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Musica

Jaynes non ha bisogno di social network

Ci siamo fatti spiegare da Jaynes, nuovo gioiellino White Forest Records, perché per lui i social network sono inutili, e in più abbiamo un inedito dal suo disco.

Artwork di Lea Buonfiglio.

Jaynes è Paride Armenise, di Bari con casa a Milano (Porta Vittoria) da due anni. Alla musica si dedica da cinque, con uno stile che oscilla tra l'house, l'ambient e la post-dub più felice, e intanto studia al SAE, da cui probabilmente si laureerà a fine anno. Come troviamo scritto praticamente ovunque, Julian Jaynes era il celebre filosofo statunitense autore de Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, e Paride deve a lui il suo nome d'arte. A fine ottobre scorso, aveva debuttato per White Forest Records con l'EP Hemispheres, e adesso è tornato con le otto tracce del primo LP ufficiale, sempre per WFR, Conditioned Emotional Response. Dato che il disco ci è piaciuto molto, abbiamo deciso di farci due chiacchiere venerdì scorso, e lui in cambio ci ha regalato "A Gentle Touch of Sadness", traccia inedita non inserita nell'LP. A noi ha ricordato un po' la malinconia della base di un vecchio pezzo di Basley Click, e anche se le due cose non c'entrano niente l'una con l'altra, il risultato è decisamente una bomba.

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A cercare Jaynes su Facebook, non appare niente se non la pagina di una tizia sorridente che parla di dio, e durante la telefonata siamo riusciti a dare un senso anche a questo.

Noisey: Come hai conosciuto i ragazzi di White Forest?
Paride: Io e Matteo Lo Valvo, il loro fonico, eravamo e siamo ancora in classe insieme in università. Lui ha sentito un po' di cose mie, gli sono piaciute e le ha proposte ai ragazzi di WFR, che le hanno prese. Questo è successo l'anno scorso. Ho presentato proprio le tracce del disco che è uscito lo scorso 30 giugno. In origine erano sei, e loro mi hanno detto che come numero di tracce era ambiguo: non ne veniva fuori né un EP né un LP.

Da quanto fai musica?
Più o meno da cinque anni. Ho altri progetti all'attivo, dai tempi in cui uscivano Capibara e Godblesscomputers. Ho imparato a farla tramite il mio grande amico Nico Lahs, ha uno studio a Bari ed è uscito su diverse testate. È una specie di guru per me, rimane uno dei più bravi musicisti con cui abbia avuto a che fare. Mi ha aperto gli occhi verso artisti e musica nuova, nuovi generi, etc. Sono stato contaminato da lui, e naturalmente ho cercato di rielaborare a mio modo tutto.

Prima di Nico Lahs cosa ascoltavi?
Ho avuto gusti un po' strani, nel senso mi ascoltavo l'house, la dubstep, o comunque roba abbastanza chill, melodica. Lui mi ha avvicinato al mondo della techno e dell'house da club. Diciamo che sono sempre rimasto sulla musica elettronica, su altri generi non sono assolutamente ferrato.

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A Bari suonavi già in giro?
Ho suonato pochissime volte, e solo a eventi privati. Non mi è mai piaciuto fare il DJ, ho sempre interpretato la musica come un punto di vista molto personale. Mi fisso col fatto che voglio suonare le tracce che piacciono e soddisfano solo me, e questo alla lunga può essere controproducente in ambiente come quello.

Mentre con il progetto Jaynes hai suonato dal vivo o ancora no?
No. Ci tengo fatto a far sapere che è un progetto in cui mi diverto a fare musica. La passo agli altri e loro la ripassano sull'etichetta, ma non mi sono mai posto il problema di suonare o non suonare, perché essendo un progetto un po' più particolare, dalla natura più intima, per me ha poca importanza diffondere questa musica per l'intrattenimento altrui. A me interessa produrla, generarla. Non ho voluto creare pagine Facebook né niente.

L'ho notato anch'io.
Eh no, non sono sui social come Jaynes, ma per il semplice fatto che essendo, come dicevo, musica estremamente personale, non voglio che si confonda quella natura con la forma fisica di me che propongo quella musica. Magari nel momento in cui compro un disco, vado a vedere chi è l'artista su Facebook e mi lascio condizionare dal numero di fan e in generale dal tipo di seguito che ha. Non so se è positiva o negativa questo tipo di influenza, ma già il fatto che influenzi mi dà fastidio.

Per molti è semplicemente una comodità.
Ci sta. Solo che avendo altri progetti posso decidere di dedicarmi a quelli più personali anche tenendo fuori la dimensione social. Preferisco che la gente che ascolta pensi soltanto alla musica, lasciando fuori le informazioni personali su di me.

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Su questo ci sarebbe da approfondire, perché ad esempio, con Ten Walls non c'è bisogno di essere così comprensivi.
Vuoi o non vuoi, prima o poi, se sei un artista, succede che la tua personalità al di fuori della tua musica traspare in ciò che fai. Possono emergere quindi aspetti buoni o cattivi, come per Ten Walls.

Già. Senti, la traccia inedita che ci hai passato è molto bella e riflessiva rispetto al resto del disco, ce ne parli un po'?
È una traccia che ho composto dopo, a disco chiuso. Avevo fatto un altro progetto nel mentre, ma il mood era diverso, e dalla traccia si nota. Un giorno mi sono messo qui in studio e ho deciso che l'avrei tenuto come inedito.

Ah, hai uno studio qui?
Sì. Ho un appartamento mio, e una stanza è completamente dedicata allo studio. Povera la mia ragazza in effetti, vivo con lei e si deve sorbire tutti i miei esperimenti.

Con cosa suoni?
Ho un botto di roba, sono praticamente un collezionista. Ho un sacco di synth e apparecchiature vecchie: un Tascam del 1970, synth anni Ottanta, le nuove macchinette della Korg, e altre robe ancora. Li prendo su Internet. Ho anche una collezione gigante di dischi, che adoro suonare in casa, da solo, per esercitarmi nei passaggi e cose così. Ho iniziato a suonare con quelli. Quelle poche volte che vado a suonare perché ci devo andare uso quelli. È strano perché di mio riesco a produrre tracce con trecento stili diversi, ad ascoltarne altrettanti, e magari lo stile in cui suono in pubblico è ancora diverso da tutti questi. A me per esempio piace suonare in raw. Non so se hai presente Lobster Theremin.

Sì, bomba.
Eh a me la roba loro piace un sacco. Stanno pure distribuendo un'altra etichetta che si chiama Mörk, per la quale è uscito anche un ragazzo italiano di Venezia, Raw MT. Poi sono fan della cassetta e loro fanno uscire tutto in cassetta… fantastico. Il futuro sta nel passato, è come se si stesse tornando un po' indietro, sia per quanto riguarda le macchine che la produzione. Almeno per come la vedo io. E mi va benissimo.

Grazie mille Paride!
Grazie a te!