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Musica

Chiedi chi erano gli Stadio

Sanremo può essere crudele. E infatti gli Stadio, molto prima di trionfare, lo avevano toppato di brutto. Vi raccontiamo noi il perché.

"Intervistatore - Praticamente per farvi conoscere dalla grande massa del pubblico avete sfruttato un attimino il cinema di successo..
Marco Nanni - Ti fermo subito: non è servito per conquistare il pubblico. Qual è la cosa che ci è servita di più per farci conoscere dal pubblico? È stata?
Ricky Portera - Cosa è stata?
M.N. - Cos'è stato che ci ha fatto conoscere?
R.P. - Aaah…Sanremo?
M. N. - Eh, per forza."
(Stadio, 1985 all'uscita di "Chiedi chi erano i Beatles" — Intervista a Radio Studio 104)

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Come promesso, oggi parleremo degli Stadio, freschi di trionfo all'ultimo festival di Sanremo. Proprio in questi giorni stanno iniziando un tour teatrale per promuovere il nuovo album, Miss Nostalgia. Non è un disco di cover di Fabri Fibra come potrebbe suggerire il titolo, ma una nuova raccolta d'inediti attualmente al settimo posto dei dischi più venduti in Italia (!). Risultati incredibili se pensiamo che la canzone vincitrice, ovvero "Un giorno mi dirai" è un copia e incolla di frasi musicali fatte, rubate a Battisti (incipit fregato a "Il Mio Canto Libero" ), Baglioni (il bridge qua è inculato a "Lettera"), per non parlare delle microcitazioni Vascorossiane sparse, quasi da cover band, e dell'arrangiamento finto-rock-pompatone alla Modà. Vabè, che possiamo pretendere, quando anche Patty Pravo (alla sua veneranda età) gonfia labbra e pezzi e cita Battisti ("Cieli immensi"… e annamo sù…)? Questo passa il convento nel 2016, non a caso il coautore del brano degli Stadio è questo tizio qua, che a mio parere vanta un curriculum da criminale di guerra. Al contrario, gli Stadio in passato sono stati autori di pregio, che spesso tentavano la spallata al pop italiano con un'attitudine coraggiosa: d'altronde, com'è noto, iniziarono la loro carriera in qualità di backing band di Dalla nell'ostico Anidride Solforosa, arrivando poi alla formazione definitiva proprio con lo storico live Banana Republic, nel cui film un Gaetano Curreri (voce e leader della band) appena arruolato ai cori e alle tastiere dirà la sua sulla canzone italiana in questi termini: "De Gregori è un ottimo poeta, musicalmente mi piace forse meno". Ed è vero, perché a differenza di Francesco, agli Stadio interessava moltissimo sperimentare con le sette note, pur tenendosi dentro un impianto popolar/coatto: già dal nome, trovato da Dalla, rappresentano qualcosa di ovviamente anti intellettuale, ma allo stesso tempo culla di fantasisti. E, infatti, nel primo album troviamo sia sferzate di rock elettrico ("Chi Te L'Ha Detto?") un pezzo meraviglioso come "Un Fiore Per Hal", via diversa al kraut italiano tanto da essere stato coverizzato addirittura dal nostro Polysick, che ne tesse da sempre le lodi. O come brani sulla "vita spericolata" ante litteram, con dentro parolacce ("Grande Figlio Di Puttana" è scritto, infatti, nel 1981, un pezzo dedicato da Dalla al loro guitar hero Ricky Portera, uno dei migliori manici del rock italiano e bad boy senza se né ma).

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E si che essendo tutti "Bologna-based", anche Vasco si troverà a bazzicarli; tanto da coltivare un'amicizia solidissima con Curreri, il quale non solo sarà una delle colonne portanti della Punto Radio fondata da Rossi, ma firmerà molti dei suoi successi futuri arrangiando i primi due dischi (in Ma Cosa Vuoi Che Sia Una Canzone addirittura ci saranno ben tre Stadio a partecipare) e in particolare l'evergreen "Albachiara". A dirla tutta, anche Portera più avanti donerà "Una Nuova Canzone Per Lei" a Vasco: di conseguenza il Blasco sarà uno dei più gettonati parolieri degli Stadio ( sempre avvezzi a svariate collaborazioni in questo senso). Basti pensare al successo generazionale di "Acqua E Sapone" dell'83, pensata per la colonna sonora del film omonimo di Verdone ma prima di tutto per essere un esempio di technopop italiano ancora oggi poco ortodosso (inizio minaccioso, sviluppo subdolo, nessuno spazio per le chitarre, tematiche scomode).

Gli Stadio però non sono solo questo: nel primo album fanno debuttare un ancora acerbo Luca Carboni ai testi, che appunto nel successivo La Città Delle Donne dell'84 firmerà la quasi totalità dei brani (nello stesso anno Curreri gli produrrà il primo album solista). Dei talent scout d'eccezione quindi: proprio con Carboni gli Stadio tenteranno i primi due approcci con Sanremo, ovviamente fallimentari. Nell'84 con l'anti-sanremese "Allo Stadio" (canzone che tratta del genere "public places", due ragazzi che decidono di scopare sul prato durante un concerto rock!) e nell'86 con la sempre sottovalutata "Canzoni Alla Radio", che come già dicemmo qui è invece da considerarsi come uno dei più grandi brani italiani di sempre. In entrambi i casi, gli Stadio si piazzano ultimi. "Ironia della sorte"? C'è forse da riflettere su questo recente primo posto?

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Ebbene, gli Stadio nel frattempo rimangono il fedele motore di Dalla e dei suoi correlati (nella fattispecie Ron): ma alla fine dell' 84, a poca distanza dall'esperienza sanremese, gli viene proposto di incidere un Qdisc. Si trattava di un mini-album di soli quattro brani, formula ideata dalla RCA per sconfiggere una delle tante crisi del disco e per rivolgersi anche alle tasche meno abbienti. La canzone traino di questo EP darà il titolo all'intero progetto: trattasi della fondamentale "Chiedi Chi Erano I Beatles", oramai entrata nella storia della canzone italiana. Il suo testo è opera del grandissimo poeta Roberto Roversi, storico collaboratore del Dalla periodo "trilogia politica", che si firmerà con lo pseudonimo di Norisso. È proprio a seguito del divorzio con Roversi che Lucio partorirà la sua opera più riuscita, Com'È Profondo Il Mare: nonostante il poeta rivoluzionario non accetti questa svolta a suo dire più "di massa" che di popolo, i due continuano ad avere rapporti strettissimi, tant'è che Dalla propone a Curreri di musicare una poesia del nostro. L'impresa sembra impossibile, non si tratta di roba a rime baciate. Curreri tentenna, ma Dalla quasi lo costringe, sente che è il momento giusto per gli Stadio: ci vedrà lungo, precedendo di alcuni anni le operazioni di Battisti con Panella (ovvero musica dal testo e non viceversa). È vero che "Chiedi Chi Erano I Beatles" è conosciutissimo e fu il primo hit importante, ma il resto del Qdisc assolutamente no: a dirla tutta anche il brano principe è sovente analizzato a casaccio, quando invece la sua portata emozionale è tanto violenta da rasentare l'irrazionale. Vediamo quindi cosa bolle in pentola.

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La title-track vale l'acquisto del disco: musicalmente c'è un Curreri in stato di grazia che riesce a tradurre con efficacia il misto di smarrimento, malinconia, commozione e follia latente del testo, con un arrangiamento tipo "demo di Purple Rain". Molti hanno parlato di questo brano liquidandolo sbrigativamente e in maniera reazionaria come una canzone sulla generazione dei Beatles vs. quella degli anni Ottanta, allo sbando e priva di valori, alla quale era necessario "insegnare con tutte le cose non solo a parole". In realtà il testo di Roversi parla di un futuro molto più lontano, in cui la storia si è persa, i giovani riescono a malapena a ricordare l'olocausto nucleare, con l'agghiacciante verso "Dopo le ferie d'agosto non mi ricordo più il mare / Fatico a spiegarmi le cose / Per restare tranquilla scatto a mia nonna le ultime pose". Chi ascoltava i Beatles sono i nonni, non i padri… forse addirittura i bisnonni. Come anche ne "il motore del duemila" Roversi si rivolge ai ragazzi del futuro in preda all'ADHD e ai selfie, per cui i Beatles non sono NESSUNO se non un mero prodotto commerciale d'epoca e quindi nullo è il loro presunto messaggio rivoluzionario (da qui l'insistere sul tema, cosa che negli anni Ottanta della seconda giovinezza beatlesiana era inspiegabile, mentre ora cominciamo a capire).

Nel video, infatti, la protagonista è una ragazza colpita da allucinazioni del passato: in primis un Curreri che sembra uscito da un film comico degli anni venti, in un freddo ambiente che sa tanto di anni Ottanta quanto di futuro postmoderno, dominato da sale giochi e professori nostalgici ancora in fissa con i super8. Lei arriva a distruggere a colpi di mazza da baseball il presente (ovvero la cena di Natale) col gran finale della perdita di se che può portare alla libertà che poi è come la morte: "Di notte sogno città che non hanno mai fine / Sento tante voci cantare / Nuoto fra onde di sole cammino fra il cielo e nel mare". Chi erano mai questi Beatles? Davvero una domanda che oggi come oggi è di difficile risposta e fa di Roversi un genio profetico che ancora rimpiangiamo.

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Notare un geniale cameo di Dalla nella sala giochi al minuto 2:31

Che un EP nato per capitalizzare un ultimo posto a Sanremo trovi al suo interno una canzone che avrebbe sbancato tale manifestazione è quasi un paradosso. Roversi butta subito giù il carico da cento, per cui il secondo brano del lato A ha un altro colore e ridimensiona tutto. Stavolta ai testi c'è Luca Carboni, che dipinge un quadretto leggero su un vedovo di periferia innamorato di una signora. Come per rispondere ai giovani di "Chiedi Chi Erano I Beatles" i nonni non hanno problemi a rinascere dalle disgrazie e a ricordarsi le cose fondamentali della vita, tanto che limonano anche se devono "Scambiarsi le rughe in una 126". Il pezzo è al novanta percento elettronico, un mood iniviale alla Dalla (che tra l'altro appare nei cori non accreditato, prima di adottare il soave nick di Domenico Sputo) e poi virare verso uno spezzato powerfunk con schizzi di guitar synth suonati da Tony Rampotti (che curiosamente nello stesso anno registra e missa la colonna sonora di Conan Il Distruttore) e i mallets del PPG di Paolo Venditti (fra gli altri, già ingegnere del suono per Processione Sul Mare di Toni Esposito). Il lato A si chiude con un senso di ottimismo, bilanciando bene l'esistenzialismo iniziale.

Ed ecco partire il lato B, che inaspettatamente contiene ben tre brani. Finiranno tutti nella colonna sonora de "I Due Carabinieri" di Carlo Verdone: sorte che avranno anche altri pezzi degli Stadio, quasi a scadenza regolare. Ovviamente non ci troviamo di fronte a una colonna sonora, bensì a dei pezzi che vivono di vita propria. Il primo, "Vorrei", vede al testo la collaborazione fra Dalla e Carboni. Inizia con una classica spianellata cantautorale per arrivare a un'atipica canzone d'amore carnale "dei giovani". "No non voglio l'erba / Voglio solamente… niente" non perdiamo tempo a farci i cannoni, dimmi di sì, facciamolo ora."Vorrei che invece della strada ci fosse la tua pelle / E a casa non tornare più": un lento che sotto l'apparente romanticismo ha un'anima rock, e, infatti, esplode quasi subito grazie ai chitarroni metallari di Portera e le descrizioni "piccanti" del testo. Nonostante Curreri abbia la rassicurante faccia del figlio del panettiere, gli Stadio non sono certo dei bravi ragazzi, menchè meno Dalla e Carboni… e si sente.

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"Ba…Ba…Ballando " è invece il più dinamico del lotto, fra il New Romantic più sintetico, i Police di Regatta de Blanc e il funk bianco metronomico. Anche qui Carboni è in zona sensuale: descrive una situazione di un tipo che cerca di conquistare la sua lei in discoteca, ma non è in grado di lasciarsi andare sulla pista perché il suo unico pensiero è… indovinate? Con il verso "Mi chiedo tu come fai / Non hai mai letto Hemingway / Non sai niente non sai" e i suoi cori da (appunto) stadio, il brano rischia quasi di diventare un inno delle "macchine desideranti". Tra l'altro Impreziosito da un solo di sax del jazzista Maurizio Giammarco, prima del suo ingresso nei Lingomania.

È il momento della chiusura "alla Stadio": "La mattina" è un pop rock saltellante aperto da una sezione fiati "finta come la vita", in cui Dalla e Carboni descrivono tipici scenari di disagio metropolitano con l'ironia amara che li contraddistingue. "O pago i debiti o cambio città / Mi infilo in bocca il tubo del gas" e via dicendo . "Guardalo là c'è uno stronzo che fa il bagno, chissà", si arriva addirittura a cagarsi sotto nella vasca? Può essere, considerato che il tipo fantastica che arrivi un cameriere a portargli il pranzo mentre sorseggia champagne a mollo… Forse non è proprio quello che si dice una persona lucida, anche perché passa metà della giornata a letto. Canta Ricky Portera dividendosi il ritornello con Curreri, terminando il lavoro in maniera frizzante, fresca, come minimo sopra le righe. Sarà però l'ultimo disco con la formazione originale.

Infatti, nel giro di pochi anni gli Stadio si sfaldano: il primo ad andarsene è il tastierista Fabio Liberatori, stufo della vita on the road, seguito a ruota da Ricky Portera poco dopo il fortunato tour di Dalla in America. Sarà proprio lo strappo con Dalla a consegnare agli Stadio al pop più generalista: Curreri è deciso a non sacrificare il suo progetto e a far sparire dall'immaginario collettivo l'etichetta di "backin' band di Lucio Dalla", sempre impegnata in ogni suo tour. Risultato: subito dopo questo illustre divorzio, nei primi anni Novanta, anche il bassista Marco Nanni lascerà la band non senza rancori, entrando a far parte degli Skiantos (ricordiamo che Freak Antoni scrisse per gli Stadio la quasi autocritica "Incubo Assoluto"). Lungi dal trovare un assetto stabile, ben presto anche i sostituti decideranno di mollare la band per entrare nel team di Dalla, entità che rappresenta per i nostri eroi una pesante eredità (la loro svolta sanremese è stata tutto una dedica e un omaggio al Vate, d'altronde): se non che, a tutt'oggi, gli unici veri Stadio sono Curreri e il batterista Giovanni Pezzoli. Nonostante tutto, gente che è sopravvissuta a pesanti ictus ed è rimasta in sella al pop italiano anche quando si dava per scontato che sparissero; ma con un curriculum come il loro un'ipotesi del genere rimane sicuramente tale, anche per gli illustri collaboratori come Roversi, che continuerà a scrivergli cose. L'unico problema è che, a fronte di questa controversa vittoria sanremese, molti giovani si chiederanno "Chi Erano Gli Stadio?" Anche perché la canzone regina era stata precedentemente (e secondo noi giustamente) scartata. E forse la risposta è proprio in uno dei loro brani: "Grandi però / Che grandi figli di puttana!".

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