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Musica

Alzare la testa: il nuovo impegno di ANOHNI

ANOHNI sarà in Italia il prossimo 12 luglio con Hudson Mohawke e Oneohtrix Point Never al Flowers Festival, l'abbiamo intervistata e vi offriamo anche la possibilità di vincere due biglietti.

Foto di Inez & Vinoodh

"4 DEGREES", è stato il primo assaggio dell'album HOPELESSNESS, l'ultimo album di ANOHNI—già conosciuto come Antony Hegarty— e realizzato in collaborazione con Hudson Mohawke e Oneohtrix Point Never. La canzone è stata ispirata da un vertice sul futuro del pianeta e su quali misure adottare per rallentare il processo distruttivo dell'esistenza umana e, come ha spiegato in un post sulla propria pagina, qualche mese fa:

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"In solidarietà con il vertice sul clima di Parigi,
ho guardato a fondo e duramente,
non alle mie aspirazioni, ma ai miei comportamenti,
scoprendo la mia complicità pericolosa.
Questo è un mondo tutto nuovo.
Siamo coraggiosi e diciamo la verità più forte che possiamo."

Il suo è un canto di protesta, le cui parole evocative sono pronunciate per far fermare un attimo chi le ascolta e portarlo a considerare la prospettiva da cui sono state scritte e il cuore insanguinato in cui rimbombano.

Venerdì 15 luglio Anohny, Oneohtrix Point Never e Hudson Mohawke saranno sul palco del Flowers Festival al Parco della Certosa Reale e i biglietti sono già disponibili, ma vi offriamo comunque la possibilità di vincerne un paio mandando una mail a festa@vice.com specificando nell'oggetto "Flowers Festival". Nel frattempo Abbiamo telefonato ad ANOHNI per saperne di più di HOPELESSNESS, del perché ha cambiato nome, della difficoltà di fare pop politicamente impegnato, della crisi dei rifugiati, della poca trasparenza dei governi, del modo in cui i media manipolano la verità… e questo è solo l'inizio.

Noisey: Ora ti fai chiamare ANOHNI, un nome che ogni tanto abbiamo già sentito, associato a te. Cosa ti ha portato a scegliere di utilizzare questo moniker in pianta stabile?
ANOHNI: In realtà ho deciso di iniziare a usarlo un paio di anni fa ed è stato un lento processo di condivisione con sempre più persone, adesso sono ANOHNI a tempo pieno, e mi piace. Volevo onorare quella parte di me. Sono sempre stata trasparente sul fatto che sono transgender, ne ho sempre parlato nei miei lavori, ma volevo avere il mio nome-spirito, ed eccolo qui.

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Quest'anno l'attenzione politica nei confronti dei transgender è progredita…
Sì, il tema è detonato, soprattutto negli Stati Uniti. È molto bello.

È strano perché sembra che stiamo facendo grandi progressi in tema di attenzione e apertura nei confronti della comunità trans, e ora i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono legali in tutti gli Stati Uniti e in molti altri Paesi. Allo stesso tempo, però, siamo sull'orlo di un precipizio in tema di politiche internazionali. L'altro giorno mentre prendevo un aereo da San Francisco a New York ci sono state quelle due sparatorie… Magari sto andando un po' off-topic, ma…
No, no, ti capisco benissimo. E penso che sia tutto parte del piano. Finché parliamo di stragi e politiche di genere nessuno inizierà a parlare dei banchieri e di come sia distribuita la ricchezza e tutto rimarrà più o meno come prima. Invece questo è il punto su cui dovrebbe focalizzarsi ogni conversazione. In un certo senso il modo di procedere statunitense è quello di tenerci occupati. La working class e la middle class si tengono occupate litigando tra di loro su problemi poco più che personali. Finché non alziamo gli occhi sarà sempre così.

Penso che la più grossa minaccia a questo sistema sia stato il movimento Occupy, che ovviamente è stato affossato. Probabilmente, finché era attivo, è stato il dialogo più prolifico sulla politica e sui media statunitensi. Forse dai tempi della guerra in Vietnam. C'è un motivo preciso, a mio parere, per cui, nonostante le continue stragi, nessuno muova un passo per controllare il possesso di armi sul suolo statunitense, ed è lo stesso motivo per cui tutti sono così ossessionati con le politiche identitarie—che siano razziali o di genere. Non voglio dire che per me non sia importantissimo parlarne, perché lo è! Sono felice che pian piano vedremo dei progressi per noi trans, ma vedi, tutti questi problemi sollevati a turno, una volta i diritti delle donne, un'altra quelli dei transessuali… Sembra un po' quel giochino in cui devi prendere la talpa, o il gioco delle sedie.

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Onestamente penso sia una sorta di cortina di fumo. Finché parliamo di politiche identitarie e sparatorie e terrorismo non parleremo del fatto che… Che ci sono sempre meno risorse per la maggior parte degli abitanti di questa Terra, e che la maggior parte del denaro è in mano a una manciata di… comunque tu voglia chiamarli. Lo so, sembra una generalizzazione, ma è il mio punto di vista.

Quando hai deciso che il tuo lavoro artistico avrebbe dovuto contenere anche prese di posizione sul mondo—come accade in "4 DEGREES"?
La mia coscienza mi fa sentire alcune cose in maniera così forte da farmele percepire empiricamente. Non sono esperta in nulla, ma già solo il fatto di leggere una notizia ed essere un individuo senziente che vive in questo mondo mi porta a volermi interessare su quello che succede in un modo più profondo, e ho deciso di integrare un po' di più quest'attitudine nella mia musica. Anche se è un po' di tempo che il tema ambientale ricorre nei miei lavori.

In "4 DEGREES" parli della tua realtà individuale. Quali passi sono necessari, secondo te, per responsabilizzarsi?
Sai, forse non sono la persona adatta a cui chiederlo. Non so in che modo possa funzionare. Per me la chiave è stata usare me stessa come esempio, concentrarmi su di me e sul mio orticello. Non mi piace alzare il dito e puntarlo contro questo o contro quello e dir loro che cosa fare. Ho pensato parecchio a quale sia, in quanto artista, la mia parte di responsabilità in questo processo e a quanto sia difficile distaccarsi da una serie di coimplicazioni, se vuoi far parte del mondo contemporaneo e godere delle comodità a cui tutti siamo abituati. E alla fine, anche se ti armi delle migliori intenzioni, i tuoi comportamenti ti portano su un altro sentiero. Se penso alla mia impronta sul mondo circostante, chiaramente il mio prossimo passo è tentare di renderla più lieve, cambiando magari qualcosa nella mia carriera artistica. Per ora è ancora tutto in fieri, il lavoro che sto facendo è pormi un sacco di domande.

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Hai lavorato con due fantastici producer per HOPELESSNESS. Come siete arrivati a questa collaborazione?
Ci sono voluti due anni, un po' di aggiustamenti e assestamenti, anche per la natura di ciò che stavamo facendo, che era così diversa da ciò che ero abituata a fare. Mi ci è voluto un po' per processare il tutto, per accogliere il progetto nella mia testa e convincermi che fosse ciò che ero davvero intenzionata a fare. Dai tempi di Hercules mi è sempre rimasto il pallino di fare un altro disco dance… Adoro la dance music, adoro i lavori di Hudson e impazzisco per i beat tutt'altro che leggeri, quindi era anche ironico, se vuoi, che non li avessi esplorati. E poi il mio incontro con Hudson è stato così casuale… Mi ha mandato un po' di tracce e da lì è iniziato tutto. Ho anche lavorato con Dan [Lopatin, Oneohtrix Point Never] per un po', sviluppando altre cose insieme a lui, quindi rimbalzando tra l'uno e l'altro abbiamo messo insieme il disco.

Il titolo del disco è molto forte e, per quanto ascoltato finora il testo è carico, ma la parte strettamente melodica è leggera: la dicotomia è la forza di questo lavoro. Troveremo la stessa atmosfera nel resto dell'album? Puoi parlarmi dei temi ricorrenti?
I pezzi riguardano un ampio spettro di tematiche, che sono poi le cose che abbiamo intorno e da cui a volte preferiamo distogliere lo sguardo, focalizzandoci su quello che funziona nel nostro quotidiano. Ho fatto un passo indietro e mi sono messa a guardare il panorama di questa realtà moderna dal mio punto di vista, dove vedevo che certe cose erano indirizzate, specialmente in America, realtà che mi mettono inquietudine. Realtà con cui, però, sono complice, dato che pago le tasse. Con i soldi che do al governo ho contribuito a finanziare guerre e bombardamenti, e questo mi disgusta. Oltretutto ci tenevo a sfatare il mito che non si possa scrivere musica pop che abbia un contenuto politico forte. Ho pensato che sarebbe stata una sfida divertente, e anzi, ho voluto farlo con la dance, e ho voluto farlo proprio come hai detto tu: contenuti pesanti in un contenitore leggero, pop. Vediamo fin dove posso spingere questa contraddizione, mi sono detta. È stata una sfida con me stessa.

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Perché credi che la musica con accezione politica sia vista un po' male, a volte?
Non mi interessa che sia figa o meno, penso che la musica politica non esista, se non in qualche angolo dell'underground e dell'hip-hop o in alcuni Paesi in particolare. Sono sicura che a Burma ci siano fantastiche canzoni di protesta. Non so risponderti se non così. Perché per noi è così difficile avere uno spessore? Perché è così difficile dedicarsi a una causa? Perché è così difficile alzare la testa? È una sfida. È la sfida che ci viene messa di fronte in questo momento, e come possiamo prenderne parte? Che posizione dobbiamo prendere nei confronti del Sistema? Per quanto dovremo andare avanti così? In che direzione stiamo andando e come possiamo controllare questa direzione, se possiamo? E qual è la nostra relazione intima con questi movimenti, qual è la nostra relazione esistenziale con la condizione attuale? E quella psichica, emotiva, spirituale? Cosa siamo? Cosa stiamo facendo? Queste sono le grosse domande che ho la fortuna di potermi masticare o su cui posso sedermi a riflettere. [ride] Perché è il mio lavoro! Quindi mi sono messa a pensarci. Volevo fare un lavoro potente e divertente insieme, e in cui mi esponessi in prima persona. Anche se il mio scopo non era mettermi in contrasto diretto con qualcosa, forse non è la parola giusta…

Volevi provocare un moto di pensiero?
Be', il mio obiettivo non era nemmeno provocare, piuttosto volevo essere più onesta che potevo, raccontare come mi sentivo davvero e parlare come parlo ogni giorno, ma farlo in forma di canzone. Questi sono gli argomenti di cui parlo tutto il tempo, o almeno per la metà del mio tempo [Ride.] Speriamo che non diventino i miei pensieri ventiquattr'ore su ventiquattro!

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Vivi ancora a New York? O sei itinerante?
Di base sto a New York, ma sto girando molto ultimamente. Alcuni dei progetti a cui sto lavorando mi portano a stare in Germania, e Berlino mi piace un sacco.

Anche a me. Mi piace anche come si mangia a Berlino.
Sì, non la conoscevo molto prima. Mi piace com'è la gente lì, più trasparente, e mi piace la trasparenza tedesca in generale. Hanno dovuto diventare così, in modo strano, sono stati forzati a diventare così per la loro storia. E ora hanno il loro peso morale in Europa. Si comportano bene, il più delle volte, quando altri invece non lo fanno. Negli Stati Uniti accogliamo 10.000 rifugiati siriani, anche se siamo responsabili per grandissima parte della crisi in Medio Oriente. Invece la Germania ne accoglie mezzo milione. L'Europa ha il compito di raccogliere come può i cocci dei disastri provocati dalle politiche estere statunitensi, e qui nessuno se ne rende conto. Gli americani non si rendono conto di nulla. Invece in Europa ci sono la Svezia e la Germania che, da sole, stanno accogliendo masse di migranti in cerca di una nuova vita dopo venticinque anni di orribili interventi americani nella loro terra. La cosa che mi fa davvero rabbrividire è che i media statunitensi ne parlano così poco. Nessuno dice la verità, ti riempiono di stronzate così credi di star vivendo nel migliore dei mondi possibili.

Sì. Soprattutto chi sta molto tempo davanti alla televisione non riesce a distinguere la propria opinione da quello che ingurgita, quindi è anche abbastanza difficile mettersi a discutere con queste persone.
Ti consiglio di ascoltare il programma di Amy Goodman. La adoro. Il trucco è trovare un paio di fonti che sicuramente hanno interesse a dire la verità. Ti fa sentire meglio quando hai queste coordinate. Quello scalino tra ciò che sai essere vero e ciò che ti spacciano per vero dev'essere eliminato, perché è ciò che rende malata l'opinione pubblica, il più delle volte. Negli USA non esiste trasparenza. E sai, Obama ha messo la trasparenza come condizione necessaria nella sua campagna presidenziale, e guarda cos'è successo: lo scandalo NSA. E abbiamo eletto quell'uomo grazie alle sue idee rivoluzionarie: prometteva di creare un governo trasparente. E proprio sotto la sua egida è venuto fuori che il governo spia ogni cittadino. Quell'ambiguità, quei messagi, è come una campagna pubblicitaria in atto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, quest'idea di—be', se spargi un quantitativo sufficiente di disinformazione, se metti tutto e il contrario di tutto nello stesso calderone, ammutolisci le persone confondendole, e le costringi alla non-partecipazione. Questo è il compito dei media americani: mettere talmente tanta confusione nella testa delle persone, che nessuno sa più su cosa dovrebbe concentrarsi, finché ci si arrende.

Sì, la gente è frastornata.
Ognuno vuole le stesse cose—ognuno vuole sentirsi dire che è tutto OK. Nessuno vuole rendersi conto che i cambiamenti climatici stanno facendo collassare il nostro Pianeta, nessuno spera che succedano catastrofi, stragi di questo genere. Nessuno vuole accendere l'interruttore, ma un giorno quell'interruttore si accenderà comunque, perché intorno a noi continuano a succedere delle cose. È successo con il muro di Berlino, è successo con la crisi dell'Unione Sovietica. Abbiamo visto più volte che la Storia ti mette davanti ai fatti—e che l'umanità è sottoposta a cambiamenti giganteschi e improvvisi. Cambiamenti completamente inaspettati.

Quindi anche se il tuo disco si intitola HOPELESSNESS credi ci sia spazio, da qualche parte, per un po' di ottimismo?
Se fossi davvero senza speranza forse non sarei nemmeno riuscita a fare un disco. L'ho chiamato HOPELESSNESS perché è dall'assenza di speranza che sono partita, è quello il sentimento che ho attraversato. Il dolore è una parte del problema. Sono in lutto per quello che sta succedendo, mi dispero per quello che ho intorno. Credo che in molti si sentano depotenziati, messi in un angolo, privati di ogni speranza. Questo non significa che siamo davvero senza speranza o che davvero non abbiamo alcun potere, ma è così che ci sentiamo. Riconoscere questa sensazione e riuscire a tirarsene fuori è già un primo passo, o almeno lo è stato per me.

Pensi che la musica sia ancora utile per cambiare le cose?
Non lo so. Però so in che modo cambia me. So che quando ascolto qualcosa mi può far sentire più viva. Non so in che modo agisca, precisamente, non ne ho idea—e il mio disco è una specie di programma pilota, in un certo senso, non ho mai provato a fare nulla del genere, quindi vedremo. Si tratta di partecipazione. Sono una musicista, la mia sfera d'influenza è la musica, e in questo senso volevo essere incisiva e forte, per quanto fosse in mio potere, volevo impegnarmi artisticamente, ed ecco qui. Sono entusiasta di quest'album. È un disco pazzo—è selvaggio.

Puoi trovare tutte le informazioni sulla pagina dell'evento di Flowers Festival