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Musica

Questo album è stato registrato dietro le sbarre

Gli Edge Of Daybreak si sono conosciuti in cella e nel 1979 hanno registrato un album one take dietro le sbarre. Il disco è stato dimenticato prima che finissero di scontare la loro pena, ma è ora di rimediare.

Jamal Nubi si trovava a una festa a Roanoke, Virginia, nel 1975, quando prestò la sua Buick Skylark a un gruppo di conoscenti perché andassero a recuperare della birra. Non tornarono mai più indietro. Due giorni dopo, Nubi chiamò per denunciare il furto e gli fu risposto che l'auto era già disponibile, al tribunale della città confinante. All'arrivo, fu informato che la Skylark era stata usata per rapinare un minimarket. Il ventiquattrenne cantante/batterista dal falsetto celestiale era già stato arrestato una volta per rapina a mano armata in prima superiore, per cui la giuria non ebbe dubbi sulla sua colpevolezza.

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Nubi fu spedito al durissimo Centro Correzionale Powhatan, a cinquanta chilometri da Richmond, dove avrebbe incontrato il tastierista James Carrington, l'ex bassista/flautista di Otis Redding McEvoy Robinson (arrestato sotto il falso nome di Robert Glover), il chitarrista Cornelius "Neal" Cade, il cantante/percussionista Harry Coleman e una manciata di altri musicisti che sarebbero finiti a suonare assieme nella stanza della ricreazione con il nome di The Edge Of Daybreak. Oltre a fare cover delle hit soul e R&B dei tempi—Sly and the Family Stone, Earth, Wind & Fire, the Isley Brothers, ecc.—la band compose otto canzoni originali che finì per registrare all'interno della sala visite di Powhatan il 14 settembre 1979 grazie a un venditore di dischi di nome Milton Hogue. Registrato dall'inizio alla fine in un'unica take, Eyes Of Love fu presto trasmesso dalle radio e divenne una piccola hit nella zona di Richmond, ma finì per essere consegnato agli spietati cestoni delle offerte prima che i membri della band fossero rilasciati. Ristampato recentemente da Numero Group, questo album incredibilmente fluido ed emozionante riporta il manifesto della band sul retrocopertina: "Con la nostra musica e il nostro sound originale speriamo di diffondere i nostri pensieri e sentimenti il più lontano possibile. I nostri corpi sono in prigione, ma vogliamo che i nostri cuori e le nostre menti si uniscano al mondo libero. The Edge Of Daybreak simboleggia il mattino in cui ognuno dei membri della band sarà libero."

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Come sei finito nei The Edge Of Daybreak?
Jamal Nubi: Appena arrivai a Powhatan, mi trovavo all'accoglienza e sentii della musica. Una volta raggiunta la popolazione principale, per prima cosa cercai di capire da dove veniva questa musica. Così scoprii che c'era una stanza per le attività ricreative. Arrivo lì e ci trovo due tizi—Edward Tucker, che suonava il basso, e uno di nome Lucky. Avevano bisogno di un batterista perché quello che suonava con loro era appena tornato a casa. Così formammo un gruppo chiamato Cosmic Conception. Scegliemmo quel nome perché ai tempi io c'ero sotto con il Potere delle Piramidi e la meditazione. Avevo conosciuto un guru che aveva studiato con Gandhi. Mi venne a trovare nella cappella a Powhatan. Meditammo assieme e lui percepì delle vibrazioni niente male, per cui il nome venne da quella meditazione. Ogni cosa che ha massa e occupa spazio, è fatta di atomi proprio come noi. Siamo esattamente uguali alla Luna, alle stelle, al Sole. Per cui diventammo i Cosmic Conception.

E come passaste da Cosmic Conception a The Edge Of Daybreak?
Aggiungemmo Neal Cade alla chitarra nei Cosmic Conception. Facevamo roba di Sly and the Family Stone, Slave, Funkadelic—chi più ne ha più ne metta. Pompavamo il funk, capisci cosa intendo? Poi arrivò James Carrington perché avevano chiuso l'istituto carcerario al 500 di Spring Street, dove stava lui. Avevano dichiarato inagibile l'intera struttura, così furono tutti trasferiti. Carrington aveva l'attrezzatura che a noi mancava—un impianto voce, due tastiere e alcuni microfoni. Al tempo, a Powhatan, c'erano un gruppo blues, un gruppo country e il nostro gruppo R&B. Carrington voleva entrare nella nostra band. Gli dicemmo di sì, ma anche: "Guarda, amico, che noi siamo una band già avviata". [Ride] Poi da una cosa nasce l'altra e poi arrivarono Harry [Coleman] e McEvoy Robinson. A quel punto cambiammo nome da Cosmic Conception a The Edge Of Daybreak. La mia idea era chiara e semplice: quando esci e metti il primo piede sulla strada, è la prima luce dell'alba. E la nostra musica era proprio al limite. Quando usciremo, sarà l'alba.

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Eri sorpreso che a Powhatan si permettesse ai detenuti di suonare?
No, perché l'avevo già visto succedere. Sapevo che avevano gruppi gospel e altri, lì dentro. A quei tempi c'era un programma di riabilitazione, e quella era una cosa che ti teneva fuori dagli ambienti negativi. Se potevi fare musica o arti e mestieri o lavorare il cuoio o qualunque altra cosa, serviva a tenerti lontano dalla parte più negativa del carcere.

Da quel che ho sentito dire, Powhatan era un posto piuttosto duro quando ci stavi tu.
Ai tempi, Powhatan era un carcere di massima sicurezza. Era un posto a sé, del tutto fuori controllo. C'era un omicidio un giorno sì e uno no. La gente finiva ammazzata e alcoltellata in continuazione. Ho visto il primo accoltellamento entro la mia prima settimana. Ogni sabato proiettavano dei film nella sala mensa, per cui al primo sabato mi trovo lì a guardare La Notte dei Morti Viventi. Sento delle urla e vedo un'ombra venire verso di me, così mi arrampico sul davanzale—c'erano quelle piccole finestre a vasisdas, capito come? Ci fu un fuggi fuggi generale. Quando si accesero le luci, molti dei secondini avevano gambe rotte, braccia rotte. Svariati detenuti rimasero feriti. Prova a immaginare—stai seduto in mezzo a mille altri uomini, al buio, guardando un film dell'orrore sullo schermo, e all'improvviso non vedi altro che gente che ti corre incontro. Ti dico, c'erano lame dappertutto—attaccate sotto i tavoli e tutto. Dai 12 ai 40 centimetri, coltelli fatti a mano. Alla fine scopro che qualcuno è stato accoltellato nel bel mezzo del film. Questa fu la mia prima settimana, e mi aspettava una sentenza da 35 anni. Pensai: "Come cavolo farò a uscire vivo da qui con tutto questo casino?"

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Alla fine ti facesti sette anni. È comunque un bel po' di tempo.
Oh Signore, dillo a me, dillo a me. Ma ho portato a termine alcune buone cose lì dentro. Ho preso il diploma, ho frequentato due anni di college in gestione aziendale, ho preso la licenza da barbiere, e la ciliegina sulla torta fu questo album. Penso che sia stata la prima volta che un album sia stato registrato in prigione in quel modo. E per me, era sempre stato il mio sogno. Quindi che io mi trovassi in un posto come Powhatan—che era come un altro pianeta—e mi succedesse una cosa così… be', puoi immaginare! A volte i sogni si realizzano in luoghi inaspettati.

Come vi siete trovati a registrare Eyes Of Love?
James conosceva un tizio di nome Milton Hogue che aveva un negozio di dischi a Richmond. Mi disse: "Ho un amico che vorrebbe sapere se ci interessa registrare qualcosa". Io risposi: "E come facciamo a registrare qualcosa dentro un penitenziario?" Avevamo solo tre canzoni originali in quel momento. Per cui James scrisse un altro paio di pezzi. Avevamo "Let Us", "Eyes Of Love", "Our Love", e la nostra canzone omonima, "Edge Of Daybreak". Milton Hogue sentì una cassetta che avevamo registrato in sala prove, e gli piacque. Per cui ci offrì di registrare professionalmente, se ci fosse riuscito di andare allo studio di registrazione. Scrivemmo all'amministrazione, ma non ci fu verso. Perché noi potessimo andare a Richmond per registrare, bisognava che ci accompagnassero delle guardie. E qualcuno avrebbe dovuto pagare la loro tariffa oraria, e Milton Hogue non aveva abbastanza soldi. E noi men che meno, per cui era fuori discussione. Per cui facemmo una proposta diversa: se avessimo trovato uno studio portatile, avremmo potuto farli venire a registrarci a Powhatan? E dissero di sì perché mi sa che non fossero al corrente dell'esistenza degli studi portatili.

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Cosa ti ricordi del giorno delle registrazioni?
Era passato talmente tanto tempo dalla nostra richiesta che ce ne eravamo dimenticati. Quel giorno stavo uscendo dalla cucina—facevo il cuoco—e un tizio del dipartimento attività ricreative mi fa: "Jamal, raccatta gli altri. C'è della gente nella sala visite che vi vuole registrare". "Cooosa?" Quando Milton e i suoi si erano presentati, avevano chiesto alle guardie della band e loro non ne sapevano nulla. Così andarono dall'altra parte del fiume, al Centro Correzionale James River, ma lì non avevano nessuna band. Mentre tornavano verso Richmond ripassarono per Powhatan, e l'addetto alle attività ricreative stava passando per l'ingresso e li vide e disse: "Sì, la band è qui". Per cui raccattammo tutto il necessario dalla sala prove, lo portammo nella sala visite, rimontammo tutto e facemmo un soundcheck. Poi contai one, two, three, four e suonammo otto pezzi di seguito, senza pause.

Una take.
Una take. Ma sai cosa ce lo fece fare? Suonavamo a tutte le cerimonie dei Jaycees—organizzavano dei balli due weekend al mese con le famiglie in sala visite—o al centro correzionale femminile o al James River, e eseguivamo tutte le nostre canzoni, oltre alle cover. Per cui al momento di registrarle, le conoscevamo bene.

Prima delle registrazioni, ogni quanto vi era permesso provare a Powhatan?
Facevamo due prove a settimana, a volte anche di sabato se nessun altro reclamava la sala prove. Mi sembra che la sala ricreazione fosse aperta dalle sei e mezza alle nove di sera, circa, in estate, fino al tramonto. In inverno, potevi andarci dalle sette alle otto di sera, circa. Se il gruppo blues o il gruppo country non volevano la sala, la prendevamo noi. Per cui avevamo molto tempo per provare.

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Quando ascoltasti l'album per la prima volta?
Non dimenticherò mai la prima volta che lo ascoltai. Lo registrammo nel settembre del '79 e lo sentii che sarà stato luglio 1980. In quel periodo stavo alla minima sicurezza, e una mia amica mi venne a trovare da Richmond. Mi disse: "Jamal, per radio trasmettono un gruppo qui del penitenziario". Quando mi disse che erano i The Edge Of Daybreak, dissi: "Ma quello è il gruppo in cui suonavo io!" Mi disse che passavano "Let Us" spessissimo su Quiet Storm [leggendario programma radio di Washington D.C.]. Le dissi di smettere di scherzare. E in quel momento passò in radio. C'erano tipo 32 gradi, si moriva di caldo, ma mi guardai le braccia e avevo la pelle d'oca. Riesci a immaginarti cosa si prova a sentire per la prima volta una propria canzone sulla radio nazionale? Era la canzone più richiesta dell'album, tra l'altro. È strano perché non ci andavamo tanto per il sottile, in quella canzone. È piena di gemiti e mugolii—succede di tutto, manca solo la parte fisica. [Ride]

Ma ancora non avevi visto una copia del disco.
La cosa divertente è che non ne sapevo proprio nulla finché bam, non l'ho sentito alla radio. E poi lo vidi sul Richmond Times Dispatch. Era nel giornale afro. Io sono di Roanoke, ed era anche nel Roanoke Times. All'improvviso, una volta che iniziarono a passarlo alla radio, venne fuori tutto. La direzione del carcere era sorpresa quanto noi. Quando qualcuno faceva domande al riguardo, rispondevano: "È il risultato di un programma di riabilitazione sperimentale". Ma non ci avevano avuto nulla a che fare.

Cercavano di prendersi il merito per il vostro successo.
Già, infatti. Piazzarono anche un articoletto su di noi nel giornale del carcere. Si parlava di un secondo album, e facemmo una cosa con PM Magazine [programma TV d'informazione] di Richmond—vennero a trovarci e ci fecero un po' di domande. Per cui la notizia del secondo album finisce sul giornale due o tre volte, e all'improvviso ci chiamano per trasferirci. Ci trasferirono subito dopo per essere sicuri che non succedesse di nuovo.

Quanto tempo passò prima che tu potessi tenere in mano il disco?
Cacchio, il disco uscì nel 1980, e io uscii nell'83—per cui circa tre anni. Avevano mandato tre copie a casa mia. Ma quando tornai libero, tutta la fama e la gloria erano sparite. [Ride] Ma era comunque una cosa importante per me, e ho ancora una copia dell'originale. Me la sono tenuta. È un pezzo di storia. Non dovesse mai più accadere, perlomeno posso dire di averne fatto parte. E se non dovessi mai più registrare niente, so di averlo fatto nel momento più strano e nelle circostanze più strane possibili.

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