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Musica

Il tesoro nascosto di My Own Private Records

Nel corso di venti cassette, MOPR ha raccolto le registrazioni più segrete della scena underground che gira attorno al quartiere Pigneto di Roma. Ci siamo fatti raccontare la storia dal fondatore.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

Manu (a dx) e Second H. Sam al festival delle etichette indipendenti Borderline.

Quando, ormai più di cinque anni fa, la scena del Pigneto ha iniziato a farsi notare a livello nazionale e internazionale, tutti gli appassionati di musica underground hanno imparato una serie di nomi di persone e luoghi nuovi, che prima soltanto chi si trovava tutti i giorni a lottare con i cantieri della Metro C e i materassi abbandonati in giro per le borgate. Mi riferisco a nomi come, appunto, Pigneto, poi Fanfulla, Dal Verme, NO=FI Records, Toni Cutrone, Demented Burrocacao, Valerio Mattioli. Eppure ho la sensazione che tra questi non figuri abbastanza spesso il nome di Emmanuel Bonetti (che si legge Bonettì perché è francese, e comunque tutti lo chiamano Manù, sempre perché è francese), quel tizio alto, sorridente e dall'aria un po' stralunata che si può trovare quasi tutti i giorni al circolo Fanfulla in quanto ne è uno dei cinque fondatori. Inoltre è facile vederlo vestito in camicia hawaiiana mentre tortura una tastiera e una drum machine durante un concerto degli Holiday Inn; o cantare con aria flemmatica e al collo una chitarra vintage nei Bobsleigh Baby; o guidare con ipnotiche linee di basso la nave spaziale a propulsione synthetica dei Trans Upper Egypt. O dietro un banchetto pieno di cassette, prodotte nella maniera più DIY possibile per la sua etichetta di nome di My Own Private Records.

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Dopo la première della sua ultima uscita, mi è stato fatto notare che l'etichetta ha raggiunto le venti produzioni. Si tratta quasi esclusivamente di gruppi romani, anzi, di Roma Est, documento fondamentale della parte più nascosta della scena borgatara. La maggior parte di queste non sono tanto più che demo e fanno leva sul fascino voyeuristico dell'ascoltare registrazioni intime e private. Intendiamoci, non stiamo parlando di tuo cugino che cerca di suonare "Sweet Child O' Mine" in cantina, parliamo della crème-de-la-crème della musica sotterranea (catacombale?) romana, ma non solo romana, che sperimenta, gioca e riversa il proprio inconscio su nastro magnetico. Si tratta di salvare dall'oblio digitale registrazioni che non avrebbero spazio (o "mercato", se proprio vogliamo usare le parolacce) su vinile o nel normale circuito delle uscite musicali: collaborazioni occasionali, improvvisazioni, demo, outtake, esperimenti solisti. I generi trattati vanno dal minimal synth al country-folk al post punk all'electro-pop, quella strana convivenza pacifica che identifichiamo con il Pigneto-sound.

Ho contattato Manu telefonicamente per farmi raccontare la storia della sua etichetta, nata, cresciuta e destinata a rimanere una risorsa per fanatici e una fotografia dell'estro e della curiosità del suo boss, dei suoi amici e collaboratori, e delle band che una volta hanno suonato al Fanfulla e hanno fatto un bel concerto e che voleva sentire di nuovo vicine.

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Tra una domanda e l'altra ho inserito dei link per lo streaming di alcune uscite, ma per ascoltare tutto il catalogo basta visitare il bandcamp ufficiale dell'etichetta.

Noisey: Ciao Manu, come va?
Emmanuel Bonetti: Bene! A dir la verità sono un po' di corsa in questi giorni, perché dobbiamo mandare in stampa il disco degli Holiday Inn per Toni [NO=FI Records]. Sarà un 12" inciso su un lato solo. Vorremmo che uscisse prima del tour con gli Hallelujah!, che inizia il 20 maggio, e in mezzo c'è il Record Store Day, per cui dobbiamo sbrigarci perché le stamperie sono tutte impegnate. Quindi stiamo girando come dei matti, sempre di corsa… stamattina sono andato in SIAE con Toni per i permessi di Fanfulla e Dal Verme, ci andiamo insieme ogni mese per alleggerire la cosa. È l'unico momento che abbiamo per fare due chiacchiere in tranquillità, in macchina sulla strada per l'ufficio SIAE.

Che palle la SIAE. Parliamo di cose più belle. Com'è stata la tua crescita musicale? Che cosa facevi in Francia e come sei arrivato in Italia?
Partiamo da così lontano? Ci saranno dei buchi pazzeschi nel mio racconto, anche perché in Francia facevo proprio tutt'altro. Sono arrivato in Italia dodici anni fa per aprire una libreria francese. Era la mia attività a Parigi: vendevamo libri usati, ma avevamo anche un sacco di dischi in vinile perché a quei tempi, tardi anni Novanta, la gente li buttava via. Avevamo questo grosso grosso magazzino nella parte Est di Parigi, a Ménilmontant, che aprivamo il fine settimana e, oltre a vendere i libri usati, che a Parigi si trovano sulle bancarelle un po' ovunque, in questo magazzino si compravano anche dischi a uno o due euro. Era anche casa nostra. Avevamo trasformato una piccola fabbrica in uno spazio abitabile, c'era una grande cucina… e la gente veniva nel weekend e si buttava a ginocchioni in mezzo a migliaia di dischi ammucchiati ovunque, e ripartivano con bracciate di dischi pagati due euro, che noi avevamo pagato cinquanta centesimi. Ci divertivamo un sacco, ascoltavamo dischi per tutto il fine settimana. A un certo punto abbiamo dovuto lasciare lo spazio, che era in affitto, perché la zona era in riqualificazione e il comune aveva deciso di distruggere questa piccola fabbrica per costruire case popolari.

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L'amico libraio aveva questa idea di trasferirsi in Italia e aprire una libreria in lingua francese, molto incentrata sul Novecento, molto di sinistra (situazionisti e roba del genere), così io, che avevo perso sia la parte più divertente del lavoro che la casa, ho deciso di accompagnarlo e non sono più tornato indietro. Questo è successo nel 2004. La libreria è durata due anni, poi lui ovviamente ha finito i soldi, perché era un tizio intelligentissimo però insopportabile, a livello commerciale era terribile. Mandava via i clienti che non gli piacevano, cose così. È quel fascino del libraio francese che in Francia funziona, ma in Italia, se mandi a fanculo le persone, quelle non tornano mai più. Quindi ha preso i suoi libri ed è ri-scappato in Francia e io mi sono ritrovato con poco o niente e, dopo poco, con amici conosciuti nel corso di quei due anni, abbiamo aperto il Fanfulla, il primo Fanfulla, nel 2006 o 2007.

Ah ma quindi eri proprio tra i fondatori, pensavo esistesse da più tempo.
Eravamo in cinque.

Ti occupavi già di musica? Suonavi quando abitavi in Francia?
In Francia ho suonato da adolescente, fino ai venti o ventidue anni. Poi ho studiato filosofia, e poi mi sono incazzato tantissimo con… devi sapere che io ho una certa età, ho quarantaquattro anni, sono del 1972. Quindi nel 1990, quando la musica inglese ha cominciato a cambiare, sono arrivati gli House of Love, gli Oasis, i Nirvana, ecc., io ho smesso di comprare riviste perché era tutta roba che non mi piaceva per niente. Né le sonorità, né gli intenti. E così mi sono perso dieci anni di "rock", perché per tutti gli anni Novanta ho ascoltato soltanto free jazz di fine anni Sessanta, inizio anni Settanta. E quindi nei Duemila, quando sono tornato a fare un po' di musica e a suonare con delle persone—il primo con cui ho suonato a Roma fu Raniero [Berardinelli] dei Cactus, che erano un ottimo gruppo del giro Hate Records, Soul Food, ecc.—ho dovuto riscoprire un po' tutto quello che era successo nei dieci anni che mi ero perso.

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E poi i contatti con la musica locale sono venuti da soli grazie al Fanfulla, perché aprendo il locale al Pigneto ci siamo resi conto della quantità di persone interessanti che vivevano in questo quartiere. Alcuni di noi ci vivevano da più tempo, ma io mi ero appena trasferito e non mi ero reso conto di che popolazione ci fosse. Aprendo questo posto ha iniziato ad arrivare un sacco di gente e una gran parte degli incontri li ho fatti là, ad esempio Toni, Lady Maru e Andrea Marziano che hanno aperto il Dal Verme due anni dopo, organizzavano concerti a Roma da un sacco di anni e hanno organizzato delle cose anche al Fanfulla prima di aprire il locale. All'epoca era l'unico posto al Pigneto e lo gestivamo un po' come un collettivo. C'eravamo noi cinque, però tutti quelli che frequentavano il posto potevano proporre delle cose e quindi molto velocemente si è creata una rete per cui il locale veniva gestito collettivamente.

Sarebbe l'inizio della mitica scena del Pigneto.
Sì, poi ha aperto il Dal Verme e tanta altra gente si è incontrata là… alla fine molti gruppi della scena di Roma Est sono nati in uno di questi due posti. E gran parte del catalogo My Own Private Records è frutto di collaborazioni o prove o esperimenti nati in questi posti.

E come sei arrivato alla decisione di fondare un'etichetta?
Dopo il Fanfulla c'è stato il Forte Fanfulla, che aveva una sala prove, e noi tutti ci suonavamo. C'erano i Capputtini I' Lignu, Corpus Christi, Wow, Trans Upper Egypt, Bobsleigh Baby, Aktion… era un po' la sala prove di tutti, era abbastanza comoda e poi stava in mezzo al Fanfulla per cui era anche bello. Io registravo molto volentieri cassette, anche perché in macchina ho l'autoradio a cassette per cui era diventato indispensabile produrre cassette per avere qualcosa da ascoltare in viaggio.

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Ahahah, un motivo come un altro per fondare un'etichetta.
E certo. La gente mi chiede come mai sono tornate di moda le cassette, io non lo so, però di sicuro io sono contento perché mi servono da ascoltare in macchina.

Me la ricordo la tua auto, una volta abbiamo dovuto seguirti nella notte per trovare la casa dove avremmo dormito. È una bellissima BMW che avrà almeno vent'anni, giusto?
È del 1990. [Ride] Le idee dietro l'etichetta sono varie, la prima era di registrare progetti paralleli, o progetti che ancora erano molto molto recenti, solo per avere un po' di materiale da mandare ai posti per suonare. Poi era una cosa fattibile in casa, che costava poco, che ci piaceva fare, avevamo tempo per farlo… E poi c'era anche l'idea di testimoniare alcune collaborazioni occasionali, come ad esempio Pan Faelk, una delle prime uscite, che è un gruppo che non è mai davvero esistito, composto da Agnese (Aktion, Hiss) e Demented (Epylepsyovlov, Micropupazzo, System Hardware Abnormal). Erano piccoli side project che però ci sembrava valesse la pena di renderli ascoltabili per il resto del mondo. E poi c'era anche un'altra configurazione: i pezzi che rimanevano sospesi, i pezzi che avanzano quando registri un disco. Penso ai Bobsleigh Baby, o ai Wow che avevano queste canzoni molto molto strane che non assomigliavano per niente a quello che stavano facendo, cose più electropop, e quindi è nata l'idea dello split fatto con gli "avanzi" perché erano canzoni un po' diverse ma valeva la pena farle sentire. Pochi sono concepiti come veri album, tranne forse Le Truc und Die Maschine che era un progetto parallelo di Lady Maru (Trouble vs. Glue, Dada Swing) e Yva (di Yva & the Toy George), che è un pochino più electro, che è un progetto che loro non hanno molto portato avanti, non era in primo piano nella loro attività musicale, però comunque suonavano spesso a Roma e registravano e si chiedevano "che ne facciamo?". Di fare un disco in vinile non valeva la pena, perché non suonavano abbastanza, così abbiamo fatto la cassetta.

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Anche quella degli Holiday Inn assomiglia più a un vero EP, coerente.
Quei cinque pezzi sì, li abbiamo registrati come testimonianza dell'inizio di questo progetto. Anche perché avevo lavorato molto a lungo in sala prove per trovare il suono adatto. Eravamo nel boom dei riverberi, eco a nastro, e cose del genere, e anch'io, suonando nei Bobsleigh Baby, nei Trans Upper Egypt e negli Hiss, in modi diversi avevo fatto un'overdose di suoni cosmici e riverberati. Volevo creare qualcosa di molto più compresso, molto più frontale, evitare i riverberi, evitare assolutamente il delay, eventualmente usare l'eco al massimo per dare profondità, ma proporre un suono molto molto acido e molto molto frontale.

Ma dai. Senza offesa, ma ascoltando gli Holiday Inn non verrebbe in mente una ricerca sonora così profonda. Il suono è talmente minimalista e aggressivo che sembra dettato solo dall'urgenza e dall'economia.
All'inizio era un progetto solista per me, avevo un'idea di suono in testa su cui ho lavorato per diversi mesi in sala prove. Attaccavo una tastiera a un overdrive, una drum machine, tutto allo stesso amplificatore, ma all'inizio volevo separare la voce perché faceva troppo feedback. Poi Gabri [Gabriele, cantante degli Holiday Inn e chitarrista di Aktion e Metro Crowd] è venuto a fare una prova con me e insieme ci siamo accorti che l'unico modo è far uscire tutto da questo ampli perché così le macchine interferiscono tra di loro e con la voce in una maniera particolare. Avessimo usato due ampli sarebbe stato tutto diverso, uscire dall'impianto è totalmente diverso. L'impatto della compressione è dovuta proprio alla cassa e all'amplificatore e al fatto che esca tutto da questo overdrive, così che tutti i suoni funzionino insieme e interferiscano l'uno con l'altro. All'inizio ho fatto diverse prove con diversi amplificatori, diverse drum machine, diversi overdrive, fuzz, ecc. Poi ho trovato la combinazione perfetta, ma ci ho messo un paio d'anni.

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Tornando all'etichetta, insomma, è una questione di side project e simili.
All'inizio sì. Poi c'è anche stata l'idea, in certi casi, di far sentire alla gente le cose che non verranno più portate avanti, o ciò che magari è stato lasciato da parte… per esempio, l'album dei Wow Rock Duro, che è bellissimo, sarebbe dovuto uscire. Era pronto per uscire, ma poi hanno deciso all'improvviso di passare al cantato in italiano e cambiare stile e così hanno abbandonato questo disco. A me dispiaceva che questo album rimanesse dentro un computer, inascoltato, allora ho fatto la cassetta. Anche quello degli Intellectuals, che è proprio il loro ultimo disco, lo avevamo stampato in trenta copie apposta per il Guilty Boat Party di Venezia perché loro sapevano che non avrebbero continuato e che non sarebbe uscito altrimenti. Poi ci sono cose più anomale che mi andava semplicemente di stampare, come lo split tra Maria Violenza e Badaboum, che avevano fatto il loro primo concerto insieme al Fanfulla e l'avevamo registrato e mi piaceva l'idea di lasciare una testimonianza. Anche Second H. Sam, che non voleva fare uscire niente, ma aveva questi pezzi bellissimi, allora io ho insistito, gli ho detto "Dai, mandami 'sti pezzi e facciamo 'sta cassetta". E lui è adorabile perché diceva che erano brutti, che non andavano bene, e invece è la cassetta che ho venduto di più.

Ce l'ho quella cassetta, effettivamente è una figata.
Già! Lo split Maria Violenza/Holiday Inn invece è nato perché dovevamo andare in tour e, una settimana prima di partire, ci è venuta voglia di avere un'uscita speciale per il tour, per cui abbiamo preso due inediti a testa e abbiamo stampato la cassetta. Sono idee che si discutono insieme, ci divertiamo a fare le cose tutti insieme.

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Sembra che il nome sia azzeccatissimo. I miei dischi privati, una serie di uscite molto intime di registrazioni a cui tu tieni personalmente.
Sì, l'idea è proprio quella. Tornavo a casa dopo le prove con le cassettine di vari progetti: Hiss, NicE, Pan Faelk, ecc., pieno di registrazioni che mi tenevo solo per me. Così ho pensato: "Facciamo un po' di selezione e facciamole sentire a qualcun altro". Per esempio, i demo dei Trans Upper Egypt sono canzoni che stanno anche sul disco uscito per Monofonus Press, ma quelle sulla mia cassetta sono proprio le primissime take in sala prove, di quando avevamo appena iniziato a suonare: sono versioni molto acide, molto spontanee, non c'era nessuna costruzione. A me piacciono tantissimo per questo.

Per quanto riguarda l'artwork, come lo gestisci? Certe uscite hanno copertine simili, altre sono completamente diverse…
Le copertine delle prime uscite sono tutte di Luisa Gardini, un'artista romana con cui ho lavorato in passato, curando il suo archivio. Oggi ha circa ottant'anni. Negli anni Sessanta e Settanta faceva questi collage, che puoi vedere sulle cassette di Pan Faelk, Second H. Sam, NicE, Trans Upper Egypt. Sono partito con questa estetica perché alcune cose mi piacevano tantissimo, ma poi ovviamente non ho potuto fare tutte le cassette così perché ogni tanto non c'entrava niente, poi alcuni avevano le loro esigenze per quanto riguarda la grafica. Per esempio quella degli Aktion l'ha fatta Gabriele, anche quelle di Holiday Inn e Metro Crowd. Di base c'era questa cosa di Luisa Gardini, ma poi mi piaceva lasciare la libertà di portare la propria grafica. Poi il layout, i font, ecc. sono tutti uguali.

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Una cosa che mi piace sempre chiedere a chi si muove nel campo delle etichette indipendenti è se ha degli alleati, imprese affini in altre parti d'Italia o d'Europa con cui ci si scambia materiale o favori o idee o motivazioni.
Mah guarda, My Own Private Records è un'etichetta molto particolare, con un certo raggio. Non faccio pubblicità, non mi sbatto sui social network… non ho nemmeno un PayPal. Addirittura su Bandcamp non è possibile scaricare la musica né pagare online, si può solo ascoltare in streaming. È accessibile, ma non voglio farne un commercio. Per cui quando vado in tour con una delle mie band sì, conosciamo gente, ci scambiamo le cose. Per esempio c'è Luca T. della Bubca Records che fa miliardi di cose, molte di più di me—poi ho dei rapporti con distro e etichette più grosse, come Yerevan di Bologna, la No-Fi di Toni Cutrone, che esiste da una vita e ha un raggio molto più ampio della mia. Tra l'altro è stata una delle prime a ricominciare a stampare cassette dopo che nessuno se le cagava da una vita, penso a Cheveu, Movie Star Junkies, Father Murphy, sarà stato almeno otto anni fa. In Francia le cose si muovono in modo più strano: a Strasburgo si fanno moltissime cassette, anche grazie a Ventre de Biche, Scorpion Violente e The Dreams e a tutti i loro mille progetti paralleli, per non parlare di Noir Boy George e dei vari side-project con dentro membri dei Feeling Of Love. Ma loro si autoproducono cassette per quando vanno a suonare o vanno in tour. Ci sono varie etichette in quella zona, ma non ci ho scambi particolari.

Ma tu non facevi parte della Grande Triple Alliance Internationale de l'Est?
Eh no, attento! Semmai sono stato mezzo adottato, perché io sono di Parigi, mentre la Grande Triple Alliance è sull'asse Metz-Strasburgo e con loro non si scherza su queste cose. Nel senso che quando si è formata, circa quindici anni fa, c'era un discreto odio tra loro e il resto della musica in Francia. Facevano un tipo di garage o di elettronica molto dark, con vari rimandi estetici esoterici al nazismo e cose del genere, mentre invece a Parigi c'era un'attitudine più pulita ed educata, considerata un po' yé-yé dalla scena di Strasburgo. Per cui c'era una rivalità forte. Tu ti confondi perché sui dischi di Bobsleigh Baby e Trans Upper Egypt c'è la croce simbolo della Grand Triple Alliance, ma non è per me, è per Cheb Samir, che suona con me in entrambi i gruppi: lui sì che ne fa parte, ed è originario di Strasburgo.

Come vedi il futuro di My Own Private Records? Sempre intimo e per pochi, o hai in mente di aumentare il volume delle operazioni?
No, sinceramente penso rimarrà sempre così. Per me le cose importanti sono testimoniare l'inizio di qualcosa, oppure pubblicare qualcosa che non sarebbe destinato a uscire. In teoria la prossima cosa che farò uscire sarà un gruppo che esiste e non esiste, si chiamano Giovannas, è composto da Agnese (Hiss, Aktion), Alessandra (aka Eva Won, batterista di Bobsleigh Baby) e Demented. È un gruppo super anni Novanta, hanno registrato quattro o cinque pezzi e vogliamo farlo uscire su My Own Private perché è il classico progetto da sala prove, in cui ci si scambia gli strumenti e si prova a fare cose nuove. Poi, se mai faranno un concerto non si sa, però almeno abbiamo una loro testimonianza.

Non abbiamo ancora parlato di criteri strettamente musicali per questa etichetta. Da quello che è emerso quello che cerchi è un'affinità extra-musicale, poi immagino che quella musicale arrivi da sé. Ti è mai capitato di rifiutare di stampare una cassetta perché non ti convinceva la proposta musicale? O, al contrario, di voler fare assolutamente qualcosa pur non avendo un rapporto personale?
Be', di cose che mi piacciono moltissimo ne ho fatte molte. A volte i gruppi si tengono i pezzi per un album in vinile, però qualcosa che avanza ce l'hanno sempre. Per esempio a Samuele [Second H. Sam] io ho detto: "Non ti voglio togliere niente di valido per uscite future, però se hai qualche registrazione un po' strana, intima, che ti piacerebbe comunque vedere su un formato particolare, in edizione limitata, ecc…", e così è andata. Ci sono state alcune cose a cui non ho dato seguito, che sono andate perse tra le conversazioni, ma questo capita.

Però non individui una direzione musicale univoca per la tua etichetta, giusto?
Sì, anche perché già il mio catalogo è già molto vario. Ascolta i Corpus Christi, che fanno folk. Quello è stato concepito come un mini-album, con varie collaborazioni. Hanno fatto anche un LP su Jeetkune records che è bellissimo. Poi avevano queste cose in più, hanno chiesto la collaborazione di altre persone ed è venuta fuori questa uscita che a me piace molto e non c'entra nulla con il resto. Anche Amra & Jeepneys è una cosa particolare; una ragazza che è venuta a suonare al Fanfulla e aveva un approccio molto particolare a un genere molto solare, allegro e colorato, che di solito non sarebbe la mia tazza di tè. La cassetta è stata un modo, non potendo farla tornare a suonare dalla California, per avere un altro contatto con lei in Italia. Ci ha regalato questi quattro o cinque pezzi apposta per lasciare un pezzettino di sé in Italia. Theoreme ha fatto diversi dischi, è una ragazza francese che è venuta anche lei a suonare qua e ci è piaciuta molto. Si svolge tutto così, con incontri dopo i live e amicizie. Forse l'unico a cui ho davvero rotto le scatole per avere i pezzi è stato Samuele, perché lui è molto timido e discreto. Ho dovuto chiamarlo più volte per farmi mandare delle canzoni. Alla fine era molto contento e anche molto sorpreso, mi chiama e mi dice: "Manu, rimandami altre cassette perché me le chiedono tutti." E io gli rispondo: "Ma perché è bellissima, Samuele!" e lui: "Eh, ma che ne so io!" [Ride].

Ultima domanda, tecnica: come crei fisicamente le cassette? Le fai duplicare a una ditta, fai un mastering particolare, o fai tutto tu in casa?
Dipende dalle registrazioni, per esempio i Metro Crowd hanno registrato in studio, fatto il mastering e mi hanno mandato tutto finito, mentre altre cose come Trans Upper Egypt o Eva Won le ho registrate io. Comunque passo tutto su nastro io stesso, con un vecchio registratore ma di buona qualità, e poi duplico con una piastra Tascam che è buona e veloce e fa due cassette alla volta. Anche le copertine, le stampo e le taglio io. Del resto non ne faccio trecento, ne faccio una cinquantina, ci metto un pomeriggio.

Contatta My Own Private Records su Facebook per acquistare le cassette, anche se è sempre preferibile che tu vada a comprarle di persona a un concerto o al Fanfulla.

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