La mensa di Cinecittà mi ha fatto capire meglio come funziona l'Italia e il cinema
Foto dell'autrice Paola Buzzini

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Cibo

La mensa di Cinecittà mi ha fatto capire meglio come funziona l'Italia e il cinema

Entrare a Cinecittà è un'esperienza formativa; mangiare nella sua mensa ancora di più.

Andare a Cinecittà è una vera e propria esperienza formativa. Varchi i tornelli e ti accoglie subito La Venusia, la scultura creata per il film Casanova di Federico Fellini, che negli studios - nel celebre Teatro 5 - ci ha passato tutta la sua vita.

La Venusia, la scultura a Cinecittà

Ma non sono qui non per ragioni cinematografiche, piuttosto per scoprire cosa succede nella mensa di un posto complesso come questo. L’argomento mensa è affascinante, soprattutto per chi non fa un lavoro aziendale o lavora in piccoli uffici, e quindi non ne conosce le dinamiche gastronomiche e sociali. E fra le tante mense possibili, quella di Cinecittà era secondo me una delle più affascinanti: cosa si mangia e soprattutto chi ci ha mangiato?

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Mi accoglie Cristiano Migliorelli, Footage Sales & Business Development dell'Istituto Luce, che mi investe con un sacco di racconto.

La mensa apre nel 1969 grazie alla cooperativa di lavoratori “11 Marzo 1969”, totalmente autogestita: dalla spesa fino al servizio. La cucina era quella di casa, tutti la amavano. Non era certo gourmet, standard di pulizia non altissimi, ma mi dicono rimpiangerla ancora oggi. Il cuoco Pietro era conosciuto da tutti e spesso il menu del giorno dopo diventava argomento di trattativa durante i pasti. Purtroppo non riesco a conoscere di persona per pochissimo: é andato in pensione qualche mese fa.

Nella mensa di Cinecittà andavano a mangiare tutti: maestranze, comparse e star. Nessuno pensava a soluzioni alternative. Cinecittà è come un paesino: c’é uno spaccio, il tabacchi e lo sportello bancario per agevolare chi lavorava qui. C'era anche un ristorante glam, ormai chiuso da anni dove divi e registi preferivano andare soprattuto negli anni '60, durante i tempi d'oro del cinema. Tra i tanti Anna Magnani, Ettore Scola, Alberto Sordi, Vittorio Gassman e il fedelissimo Federico Fellini.

Foto per gentile concessione dell'Istituto Luce

Ora l'edificio é fatiscente e all'interno c'è il centro di sviluppo e grafica.

L'edificio prima…(Foto gentile concessione Istituto Luce)

…e dopo

Altro luogo simbolo é il bar, che fino a qualche anno fa occupava il posto della mostra permanente. Se non hai conosciuto il bar di Cinecittà non hai conosciuto il cinema, quello dei grandi proiettori, dei megafoni e delle sedie di tela col nome delle star; tutti me ne parlano con grande affetto, soprattutto per le persone che lo frequentavano. Rossella era una persona indigente, per anni ha fatto la comparsa dei film in costume; era sola e quindi Cinecittà l’ha adottata, assicurandole tutti i giorni i pasti in mensa e un buon caffè.

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Comparse al bar. Foto gentile concessione Istituto Luce

Poi c'era Mr. Blaky, un romano che in virtù dei suoi capelli biondi riteneva di essere adatto ai film americani e passava le giornate al bar in attesa di essere chiamato. Nessuna conoscenza della lingua, ma non pensava fosse un problema. C'era anche un'altro signore che tutti giorni leggeva il giornale al bar con il suo immancabile cappuccino e raccontava aneddoti, spesso inventati, alle maestranze che facevano finta di credergli. La pausa, per i lavoratori del cinema è sempre stato un momento sacro e un'ulteriore occasione di spettacolo.

Tutte le maestranze del cinema, attrezzisti, macchinisti, truccatori, hanno utilizzato il bar come agenzia di collocamento. Ora non è più possibile; l'ingresso a Cinecittà é controllato e si accede solo con il pass.

Cristiano mi racconta di aver capito dopo molto tempo che un suo vicino di casa, truccatore di salme nella vita reale, veniva a Cinecittà sperando di esercitare il suo talento sui vivi, magari in qualche grande produzione.

Cinecittà col tempo è diventata anche location di spot pubblicitari e programmi televisivi; in fondo è rimasta un non luogo dove tutto può succedere. Ora c'è un bar fighetto per i visitatori, non troppo apprezzato dai lavoratori. Ci vanno i dirigenti e gli impiegati in grisaglia che non amano le esperienze coraggiose e che forse non conoscono bene la storia di Cinecittà. L'assurdità é che non accettano i ticket.

Ma torniamo alla cooperativa e alla mensa. Era ben strutturata: convenzioni, dopo lavoro e cestini per le troupe. Organizzavano anche la festa di Natale: porchetta, dolci e piatti speciali per stare insieme, come in una grande famiglia.

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Purtroppo chiude nel 2009 e subentra delle società di food service. Il personale però rimane lo stess e ancora oggi tutti li conoscono per nome.

La prima gestione, Unibar di Salvatore Buzzi, il famoso uomo di Mafia Capitale (che gestiva anche la mensa Rai) ha abbassato il livello qualitativo e molti lavoratori hanno richiesto i buoni pasto ticket perché non volevano rischiare di ammalarsi. Dopo un paio di gestioni che non hanno saputo risollevare la situazione, oggi ce n'è una che sta cercando di migliorare piano piano l'offerta. Per esempio la carne viene cotta alla piastra al momento, ci sono verdure fresche tutti i giorni e frutta di stagione. Non ci sono però alternative per celiaci e altre allergie alimentari.

Mensa Cinecittà

La Mensa di Cinecittà. Foto dell'autrice

Con l'abbassamento delle produzioni a Cinecittà anche la mensa ne ha risentito. Ora transitano tra le 100 e massimo 200 persone al giorno nei periodi buoni. Capitano anche giorni dove puoi trovare solo 30 persone.

Sottolineare una gerarchia, a Cinecittà, è da sfigati.

Incontro Massimo, che si occupa della catalogazione e dei contenuti del portale dell'Istituto Luce, é un frequentatore della mensa dal 1996. Ne ha visto il declino soprattutto dopo la fuga di Fascino (società di Maria De Filippi).

L'amico Massimo. Foto dell'autrice.

Però di cose divertenti ne succedono ancora; mi racconta di quanto spesso gli é successo di essere circondato a pranzo da comparse in costume, come per esempio durante le riprese della serie di Sorrentino The Young Pope “100 cardinali tutti intorno a te fanno specie! Poi ti ricordi dove lavori e ci fai l'abitudine!”. Ci rivedremo dopo per pranzare.

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La fila alla mensa. Foto dell'autrice.

Come in tutte le mensa si sta in fila, ognuno rispetta il suo turno, indipendentemente da chi è. Fino a qualche tempo fa c'era una saletta Vip separata, stessa cucina ma servizio al tavolo; pochi i veri Vip che la utilizzavano, molti gli aspiranti. Sottolineare una gerarchia, a Cinecittà, è da sfigati.

Milena Vukotic, Alberto Angela, Sabrina Ferilli, Paola Cortellesi e Carlo Verdone sono fedeli frequentatori della mensa.

Cristiano mi confessa che “anche se sembra esagerato, si capiscono gli equilibri aziendali in base al gruppo con il quale mangerai”. Insomma come nelle mense delle scuole americane.

Foto dell'autrice

Cinecittà da Luglio 2017 é tornata pubblica per una volontà politica, e dopo anni di privatizzazione e pessima gestione manageriale, sta ritornando a galla. Infatti vedo movimento in giro e Cristiano mi confessa “vogliamo far ripartire questo brand conosciutissimo nel mondo fornendo servizi e qualità; infatti ci sono progetti di riqualificazione anche per la mensa, per riuscire a collaborare con le produzioni che verranno qui a lavorare. Non dovrà più succedere che i cestini vengano appaltati esternamente”.

La selezione degli ingredienti potrebbe essere più facile di quello che si pensa, dato che ci troviamo in una zona circondata da campagne e aziende agricole che potrebbero diventare tranquillamente nostri fornitori

Non vi ho detto che Cristiano é anche sindacalista, è qui esce tutta la sua anima da compagno: “il diritto ad avere la possibilità di un pasto è una questione sulla quale non si deve discutere, e sul fatto che sia qualitativamente accettabile anche. La selezione degli ingredienti potrebbe essere più facile di quello che si pensa, dato che ci troviamo in una zona circondata da campagne e aziende agricole che potrebbero diventare tranquillamente nostri fornitori. Ci piacerebbe anche avere una proposta alternativa per chi ha esigenze alimentari specifiche (celiaci, vegetariani, ecc) magari non gestendola direttamente qui ma facendola arrivare dall'esterno. È sintomo di rispetto e aiuta a sensibilizzare anche chi non è direttamente colpito.”

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Sono le 13.30, mi rincontro con Massimo e andiamo a mangiare. Cristiano, come tanti, si porta il cibo da casa, la famosa schiscetta che però a Roma chissà come si chiama. Siamo un gruppetto di 4 persone. Siamo però i ritardatari di Cinecittà perché le maestranze iniziano a pranzare alle ore 12.

In base agli orari in cui si pranza, si capisce il flusso sociale del lavoro.

La mensa ha la cucina quindi tutto viene preparato qui. Ci sono i classici vassoi con posate imballate e si procede, come in una processione, verso il banco scelto: carni, pasta e riso o verdure. Al centro frutta e tutti gli ingredienti per assemblare la classica insalatona.Riso e pasta, oltre alla ricetta del giorno, sono sempre disponibili in bianco, ma sono la cosa peggiore di tutte, non a caso sono secondo molti i piatti peggiori.

Un pranzo alla mensa di Cinecittà

Seguo un po' i miei compagni di pranzo e c'è chi sceglie il classico petto di pollo ai ferri con pomodori, chi ci va giù pesante come Massimo che acchiappa un panino con mozzarella e alici accompagnato da patatine fritte, chi si fa sbruciacchiare sulla piastra una bella bisteccona con contorno di insalata. Acqua per tutti, vino no; è vietato in tutte le mense.

Il pranzo di Massimo.

Li lascio mangiare in pace e inizio a girare per i tavoli. Ci sono delle facce interessantissime, senza età. Mi avvicino ad un gruppetto dove sento parlare americano. Tra loro c'è anche un italiano, Roberto che fa l'elettricista per questa troupe; da due giorni hanno iniziato a girare un film di Michael Bay che è appena andato via ma non trovo nessun indizio nel piatto di quello che era il suo pranzo; ha spazzolato tutto. “Io sto mangiando bene e anche i miei colleghi non si lamentano, right?” Tutti annuiscono, forse per l'atletico Roberto dove c'è quantità c'è sicuramente qualità…

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Roberto.

Ma da lontano vedo IL tavolo. Sono in 4, due con i capelli lunghi, un chiacchierone urlatore e un piccoletto silenzioso.

IL tavolo

Il capellone ex biondo mi dice che lui mangia meglio qui che a casa “non rinuncerei mai alla mensa, é un momento di svago dal lavoro, che alcune volte è solitario, e quindi due parole c'abbiamo diritto a farle tutti, no?”

Scopro le ragioni della sua affezione alla mensa: sua moglie lavora in cucina da sempre. Vado a conoscerla. “Tutti i giorni c'è un problema: oggi non funzionano le lavastoviglie quindi ci sono eccezionalmente i piatti di plastica. Domani non andrà l'aria condizionata per 9 giorni… insomma, bisogna adattarsi Signorì!”

Starei qui ore a parlare con tutti, ma piano piano ci si alza e la mensa si svuota.

Voglio andare anch'io a mangiare, ma fuori. Sì, non ho avuto coraggio e, con la scusa che stavo lavorando non ho “degustato” nulla della mensa. Sono una milanese vigliacca.

Attraverso tutta Cinecittà, m'imbatto in una scenografia che stanno distruggendo, in lontananza vedo il Ponte di Rialto che confina con un edificio di Brooklyn, illusionismo del cinema… e per finire, prima di varcare il tornello, incontro un frate. Lunga vita a Cinecittà

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