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Musica

Roberto Vecchioni, nobel per la pece

C'è stato un periodo in cui il prof. Vecchioni era depresso e sperimentò con la New Wave (oltre che, secondo la questura, con la droga)

Noisey è abbastanza lieto di presentare ITALIAN FOLGORATI, una rubrica su quanto di più marcio, impensabile e avanguardista si cela dietro le pieghe della canzone italiana. Aprire i bauli del tempo e dell'ufficialità discografica per trovare tesori nascosti, orribili croste, intuzioni magiche e tentativi più o meno riusciti è la nostra missione. Seguiteci dunque in questo cammino impossibile con orecchie e spirito aperti: non ve ne pentirete.

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E stai correndo lungo il viale del tramonto / foglie gialle dove passi tu

(Roberto Vecchioni - "Hollywood Hollywood", 1982)

Anno domini 2013: come di consueto gli ingegni della terra si muovono a cercare i candidati al premio Nobel, l’attesa è bruciante.

Settembre dello stesso anno : secondo indiscrezioni, fra i candidati ci sono Bob Dylan, Leonard Cohen e Roberto Vecchioni.

Bingo! Improvvisamente il nostro si ritrova su tutti i rotocalchi, addirittura lo pizzicano ubriaco al volante e lo sbattono immediatamente in prima pagina e si ritrova il Twitter —manco fosse Masini—gonfio di insulti. Il Nobel ovviamente non l’ha vinto ma si è altresì aggiudicato una notorietà mai del tutto goduta: Vecchioni lo conoscono tutti ma nessuno se lo ascolta, anche l’ultimo guizzo della vittoria Sanremese, tutto sommato, è passato inosservato come manco i Jalisse dell’epoca bella. Forse che la storia del nobel sia una mossa promozionale, tramite amicizie infiltrate, per il suo nuovo album uscito a Ottobre? Vero è però che il Robertone nostro ha portato avanti una carriera simile alla proverbiale goccia che scava il marmo lentamente e, altrettanto lentamente, ma non senza conseguenze, la sua poetica è entrata come un ruscello nell’inconscio della musica Italiana.

E allora, appunto, parliamo quest’oggi di un disco cruciale quanto misconosciuto di Vecchioni, forse perfetto nella sua ibridazione chimica di follia e ragione: ovvero HOLLYWOOD HOLLYWOD, anno 1982. Disco che nasce dopo una bruciante delusione, cioè la letterale distruzione dei master dell’album Montecristo, uscito nel 1980 ma subito ritirato dal commercio a causa di beghe contrattuali. Se ci aggiungete che nello stesso periodo il nostro era stato arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti potete immaginare in che bello stato d’animo potesse trovarsi.

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Ed ecco quindi che il sequel di Montecristo (che già presagiva una svolta) è un album onirico e teso che porta immediatamente il cantautorato, ormai stanco e intellettualoide, di Vecchioni verso una nuova forma ibrida, quasi new wave, in qualche modo anticipando certe soluzioni che poi molti gruppi faranno proprie, tra i tanti Diaframma e Denovo. Già dalla copertina : disegnata da Andrea Pazienza, affezionato collaboratore, raffigura un pavone con occhiali da sole immerso in un orizzonte acido. La title track si apre come una specie di mantra fra i Japan e il rock tedesco, con voci filtrate, bassi fretless e le chitarre taglienti di Mario Paoluzzi, che non a caso è autore e colonna portante della Nannini kraut di Latin Lover, uscito lo stesso anno. Vecchioni, che già aveva collaborato con la Nannini, asciuga finalmente i testi ma rovesciando in qualche modo il discorso di Gianna, usandoli come una base sulla quale appoggiare le sperimentazioni wave e non viceversa. Come in un film, il nostro ci fa la sinossi di una storia d’amore che parte già male, con la protagonista a mettergli le corna con ben sette dongiovanni (!), e lui che come un fesso continua a crederci.

Segue poi una cover ad hoc: la velenosa "Ricetta Di Donna" della Vanoni, che pero’ dura solo due secondi, sfociando inaspettatamente nel tema di 8 e 1/2 di Nino Rota suonato con sintetizzatori malsani a imitare gli ottoni, e una voce femminile che chiama il nome di “Robert” dentro uno space echo, con andazzo felliniano da trip andato a male. Un taglia e cuci straniante che sembra la versione pop di “Revolution #9 “ dei Beatles, con tanto di finale parlato “reverse” in tedesco, che ancora non sono riuscito a decifrare.

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Una ritmica serrata e meccanica, quasi allucinata, accompagna una ninna nanna a se stessi tra il reading e la canzone d’autore tossica: sembra appunto di vedere Vecchioni che, delirante e gonfio di psicofarmaci, cerca di prendere sonno senza alcun successo. La cosa interessante è che Springsteen la ricalcherà, quasi para para ma ovviamente male, per "Streets of Philadelphia", uscita duemila anni dopo. E li si parlava di AIDS, mica pippe.

Dopo questo exploit c’è un altro brano devastante, ovvero "Sestri Levante". Temi: coscienza della fine, sentimento d’amore raggelato e sconfitta rassegnata. Inizio acustico e arioso e sviluppo che sembra un Guccini ai lavori forzati in Polonia, soffocato una buona volta da cuscini di vocoder alla YMO che si mangiano il cuore di Vecchioni a mozzichi. Con questa elegante freddezza, senza speranza, finisce il lato A e si rimane con un cappio fra le mani.

Il lato B si apre invece con "Parigi (O Cara) un brano in cui il punk arriva secco e conciso. Qui l’influenza della Gianna è evidente: suonato dispari con un intermezzo in cui l’oboe cita “Rain and Tears “ degli Aphrodite’s Child (a sua volta citazione di Pachelbel), con piglio alla Battiato e un synth simil-Theremin che entra nel cervello come un verme: il cappio finisce nel cestino e riparte la speranza. Nel finale parole deliranti che manco Maria Sole: ”expo metro bistrot gigolo… Rimbaud veleggerà sui tetti della città, nuvole artificiali di alluminio, e costruiremo riformatori sempre più efficenti e luminosi, i delinquenti di oggi saranno i dirigenti di domani” declamate dall’attrice Lucia Poli, una specie di pezzo concreto alla Fariselli virato (ancora una volta) pop.

La ripresa di "Hollywood Hollywood" riavvolge il nastro letteralmente in loop e si passa a "Casa Dolce Casa", lentone ipnagogico che starebbe bene in un disco delle Pocahaunted: racconto di ubriachezze moleste, fallimenti e barbonaggio, neoclassico e ammiccante ai colleghi, primo su tutti Venditti. L’ultimo brano, "Morgana Luce DI Giorni Passati", riporta tutto il peso sul rock , chiudendo il cerchio con piglio punk /wave nervoso che potrebbe essere mutuato da Ivan Cattaneo, con in più delle steel guitar liquide alla Oldfield. Il cast di turnisti suona compatto sempre sul filo fra tensione e delicatezza, i testi non sbrodolano mai. Qui la differenza con le altre produzioni di Vecchioni, che infatti subito dopo alzerà un po troppo il tiro consolidando la sua famigerata nomea di Professore. C’è da dire però che Hollywood Hollywood non è di certo l’eccezione che conferma la regola: semmai è una cosa a sé, una mosca bianca ibernata nella neve. Di Sestri Levante, ovviamente.

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