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Musica

L'eterno riciclo di Max Pezzali

Abbiamo ripercorso le varie fasi del riciclo culturale di Max Pezzali che, nel corso degli anni, è riuscito ad essere un riferimento per quattro generazioni diverse.

Rappresentare una generazione è un compito davvero arduo, ma ogni tanto qualcuno deve prendersi la briga di farlo. Di solito quel qualcuno è un qualcosa, tanto che le differenze tra un trentacinquenne e un quindicenne si notano più che altro dal sistema di oggetti e riferimenti culturali cui sono legati: cartoni animati, videogiochi, idoli calcistici, gusti musicali… Ma aspetta, c'è qualcuno che incredibilmente riesce a trovarsi in quell'intersezione, a raccogliere il gusto di generazioni, individui e gruppi sociali che apparentemente non hanno nient'altro in comune. Questo qualcuno è Max Pezzali.

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Mi ricordo (ok, forse me l'hanno raccontato) quando nell’estate del ‘96 sperperai tutti gli averi dei miei genitori in un juke box al celeberrimo Lido Prosperpina di Vibo Marina per agitarmi sulle note di “Hanno Ucciso L’Uomo Ragno”. Negli anni, più o meno indirettamente, mi sono imbattuto in Max talmente tante volte che nel mio ricordo distorto c'era anche lui con me a Vibo Marina. Nella mia memoria, oramai, è come se Max fosse un mio cugino lontano con cui, nonostante lo veda di rado, vado sempre super d'accordo.

Ma Max non è solo il mio, di cugino. Si potrebbe dire che è il cugino di tutta Italia, a giudicare da quante volte ho visto, sui miei social, comparire foto, canzoni, riferimenti più o meno espliciti alla sua produzione musicale. Forse quello che rende cross-generazionale e, più alla larga, cross-gender la figura di Max sono i suoi testi, che raccontano in maniera molto semplice ogni fragilità e insicurezza che il nostro animo attraversa dall'adolescenza in poi.

E probabilmente, a un certo punto della sua carriera, Max si sarà pure ritrovato a dover affrontare dal punto di vista personale questa trasversalità che il suo pubblico ama di lui, tanto da dover trovare il modo di reinventarsi. Lasciando da parte il suo esordio nel programma di Jovanotti 123, in cui lui e il fido Repetto si facevano chiamare I Pop e presentavano il brano "Live in The Music, dopo gli anni d'oro dei grandi 883 abbiamo assistito a diversi rilanci della sua figura, a continue reinvenzioni, rinascite, resurrezioni e reinterpretazioni del ruolo di Pezzali e della sua musica. Di seguito ho raccolto i più significativi esempi delle mille vite del nostro cugino Max.

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La prima volta che mi sono re-imbattuto nella discografia di Pezzali è stato nel 2012 in un periodo molto grigio della mia esistenza come fruitore della musica, era un momento in cui ascoltavo soprattutto quel genere indefinito che tutti chiamano indie, che per me altro non è che musica un tentativo di musica pop. In quel periodo era uscita su Rockit Con Due Deca, che altro non è che la “prima compilation di cover degli 883”, con gente come I Cani e Colapesce, ma anche Ghemon e Dargen D’Amico. Per cui mi sono riavvicinato a Max, in modo quasi fortuito, finché non è capitato di ritrovarmelo in televisione. Era la semifinale della prima edizione di MTV Spit, condotta da Marracash, che era in cerca del “nuovo king che sale sul ring”, sulle poltrone dei giudici di questo contest di freestyle televisivo, compare lui, Max Pezzali, come esperto e ascoltatore, fortunatamente (e se è successo ho rimosso) non come ex artista del genere con gli “I POP”.

Al di là poi della sua capacità di giudizio (non ricordo le scelte che fece), quello che mi ricordo perfettamente è stato il momento in cui i riflettori, piano piano, si sono concentrati sul suo faccione e hanno annunciato una battle a tema 883.

Quella battle, che potete riascoltare qui, fu semplicemente il preludio di una lunga collaborazione tra Max Pezzali e il mondo rap: da lì a poco, infatti, sotto gli occhi attenti di Pierpa Peroni e Don Joe, esce Hanno Ucciso l’Uomo Ragno 2012, in pratica una riedizione del primo disco degli 883, ricantata da Max e con l’aggiunta di strofe di rapper. La più emblematica è il secondo singolo, "6/1/sfigato", che è una matrioska di citazionismo di musica generazionale, arrivando persino agli Articolo 31, con "Mr. Gilet di Pelle", in un vortice che ha dell’incredibile.

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Non mi ricordo se a regalarmelo fu mia madre o la ragazza con cui stavo allora, ma una delle due pensò che quel disco potesse fare al caso mio, per cui in casa ho la copia fisica di quello che Wikipedia chiama il “sesto album solista” di Max Pezzali. Oltre alle strofe di gente come Baby K, Entics e lo stesso Ax (passando per i Dogo, Emis Killa, Ensi, D’Amico e Fedez), la roba singolare, che porta l’endorse da parte del mondo rap a un livello successivo, sono le skit alla fine di ogni canzone, di altri esponenti del mondo rap, tra cui Shablo che parla di cosa rappresentassero gli 883 per chi è appena arrivato dall’Argentina e Fibra che ride ripensando al suo rapporto non proprio positivo con loro nell’adolescenza, fino a Bassi Maestro, l’endorse degli endorse.

Di quell’appoggio da parte della scena Max ne giovò, versando benzina su questo fuoco con Max 20, l’album per i vent’anni di carriera, l’ennesima mossa nostalgica, back in the days, con tanto di lacrimoni.

Da Max 20 a oggi, quindi con l’album Astronave Max in mezzo, il citazionismo a favore di Pezzali non si è mai esaurito e con lui i tentativi di strizzare l’occhio a tutto il pubblico banalmente definibile giovane.

Emblematico, in tal senso, il video di uno dei singoli dell’ultimo album, realizzato come se fosse un video di Periscope, che in quel momento stava esaurendo il suo boom incredibile, ora definitivamente soppiantato dalle Mention di Facebook.

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In ogni caso Max ce lo siamo ritrovati ovunque, sempre e comunque: è nel ritornello di uno dei singoli del primo album da solista di Jake La uria, che sposta l’attenzione del grande Real al grande Milàn (sigh), mantenendo la stessa linea melodica, nel pezzo probabilmente più conosciuto di Musica Commerciale, il primo album solista di Jake.

La stessa operazione, ma con "La Regina del Celebrità", è stata fatta una settimana fa da Il Pagante, il gruppo milanese dance-demenziale che ha visto anch’esso un “trapianto di rapper”, dopo l’inserimento di Eddy Veerus, facilitato dal fatto che entrambi sono artisti sotto contratto con Warner.

Ma Max è icona non solo musicale, basti pensare al recentissimo video sui 30enni dei The Jackal, dove addirittura diventa icona nostalgica, e parla a lungo in un (semi)monologo che sembra un testo di una sua canzone, di modem 56k e VHS.

Adesso Max è uno dei quattro giudici di The Voice, al fianco di Raffaella Carrà, Emis Killa e Dolcenera. La puntata d’esordio è stata la prima puntata più vista della storia del programma, ora per Max inizia una nuova vita, questa volta quella più trasversale di tutti: a guardare il programma non sono (solo) adolescenti, ma famiglie. Il prossimo passo, probabilmente, è la presidenza del consiglio. Ce lo auguriamo.

Segui Tommaso su Twitter: @TommiNacca