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Musica

Sono stato a mangiare il sushi con Shirley Manson

Quando la cantante dei Garbage ti invita a cena tu dici di sì, anche se si comporta da stalker.

Tutte le foto: Rebecca Miller

La maggior parte dei primi appuntamenti a cui sono stato mi sono stati accordati grazie a una patetica combinazione di pietà, disperazione e puro inganno. Una volta mi sono fatto prestare il cagnolino da un amico per convincere una ragazza a uscire con me. Un'altra volta ho aiutato una tipa a traslocare e poi mi sono piazzato nel suo nuovo appartamento per ore, finché non le è venuta una fame da lupi e non mi ha concesso di invitarla a cena. Ma soltanto una donna mi ha risparmiato l'umiliazione, chiedendo lei a me di uscire: Shirley Manson.

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Prima di un anno fa non avevo mai parlato né visto da vicino la cantante dei Garbage. Conoscevo soltanto la sua immagine nei video, in particolare quello di "Only Happy When It Rains", che era in costante rotazione su MTV nel 1995, quando io ero alle medie, e che ricordo come un momento di sollievo nella selva di alternarocker maschi tipo Pearl Jam e Red Hot Chili Peppers. Ma l'unico rapporto che avevo con lei consisteva nel mangiare merendine mentre lei faceva la rockstar dall'altra parte dello schermo. Questo fino a otto mesi fa.

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Attraverso il mondo magico e caotico chiamato Twitter, Shirley mi ha contattato pubblicamente tramite l'account della band, senza motivo: "Mi piacerebbe incontrarti. Mi ricordi una persona che conoscevo". Strano, ho pensato, ma ho visto succedere di peggio su Twitter. Ad esempio, a volte la gente cerca Ozzy Osbourne e, sbagliando, si imbatte in me, e mi rimprovera per aver lasciato Sharon. Così ho lasciato perdere, pensando che avesse sbagliato persona.

Ma poi due mesi dopo mi è arrivato un altro messaggio da lei, se possibile ancora più criptico: "Ero seria".

"Seria su che cosa?" ho risposto, mentre mi si seccava istantaneamente la gola.

"Su di te."

Be', questo sì che è strano, oltre che piuttosto spaventoso, ho pensato. Chi mai potrò ricordare a Shirley Manson? E perché una persona che conosceva, al passato? Che cos'è successo a questa persona? L'ha forse uccisa lei? Stava meditando di uccidere anche me? Avevo in testa così tante domande. Fortunatamente, la mia collega Kim mi ha fornito qualche risposta. Kim è stata recentemente a Los Angeles, dove Shirley vive, per girare un'intervista a proposito di Strange Little Birds, l'ultimo album dei Garbage a quattro anni di distanza dal precedente, e, prevedibilmente, Shirley ha chiesto di me. "Lavori con Dan Ozzi?", le ha chiesto. "Sono una sua grandissima fan. Trovo che scriva benissimo, penso che sia intelligente e divertente e anche bello, forse non nel senso tradizionale del termine, ma il suo viso ha una serie di caratteristiche uniche che lo rendono attraente in modo non convenzionale e le donne dovrebbero notarlo molto di più". (La conversazione mi è stata raccontata, quindi mi sono preso qualche libertà sulla scelta delle parole. Ma il concetto principale è che le piace come scrivo.)

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Shirley ha detto a Kim che avrebbe voluto incontrarmi, e Kim le ha suggerito un'intervista-primo appuntamento, una serie di articoli in cui il giornalista e l'artista si ritrovano in una situazione da uscita di coppia. Shirley era entusiasta dell'idea, mi ha detto Kim. Io un po' meno, però, visto che il mio ultimo Primo Appuntamento—con la mia fiamma di lunga data nonché probabile anima gemella Natalie Imbruglia—mi ha fatto finire su Jezebel, che ha rimproverato "un giornalista" (presumo intendessero me) per aver inscenato l'intervista sotto forma di "appuntamento". Ma quando Shirley Manson ti chiede di uscire, cazzo, ti conviene dire di sì, o sbaglio?

Quando sono stato contattato dal suo agente, ho fatto il mio dovere di gentiluomo e mi sono offerto di prenotare un tavolo in un ristorante di lusso. La mia prima scelta era il Rainforest Cafe, non solo perché la compatibilità tematica con il singolo sopramenzionato mi avrebbe fornito un modo molto divertente di rompere il ghiaccio, ma perché la loro Jungle Safari Soup™ è semplicemente divina. Ma lui ha risposto di no, che avevano già confermato un tavolo in un ristorante di sushi in centro a Manhattan. Tutto quello che avrei dovuto fare sarebbe stato presentarmi. E così l'ho fatto, con qualche minuto di anticipo, e ora sono qui.

Mentre la aspetto al bancone, scolando acqua del rubinetto e consultando un menù pieno di piatti che non mi potrei mai permettere, penso a quanto sia assurdo che Shirley Manson, che solo poche ore più tardi comparirà sugli schermi di mezza America come ospite di Jimmy Kimmel, voglia sprecare del tempo con uno stupido giornalista. Il giornalismo musicale non è un campo particolarmente glamour. Anzi, negli ultimi anni ho convinto i miei genitori di essere capo commesso in un negozio di elettronica. Non che sia una carriera migliore o peggiore, ma perlomeno è più facile per loro capire di che lavoro si tratta. Di conseguenza, non riuscivo proprio a spiegarmi perché lei volesse sprecare una serata libera con uno scribacchino.

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Shirley entra ed è minuta, ma è impossibile non notarla. I suoi capelli rosa acceso la rendono immediatamente riconoscibile da un lato all'altro della sala. Le porgo la mano, ma lei la ignora e mi getta le braccia al collo. "Oh, vieni qui", mi dice, stringendomi più forte, "Mi sembra di conoscerti già!".

Ci sediamo a tavola e io vado direttamente al sodo facendole la domanda più ovvia: ma che cazzo…?

"Non saprei spiegare", risponde. "Non so come ti ho trovato. Ho letto un tuo articolo e ho pensato che fossi un ottimo giornalista e che il tuo stile mi ricordava gente tipo Steven Wells di NME e gli altri giornalisti musicali con cui sono cresciuta. Tu scrivi seriamente, ma hai anche un grande senso dell'umorismo, e in questo periodo nessuno scrive più in questo modo."

Io non dico nulla. La fisso per un minuto buono, distogliendo lo sguardo ogni tanto per esplorare ogni angolo della stanza alla ricerca di telecamere nascoste e di gente pronta a dirmi "Sei su candid camera!". Poi torno a fissarla.

"…Pensi che io sia una stalker", dice. "Non sto scherzando! Mi hai fatto ridere davvero".

La cameriera mi distoglie dal mio mondo di confusione per prendere le ordinazioni, così chiediamo un sashimi special a testa e Shirley prende una birra.

"Sai", dico a Shirley, "è strano che tu abbia voluto un appuntamento come questo, visto che sei un'icona femminista e l'ultimo di questi articoli mi è costato un linciaggio su Jezebel".

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Shirley non legge Jezebel, dice. "Non voglio più associarmi a media esplicitamente femminili", dice. "Non voglio stare nel ghetto. Voglio giocare in serie A. Penso che le donne vengano sempre più marginalizzate. Anche a Glastonbury, dicevano che avrebbero fatto un palco solo per donne… mi ha fatto davvero incazzare. Perché non invitate le artiste femmine a suonare sullo stesso palco degli uomini? Altrimenti è davvero distruttivo. Così non compro riviste da donne. So che suona piuttosto presuntuoso, ma sono preoccupata di come stiamo educando le giovani donne, mi dà fastidio. Penso che dividere donne e uomini sia conveniente per il sistema".

Poi beve una sorsata di birra e mi lancia un'occhiata meravigliosamente malefica: "E comunque puoi dire a Jezebel di andare affanculo, perché ti ho invitato io fuori a cena e non viceversa". La maggior parte dei musicisti che intervisto stanno più attenti a quello che dicono. Devono. Ogni parola può essere citata fuori contesto, messa su blog fatti apposta per trollare e usata per scatenare l'ira dell'orda ipersensibile di Internet. Per questo sentire una celebrità, per di più di sesso femminile, parlare così chiaro è una boccata d'aria fresca. Le chiedo come è riuscita ad arrivare così lontano senza essere compiacente e senza autocensurarsi.

"Sono soltanto arrivata in un momento in cui, per una strana contingenza nella storia della musica, le voci alternative sono diventate la moda del momento, ed è durato molto poco", spiega. "E noi siamo riusciti a intrufolarci e godere di questo momento glorioso in cui c'era spazio per chiunque avesse un'opinione, e gli artisti pop, per quel breve periodo, erano relegati sullo sfondo. Soltanto fortuna. Dubito succederà una seconda volta".

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Da dove è nato il tuo interesse per il femminismo?

"Quando ero piccola, mio padre portava a casa i soldi, ma mia madre era la vera Alfa della famiglia. Doveva chiedere a mio padre i soldi da darmi per le pulizie. E ricordo che ero una bambina ma mi dava già davvero fastidio, che mia madre, che era una regina, dovesse andare a chiedere l'elemosina da mio padre. Penso sia iniziato in quel momento. E i miei modelli positivi erano maschi. Amo gli uomini. Non voglio passare la vita circondata da donne. E non credo che la nostra cultura debba trasformarsi in un matriarcato. Mi piacerebbe un certo equilibrio, grazie tante.

La cantante di origini scozzesi è reduce dalla sua prima tornata di concerti dopo un lungo stop, e la sua voce è piuttosto provata, per questo continua a schiarirsela con poderosi colpi di tosse. Ha 49 anni, ma "se ne sbatte il cazzo" dell'età e delle apparenze, e tende ad apprezzare gli uomini che considerano l'intelligenza più importante della bellezza. "Ma è facile dirlo per me", aggiunge. "Non sono nata con il tipico corpo femminile—non avevo le tette grosse, il culone, non avevo curve. Per cui non ho mai contato molto sul mio corpo". Scuote le spalle e si lancia un pezzo di salmone in bocca usando le bacchette. "Chi se ne frega?"

Più o meno l'unica cosa che so di come ci si comporta a un appuntamento è che bisogna continuare a fare domande alla propria compagna e mantenere un'aria preoccupata per dimostrare che si è molto bravi ad ascoltare. Ma Shirley rende impossibile questo compito. Si è presentata con una lunga lista di domande su di me a cui vuole assolutamente che io risponda. Mi chiede che scuole ho frequentato, in che cosa mi sono specializzato, dove sono cresciuto. Io cerco di rispondere in maniera esaustiva e, da buon gentiluomo, cerco rapidamente di invertire la direzione della conversazione. "Cosa mi dici di te?" chiedo.

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“Eh, io ho mollato la scuola", dice, facendo un gesto di sufficienza con la mano. Poi, senza aspettare un secondo, rigira di nuovo la conversazione su di me: "Allora, come sei diventato un giornalista professionista?"

"Non lo so. Ti farò sapere quando succederà", rispondo, scherzosamente ma allo stesso tempo molto seriamente. "Con questa ho risposto a tutte le tue domande sulla materia Dan Ozzi?"

"No", dice con una smorfia. "Ma ad alcune sì".

"Allora come sta andando il nostro appuntamento fino a questo punto?", chiedo.

"Molto bene", risponde, senza alcuna traccia di sarcasmo nella voce.

Le chiedo come valuta la nostra uscita rispetto agli altri appuntamenti a cui è stata, e lei giura che non è mai andata ad alcun appuntamento, proprio mai. Ha sempre conosciuto i suoi uomini per caso—alle feste o al lavoro—ma non è mai uscita con nessuno per un vero appuntamento, il che mi mette tanta di quell'ansia che, se l'avessi saputo ieri, la scorsa notte non avrei chiuso occhio.

Consultando la lista dei dolci, ci rendiamo conto che abbiamo entrambi un debole per il gelato mochi e decidiamo di fare i teneroni e dividerne una coppetta. "Una porzione, due cucchiaini", comunica alla cameriera.

Mentre spilucchiamo il nostro gelato al tè verde, l'atmosfera si fa inaspettatamente intensa. Parliamo di amore e morte. Mi dice che la sua più grande paura è di vedere i propri amici morire prima di lei e io confesso che è anche la mia (anche se la cosa che mi fa veramente più paura di tutte è il Chupacabra). Mi sembra di parlare con una persona che conosco da anni e riesce nell'impossibile impresa di far cadere la mia facciata da Uomo Ironia abbastanza da avere una conversazione profonda. Entriamo nel territorio delle relazioni passate e sparliamo dei nostri ex. Le rivelo quello che sento rispetto a certe rotture che ho affrontato in passato e lei mi dice che non voglio lasciarmi andare per paura di soffrire, cosa che è assolutamente vera. Improvvisamente mi ritrovo a dirle cose che non ho mai ammesso a nessun altro, né a me stesso. È come se avessimo giocato al gioco delle Venti Domande e ora lei abbia dedotto tutte le risposte che le servono per completare il puzzle. Mi ritrovo a guardare in angoli inesplorati del mio cuore di pietra. Shirley Manson detiene questo potere: di farti sentire perfettamente a tuo agio, e contemporaneamente totalmente vulnerabile. Questo se le piaci, ovviamente.

Proprio mentre raggiungo un punto di fiducia totale per cui potrei mettermi a piangere sulla sua spalla o affidarle i miei dati bancari, le sbatte la mano aperta sul tavolo con soddisfazione. "Lo sapevo che eri un ragazzo sensibile!" esclama. "Lo sapevo, cazzo".

Questo mi riporta alla realtà, guardo l'orologio e scopro che sono passate due ore. Il sole è tramontato e tutti i clienti del ristorante che erano seduti quando siamo arrivati sono già andati via da tempo. Decidiamo di separarci, ma prima Shirley mi passa il suo telefono e mi chiede di salvarci sopra il mio indirizzo email.

Nel corso dei giorni seguenti ci scambiamo un po' di messaggi. Mi consiglia alcuni libri, che vado immediatamente a comprare, e cerchiamo di organizzare un incontro la prossima volta che mi troverò a Los Angeles. La sua ultima email si conclude con quello che sembra un complimento, ma ormai la conosco abbastanza bene da capire che è più un modo discutibile di vantarsi: "Ho ottimo gusto per gli uomini".