era Hospital Productions, ovvero un negozio di dischi della madonna, e band/progetti attivi in gran quantità. Si è spento tutto poco dopo, con meno concerti, meno band, zero negozi di dischi e zero festival. Ma la scena americana/nazionale stava crescendo e organizzavamo un sacco di live all’RLD, perlopiù di band in tour che conoscevamo, o dei nostri stessi progetti musicali, che erano ancora ben attivi. Era sempre più chiaro che la gente veniva ai nostri concerti perché era l’unico posto in cui godersi uno show del genere. C’era tutta una comunità attorno a noi, non solo a livello locale, ma anche regionale. Per adesso l’RLD è chiuso, e il resto della scena noise newyorchese è ancora in letargo. Ok che non c’è tanta roba nelle vicinanze, ma senza dubbio il noise/industrial nazionale e internazionale sia ancora in fermento.

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Il noise, ai suoi inizi, non era molto distante dalla scena rock sperimentale o punk, e persone con mentalità più o meno simile erano in simpatia l’uno con l’altro. Dagli Haters a Merzbow a Maurizio Bianchi etc. Riesci a vedere questa fusione di panorami oggi, o è tutto più strettamente confinato?

Sembra che le cose siano meno ripartite, almeno a New York. Trovi un gruppo hardcore, uno black metal e uno death rock che suonano sullo stesso palco, e gruppi noise che se la spassano con gruppi punk. Mi piace l’idea di gente con un approccio musicale aperto alla varietà di idee, attitudini, rapporti umani e qualità che ai generi strettamente definiti. Preferisco avere a che fare con scene che ruotano attorno a musica valida/interessante, e con gente valida/interessante, che attorno a musica con un stessa sonorità.

Il tuo nuovo disco, Abandon, è uscito da poco con Sacred Bones Records. In cosa consiste il tuo processo di scrittura e di registrazione?

Ho registrato Abandon per la prima volta in uno studio. È stato stupendo, perché ho potuto focalizzarmi solo sul suonare e ottenere il miglior risultato, invece che sugli aspetti tecnico-logistici. I miei pezzi sono sempre composti, provati e suonati live prima di essere registrati. Non faccio jam o improvvisazioni.

Ci sono autori che ti piacciono, e pensi mai ad una forma-canzone quando prepari le tue composizioni?

Una composizione musicale è una struttura di suoni, quindi sì, penso alla struttura delle canzoni quando compongo, ma non secondo i canoni del pop, con cori e bridge, ma più in base alla teoria della musica classica. È un modo di comporre più organico, coi controcazzi, si crea una curva di movimento che esprime al meglio le mie idee e porta con sé mood e suoni giusti.

Che influenze hai come cantante?

Non mi piace il termine "influenze" perché quando canto cerco di non assomigliare a nessuno e non mi piace confrontarmi con altri. La voce è uno strumento così intimo e personale. È la proiezione esterna di sé, il suono più personale che esista. Detto questo, ammiro artisti che utilizzano la propria voce in modo energico e sperimentale, tipo Diamanda Galàs. Alcune delle voci che preferisco non hanno niente a che fare con ciò che sono musicalmente, parlo di Klaus Nomi, Roy Orbison e Screamin’ Jay Hawkins.