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Musica

Giro d'Italia: Latina, la nostra San Francisco

Come ogni palude, anche Latina ha un suolo gravido di germi e germogli sonori che fanno sì che la sua provincia non abbia nulla da invidiare alle grosse città.

GIRO D'ITALIA è una rubrica in cui chiediamo a corrispondenti locali di raccontarci la loro prospettiva sulla vita musicale della propria città. Giulia A. Romanelli ci ha raccontato la sua Bologna, poi ci siamo spostati a Trento, raccontata da Pop_X, Raffaele Cuccu ha detto la sua sulla situazione culturale a Cagliari e la scorsa volta siamo andati al cuore della nostra Penisola, a Perugia, con le sue scene fantasma. Oggi il latino Demented Burrocacao ci traghetta nelle paludi laziali di Latina, città che nonostante i pregiudizi ha tanto da offrire…

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Immaginate una palude abitata da zanzaroni e qualche bufalaro che pascola, e pescatori di mignatte e roba del genere. Poi immaginate un pelato che arriva e dice: ADESSO BONIFICHIAMO TUTTO! I locali si fanno il culo a strisce e fondano una serie di città. Una la chiamiamo Littoria per ricordare il regime da cui nasce, e diventa Capoluogo di Provincia, anche se all’inizio il pelatone manco la vuole. Più avanti si trasformerà in Latina, per ovvi motivi (storicamente ci abitavano i Latini, d’altronde). La città c’è. Ma la palude non è sconfitta: risale alla superficie in mille modi, in un profondo alone di mistero. Vicino c’è il mare che alimenta ancora di più uno strano senso di smarrimento, come abitare alla deriva dentro un sottomarino giallo. Proprio per questo motivo, forse per esorcizzare il tutto, Latina è una delle città più interessanti a livello musicale: ha partorito molti talenti eccellenti e ancora oggi ci stupisce—d’altronde è la seconda città del Lazio per numero d’abitanti, preceduta solo da Roma, è normale che qualcosa di gajardo esca fuori.

Il sottoscritto non è propriamente un corrispondente locale, essendo nato nella Capitale, ma la sua storia lo lega fortemente al capoluogo pontino. I miei genitori infatti per molto tempo vissero a Sabaudia, frequentarono le superiori a Latina e lì s’innamorarono: mio padre addirittura suonava nel primo gruppo beat in assoluto di Sabaudia, gli Arcadi. A causa dei miei nonni ho frequentato quella zona così tanto da esserne gemellato. Nei primi anni Novanta, poi, trovando Roma particolarmente incartata in una visione ortodossa dei generi allora in voga (l’hardcore, il postpunk, ecc), e comunque insoddisfatto dell’andazzo musicale della mia città, fondai alcuni dei miei primi gruppi proprio a Latina perché lì invece non c’erano regole precise. Tutto era elaborato in maniera molto personale, mischiando le carte, tanto che non potevi trovare nulla di puro manco a pagarlo. Nacquero quindi gli Shokogaz: facevamo un noise post punk atipico, col quale abbiamo calpestato i palchi del Pontino dal 1997 al 1999 e cercato di seminare zizzania.

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All’inizio ero in pratica un emigrato a Latina, facendo kilometri di pullman svariate volte a settimana per provare, dormendo spesso dai miei bandmates. Poi tutto il gruppo si trasferì a Roma e vivemmo insieme come fossimo una comune: com’era forse prevedibile, questo rapporto così intenso fu l’inizio della fine del progetto.

Ma gli artisti latinensi, essendo di base apolidi, hanno sempre girato in lungo e in largo, nella costante ricerca d’ispirazione e stimoli, assolutamente abituati a non legarsi a una cosa e basta: non è raro che progetti si sfaldino per poi rinascere in un altro modo, come la fenice. Per me era una specie di città americana, tipo non so… Seattle, in cui ti dovevi inventare tutto di sana pianta per resistere a una situazione economico sociale non favorevole. Dopo tantissimi anni di sviluppo dovuti alla cassa del mezzogiorno, infatti, Latina negli anni Novanta ebbe un periodo di forte crisi economica e politicamente, oltre all’inevitabile crescita “nera”, incominciarono a infiltrarsi nel tessuto sociale i camorristi. Dalla reazione a questa situazione nasce una spinta creativa a mio parere notevole, che ovviamente non poteva che convergere nel punk più sfaccettato (dall’hardcore al crust al noise e al metal passando per il garage) interpretato però in maniera crossover: la stessa attitudine punk è andata a convergere poi nel pop e nell’elettronica più accesa.

Tra i veterani, i Misantropus: band devota a un doom metal che ha fra i suoi ispiratori—per dirne una—i St. Vitus, i fratelli Alessio e Vincenzo sono senza dubbio fra i migliori act del genere in Italia. Il loro doom, per quanto viva di riferimenti storici ben precisi, ha alcuni aspetti esoterico-mistici che li avvicinano anche a un certo tipo di esperienze degli anni Settanta molto lontane dal metal, ad esempio quelle di Battiato nelle sue accezioni più dure, o dei Popol Vuh. Nello stesso tempo il loro suono è chiaramente frutto del vivere in una città immersa nel “destino” che le nebbie dell’ex palude ancora evocano durante la notte. Sono loro i primi indigeni cui ho fatto qualche domanda… Ascoltiamoli. “Ci siamo formati nell’aprile del 1998, anche se con Alessio avevamo iniziato a suonare già dieci anni prima nel 1988 e abbiamo formato insieme i primi gruppi più orientati verso il punk rock hardcore del periodo, come i Latrina: la scena dell’epoca, a fine anni Ottanta, vedeva ragazzi più grandi di noi delle generazioni degli anni sessanta ma anche nati fine anni cinquanta fra i quali Andrea Lopez che purtroppo ci ha lasciato un paio di anni fa, e avevano dei gruppi che all’epoca erano di una certa maturità come i Bleach e i Senzabenza, questi ultimi più o meno conosciuti da tutti nel campo del punk melodico (tanto che fecero tour con i Ramones e un disco missato da Joey Ramone in persona). C’eravamo noi e altri gruppi minori, minori nel senso che non avevamo esperienza sia a livello di composizione sia di live. C’erano i Copkiller, noi, i Monkeys Factory che sono nominati molte volte nel corso delle storie del punk nell’agro pontino. E solo dieci anni dopo che c’eravamo fatti le ossa, finalmente sono nati i Misantropus. Alessio soprattutto aveva suonato con gli Scum of Society, un gruppo comunque rimasto nella storia dell’anarcopunk a livello nazionale. Dopo gli anni Novanta molte persone sono andate via da Latina e hanno formato anche dei gruppi fuori, ma a Latina è rimasto forse tutto uguale. Forse c’erano più persone motivate, ma non ho notato tutta questa differenza. A essere sincero non abbiamo molti contatti con i ragazzi giovani—cioè quelli degli anni Ottanta e addirittura dei Novanta. Avrei una critica da fare soprattutto a questi ultimi però, non tanto a quelli degli Ottanta perché ci sono realtà piuttosto valide con cui tuttora abbiamo rapporti di amicizia e di affetto, come i Milvains. Rimprovero il fatto di non aver cercato il contatto con persone più grandi, cosa che noi invece all’epoca sentivamo come un’esigenza per creare un ponte fra la vecchia e la nuova generazione. Forse anche perché i tempi sono cambiati con la massificazione del computer, si è creato questo distacco. Questo un po’ mi è dispiaciuto. Non seguo nessuna band giovane, ma so che ce ne sono, però in generale questo fermento mi sembra una cosa fra loro. Ho una simpatia per un gruppo che ora non sta lavorando molto, sono gli Elefante ma sono pressappoco della nostra età.” Tra poco useremo soltanto questa pagina, seguici:

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Noisey Italia

Effettivamente questo discorso del “passaggio di testimone “ è sentito moltissimo a Latina. Facciamo parlare GMPOP, un pioniere della new wave del noise-rock, del mash-up e ora uno dei più apprezzati DJ in circolazione, che in passato appunto militò in formazioni storiche del capoluogo e molto ha dato in quanto “guru” della scena. “Posso solo dirti dei Bleach, ultimo gruppo vero e proprio in cui ho militato, formatosi dalle ceneri dei Mono. Io ero stato con Andrea, il nostro batterista, amico d'infanzia, già in precedenti formazioni, a partire dalle cose in cantina del '73 o '74. i Mono stessi si formavano dopo la mia dipartita dai Neon, gruppo attivo fino all'81 o '82. Insomma i Mono (vedi demo d'epoca sulla compilation Crollo Nervoso) avevano un po’ forse esaurito la loro vena ed ero stato richiamato in servizio, per formare un set più grezzo. Era anche il periodo del crossover e qualche influenza si sente, ma il suono era assai diretto, condizione per me essenziale. Abbiamo fatto qualche set dal vivo a Latina, alcuni in giro, di cui uno al Tienament a Napoli, un demo omonimo, mi pare un paio di pezzi su altrettante compilation su vinile, ma non ricordo i dettagli. In definitiva, come nostro marchio di fabbrica, una bolla di sapone. La cosa per me è finita con un set, molto bello, al Bird Lives a Latina, nel '92, mi pare, Io poi sono stato via da Latina praticamente per il resto degli anni '90. Dunque mi mancano effettivamente diversi passaggi storici”. Passaggi storici che, oltre al concerto di Jo Squillo Electrix al Teatro di Latina che sarà una spinta propulsiva per la new wave Latinense, vedono anche un concertone/ evento addirittura allo stadio di Latina, con gruppi garage e un bel macello. “Ricordi” di quel periodo ce li regala Alessandro, ora nel combo 8bit Micropupazzo, ma un tempo agitatore della scena (con gli Assholes, Hustlers e Gradassi, formazioni davvero allucinate). “Il concerto allo stadio….era tipo venti anni fa…suonavano gli Sciacalli, noi (i Gradassi) e i Bugiardi gruppo spalla. Suonammo prestissimo, davanti a praticamente uno stadio vuoto. Eravamo talmente scarsi che Scanna, per non metterci in imbarazzo, mentì e disse di non averci sentito, era altrove! [Ride]). Eravamo presi totalmente dalla scena garage americana (Midnight Records, Morlocks e così via) e provavamo a imitare quel sound con risultati un po´così, diciamo che ci mancava quell'approccio “nazi-filologico” necessario per suonare quelle cose. C'erano anche influssi de altra roba alla fine dai Man or Astroman ai Kyuss, un po' quello che sentivamo allora”.

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Caratteristica di Latina è infatti la varietà di ascolti e di stili: Gilpsych è un esempio di questo, vive a Latina, ora batterista di Rodion ma già negli anni Novanta batterista di formazioni punk seminali della città (come gli Assholes, appunto… come potete constatare si va di genere in genere senza soluzione di continuità). "Quando ho iniziato a cercare di imparare la batteria da autodidatta, seguivo la scena punk/hardcore locale, e anche la scena NEW WAVE/dark/post punk, che però nasceva dai monti, strana questa cosa: nella città il sound prevalente era il revival beat, il primissimo proto-grunge (appunto i Bleach), accenni garage-psych (i Daltonics di Gianni Sodano), laddove nelle montagne limitrofe (Sezze, Bassiano, Norma, Sermoneta) ma anche dai borghi (uno su tutti Borgo Santa Maria, vera fucina di musicisti, tutti di notevole spessore) proveniva un acuto interesse per Cure/Joy Division e Bauhaus (mi vengono in mente sorìprattutto i Sinergia di Claudio Gnessi e Omar Sarubbo). Quindi, ti sto parlando del 1988/90, già c'erano i sintomi di una varietà stilistica notevole. Poi c'è stata una svolta nei primi anni 2000: la fine del pop-punk (ribattezzato da Senzabenza, Mondo Topless e Bugiardi il flower-punk rock), la fine delle sperimentazioni (uno dei primissimi a usare il pc, Yoda Yeti Monster, chiuse l’attività), e anche dell'indie rock (penso a band come i Pentothal in cui militava un giovanissimo Maurizio Abbenda, uno dei nostri migliori popsinger). Il declino della scena /svolta in negativo era sugellato dai poco lungimiranti localari, che prediligevano il colpo sicuro alle pochissime band originali. Risultato di tutto ciò: pochissimi mezzi per registrare, demo lo-fi senza seguito e pochi spazi per la musica propria. Le band latinensi di oggi che seguo non sono molte, anche perché sono rimaste pressoché uno sparuto gruppo di coraggiosi: dal "post ruock" dei WALDEN (ex Monochrom, in cui suono la batteria) all'indie pop psichedelico dei Black Tail (con membri anche da Aprilia), al crossover degli ENG (Elementi Non Gestibili) e via dicendo. Ma molti dei migliori musicisti latinensi si sono appunto trasferiti a Roma e continuano a produrre ottima musica a Roma. Quanto ai giovani, pochi sono preparati e in vena di formare gruppi musicali autoctoni. Quando accade però nascono fenomeni come Franco Bisio, il festival Uauemo e altri. C'era anche una sotterranea scena hip hop latinense di cui però non so dirti molto”.

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In questo senso viene ad aiutarci Gabriel Kudu, anima della netlabel Selvaelettrica. Oltre ad essere stato la mente dei postrockettari Six Orange Mushrooms e dei performativi e fantasmatici Donna Moderna (forse unici in città nel loro genere), latinense doc, è in costante legame con la sua città anche quando gira per il mondo per fare i suoi documentari.

“C’è un movimento hip-hop assurdo a Latina: tutto sulla scia del tipo champagne Nike cappellini e puttanate… Una cosa molto discutibile, ma anche contemporanea, e se devo spezzare una lancia a favore di questi ragazzi posso dire che fanno rap da quando io ho diciannove anni, e sono nato nell’82. Sono almeno quindici anni che fanno questa roba. Sono Surfa, Skuba e il fratello gemello di Surfa che fa anche lui hip-hop. Quando ancora nessuno andava su Internet, loro avevano aperto un sito chiamato ilrap.com che era uno dei siti più visitati d’Italia. Era una cosa solo sul rap italiano, per l’epoca davvero lungimirante, e ora stanno campando dei contatti che accumularono da quest’operazione, tanto che alcuni di loro penso siano stati prodotti o abbiano fatto dei feat. con hipoppettari italiani famosi. Molti di essi collaborano spesso con Fabri Fibra ad esempio. La situazione è ovviamente molto clientelare, un po’ come il mondo hip-hop romano: ma una buona parte degli hipoppettari latinensi è soprattutto molto dentro all’hip-hop grosso milanese. A me la cosa non fa impazzire, ma non può essere ignorata. Ma, volendo spaziare in altri generi, ci sono molti gruppi di valore tipo gli Alwaro Negro di Sabaudia e dintorni. Che sono gli unici ad aver portato avanti per una decina d’anni il surf, perché poi sono stati insidiati dalla parte di Fondi /Gaeta che però è un’altra storia… Gli Ava Kant, spuntati fuori da cinque anni. Poi gli Tsubo che praticamente fanno una specie di grind contaminato, gli Hecate di Emiliano ex Senzabenza che fanno death. Poi c‘è Eugene che fa un synth pop anni Ottanta strano, è da menzionare perché è un bravissimo producer e ha collaborato con un botto di gente anche a Seattle, facendo colonne sonore e così via. Lui è un turnista bravissimo, ma ha fatto un album in vent’anni passando momenti in cui sembrava che lo producesse la Warner o simili, poi invece si è ritrovato, come spesso accade, con un cerino in mano. Comunque suona con Garbo, addirittura adesso suona con i Goblin quelli di Pignatelli! Poi ci sono gli emigrati, gli Shirley Said che ora sono a Londra e fanno un pop elettronico molto raffinato, e Rocket Fire, che abita ad Anversa e fa elettronica weird in linea con le esperienze fiamminghe."

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E riguardo alla musica “ da ballo” che novità ci sono? Gilpsych ci fa un quadro preciso.

“C'è la scena minimal, con fenomeni come Villa Sound, cose fatte dai giovani-per i giovani per ballare solo ed esclusivamente House e minimal (alcuni, come Monocorde anche in produzioni propria). Panorama giovanile comune a molte province italiche, ma abbiamo anche eccellenze storiche come Giorgio Gigli, forse l’unico a essere universalmente noto. Riguardo a Rodion, sta uscendo ufficialmente il vinile stampato dalla Nein, etichetta inglese. Il genere a mio avviso si discosta dalla new-disco cui spesso Rodion è stato accostato, per esplorare territori affini ad alcune colonne sonore italiche dei film post-apocalittici e horror anni Ottanta, nonché influenze latin nelle percussioni e negli strumenti a fiato. Noi abbiamo registrato a Roma, allo studio TeleCineSound di Maurizio Majorana (storico bassista dei MARC 4, di Trovajoli e di Umiliani), ma a Latina ci sono ottimi studi di registrazione (come ad esempio lo studio dei fratelli Pettinelli del collettivo zoo di Berlino) e anche locali dall'ottima acustica, ma non sussiste nessuno spirito imprenditoriale legato alla produzione degli artisti indipendenti. Infatti Calcutta ad esempio è dovuto emigrare fuori dalla città per iniziare una carriera più florida commercialmente. Insomma, di musica non si vive. Però si sopravvive.”

L'autore ci tiene a sottolineare che "Frosinone" di Calcutta non è un pezzo pro-Ciociaria, bensì un canto di dolore di Latina nel vedere i propri acerrimi rivali calcistici in Serie A.

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La conferma di questa tesi dell’emigrazione viene appunto dalle parole di chi da Latina è oramai passato a Bologna sostando tra Roma e Pesaro per un bel po’ di tempo, a testimoniare lo spirito “senza bandiera” dei latinensi. Calcutta è quello che ha avuto i riscontri maggiori dal pubblico di massa grazie al suo pop “paraculo”: ma prima di finire sulle pagine della Repubblica il nostro ha avuto un ruolo definito nella costruzione della latina degli anni Duemila. “La scena era composta da un po’ di gruppi che gravitavano intorno al Sottoscala9 che allora era in centro, aveva appena aperto. Adesso non mi ricordo esattamente, ma ti posso dire che io e dei miei amici organizzavamo concerti e il Sottoscala ci agevolò molto nel farli, aiutandoci economicamente: e poi c’era questa particolarità che eravamo connessi in qualche modo con la scena DIY dell’Alabama, del Mississipi, del sud USA perché avevamo conosciuto a Roma David, un ragazzo che era di lì e faceva parte di un po’ di gruppi fichi di laggiù, e siccome viveva lì era un po’ un gancione verso quel mondo. Mi ricordo che lui diceva che trovava Latina più fica di Roma a livello di attitudine, era più una punk rock city e che le band di Latina erano ok… Ma quelle che vedeva però eravamo sempre noi alla fine, c’era veramente poco. Semmai le cose più ganze venivano da Aprilia, i Bone Machine, i ragazzi dell’etichetta Gusville Dischi che facevano e fanno in continuazione miglialia di gruppi tutti fichi tipo i Mendoza. Dopo quel breve periodo in cui facevo gruppi e concerti a cazzo di cane non ho più partecipato alla musica della città, quindi non saprei dirti se anche oggi è come allora. Secondo me comunque le cose più interessanti vengono dalla provincia di Latina, ad Aprilia, come al solito, grandi personaggi come i Paalsa, i The Real Beauties. A Sabaudia c’era il punk degli SPD e i Brunomarcio, che fanno roba demenziale. Poi mi sento di citare i NOFU e vari gruppo di Bitto, che suonava la batteria con me quando Calcutta era una band." Calcutta non è stato l’unico a “espatriare”, appunto: fra quelli già citati ricordiamo lo stesso Polysick, Latinense Doc trapiantato a Roma e uno dei migliori esponenti dell’elettronica italiana contemporanea (incide per Planet Mu, mica cazzi) o Eva Won, col suo cantautorato bilingue e sbilenco che ha fatto innamorare la critica, una delle punte della Borgata Boredom. Menzione speciale per Andrea Penso, originario di Cisterna e meglio conosciuto per le sue etichette Cold Current, Centre of Wood e Black Moss (con cui licenzia lavori di Maurizio Bianchi, Donato Epiro e ultimamente Sammartano). Anche se ora vive a Torino, Penso ha prodotto e collabora con i Misantropus (il loro ultimo disco, The Gnomes, è pieno di suoi interventi). Appassionato di metal estremo, membro dei Macelleria Mobile di Mezzanotte e di altri progetti estemporanei, passato dall'industrial al noise alla psichedelia acustica e elettronica (con Selaxon Lutberg è stato pubblicato sulla Denovali Records, per dire), nel 2001 aveva quindici anni e passava le nottate a Latina.

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Ma anche chi rimane non sta certo con le mani in mano, come appunto sottolineano i Misantropus.

“Noi siamo sempre attivi. Organizziamo molte cose a Latina a livello musicale, ma anche incontri di esoterismo e di occultismo. Il nostro ultimo disco è uscito da pochissimo per la storica Minotauro Records che negli anni Ottanta era specializzata in dark e doom-metal. Per noi è stata una soddisfazione, perché quando eravamo adolescenti compravamo proprio i dischi della Minotauro come ad esempio quelli di Paul Chain, alcuni dischi dei Requiem e di the Black Di Donato, i primi dischi. Vorrei ricordare a questo proposito il supporto che danno alla scena i negozi della nostra città, autentici baluardi di resistenza in questa epoca di tecnocrazia. Uno è Freak Out! Da trent’anni porta avanti questo discorso di vendita di vinile. E poi la Vinileria, aperta da due anni, che con la controtendenza di aprire un negozio di vinile e cd usato è un punto importantissimo. Fortunatamente ci sono questi due locali molto validi, dove fanno tanta musica e dei bei programmi come l’Hemingway di Gianluca Decinti, personaggio storico che sta nella musica da anni, e lì si fa roba particolarissima, e poi il Sottoscala, gestito da ragazzi più giovani. C’è anche un bel sito Facebook gestito da uno storico punk e musicofilo di latina ovvero Vincenzo Censi: “1997 fuga da Latina” che è un titolo ripreso da una vecchia fanzine che usci nel 1997, che era appunto su tutta la scena di Latina dagli anni Ottanta al Novantasette, da cui è possibile ricostruire un po’ gli sviluppi della cosa. Credo che comunque Latina sia stata sempre un passo avanti rispetto a una metropoli come Roma ad esempio, sicuramente ci saranno ancora delle belle sorprese. Spero che i ventenni di oggi possano valorizzare quello che è stato il percorso musicale della nostra città in quest’ambito dimodoché si crei un continuum con quello che era la città negli anni Ottanta.”

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Il cruccio dei Misantropus per la mancanza di comunicazione fra le generazioni è in qualche modo stemperato dalle parole di Manuel Cascone, classe 1980, membro militante di gruppi quali

Nastro

,

Shesh

,

Cascao e Lady Maru

, oggi parte integrante della scena Romana, che a Latina si è formato. Nel caso di Manuel entriamo nel vivo della provincia, di cui già molti hanno accennato.

“Non vivo più a Latina, anzi non ci ho mai vissuto. Ma a dodici anni ho cominciato a desiderarla, mi stava stretto il mio borgo (abito a Borgo Faiti). Quando ho cominciato a frequentarla è stato un trauma, a scuola ero circondato da figli di papà rincoglioniti e viziati. Per le strade la sera eri frequentemente infastidito e minacciato da nazistelli e zingari che facevano comunella… Niente di più paradossale. Eppure sentivo che non poteva essere tutto lì. Ovunque ci fosse una situazione di “struscio”, c'era anche una parte più buia frequentata da gente che al tempo non capivo ma che più tardi mi ha aiutato invece a capire chi ero io. La musica ovviamente accompagna certe scoperte in modo quasi didascalico: attraverso la dance "non commerciale" ho conosciuto i primi queer, attraverso il punk ho conosciuto i primi anarchici—e ne fui entusiasta, chi l'avrebbe detto che poi sarei diventato borderline anche tra loro! A sedici anni comprai la prima chitarra e l'ironia della sorte volle che la prima band la mettessi su con due miei amici di Borgo Faiti, scopiazzavamo la new wave e il punk melodico, niente di più. Le band locali che conoscevo all'epoca erano gli Opposizione di Pontina, poi i Bambino Stanco sempre di Pontina. A Latina c'erano i nomi storici che ha già citato Alessio. La vera svolta fu conoscere quello che oggi è Polysick e Gilpsych, loro suonavano insieme in una cover band che a me piaceva molto, ma soprattutto i loro ascolti musicali erano completamente trasversali, con loro ebbi il mio primo assaggio di musica indipendente. Nel frattempo cominciai a suonare con i NIHIL. la formazione era: io, Pierluca Zanda (insieme a lui poi nacquero a Roma Laser Tag e Nastro) Giorgia Capurso, Cristian Lombardi (Opposizione/Bambino Stanco/Alwaro Negro) e Michele Catalano. Cominciammo con un paio di cover dei Bauhaus, ma poi subito trovammo una nostra via più stramba è psichedelica (la new wave comunque era un ostacolo insormontabile). In questo periodo ricordo che si cominciava ad andare ai rave di Castel Romano: non scorderò la prima volta che presi una superman blu, un BPM così veloce non l'avevo mai ascoltato e al ritorno in macchina con un altro agitatore di quei tempi a latina, Alessio Decinti, mi stupii del fatto che fissavo il sole senza abbagliarmi. Un giorno poi vicino la stazione di Latina scalo ho visto gli Shokogaz da vivo e ho pensato che tutti gli altri punks fossero dei pagliacci, di lì a pochi anni ho collaborato vissuto e cambiato pelle insieme a due di loro (uno è Marco Scisciò, oggi musicoterapeuta). L'ultimo ricordo che ho di Latina in quegli anni è un concerto di capodanno. Fu all'Underground, quello che poi diventò Sottoscala 9 prima che si spostasse fuori città. A suonare quella sera eravamo: Nihil, Toilette (gruppo di Antonello Pinto batterista degli Shokogaz), Maximilian I (appena formati) e sprattutto i Misantropus, che quella volta forse hanno fatto il miglior concerto di sempre. Dopo quella sera ho un vuoto, come se non fosse successo più niente per dieci anni. Adesso tutti sappiamo che il futuro della scena è nei locali prima menzionati, finché resisteranno.”

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Foto via Circolo H

La provincia di Latina dunque, come un fiume, è andata a rifornire d’acqua il mare musicale latinense, anche se non senza difficoltà anche dure, appunto “resistenti”: In questo senso sono illuminanti le parole di Gianluca Decinti, il capoccia dell’Hemingway, come già detto uno dei locali di riferimento della città.

“Che dire, cinque anni gestione senza “costruire” nulla, Latina è una città in cui c'è molta gente che suona ma che ha poca voglia di “osare,” di mettersi in discussione. L'H nasce per dare questa possibilità e per aprire gli occhi e le orecchie di tanta gente che oggi a parole ascolta tanta buona musica e dice di avere una mentalità aperta, ma poi non è così. Sappiamo benissimo che non è un problema che riguarda solo Latina, ma pensavamo che il nostro lavoro insieme con quello di altri che come noi promuovono e organizzano serate qui potesse aiutare a costruire un pubblico attento, curioso, con fame di conoscenza. Purtroppo però chi suona e pensa di essere un musicista suonando solo per i propri amici non potrà mai capire cosa significa lo scambio, la conoscenza, rubare con gli occhi il "mestiere" o le esperienze di chi si sbatte. Tempo fa dicevo a un caro amico appassionato che scrive da poco sulla webzine The New Noise: ma oggi chi se la ascolta certa musica? Ma ci sono davvero persone che ascoltano? O comprano solo per avere un cimelio ed esibirlo nelle migliori occasioni? Ci sono più collezionisti che altro… Ognuno coltiva il suo orticello, ci sono persone di Latina che continuano ad andare a Roma a vedere i concerti in Circoli che meritano assoluto rispetto (Dal Verme e Fanfulla in primis) ma supportano poco le realtà locali esistenti. È sempre stato così, è figo andare a Roma, è ancora più bello far vedere agli altri che si hanno le conoscenze e le amicizie giuste lì oppure prendere l'aereo per andare in Inghilterra o al Primavera Sound. In questo momento mi sento di spendere due parole più sulla Provincia di Latina che sulla città di Latina, ancora una volta. Provincia che da anni ha un grande cuore che batte a Itri, un piccolo paesino dove ci sono ragazzi che di generazione in generazione organizzano, hanno coraggio, si sbattono per dare visibilità a gruppi/persone che hanno un’attitudine molto vicina alla nostra, parlo della Brigadisco, la Ca.ga, per noi loro sono fratelli e meritano rispetto assoluto, anche se in realtà fanno scena a sé. Mentre musicalmente credo che oggi qualcuno dovrebbe parlare di quello che sta succedendo a Cisterna di Latina, anche se tutti quelli che gravitano intorno a quel giro di ragazzi ama collocarsi a Doganella di Ninfa. Tutti nati sotto l'influenza del gruppo musicale più importante che oggi abbiamo in Provincia di Latina, i Sonic Jesus. Intorno a loro sono nate band oscure figlie di ascolti disturbati, di Thalassa, di Swans, di psichedelia occulta. Nomi? Rave Fosche, apprezzati da Olivier Manchion (Permanent Fatal Error, Ulan Bator, colui che oggi gestisce la programmazione del Red Noise di Reggio Emilia) e gli Stille Dämmerung. Entrambe le formazioni hanno alla batteria un ragazzo di sedici anni: poi sempre di Cisterna di Latina, Mynoisemachine, progetto electro-noise in solo di Eddy Danieli dei Panacca Sonica. Poi ci dispiace magari se ci scordiamo di qualcuno, ma ci sentiamo di segnalare il rock americano figlio di Elliot Smith e Wilco del nuovo progetto di Cristiano Pizzuti di Aprilia (LT), Black Tail. Restando ad Aprilia gli Oktopus Provance, formazione rock con influenze Jazz-progressive, la musica degli E-Cor Ensemble quartetto d’improvvisazione elettroacustica di Priverno/Fondi nato sotto la guida di Elio Martuscello e Simone Pappalardo al Conservatorio di Latina. Tornando a Latina segnaliamo alcune cose: il Dos Duo Onirico Sonoro di Annalisa De Feo e Marco Libanori, il noise-rap di Dj Crivellator e i giovanissimi Orange Jewish che hanno potenzialità enormi, ma che per quanto ci riguarda non hanno trovato ancora una loro collocazione ben precisa, troppo contaminati di ascolti, ma prima o poi verranno fuori, ne siamo certi. Infine il duo pop Mascia T., che porta avanti la parte femminile della città, insieme allo stoner delle Cocoon”.

Si può condividere o meno il pensiero di Decinti, ma la cosa evidente dai vari pareri che abbiamo sentito è che tutti sono concordi nell’individuare il male di Latina nelle cover band: Gabriel ci spiega il motivo di questo fenomeno in ascesa in maniera molto sintetica.

“Il futuro potrebbe essere fichissimo o come una merda: attualmente, però, non mi sembra che ci sia tutta questa roba, perché purtroppo i pischelli oggi crescono pensando che facendo le cover si guadagni. Infatti anche Alwaro Negro per alzare due lire fa le cover anni Settanta ai matrimoni tipo, e si fanno un botto di soldi. Chi li vuole fare senza cover sono tipo quelli de l’Arancia Records, però è una situazione molto pop, pure troppo… Diciamo in zona Tiziano Ferro. E non credo che sia la cosa migliore per la nostra città”.

Nonostante queste incognite, a Latina le cose procedono in costante mutazione. Forse la descrizione migliore della situazione la dà proprio Calcutta: “Il futuro della musica a Latina? È negli altoparlanti della stazione.”

In fondo basta solo avere le orecchie per ascoltarne il rumore.

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