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Lo strano caso del plagio e del riplagio del Gabibbo e una mascotte americana

Il contenzioso sull'originalità del Gabibbo tra Antonio Ricci e un ex studente americano dura da 16 anni, e non è ancora finito.
Screenshot via Mediaset.

Da bravo genovese, il Gabibbo è uno dei personaggi televisivi che meglio simboleggia la mia infanzia. Un essere rosso, enorme, con un accento che faceva il verso a quello dei miei parenti più anziani e che aveva lo stesso nome con cui scherzosamente veniva definito mio padre, calabrese.

Di conseguenza, senza capire cosa facesse nello specifico e quanto bassa fosse la cornice che lo ospitava, sono cresciuto quasi mitizzando questo pupazzo dalla bocca larga. Scoprire che la sua storia si incrociava con varie accuse di plagio da oltreoceano, be', ha fatto sì che tutto ciò in cui avevo creduto fino a quel momento crollasse davanti ai miei occhi.

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Da 16 anni, infatti, è aperto un contenzioso tra Antonio Ricci, padre putativo del Gabibbo e dei vari programmi che gli hanno fatto da casa dal 1990 in poi, e l'americano Ralph Carey, che anni prima della nascita della mascotte di Striscia La Notizia aveva dato luce a Big Red, pupazzo simbolo dell’Università del Kentucky.

Big Red, tanto per intenderci, è lui:

Ralph Carey l'aveva creato quando era un giovane studente, ma era stato solo nel 2002 che la Western Kentucky University—forte di un’intervista a Novella 2000 del 1991 in cui (per ridere, come ha in seguito dichiarato al New York Times) Antonio Ricci ammetteva di aver copiato il Gabibbo, definendolo anche il figlio illegittimo dell’omino Michelin—aveva accusato il programma di Mediaset di plagio.

La richiesta era di 250 milioni di dollari di indennizzo, una vera damnatio memoriae nei confronti del giustiziere genovese che rischiava di chiudergli ogni possibile porta d’accesso per il mondo della televisione.

Nel 2007 il tribunale di Ravenna aveva respinto ogni possibile accusa, dichiarando insussistente il plagio e dando una seconda giovinezza al Gabibbo. A nulla era valso il ricorso da parte dell'istituzione accademica americana alla Corte d’Appello di Bologna, che nel 2011 aveva confermato il verdetto.

Fast forward fino al 2017, quando la Cassazione aveva scritto quella che sembrava la parola fine sul caso. Una nota del sito di Striscia, infatti, annunciava: "Oggi, dopo 15 anni di contenzioso in tribunale nella causa portata avanti dalla Crossland Enterprises e l’Adfra [la licenziataria per l'UE dei diritti sui loghi e mascotte di 57 università americane, tra cui quella del Kentucky], la Corte di Cassazione ha decretato che il Gabibbo non è un plagio della mascotte sportiva Big Red."

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La Cassazione confermava quindi il giudizio, rigettando l’impugnazione e condannando gli appellanti a rimborsare le spese legali. Antonio Ricci, soddisfatto per la conclusione del procedimento giudiziario, aveva commentato: 'Il Gabibbo rappresenta il populismo, la pancia, non parla: rutta. Vuol significare che in Tv qualunque banale pupazzo, se bercia o arringa moraleggiando, può ottenere il massimo della credibilità e popolarità. Condannarlo per la voluta banalità delle sue forme, che lo rendono simile a decine e decine di altri pupazzi infantili dalla bocca larga, sarebbe stata una vera e propria assurdità'."

Senza soffermarsi troppo sull’evoluzione 'populismo 2.0' del Gabibbo—che non è che semplicemente parli alla pancia della gente, ma rutta, dimostrando ancora una volta quanto la Natura non potesse creare figlio dei nostri tempi più perfetto—quella del gennaio 2017 sembrava la svolta per permettere al nostro di godersi i suoi ultimi 150 milioni di anni di vita, sopravvivendo ad Antonio Ricci, a Striscia e al mondo stesso.

Se però chi ne deteneva i diritti ha perso la causa, l'ideatore di Big Red, il non più giovane Ralph, ha deciso di reagire chiedendo i danni morali per la mancata autorizzazione alla rivisitazione del personaggio del quale, appunto, cedette i diritti anni or sono alla Western Kentucky University.

La Cassazione, perciò, è stata nuovamente chiamata ad esprimersi sul caso la scorsa settimana. "Lo sfruttamento dell’opera derivata senza la preventiva autorizzazione dell’autore di quella originaria," recita la sentenza, "dà diritto a quest’ultimo a ottenere il risarcimento del danno, che legittimamente può essere determinato, in via equitativa, applicando il cd. principio di reversione degli utili, cioè quantificando il pregiudizio in una quota parte dei proventi realizzati dal titolare dell’opera derivata a seguito del suo sfruttamento."

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Parole che, al di là dei tecnicismi, sono state interpretate dai legali di Ralph Carey come un'ammissione di plagio evolutivo. Non è della stessa idea Antonio Ricci, i cui legali sostengono che "l’ordinanza ben spiega come il Gabibbo sia un’opera originale e creativa di Antonio Ricci. La Cassazione ha espresso un mero giudizio di legittimità e di rinvio alla Corte di appello di Milano per ogni decisione nel merito. Affermare quindi che il Gabibbo costituisce un plagio del Big Red è falso e diffamatorio.”

Cosa significa tutto ciò? Secondo le cronache, all'epoca il Gabibbo era stato giudicato esteticamente e professionalmente piuttosto lontano da Big Red. Oggi quel legame potrebbe tornare a tormentare il Gabibbo. Per quanto mi riguarda considererei un'ingiustizia se il mondo accademico, oltre a toglierci la libertà di essere ignoranti, ci impedisse di godere di lui e della sua sete di spensieratezza e giustizia.

Comunque, aspettiamo le evoluzioni del caso.

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