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Musica

La storia degli Arctic Monkeys passa attraverso i capelli di Alex Turner

In attesa del nuovo album della band inglese, è il caso di esaminare l'aspetto più importante della sua carriera.

Il 2018 sarà l'anno in cui uscirà il nuovo album degli Arctic Monkeys, o almeno così pare. Lo ha rivelato Nick O'Malley, bassista della band dal 2006, e dunque dovremmo fidarci. È dal 2013 che gli Arctic Monkeys non pubblicano nulla di inedito, a parte collaborazioni e progetti paralleli. Ebbene, dopo tutti questi anni c'è ancora chi come me, nonostante abbia abbondantemente superato quella fase dell'adolescenza con la mono-ossessione del brit pop, fa il conto alla rovescia per il giorno in cui potrà finalmente riascoltare quel celestiale accento di Sheffield. E chi come me ha avuto modo di sviluppare un morboso attaccamento con questa band sa benissimo che il carisma degli Arctic Monkeys è dovuto principalmente al fascino mutevole e irresistibile del suo frontman, Alex Turner.

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Ok, le batterie di Matt Helders sono notevoli, e non si può nemmeno ridurre la bellezza della loro discografia al singolo operato di Turner, non è certo così semplice. Ma chi ha affrontato anche solo per un breve periodo la Arctic Monkeys-mania sa bene di cosa sto parlando, ovvero di quella profonda, logorante cotta che ci si prende a prescindere dai propri gusti sessuali per Alex Turner una volta entrati nel tunnel della sua venerazione. Una venerazione che fa comodo chiamare artistica, ma che in realtà dipende principalmente dal fatto che Alex Turner è, sostanzialmente, un figo incredibile. Per dare misura alla preoccupante dimensione di questa cotta musicale, mi limiterò a raccontare che una volta ho aspettato per più di quattro ore, di notte, al gelo, fuori da un palazzetto a Barcellona, dove mi ero recata solo ed esclusivamente per vederli suonare e dove avevo passato un intero concerto a sventolare un cartellone con su scritto "ALEX YOU CAN CALL ME ANYTHING YOU WANT" e questo video può testimoniarlo. Attesa che sarebbe dovuta culminare in un'unione eterna tra me e Alex Turner ma che invece si è conclusa col silenzioso e doloroso passaggio di un SUV coi vetri oscurati, dentro il quale non sarò mai neppure sicura ci fosse lui. Ma ehi, chi non ha mai fatto qualcosa del genere per il suo idolo adolescenziale?

Aneddoti patetici a parte, all'alba di quella che potrebbe essere una nuova era degli Arctic Monkeys, ho deciso di tracciare una breve ma sostanziosa storiografia della band che passi attraverso uno degli elementi fondamentali della loro crescita artistica e spirituale: i capelli di Alex Turner e tutte le varie fasi che ne sono derivate. Sono assolutamente consapevole che questo tributo alla loro carriera potrà sembrare quantomai superficiale e frivolo, infatti è esattamente così. Ma è questo che fanno le fangirl, rendono superficiale e frivolo tutto quello che toccano. Diamo dunque inizio al primo manuale di storia dei capelli di Alex Turner.

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2005-2006: Whatever People Say I Am That's What I'm Not, nota anche come fase "don't believe the hype":

Gli Arctic Monkeys sono appena esplosi così come gli ormoni di Alex Turner, il quale coniuga brufoli a taglio in stile Gallagher. Un pischello di Sheffield che si è appena tolto il cravattino e i calzettoni della divisa liceale per indossare quella da musicista indie che fa il botto su MySpace, Alex è in una fase di inconsapevolezza del suo fascino potenziale, ancora nascosto agli occhi più profani ma da molti giudicato invece come quello più puro. Così come le polo col bavero alzato e le Classic Reebok di "A Certain Romance", il look di Alex Turner e dei suoi colleghi di band coincide perfettamente con la musica del loro primo album: sporca, sfacciata, inopportuna e sbilenca come solo un diciannovenne sa essere.

2007-2008: Favourite Worst Nightmare e il sodalizio con Miles Kane

Il secondo album è quello che conferma e raddoppia il successo della band, con conseguente e inevitabile opera di ripulitura, sia artistica che di look. Non ancora del tutto abbandonato il piglio da tardo adolescente con l'acne, Alex prende una direzione precisa, soprattutto grazie al supporto stilistico del suo collega di side-project, Miles Kane. Il taglio di capelli diventa più sofisticato, con un palese rimando all'estetica anni '60, cosa che si riflette in largamente sulle scelte musicali dell'album dei Last Shadow Puppets, oltre che sull'abuso di dolcevita neri e di caschetti alla With The Beatles .

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2009-2010: Humbug e la crisi esistenziale

Il terzo album degli Arctic Monkeys prende decisamente una direzione diversa dai primi due. Disco spesso sottovalutato, a mio parere il migliore, si differenzia dal primo e dal secondo per un'atmosfera molto più cupa e priva di tutta quella frizzante spocchia giovanile. Alex Turner ha definitivamente detto addio a ciò che rimaneva della sua adolescenza nonché al suo barbiere, intraprendendo una strada di righe in mezzo e adorabili maglioni da maniaco sessuale, toccando a mio parere quello che sarà l'apice della sua carriera e conseguentemente della sua bellezza. Niente più riferimenti estetici ai Beatles né agli Oasis ma solo lunghi capelli incolti e canzoni serissime.

2011: Suck it and See ovvero quando Alex Turner scoprì le Americhe

La malinconia di Humbug se n'è andata via, così come Alexa Chung, per lasciare spazio a un nuovo Alex Turner che guida moto, indossa solo giacche di pelle e scrive Suck it and See. Ad accompagnare questo spirito da centauro c'è un perenne ciuffo impomatato e una profonda voce da crooner che fanno da sfondo alla fase filoamericana degli Arctic Monkeys, fortemente supportata da Josh Homme. Non c'è più spazio per i brufoli né per i caschetti à la Paul McCartney, solo chitarre aggressive, accenti americani e rock and roll, leggermente stemperati da qualche incursione del Turner vecchio stile che ricorda i bei tempi andati di Submarine . Anche in questo caso, non si capisce bene se è la musica a risentirne dei capelli o viceversa, ma sta di fatto che qualcosa in Alex Turner è cambiata, e l'uso spasmodico del pettine ne è una prova.

2013: AM e l'addio definitivo al vecchio continente

AM è l'album della maturità, che nel caso di Alex Turner si è manifestata con una rivincita su tutti quelli che gli davano del ragazzino secco e sfigato, trasformandosi definitivamente in un pirata della strada che beve solo whiskey. Il ciuffo ha ormai una vita autonoma e la sua collezione di chiodi in pelle si alterna a completi bianchi da Elvis Presley. Nella fase più tarda di questa epoca da figurante di Las Vegas, Alex arriva addirittura ad azzardare un mocassino, anticipando quella che potrebbe essere l'evoluzione successiva del suo personaggio e quindi della sua band. Quale sarà dunque il destino di questo artista fascinoso e cangiante? Il prossimo album degli Arctic Monkeys avrà un featuring con Paul Anka o Alex Turner cambierà nuovamente direzione verso nuovi orizzonti stilistici inaspettati?

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