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Musica

La guida di Noisey ai festival primavera-estate del 2016

Dallo Spring Attitude al ToDays, passando per MiAmi, Beaches Brew, Terraforma, Indierocket, Festival Moderno e (fortunatamente) molti altri.

Un'immagine dal Club To Club Festival dello scorso anno. Foto di Luca Massaro.

La sera del 27 luglio 2014 ero a Torino—per la precisione in piazza San Carlo—e sorseggiavo una birra. Particolari del tutto inutili, starete pensando. E come darvi torto, ma aspettate un attimo. Magari della birra vi racconto dopo, promesso, ma quella sera ero a Torino per un motivo preciso: era l’ultima serata del Traffic Festival, allora alla sua undicesima edizione. Quella sera sul palco erano saliti I Litfiba, Il Pan del Diavolo e Fluxsus; quest’ultimi avevano contribuito sostanzialmente alla decisione di spostarmi da Venezia fin su a Torino. Il Traffic era uno degli eventi più attesi della vita culturale cittadina, nonché uno dei momenti più belli in cui vivere il capoluogo piemontese, ma come tutte le cose belle (e illegali) non ha avuto vita facile, tanto che ora non c'è più. Dieci anni di onorato servizio, dal 2004 al 2014, e un pensionamento arrivato troppo presto, complici i costi troppo elevati di gestione (il festival era totalmente gratuito) e gli insuccessi delle ultime edizioni. Si è provato a tenerlo in piedi—ricordo bene i vari “vedremo” del Comune di Torino—ma alla fine è andata come doveva: quella del 27 luglio 2014 sarebbe stata l’ultima serata del Traffic.

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Gestire e organizzare un festival musicale in Italia è molto complesso, lo è per le piccole realtà che devono combattere con fondi cassa spesso vuoti—e di conseguenza con difficoltà nel booking degli artisti e nell’affitto degli spazi—e lo è anche per i festival rodati: l’esempio del roBOt di Bologna è lampante. Sappiate che non ho assolutamente intenzione di elencarvi, nelle prossime righe, quali siano o no i festival migliori d’Italia; in quest’ articolo cercherò piuttosto di analizzare più a fondo alcune realtà: un festival big—lo Spring Attitute Festival di Roma—e due festival più piccoli, il Siren Festival di Vasto, alla sua terza edizione, e il Beaches Brew a Marina di Ravenna, oltre a segnalare altri festival di rilievo. Prima di procedere, però, è giusto dilungarmi ancora un attimo in questa prefazione—anche perché le prefazioni danno un tono.

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Noisey Italia

Prima di scrivere questo articolo, ho provato a stilare una lista dei festival che ogni anno si svolgono in Italia: impossibile. D'altronde non era nemmeno il mio intento quello di fornire una mappa dettagliata ed esaustiva dei festival in cui potete andare a sballarvi. Sapendo bene che l'onniscienza è una dote che non appartiene a nessuno, su questa Terra, ho deciso di concentrare i miei sforzi nel far emergere, tramite la voce di chi i festival li organizza da tempo, alcune tematiche fondamentali: quali sono le maggiori difficoltà nel processo organizzativo? In Italia i festival propongono ciò che è al passo coi tempi o solo ciò che fa fare cassa? È il settore pubblico o il privato a trainare questo business? Cosa manca ai festival italiani? Da assiduo frequentatore di kermesse musicali e sagre enogastronomiche, queste domande mi sono sempre frullate in testa. Per ovvie ragioni, poi, mi sono concentrato sui festival primavera-estate, quelli di cui sappiamo la line-up. La buona notizia è che, nonostante i mille problemi e i pochissimi fondi, questi eventi resistono, crescono e si moltiplicano. Seguitemi in questo viaggio, in ordine cronologico, tra i vari festival che costellano la nostra Penisola.

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VENEZIA HARDCORE (Venezia - 14 maggio)

Dovrebbe bastarvi dare un'occhiata al nostro report della scorsa edizione per capire qual è il festival più hardcore d'Italia. Quest'anno il collettivo veneziano si impegna, come ogni anno, a portare più casino, più sudore e più moshpit del precedente. Sconsigliato a chi non è di solida costituzione.

Spring Attitute Festival (Roma – 19, 20, 21 maggio)

Mi sposto da Venezia a Roma, manco fossi Giusy Ferreri. Nella Capitale la situazione è complessa: sono diversi i festival che ogni anno si svolgono qui; ci sono più realtà, più associazioni e, di conseguenza, più concorrenza. Ho deciso di concentrarmi sul festival che oramai è diventato un punto di riferimento nel centro-Italia: lo Spring Attitude. Nel 2015 ha chiuso col botto: 12 mila presenze. Prendo il cellulare e chiamo Andrea Esu, art director del festival romano. Andrea si starà chiedendo chi cazzo lo stia chiamando in una mattina di aprile: io. Lo Spring Attitude, quest’anno alla sua settima edizione, può vantare come headliner il duo elettronico francese AIR, che mancano dalla scena pubblica dal lontano 2010. Un bel colpo, bisogna ammetterlo. Anche il resto della programmazione non è da meno, tra gli altri: Matthew Herbert (che poco fa ha pubblicato un video di un suo dj set in cui suonava delle melanzane), Pantha du Prince, il francese Rone, Gold Panda, Red Axes (presenti anche al Sonar di Barcellona), Hunee e Dj Paypal. Inizio chiedendo ad Andrea quanti mesi di lavoro necessitano per realizzare una nuova edizione dello Spring. “Dieci mesi di lavoro, in cui sono coinvolte, inizialmente, quattro persone, per poi diventare una decina a ridosso del festival”, mi dice. Interessanti sono anche le location: il Maxxi (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), le ex Caserme Guido Reni (che quest’anno sostituiscono il Macro) e lo Spazio 900 all’Eur. E dunque, gli chiedo, come funzionano le sponsorizzazioni?, “Il Maxxi ha immediatamente creduto nel nostro progetto e ci ha affidato gli spazi del museo; con il Comune di Roma, invece, non abbiamo rinnovato la partnership per l’usufrutto degli spazi del Macro.” Bello fare cultura in luoghi della cultura…, “già—mi dice—però non è sempre facile. Ad esempio, non siamo riusciti a stringere un accordo con il Palazzo delle Esposizioni, poiché non c’è stato modo di trovare un punto comune. Sembrava che parlassimo due lingue diverse”. Mi parla poi di “un gioco di equilibri” tra gli artisti che fanno vendere biglietti e quelli con cui si sperimenta. “È necessario portare certezze, artisti che sai che ti fanno vendere biglietti perché così, e solo così, riesci a portare anche i nomi più piccoli, quelli che magari non tutti conoscono, ma poi, dopo aver sentito il big, finiscono anche per apprezzare loro”. Ai fini dell’indagine, è giusto parlare anche dei sistemi economici che fanno girare gli ingranaggi: per questo ho chiesto ad Andrea di spiegarmi come lo Spring si mantiene economicamente. “Principalmente lo Spring Attitude si mantiene tramite autofinanziamento, cioè attraverso i soldi che ricaviamo dai biglietti e dal bar. C’è anche una parte di denaro che arriva da sponsor, circa il 20% del budget totale, ma non ci garantiscono una sicurezza”. Soldi pubblici? “Zero”. E qui entra in gioco un elemento importante, fil rouge che collega—in modo negativo—un po’ tutti i festival in Italia: i finanziamenti pubblici. Ma perché se il business della musica dal vivo tira un sacco, il settore pubblico non vuole infilarci il naso? Secondo Andrea Esu il motivo è “una mentalità obsoleta dell’amministrazione pubblica, che, con i pochi soldi che ci sono da destinare alla cultura, preferisce foraggiare forme di arte più classiche, come mostre, balletti o opere liriche”. Non fa una piega. “Purtroppo—aggiunge—la musica elettronica e le nuove tecnologie, seppur forme d’arte, sono ancora viste con diffidenza dagli amministratori pubblici”. Dunque Spring Attitude, come altri, è un festival che deve contare solo sulle proprie gambe; gambe, però, che vacillano quando arrivano i preventivi delle agenzie intenzionali che gestiscono i tour degli artisti. “Uno dei grossi problemi che affigge tutti i festival italiani (almeno quelli con budget risicati) sono i costi degli artisti”, spiega Esu. “Purtroppo tali agenzie s’interfacciano con economie molto più solide di quella italiana e si ostinano a non capire che non possono spararci questi prezzi. Anche perché in Italia non ci sono le stesse affluenze di persone che si trovano nei festival esteri e questo è uno dei motivi principali per cui, anno dopo anno, siamo costretti ad aumentare il prezzo del biglietto (il biglietto di sabato 21/2016 costa 8 euro in più rispetto a quello di sabato 2015, ndr)”. Hai detto “uno dei grossi problemi”, perché ce ne sono altri? Gli chiedo. “Be' sì, come la difficoltà, come ti dicevo prima, di ottenere finanziamenti pubblici che ti facciano stare tranquillo—e per tranquillo intendo che coprano almeno il 50 percento del budget totale”. Il quadro, almeno a Roma, è questo. Chiudiamo la telefonata con il più tipico degli auspici: speriamo venga tanta gente. “Daje”.

MUSICA NELLE VALLI (San Martino in Spino, 27 - 29 maggio)

La sedicesima edizione di MNV quest'anno arriva in concomitanza con il decennale di Boring Machines, e quindi con Ongapalooza. Parte della lineup è stata già svelata qui, e ovviamente abbonda di nomi affiliati alla label. La località è la più bucolica che potesse essere pensata: immersa nella campagna emiliana, a San Martino in Spino, e se dovesse piovere si sposterebbe al chiuso.

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Unibeat (Salerno - 27, 28 maggio)

Unibeat esiste da 5 anni e a Salerno è ormai punto di ritrovo per universitari (e non solo quelli dell’Università di Salerno, fautori di ciò insieme all’associazione culturale SalernoInKult) e amanti della buona musica. Quattro appuntamenti, tra dj set, live e workshop, che hanno portato nella città campana Regis, Lena Willikens, Scan7 e Leonardo Martelli e porteranno, nelle date del 27 e 28 maggio, Actress, Lory D, Low Jack e Korridor. Ah, ed è gratis.

Mi Ami (Milano – 27 e 28 maggio)

Voliamo a Milano. Il Mi Ami spiazza per ostinazione e resistenza—dodici edizioni non sono certo poche, la gente ci è cresciuta con questo festival. Come il mercato discografico indipendente italiano, il festival si muove tra vecchie certezze e nuovi nomi, tanto che le due serate del 27 e 28 maggio sembrano figlie di genitori diversi. La prima con I Cani e Calcutta (un binomio che a breve surrogherà pane e Nutella) adornati da Tommaso Paradiso (Thegiornalisti), Motta e Cosmo; la seconda con Jolly Mare, SBCR e Iosonouncane. Quel che è certo è che questo festival segna ogni anno, come un orologio, l'ora esatta della musica italiana. Il Mi Ami piace perché per molti significa l’arrivo dell’estate, per altri l’arrivo dei Ministri, ad alcuni fortunati ricorda la perdita della verginità.

Beaches Brew (Marina di Ravenna – 6, 7, 8, 9, 10 giugno)

Ci spostiamo in Emilia Romagna. In un panorama di festival musicali a pagamento, il Beaches Brew rappresenta un unicum. La prima edizione risale al 2012 e cinque anni più tardi è ancora lì, fresco come il primo giorno. La filosofia del Beaches Brew (che d’ora in poi chiamerò BB per convenzione internazionale) non è lontana da quella del Siren Festival—come quest’ultimo si svolge in riva al mare, nel locale che ha preso il nome da un film culto di Takeshi Kitano: Hana-bi. Quest’anno la line-up (come sempre d'impronta indie-rock) ci offre Ty Segall & The Muggers, i Suuns, Beak>, White Fence, ma anche i beat degli italianissimi Go Dugong e Ninos du Brasil. Per farmi raccontare come nasce e si articola il BB, mi metto in contatto Chris Angiolini, co-art director del festival e proprietario della Bronson Produzioni. Gli chiedo subito come il festival riesce a mantenere la gratuità dell’accesso. “Vogliamo che sia gratis. Per anni ci sono stati concerti gratuiti all’Hana-bi prima di valutare l’idea di un festival in spiaggia a ingresso inevitabilmente gratuito (poiché si svolge su demanio pubblico)”. Tutto qui? “Poi c’è stata la ricerca di un partner internazionale—mi spiega—che condividesse con noi la passione per la musica che ci piace. E questo partner è Belmont Bookings i cui artisti passano spesso dalle nostre parti e adorano suonare in spiaggia [ci sono artisti che scelgono di inaugurare il proprio tour all'Hana-Bi per amore del locale, NdR]. Il tutto attraverso il controllo dei costi, la ricerca di fondi e una certa dose di follia”. Poiché i concerti gratis piacciono a tutti perché si può spendere di più in alcol, è possibile replicare questo format altrove? Dimmi di sì e dimmi come. “Onestamente la gratuità non credo sia il punto fondamentale per la riuscita di un festival come Beaches Brew, quantomeno non l’unico”. E aggiunge: “Credo che la location sia la componente principale; la location non intesa come spiaggia, ma come Hana-bi. Beaches Brew è l’appuntamento a cui non si può mancare, almeno per una comunità di persone sparse per tutta Italia, in Europa e un po’ di mondo. È come la grande tradizione della festa di famiglia, tutta unita intorno all’idea di musica che ci piace”. E quanto sarebbe grande questa famiglia? Chris mi dice che “ogni anno il pubblico aumenta considerevolmente. L’anno scorso lo abbiamo quantificato in circa 10mila persone, con una % tra il 15 e il 20 proveniente da fuori Italia”. Un buon risultato, immagino sia anche il frutto di un grosso lavoro di produzione, vero? “Sì, lavoriamo al festival 12 mesi, un flusso continuo di cose”. Cioè lavorate all'edizione successiva dal giorno in cui finisce il festival? “Esattamente, facciamo i primi bilanci e condividiamo le prime impressioni a caldo. Poi d'estate c'è una fase di brainstorming, da ottobre, invece, iniziano le grandi manovre. Tutto ciò realizzato da un piccolo team: 7/8 persone per Bronson Produzioni e 4/5 per Belmont Bookings”. Mi hai parlato di un partner interazionale, mi spieghi come funziona questa partnership e se ne avete altre? “Come ti dicevo, lavoriamo continuamente sulla ricerca di fondi, istituzionali, privati e del pubblico stesso. Siamo supportati dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Ravenna, ma queste convenzioni coprono ‘solamente’ il 35% (circa) dei costi complessivi”. E i privati? “Sì anche privati, che fortunatamente aumentano dopo ogni edizione, fino a formule di finanziamento del pubblico stesso attraverso la vendita di sottoscrizioni online che danno accesso ad alcuni servizi. Tutto il resto deriva da food & beverage”. Capisco. Se, per caso, un assessore al Turismo ci stesse leggendo, adesso vorrebbe sapere quali benefici, anche in termini economici, ci sarebbero per il territorio che ospita un festival come il BB… “I benefici sono davvero tanti, c’è un indotto economico diretto difficilmente quantificabile con i mezzi a nostra disposizione, ma sicuramente in crescita continua: un indotto indiretto di promozione del territorio”. Capito assessore?

ASTRO Festival (Ferrara - 16 Giugno) / roBOt Festival (Bologna)

Lasciamo la terra degli arrosticini e saliamo verso l’Emilia Romagna. La mattina del 22 dicembre 2015 sull’edizione bolognese de La Repubblica compare un articolo il cui titolo recita ‘Bologna, buco di bilancio: Il roBot Festival rischia di chiudere’. La notizia raggiunge anche l’ultima enoteca e a parlarne, quel giorno e le settimane a seguire, sono molti, soprattutto nell’area emiliana. Il fatto è grave: l’edizione del 2015 avrebbe generato un buco di 300mila euro (secondo il calcolo di Radio Città del Capo) e le sorti del festival—almeno stando a ciò che Antonio Puglisi, capo della comunicazione del roBot, aveva detto a Radio Città del Capo—sono incerte. Cerco di contattare Marco Ligurgo (alias Marco Unzip), direttore artistico del roBOt, proprio per capire come stanno le cose e se il festival si farà. Purtroppo, però, non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul futuro del roBOt: se si farà o no, lo capiremo più avanti. Un indizio però c’è: il roBOt è partner del neonato Astro Festival (16 giugno a Ferrara) che in un sol colpo porta, in piazza del castello, Caribou, Four Tet e Floating Points. Chi al roBOt c’è stato, sa quanto il festival abbia arricchito l’autunno bolognese da 8 anni a questa parte. Un format che, nel tempo, ha imparato a plasmarsi anche in relazione al pubblico sempre maggiore, tanto da costringere gli organizzatori da spostare le serate dal Link a Bologna Fiere.

Mojotic Festival (Sestri Levante — 15 giugno - 2 settembre)

Un festival spalmato lungo tutta l'estate e lungo la Riviera Ligure, da Genova a Sestri, un appuntamento giustamente attesissimo, dato il calibro dei nomi che coinvolge. Staremo in silenzio riguardo all'esistenza della silent disco all'interno delle attività promosse dagli orgnizzatori di questo festival perché tutto il resto compensa.

Indierocket Festival (Pescara — 24,25,26 giugno)

Pescara, si sa, è la Miami italiana. A quanto pare non c'è posto migliore in cui gravitare, quest'estate che l'Abruzzo. La line-up dell'Indierocket festival a sto giro è molto lontana da brame indierock—e meno male—ed esplora, invece, alcune interessanti sfumature dell'elettronica sperimentale.

Terraforma (Villa Arconati, Milano – 1, 2, 3 luglio)

Ultimamente la preview del festival è importante quasi quanto il festival in sé. Deve essere questa la regola implicita che ha spinto il Terraforma a presentarsi quest'anno con un'ambiziosa serata tra le torri di Kiefer all’Hangar Bicocca, il 31 maggio, con il live dei Boredoms. La line-up di quest’anno dovrebbe sfatare un po’ quell’aria fricchetton-chic che contraddistingue il festival, per chi è abituato a cartelloni un po' meno ricercati. Certo, resta l’ecosostenibilità e resta il fatto che gli act del festival si prestano a viaggi lisergici caleidoscopici, ma sul palco saliranno Biosphere, Adrian Sherwood, Lee Gamble e Charlemagne Palestine, per sottolineare che anche a Bollate we keep it real. Perché, nel caso non siate mai stati né a Milano né il Lombardia, preciso che Villa Arconati è a Bollate.

Festival Moderno (Milano — 7 luglio) / Club to Club (Torino – 3, 4, 5, 6 novembre)

Il Club to Club è cresciuto moltissimo negli anni e, probabilmente, la scorsa edizione è stata una delle più belle da quando il festival esiste. Che in casa C2C le cose stiando andando bene, lo si riscontra dalle mire espansionistiche di Sergio Ricciardone & Co che, per inciso, non siamo riusciti a contattare per questa analisi. Espansioni, dicevo, che hanno raggiunto Milano: quest’anno, infatti, nel mese di aprile c’è stata la prima edizione del C2C lombardo, anticipato da una preview con Oneohtrix Point Never e Actress. Sul festival in sé, quello che si terrà a novembre, non abbiamo novità; ciò che è invece si sa, ed è alla portata di tutti, è che il C2C è partner, insieme a Radar Concerti nella produzione di Festival Moderno, che porterà il "nuovo pop" il prossimo 7 luglio al Circolo Magnolia di Milano, con un cartellone che conta headliner come Grimes e Dev Hynes (col suo progetto Blood Orange).

BÄÄFEST (Desio - 15 Luglio)

Un cartellone che sfoggia alcuni nomi che fanno sbavare tutti noi che adoriamo gli esperimenti elettronici e le divagazioni analogiche: da Father Murphy a Tonylight, il BÄÄ 2.0 riporta in auge un evento che, per cinque anni (dal 2004) aveva rappresentato un faro per le stranezze musicali delle nostre parti. Poi il festival ha chiuso, ma adesso è tornato per rimanere. Il tutto si svolge all'interno del Parco Tittoni di Desio, che quest'estate sarà arena di altre attività.

A Night Like This (Chiaverano, Torino – 15 e 16 luglio)

A Night Like This si sdoppia in due sere—creando una disconnessione semantica con il proprio nome. Il piccolo borgo di Chieverano ospita dal 2012 questo piccolo festival che, negli anni, è diventato una sorta di chicca, una serata – appunto! – da godersi in riva al lago Sirio, con buona musica – quest’anno con The Temper Trap, Be Forest, Samaris e Ninos du Brasil – e buon cibo locale. Due giorni lontano dalla città.

Nature Beat Festival (Monte Romano – 16 luglio)

Il festival Nature Beat è un po' il Terraforma del centro Italia, solo che si tiene in una, mastodontica, serata. Arrivato alla sua sesta edizione, quest'estate porta nelle campagne—Monte Romano—viterbesi alcuni colossi della techno internazionale, quali AnD, Inigo Kennedy, Karenn, Shifter, Marcel Fengler e altri. Techno + natura = bomba, da sempre e per sempre. Bravi ragazzi.

Locus Festival (Locorotondo, dal 15 luglio al 7 agosto)

La Valle d’Itria è uno dei posti più belli del mondo, tant’è che anche ricchi indiani abbiano deciso di sposarsi lì, in quel tocco magico di Puglia. E lì, dal 2005, si tiene il Locus Festival. Per darvi il metro di ciò che questo festival è, vi consiglio di guardare gli artisti che, negli anni, hanno calcato quel palco. Il posto è magico, inghiottito dalla natura e questa estate potrete ascoltare Floating Points, Kamasi Washington, Dj Premier e Snarky Puppy. Più che un festival, è una vacanza.

Flowers Festival (Collegno, 12-23 luglio)

Il Flowers è sicuramente destinato a diventare grande festival, uno di quelli dove non si può mancare. Questa è solo la seconda edizione, ma per livello degli artisti e struttura, il festival va inserito di diritto tra i big, cifre a parte. Il tutto si svolge nel Parco della Certosa dove, fino a pochi anni fa, sorgeva il più grande manicomio. Roba da matti. Chi suona al Flowers? Anohni (ovvero Antony Hegarty), tra gli artisti più influenti al mondo, ci sono i Pixes, i Gramatik, c’è Oneothirx Point Never e Hudson Mohawke, reduce da un album strepitoso. E poi c’è Fabrizio Gargarone. Che non suona, ma è altrettanto importante, per non dire che è il nome che si nasconde dietro questo successo: lui è lo storico art director del Traffic Festival, di cui, possiamo dire, che il Flowers ne è figlio.

SIREN FESTIVAL (Vasto - 21, 22, 23, 24 luglio)

A luglio in Abruzzo va in scena quello che potrei definire il nostro piccolo Coachella. Ok. Piano, con calma. C'è da dire che il Siren Festival è una mosca bianca nel panorama dei festival italiani. Non è solo musica, ma offre altro: tre palchi abbastanza vicini, il mare a due passi e la graziosa cittadina di Vasto. Sono stato alla passata edizione e tra gli altri, ricordo, ho ascoltato James Blake e Jon Hopkins. Anzi, ricordo che Jon Hopkins è salito sul palco dopo i Verdena, con grande sollievo per alcuni spettatori. Ciò che caratterizza il festival, appunto, sono le varie e piccole esperienze: il poter camminare al tramonto in riva al mare o godersi le viuzze di Vasto, tra un live e un dj set. Tutto ciò in versione ristretta, a misura di passi, e magari pure in costume da bagno. I nomi annunciati per questa edizione sono quelli che vedete nel cartellone qui sopra. Già, anche a me alcuni accostamenti suonano strani.

A noi però interessa sapere come funziona il Siren Festival dietro le quinte, quindi ho contattato il suo art director, Pietro Fuccio, e gli ho chiesto: “E’ stato difficile per il neonato Siren emergere nel panorama dei festival musicali?”, la risposta un po’ anticipata da ciò che vi ho detto quattro righe fa: “sì e no, proprio perché di eventi come vorremmo che fosse Siren ce ne sono pochi, il che vuol dire da una parte che c’è spazio, dall’altra che c’è poca consuetudine a festival di questo tipo”. Quando gli ho chiesto delle difficoltà incontrate per organizzare e produrre un festival in Italia, Fuccio mi ha risposto che “le due cose più complicate sono portare in Italia un certo tipo di artisti e catturare l’attenzione del pubblico (quella vera, che fa vendere i biglietti; non quella “social”). Va da sé che sono due elementi strettamente interconnessi”. Questa risposta ha riportato alla mia mente una delle critiche che più spesso si muovono ai festival: esiste un limite tra ciò che si vorrebbe far ascoltare e ciò che si è costretti a far ascoltare? “Indubbiamente, ma va anche detto," mi dice, "che le scelte fatte a tavolino, a volte, il pubblico le riconosce, e non le premia; soprattutto nei festival”. Allora come si spiega l’oggettiva ripetitività di certi nomi nei cartelloni dei festival? “Se c’è ripetitività è perché gli artisti di area che ‘tirano’ sono gli stessi da quindici anni; quella elettronica è una scena in cui è facile muovere i primi passi, ma difficilissimo diventare artisti importanti, che reggono da soli un cartellone. Nell’area di confine dove piace operare a noi, poi, è ancora più complicato…” Per capire anche come funziona un festival sarebbe indispensabile fare una domanda sul vile denaro, argomento che la maggior parte degli intervistati—se non facenti parte di amministrazioni pubbliche—preferisce evitare. Perciò, invece che parlare di soldi, chiedo a Fuccio come funzionano le sponsorizzazioni. O meglio: ci sono più sponsor pubblici o privati? E perché? “Purtroppo, oggi, è ancora molto più il pubblico. Le aziende faticano a vedere nella musica un mezzo importante di diffusione del loro marchio, con significative eccezioni e, direi, abbastanza a ragione. L’attenzione del grosso della gente è altrove”. Poi aggiunge: “Questi finanziamenti sono molto importanti, soprattutto per eventi che non sopravvivono con la sola vendita dei biglietti”. Mi piacerebbe chiuere questa breve chiacchierata con una (non) domanda marzulliana, invece abbiamo parlato della programmazione (che, per ora, è ancora in fase di sviluppo): la line-up di quest'anno, rispetto a quella dell'anno scorso, è più indie-rock e meno elettronica. Come mai? “Fondamentalmente è un caso, come lo era lo scorso anno che le cose siano andate al contrario. A noi piacciono generi diversi (e ci piace promuoverli), e ci va bene che le cose si mischino anche in base al caso, che fa sì che ci siano in giro artisti oggi più di un tipo, domani più di un altro”.

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Ortigia Sound System (Siracusa, 25-31 luglio)

Sul sito si legge: “Siamo pronti per accendere definitivamente i riflettori su questa terza edizione, un nuovo sole sta per sorgere sull’isola di Ortigia, e non vediamo l’ora di osservare l'alba insieme a tutti voi”. Di questa edizione c’è già molto altro da dire, ad esempio sui primi nomi annunciati in line-up, apparentemente a lati opposti dello spettro musicale, in realtà molto coerenti, soprattutto con il concept dietro a quest'edizione di OSS; che si propone di espandere i suoi orizzonti in maniera radiale e poliedrica. D'altronde, se fai un festival in uno dei più bei quartieri di una delle più belle città di una delle più belle regioni italiane, vinci facile. Per capire meglio il clima che si respira in questa perla sicula, ho chiamato un mio amico che l’anno scorso c’è stato: ohi, allora com’è l’Ortigia Sound System? “E chi se lo ricorda, è stato più di un anno fa”. Ah, ma ci torni? “Sì, sicuramente”.

YPSIGROCK (Castelbuono, 4 - 7 agosto)

Se su Ortigia il sole sta sorgendo, a Castelbuono è mezzogiorno pieno. La ventesima edizione del festival Ypsig fa onore al premio appena vinto, quello di miglior festival d'Italia. C'è da dire che la trinacria è un ottimo boost naturale per ogni creazione dell'uomo.

AMA Music Festival (Asolo, 23 - 28 agosto)

A nomi grossi decisamente indirizzati ad un pubblico indiettone, questo festival accoppia alcune chicche per intenditori, che i frequentatori assidui di queste pagine conosceranno già.

ToDays (Torino – 26, 27, 28 agosto)

La homepage del sito di ToDays Festival ha un conto alla rovescia da far impallidire Cape Canaveral, ma anche una line up di tutto rispetto: M83, John Carpenter, The Jesus and Mary Chain, Soulwax, I Cani (anche qui). Non dovrei aggiungere altro.

VARVARA FESTIVAL (Torino, 17-20 settembre)

Luglio in Abruzzo, agosto in Sicilia e, da fine agosto a settembre inoltrato, a Torino. Mica male come giro d'Italia. Prima TODays, poi Varvara. La lineup deve ancora essere rivelata nella sua interezza, però i primi nomi possono bastare: Ramleh, bastonatori noise-rock e post-industrial, e un DJ set che ci aspettiamo bello metallico e martellante di Abdulla Rashim, fondatore della Northern Electronics.

La lista, volendo, è ancora lunga. Di festival, sparsi per l’Italia, ce ne sono ancora tanti: Flussi, Musical Zoo, Meeting del Mare, Zanne di Catania, Festival Beat, Loose a Ravenna, Cellamare, More Festival, etc. Ah sì, la storia della birra. Ve l’avevo promesso. Allora: ero a Torino, in Piazza San Carlo, e a breve avrebbero suonato i Fluxus….ma davvero vi interessa?!

Paolo Marella scrive per ArtTribune e FlashArt, seguilo su Twitter: @PabloMarella